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L’uomo è la sola creatura che abbisogni di educazione. Sotto il nome di educazione comprendiamo la TUTELA la DISCIPLINA l’INSTRUZIONE e il compimento della COLTURA. In conseguenza l’uomo diviene lattante, allievo, e discepolo.

Gli animali subito che hanno acquistate le proprie forze se ne servono regolarmente, in modo cioè da non pregiudicarsi. È maraviglioso l’osservare le rondinelle che sbuccate appena dall’uovo benché cieche sanno cacciare i loro escrementi fuori dal nido. Quindi gli animali non hanno bisogno di veruna TUTELA. Tutt’al più abbisognano di essere nutriti, riscaldati, e in qualche maniera provveduti di guida e di ricovero.

Per TUTELA intendiamo le cure dei genitori affinché i loro figli non usino in modo nocivo delle proprie forze. Se per esempio 

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una bestia appena nata mettesse un grido come fanno i bambini, essa cadrebbe senza dubbio preda dei lupi e di altri animali feroci condotti dal grido di lei.

La DISCIPLINA cangia l’animalità in umanità. Tutto quello che si trova nell’animale è opera del suo istinto. Una ragione fuori di lui ha predisposto tutto per lui. Ma il solo uomo ha bisogno di una ragione propria: esso non è dotato d’istinto e debbe a sé medesimo prescrivere l’ordine della propria condotta; siccome però al suo nascere non è di tanto capace perché ei nasce rozzo, così altri far lo debbono per lui. La spezie umana deve col proprio studio e colla propria fatica sviluppare a poco a poco tutte le naturali disposizioni del vivere umano. Una generazione educa l’altra. Il principio di questo sviluppo si può ricercare in uno stato o rozzo o perfettamente colto. Se si suppone che questo abbia preceduto quello è forza dedurre che l’uomo sia ricaduto nella rozzezza.

La DISCIPLINA impedisce che l’uomo si allontani co’ suoi impulsi animali dalla sua destinazione, cioè dal vivere umano. Essa lo dee trattenere affinché non si esponga sconsigliatamente a pericolo alcuno. Dunque 

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la disciplina non è che negativa essendo ufficio suo togliere all’uomo la prima rozzezza; l’istruzione all’opposito forma la parte positiva dell’educazione.

La rozzezza non riconosce dipendenza da leggi; la disciplina sottomette l’uomo a quelle dell’umanità e incomincia a fargliene sentire l’impero; ma questo debbe farsi per tempo. Così a cagion d’esempio noi mandiamo in sulle prime i piccioli figli alla scuola, non colla mira di far loro acquistar cognizioni, ma di avvezzarli a starsene quieti, ad osservare ciò che vien loro prescritto, onde non soddisfacciano in avvenire ogni loro capriccio. L’uomo di sua natura inclina talmente alla libertà che avendone per alcun tempo goduto, tutto le sagrifica per conservarla. Perciò la disciplina, com’altri disse, dev’essere assai per tempo applicata, altrimenti sarebbe difficile il cangiar l’uomo dappoi. Questi s’abbandonerebbe ad ogni suo capriccio. Diffatti si osserva che le Nazioni selvaggie ancorché servano per alcun tempo agli Europei, ciò non ostante non si avvezzano mai alla loro maniera di vivere. Non è però questa una nobile inclinazione alla libertà come Rousseau, ed altri hanno creduto; è piuttosto una certa rozzezza, la 

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quale non fu cancellata per mancanza di sviluppamento nelle disposizioni al vivere umano. Perciò dee l’uomo avvezzarsi ben per tempo a sottomettersi ai dettami della ragione.

Se nell’infanzia l’uomo è stato abbandonato alla sua volontà, senza incontrarvi alcuna opposizione, conserverà per tutto il corso della sua vita, una non so quale rusticità. E nulla guadagnan coloro che per una sovverchia tenerezza materna, non sono stati raffrenati nella loro prima età; perocché nell’avvenire appena si mischieranno negli affari del mondo, troveranno ostacoli in ogni parte, soffriranno urti dovunque(1).

Questo è un ordinario difetto dell’educazione dei grandi, i quali essendo destinati a signoreggiare non sostengono nella loro 

(1) Ciò del pari produrrà un difetto nell’ingegno perché essendo necessaria l’attenzione nello sviluppo delle facoltà intellettuali e non essendo l’attenzione posta in attività che dallo stimolo essa rimane inerte dapprima, indi paralizzata se i desideri sono soddisfatti senza contrasto. Da ciò derivano l’innettitudine e l’ingnoranza di tutti coloro la cui educazione fu molle soverchiamente e nella quale furono sin dall’infanzia accarezzati i loro capricci.

