DELLA CRITICA
ELEMENTARE TRASCENDENTALE
PARTE SECONDA
LOGICA TRASCENDENTALE
DIALETTICA TRASCENDENTALE
DELL’ANTINOMIA DELLA RAGIONE PURA
Indice
Scolio generale risguardo al passaggio dalla psicologia razionale alla cosmologia
Cap. II. Antinomia della ragione pura
Sezione I. Sistema delle idee cosmologiche
Sezione II. Antitetica della ragione pura
Prima contraddizione delle idee trascendentali
Scolio all'antinomia prima
Seconda contraddizione delle idee trascendentali
Scolio all'antinomia seconda
Terza contraddizione delle idee trascendentali
Scolio dell'antinomia terza
Quarta contraddizione delle idee trascendentali
Scolio all'antinomia quarta
Sezione III. Dell'eccitamento, che ne viene alla ragione, da queste sue contraddizioni
Sezione IV. Delle quistioni trascendentali della ragione pura, in quanto importa, perché le si possano assolutamente risolvere
Sezione V. Sposizione scettica delle quistioni cosmologiche per tutte quattro le idee trascendentali
Sezione VI. Dell'idealismo trascendentale, come chiave pello scoprimento della dialettica cosmologica
Sezione VII. Decisione critica del contrasto cosmologico della ragione con sé stessa
Sezione VIII. Principio regolativo della ragione pura, rispetto alle idee cosmologiche
SEZIONE PRIMA
SISTEMA DELLE IDEE COSMOLOGICHE
20
Per potere ora enumerare con sistematica precisione queste idee, secondo un principio, è da osservarsi
21
primieramente, che i concetti puri e trascendentali non possono sorgere d’altronde se non dal solo intendimento; ché, a propriamente parlare, mai non genera la ragione alcun concetto, poiché altro non fa che, tutt’al più, liberare dalle inevitabili circoscrizioni di quanta può darsi esperienza il concetto intellettuale; e, per conseguenza, ella cerca di estenderlo al di là dei confini delle regioni empiriche, però in combinazione coll’empirismo. Il che accade per ciò che in dato, soggetto a condizioni, pretende la ragione da queste (come da quelle, alle quali assoggetta l’intendimento quante sono le apparizioni della sintetica unità) assoluta totalità e costituisce quindi la categoria in idea trascendentale, affine di procacciare assoluta perfezione alla sintesi empirica, mediante la di lei progressione
22
fino all’assoluto (che non mai s’incontra nella sperienza, ma solamente nell’idea). Questa pretesa della ragione corrisponde al principio: posto il condizionato (ciò che da condizioni dipende), anche l’intera serie delle condizioni è posta; per conseguenza, è posto l’assoluto (l’assolutamente libero da condizioni), solo in grazia del quale il condizionato era possibile. Quindi ne viene che, in primo luogo, altro non avremo nelle idee trascendentali, se non categorie ampliate sino all’assoluto; il perché le prime saranno riducibili ad un quadro, che ordinato sia secondo i titoli delle seconde. Ma non poi tutte affatto si addiranno, in secondo luogo, le categorie al detto uso; ma vi si presteranno quelle solamente, ove la sintesi costituisce una serie, ben inteso, di vicendevolmente subordinate (non coordinate) condizioni
23
di qualche cosa, che loro soggiaccia (condizionato). La totalità assoluta viene richiesta dalla ragione, solo in quanto quella risguarda la serie ascendente delle condizioni ad un dato condizionato; non è dessa conseguentemente richiesta, né quando si tratta di serie discendente di conseguenze, né quando è quistione della somma delle condizioni coordinate di queste stesse conseguenze. Perciocché sono già presupposte le condizioni, rispetto ad un dato condizionato; ond’è che le si debbono risguardare come date anche esse insieme a questo: dove, invece, siccome non sono le conseguenze quelle che possibili rendono lor condizioni, poiché anzi le presuppongono, così, nella progressione alle conseguenze (ossia nel discendere dalla data condizione al condizionato), si potrà essere indifferenti e trascurati a che la serie
24
cessi o non cessi: ed, in generale, non appartiene punto alle premesse della ragione la dimanda rapporto alla respettiva totalità.
Così noi pensiamo necessariamente, come dato, anche un tempo già più che trascorso, fino ad un dato momento (quantunque non sia per noi determinabile il tempo passato). Ma per quanto risguarda un tempo a venire, non esso costituendo la condizione, onde giungere al presente, riesce affatto indifferente alla comprensione del tempo attuale quanto saremmo per istabilire col tempo futuro, sia che s’intenda, ch’ei cessi e finisca ad una data epoca, o che vogliamo lasciarlo decorrere all’infinito. Diamo la serie m n o, nella quale n sia dato qual condizionato, rispetto ad m, però eziandio come condizione di o; progredisca in alto la serie del condizionato n ad m (l k i ecc.),
25
come pure in basso, dalla condizione n al condizionato o (p q r ecc.). Onde risguardare n come dato, mi è mestieri premettere la prima serie; e così non è possibile n, secondo la ragione (la totalità delle condizioni), tranne mediante la detta serie; la sua possibilità però non è fondata sulla serie consecutiva o p q r; la quale non è, per conseguenza, da neppure considerarsi come data, ma solo come dabile (da darsi).
Regressiva chiamerò la sintesi di una serie dalla parte delle condizioni; comeché da quella, che più avvicina l’apparizione data, essa progredisca verso quelle che più ne sono distanti; e di progressiva darò nome a quell’altra sintesi che dalla parte del condizionato, e dalla più prossima delle conseguenze, procede alle più lontane. La prima percorre le antecedenti,
26
(in antecedentia), la seconda, le conseguenti (in consequentia). Dunque le idee cosmologiche si occupano della totalità della sintesi regressiva e vanno per le antecedenti, non per le conseguenti. Allorquando accade, che le dette idee procedano per le conseguenti, è arbitrario, non già necessario, il problema della ragione pura; perciocché, al pieno comprendimento di quanto è dato nell’apparizione, ben ci è mestieri delle ragioni o delle cause, non però delle conseguenze.
Ora per ordinare, secondo la tavola delle categorie, il quadro delle idee, ci faremo in primo luogo a prendere i due quinti originari di tutte le nostre apparizioni, tempo e spazio. Il tempo consiste, già di sua natura, in una serie (non che nella condizione formale di tutte le serie). Per la qual cosa debbono
27
distinguersi a priori nel tempo, rispetto ad una data presenza, le antecedenze (come condizioni) dalle conseguenze (dal futuro). Non si siferisce pertanto, se non ad un tempo già sempre trascorso, l’idea trascendentale della totalità della serie delle condizioni di un dato a condizioni soggetto. L’intiero tempo trapassato, qual condizione di un dato momento, è necessariamente pensato, nell’idea della ragione, come già dato. Ma per ciò che risguarda lo spazio, non si dà in esso, per sua natura e per sé medesimo, alcuna differenza tra progressione e regresso: essendo lo spazio un aggregato e non costituendosi per esso alcuna serie; giacché le di lui parti sono tutte insieme contemporanee. Rispetto al tempo passato, potrai considerare, come condizionato, solamente il punto attuale del tempo, cui non potresti però
28
mai risguardare qual condizione di quello; stante che il detto momento non avrebbe luogo e non sorge che in grazia finalmente del tempo passato (o piuttosto, che mediante il trascorrere del tempo antecedente). Ma, siccome le parti dello spazio non sono vicendevolmente fra loro subordinate, bensì coordinate, ne viene che una parte non è condizione alla possibilità dell’altra e che lo spazio non costituisce per sé stesso, come fa il tempo, una serie. Se non che, perciò che risguarda la sintesi delle parti moltiplici dello spazio, mediante la qual sintesi noi lo comprendiamo, è tuttavia successiva, ha, per conseguenza, luogo nel tempo e contiene in sé stessa una serie. E siccome in queste serie di spazi aggregati (come sarebbero quelle dei pollici nel piede, o dei piedi nella pertica), incominciando da un dato
29
dei medesimi, gli ulteriormente aggiunti col pensiero sono sempre condizione ai limiti degli spazi antecedenti, così anche la misurazione di uno spazio deve risguardarsi come una sintesi di una serie di condizioni, alle quali va soggetto un dato, perciò condizionato. Solché la parte delle condizioni, da quel lato, verso il quale giace il condizionato, non è differente per sé stessa e paiono, per conseguenza, essere (nello spazio) tutt’uno il regresso e la progressione. Poiché, frattanto, non è data per mezzo di un’altra, ma unicamente circoscritta, una parte di spazio, così è mestieri, perché risguardiamo, come condizionato, anche ogni spazio circoscritto, in quanto esso presuppone un altro spazio, qual condizione de’ suoi confini, e così via di seguito. Rispetto pertanto alla limitazione, il progresso dello spazio è
30
benanche regresso; e l’idea trascendentale dell’assoluta totalità della sintesi, nella serie delle condizioni, risguarda eziandio lo spazio. Per la qual cosa mi sarà lecito benissimo il chiedere della totalità assoluta delle apparizioni nello spazio, niente meno che di quella del tempo trascorso. Se però a tale inchiesta possa egualmente farsi risposta in ogni caso, ciò è quanto sarà definito in progresso.