Nota del Traduttore italiano.

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prima età alcuna vera opposizione. L’uomo privo d’istinto, e naturalmente portato alla libertà ha bisogno d’essere ripulito; mentre l’istinto dispensa il bruto da questa necessità. 

L’uomo ha d’uopo di TUTELA e di COLTURA, e quest’ultima comprende la disciplina e l’istruzione. Nessun animale per quanto sappiamo ha di mestieri d’essere istrutto, eccettuati gli uccelli che da maggiori imparano il canto. Non puossi osservare senza una specie di emozione con quanta premura i vecchi sciolgano il canto in presenza dei loro figli, a guisa di maestri che tengono una scuola; e con quanto studio i figli tentino ripetere i medesimi tuoni col loro sottile gorgheggio. A persuaderci che gli uccelli non cantano per istinto, ma che imparano il canto questa esperienza il dimostra. Da un nido di canari levisi la metà delle ova e a queste se ne sostituiscano altre di passeri comuni; ovvero canginsi i canari appena nati, usando però la precauzione, che i passeri rimangano chiusi in luogo ove udire non possano il canto di quelli della strada. In tal guisa si otterranno passeri cantanti.

Non senza stupore giova osservare come

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ogni spezie di uccelli conservi per tutte le generazioni un canto primitivo, e la tradizione del canto è forse la più fedele del mondo.

L’uomo non può che per educazione formarsi uomo; egli non ha se non quello che l’educazione gli presta. Convien osservare che l’uomo è educato soltanto da altri suoi simili e questi pure furono educati da altri. Perlocché se alcuni furono mal istrutti e male disciplinati riescono cattivi educatori dei loro allievi. Se un essere superiore all’uomo si occupasse in educarlo, vedremmo allora fino a qual punto di elevazione si possa spingere la specie umana.

Ma siccome l’educazione in parte insegna, ed in parte sviluppa nell’uomo alcune cose, così non possiamo sapere fin dove si possano estendere le sue naturalı disposizioni. Se col soccorso dei grandi e colle forze riunite di molti si facesse almeno qualche tentativo, potremmo allora ottenere alcuno indizio del segno fino a cui l’uomo potrebbe arrivare. Ma quanto è importante pel pensatore altrettanto è increscevole pel filantropo il pensare che i grandi non prestano d’ordinario attenzione che a sé medesimi, e non prendono parte nel ragguardevolissimo 

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sperimento dell’educazione per modo che la natura s’innoltri verso la perfezione.

Ma non v’ha alcuno la cui educazione non sia stata negletta nella prima sua gioventù; e che fatto indi adulto non siasi avveduto che o per la disciplina o per la coltura, e questa sotto il nome di insegnamento potiamo abbracciare erasi incorso in qualche trascuranza. Chi non è coltivato è rozzo, chi non è disciplinato è selvaggio. La trascuratezza della disciplina apporta un male maggiore che quella della coltura, poiché può questa acquistarsi anche più tardi; ma non puossi né torre la selvatichezza né riparare al difetto di disciplina. Forse l’educazione si migliorerà nell’avvenire e le generazioni future andranno avvicinandosi alla perfezione del vivere umano: poiché appunto nell’educazione sta il gran segreto di questa in rapporto alla nostra natura. Siffatto progresso può succedere ai tempi nostri; dacché si è cominciato a giudicare con maggior precisione, ed a comprendere chiaramente quanto si richiede per una buona educazione. Ci sentiamo scossi da un nobile sentimento, quando ci immaginiamo che la nostra natura può per mezzo dell’educazione sempre più svilupparsi, e che a quest

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educazione può darsi tal forma, che sia all’umanità convenevole. Siffatta idea ci pone sott’occhio il prospetto di più felici generazioni.

Il    progetto di una teoria d’educazione ha in sé stesso un’ideale sublimità e non importa se non possiam realizzarlo: non dobbiamo credere che quest’idea sia chimerica, né riguardarla come un bel sogno, perché hannovi alcuni impedimenti nell’esecuzione di lei.