In secondo luogo, la realtà nello spazio, vale a dire la materia, consiste in un condizionato, le cui parti ne costituiscono le interne condizioni, come le parti delle parti ne costituiscono le remote. Per lo che ha costì luogo una sintesi regressiva, la cui assoluta e dalla ragione richiesta totalità non può altrimenti aver luogo, tranne mediante un compiuto scompartimento; in grazia del quale, o che in
31
nulla svanisce la materia, o la si risolve in ciò che non è più materia, voglio dire, che si risolve nel semplice. Abbiamo qui pure, per conseguenza, una serie di condizioni ed una progressione all’assoluto.
In terzo luogo e sul conto del rapporto reale fra le apparizioni, la categoria della sostanza, co’ suoi accidenti, non è atta fornire un’idea trascendentale; con che intendo dire, che non ha la ragione fondamento, rispetto alla detta categoria, di regressivamente procedere alle condizioni. Perciocché le contingenze (in quanto e sinché inerenti ad una certa qual sostanza) trovansi coordinate a vicenda fra di loro e non costituiscono veruna serie. Rispetto però alla sostanza, essi accidenti, anzi che più essere alla medesima effettivamente subordinati, costituiscono quasi, o
32
concernono, la di lei maniera di esistere. Ciò, che, sotto questo rapporto, avrebbe tuttavia l’aria di essere idea della ragione trascendentale, sarebbe il concetto del sostanziale. Solché, non altro significandosi per esso, tranne il concetto di cosa od oggetto in genere, il quale oggetto sussiste, in quanto viene in esso unicamente pensato il soggetto trascendentale senza verun predicato; mentre non è quivi quistione che dell’assoluto nella serie o catena delle apparizioni; risulta quindi manifesto non potere il sostanziale costituire alcun anello della medesima. Lo stesso vale ugualmente, rispetto alle sostanze in commercio, le quali non sono se non meri aggregati e non hanno verun esponente di serie, non essendo esse vicendevolmente fra loro subordinate, che in qualità di condizioni di loro possibilità.
33
Locché poteva dirsi con più di ragione degli spazi, poiché determinati non mai di ciascuno per ciascuno i confini, ma lo erano sempre da un altro spazio. Non rimane, pertanto, che la sola categoria dell’efficienza (causalità), che fornisca una serie di cause ad un dato effetto; partendo nella quale da quest’ultimo, come dal condizionato, si può salire alle prime e rispondere quindi alla dimanda, cui fa la ragione.
I concetti, per ultimo e quarto luogo, del possibile, del positivo e del necessario, non conducono ad alcuna serie, tranne solamente in quanto vuol risguardarsi mai sempre qual condizionato l’accidentale nell’esistenza ed in quanto esso indica, giusta le regole dell’intelletto, una condizione, per cui diventa necessario il riferire cotesta condizione ad altra più elevata,
34
sinché la ragione incontri la necessità assoluta; cui non può essa incontrare che nella totalità della serie accennata.
Per la qual cosa non sono più di quattro le idee cosmologiche, secondo i quattro le idee cosmologiche, secondo i quattro titolo delle categorie; dovendosi prescindere da quelle, che recano seco, di necessità, una serie nella sintesi del moltiplice
1.
L’assoluta perfezione (integrità) di composizione del dato insieme (tutto) di tutte le apparizioni
2.
L’assoluta integrità di scompartimento di un dato tutto nell’apparizioni
3.
L’assoluta integrità d’origine di un’apparizione in genere
4.
L’assoluta integrità di dipendenza dell’esistenza del mutabile nell’apparizione(1)
(1) Prendendo le categorie per guida, è
35
Sul presente quadro è da osservarsi, primieramente, che l’idea
dunque possibile ricavare le accennate idee cosmologiche razionali; cioè:
1. L’idea del compimento assoluto nella riunione (simultanea nello spazio e successiva nel tempo) dell’insieme dato di tutti i fenomeni.
2. L’idea del compimento assoluto nella divisione dello stesso insieme.
3. L’idea del compimento assoluto nella origine di un fenomeno in generale.
4. L’idea della dipendenza di esistenza del variabile nel medesimo.
Ora l’integrità od il compimento del condizionato coll’assoluto non può altrimenti concepirsi, tranne come finito od infinito. Come finito, riesce assoluto il tutto e circoscritta ogni parte: il mondo ha limiti nello spazio e principio nel tempo; la divisione della materia va sino al semplice ed ivi si arresta, e mentre abbiamo nei fenomeni, come cagione assoluta, la libertà, vi è un’altra cagione assoluta, nella necessità della natura, dalla quale dipende l’esistenza delle cose variabili. Concependo, in vece,
36
della totalità assoluta non si riferisce ad altro che alla sposizione delle apparizioni e, per conseguenza, non si riferisce al concetto intellettuale puro di un tutto di cose in genere. Qui dunque le apparizioni vengono considerate, come date; né chiede la ragione l’assoluta integrità delle condizioni di loro
come infinito il compimento della detta riunione, riesce pure assoluto il tutto e limitata ogni parte, ma riesce infinita la serie delle condizioni. Il mondo non ha più confini ed incominciamento nello spazio e nel tempo; tutto è composto e non v’ha più nulla di semplice; tutte le cause sono condizionali ed ogni esistenza è fortuita. Gli argomenti a favore di ciascheduna di queste opinioni, e l’equiponderarsi a vicenda dei medesimi, trascinando inevitabilmente la ragione a ripugnare con sé medesima, per un contrasto quasi necessario delle interne sue leggi, costituiscono le quattro così dette antinomie della ragione.
37
possibilità, in quanto costituiscono queste una serie, quindi una sintesi assolutamente (vale a dire, sotto tutti i rapporti) piena e perfetta; mediante la qual sintesi, potrà l’apparizione venir esposta secondo le leggi dell’intelletto.
In secondo luogo, non è propriamente che l’assoluto, cui cerchi la ragione in questa sintesi delle condizioni per serie continuata, nota bene, a ritroso, cercando nello stesso tempo l’integrità nella serie delle premesse; le quali, tutte insieme, non ne presuppongono alcun’altra. Ora quest’assoluto, quando se lo rappresenta nella fantasia, è sempre contenuto ed inerente nella totalità assoluta della serie. Con tutto ciò, compiuta così per eccellenza, questa sintesi non è poi altro che un’idea; giacché non sarà ehi possa dire o sapere, per lo meno in prevenzione, se anche nella
38
apparizioni sia possibile una tal sintesi. Se ti rappresenti ogni cosa, la sola mercé dei concetti puri dell’intelletto, senza le condizioni della visione sensitiva, potrai dire a dirittura, che ad un dato condizionato è pure data l’intiera serie delle condizioni vicendevolmente fra loro subordinale; giacché il condizionato non è dato che in grazia delle condizioni. Ma nelle apparizioni riscontrerai una particolare limitazione della maniera, colla quale sono date le condizioni: riscontrerai, cioè, che le sono date mediante la sintesi consecutiva del moltiplice; la qual sintesi, nel regresso, dev’essere compiuta e perfetta. Ora gli è tuttavia un problema, se questa integrità e perfezione sia sensitivamente possibile. L’idea però della medesima è tuttavia inerente alla ragione, lasciato da parte qualunque riguardo alla possibilità od
39
impossibilità di secolei congiungere concetti empirici, ad essolei adequati e corrispondenti. Essendo pertanto necessariamente contenuto l’assoluto nell’assoluta totalità della sintesi regressiva del moltiplice nell’apparizione (secondo la scorta delle categorie, che tal sintesi rappresentano, come una serie di condizioni ad un dato condizionato), lasciando anche indeciso il se ed il come sarà per effettuarsi o costituirsi cosiffatta totalità, la ragione prende quivi sue mosse ed esce dall’idea della totalità, non ostante che abbia essa propriamente ad iscopo l’assoluto, sia poi di tutta una serie, o di una parte della medesima.
Ora quest’assoluto se lo può nell’animo concepire o qual consistente soltanto nell’intiera serie; tutte le membra della quale sarebbero, per conseguenza, condizionate, nessuno eccettuato; nel qual caso
40
il regresso chiamasi infinito: ovvero si può concepire, che l’assolutamente libero da condizioni concerne una parte soltanto della serie; alla qual parte vadino subordinate le rimanenti; non essa però subordinata essendo ad alcun’altra condizione(*). Nel primo di questi casi la serie antecedente (a parte priori) è senza limiti (senza incominciamento), vale a dire, infinita;
(*) Il tutto assoluto della serie delle condizioni di un dato condizionato è pre assoluto; perciocché, fuori di essa, non si danno più condizioni, rispetto alle quali potesse il medesimo essere condizionato. Questo tutto assoluto però, di tal serie, non è che un’idea o non è, per meglio dire, che un concetto problematico, la cui possibilità vuol essere indagata e vuol esser lo rispetto alla maniera, sulla quale sarà per contenervisi l’assoluto, come l’idea trascendentale propria ond’esso dipende.
41
e, quantunque tutta data una tal serie, il di lei regresso però non è mai compiuto; il perché non lo si può chiamare che potenzialmente infinito. Nel secondo caso vi è un certo primo nella serie, il quale, tra rispetto al tempo trascorso, chiamasi principio del mondo; risguardo allo spazio, limite o fine del mondo; rapporto ad un tutto dato entro suoi confini, semplice; relativamente alle cause, propria efficienza (o spontaneità, libertà); ed, avuta, finalmente, in vista l’esistenza delle cose mutabili, dicesi necessità della natura.
Nelle parole mondo e natura abbiamo due espressioni, le quali valgono, di quando in quando, lo stesso. La prima dinota il complesso matematico di tutte le apparizioni e le totalità della sintesi loro, tanto nel grande, quanto nel picciolo, tanto, cioè, nella progressione
42
respettiva, mediante composizione, quanto mediante divisione. Lo stesso mondo però viene denominato natura(*) in quanto lo si considera come un insieme dinamico, ed in quanto non si ha risguardo all’aggregazione di questo tutto nello spazio e nel tempo, affine di effettuarlo o costituirlo grandezza o
(*) Presa in senso addiettivo (formaliter), natura significa l’insieme delle determinazioni di una cosa, giusta un principio interno della causalità. In significato sostantivo (materialiter), per lo contrario, sotto nome di natura s’intende il complesso delle apparizioni, per quanto son queste coerenti o connesse da capo a fondo, mediante un interno principio di causalità. Nella prima significazione, si ragiona della natura dei fluidi, del fuoco ecc., servendosi di tal voce, come addiettiva: all’opposto, allorché si discorre delle cose della natura, si volge ognora nel pensiero un tutto consistente.
43
quantità; ma solo risguardasi all’unità nell’esistenza delle apparizioni. Or dunque la condizione di ciò, che accade, nomasi causa, l’assoluta efficienza della causa nell’apparizione (come independente da condizioni) dicesi libertà; e la cosa condizionata per lo contrario (poiché dipendente da condizioni) è chiamata, in più angusto senso, cosa (o causa) naturale. Al condizionato, nell’esistenza in genere si dà nome d’accidentale, e di necessario, all’assoluto. L’assoluta necessità delle apparizioni può denominarsi necessità della natura.
Le idee, sulle quali stiamo attualmente ragionando, furono da me chiamate più sopra idee cosmologiche; parte, attesoché sotto la parola, mondo, è compreso il complesso di tutte le apparizioni e che anche le nostre idee non risguardano che all’assolato nelle apparizioni;
44
parte, in oltre, perché il suddetto vocabolo, in senso trascendentale, significa la totalità assoluta del complesso delle cose esistenti e che alla sola integrità della sintesi (quantunque propriamente soltanto nel regresso alle condizioni) è per noi diretta l’attenzione. Oltre tutte le quali cose, rispetto all’essere queste idee trascendenti, quante sono, e che, a malgrado che, in quanto alla specie, non esse, nel vero, trascendono l’oggetto, vale a dire, l’apparizione; ma si occupano unicamente del mondo sensibile (non già dei nomeni); tuttavia, riflettendo, che viene spinta, per le medesime, la sintesi a tal grado, che tutta oltrepassa la sperienza possibile, sarei d’avviso che per tutte insieme le dette idee fosse opportuna la denominazione di concetti cosmici. Rispetto finalmente alla differenza tra l’assoluto matematica
45
ed il dinamico, ai quali mira il regresso, chiamerei pure concetti (in grande ed in piccolo), in più stretta significazione, le due prime (1. e 2.); ma le altre due (3. e 4.) le direi concetti fisici trascendentali. La qual distinzione, se non è di molto rilievo per ora, potrà più importante rendersi per l’avvenire.