Un’idea(1) altro non è che la concezione d’una perfezione, la quale non esiste nell’esperienza. L’idea per esempio d’una Repubblica perfetta diretta secondo le regole della giustizia è dessa forse impossibile? Dobbiamo dapprima rettificarne il concetto, ed allora vedremo che malgrado tutti gl’impedimenti che si oppongono all’esecuzione, non lo sarà. Se per esempio ciascuno mentisse, sarebbe per questo il dire la verità una chimera? L’idea d’un educazione che 

(1) Idee, secondo Kant, sono nozioni razionali che hanno il carattere dell’assoluto o del primitivo come le idee di educazione e di una repubblica perfetta qui sotto accennate.

Nota del Traduttore ital.

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sviluppa nell’uomo le sue naturali disposizioni è assolutamente vera.

Guidato dalle massime che ci offre l’educazione presente, l’uomo non raggiugne pienamente lo scopo della sua esistenza. Esso vive con un sistema diverso da quello degli altri, né può ottenersi l’uniformità, se non quando tutti agiscano secondo gli stessi principi, e questi principi divengano per tutti una seconda Natura. Possiamo formare un piano d’una ben addatta educazione, onde indirizzarlo all’istruzione della posterità, la quale a poco a poco potrà condurlo ad effetto.

Così vediamo che le PRIMULAE AURICULAE piantandone la radice, nascono tutte collo stesso colore, nascendo invece con diversi, ove la loro semenza si sparga nella terra. La natura aveva posto in esse lo stesso germe; le differenze sovra accennate, non pendono adunque che dalla differenza del modo con cui s’è sviluppato. Lo stesso accade nell’uomo.

Molti sono i germi posti nell’umanità, ed è uffizio nostro sviluppare proporzionatamente le disposizioni naturali, onde l’umanità anch’essa si spieghi, giugnere al suo intendimento. Gli animali 

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vi adempiono da se stessi, e vi adempiono senza saperlo. L’uomo deve tentare di arrivarvi; ma non vi giugnerà se non avrà prima compreso il perché della sua esistenza. L’adempimento di questa destinazione è riguardo all’individuo totalmente impossibile. Se supponiamo la prima copia umana educata, siamo curiosi di vedere com’ella abbia educato i suoi allievi. I primi padri servono ai figli d’esempio; questi li imitano, ed in siffatta guisa le naturali disposizioni si svolgono. Tutti gli uomini però non possono essere coltivati in questo modo, poiché gli esempi che si danno ai figli, dipendono dalle circostanze presentate dall’occasione. Gli uomini ignoravano per lo passato a quale perfezione può giugnere la nostra Natura. Noi stessi non concepiamo con tutta la luce siffatto progresso; è però certo che uomini isolati, malgrado la miglior coltura ch’essi possano dare ai loro allievi, non riusciranno mai a condurli alla loro destinazione. Non uomini isolati, ma l’intera spezie umana deve giugnere a questo fine.

L’educazione è un arte il di cui esercizio deve perfezionarsi per mezzo di molte generazioni. Ogni generazione ricca dei lumi delle precedenti può con maggiore facilità 

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stabilire un sistema di educazione, il quale sviluppi convenientemente e proporzionatamente tutte le disposizioni naturali dell’uomo onde condurre tutta la specie umana alla sua destinazione(1). La Provvidenza ha voluto che l’uomo per se medesimo produca il bene, e il Creatore volgendosi all’uomo potrebbe dirgli: «Va nel mondo, io ti ho fornito di tutte le disposizioni pel bene, sta a te lo svilupparle, dipendendo così da te stesso il tuo proprio bene il tuo proprio male».

L’uomo deve sviluppare tutte le disposizioni pel bene, perché la provvidenza non le pose in lui già compiute, ma non pose in lui che certe attitudini non eccettuando nemmeno quella della moralità. L’uomo deve in conseguenza ammigliorarsi; dee coltivare se stesso, e se è cattivo deve far nascere in se stesso la moralità. Riflettendo però maturamente su tal soggetto vedremo che ciò è molto difficile. Quindi l’educazione costituisce il massimo e più arduo problema di cui l’ingegno umano possa tentare la 

(1) Romagnosi dice a questo proposito che il fanciullo sulle spalle del gigante vede più del gigante.

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soluzione; poiché le cognizioni dipendono dall’educazione, e questa da quelle. Ecco il motivo per cui l’educazione lentamente procede, e non può nascere una giusta nozione di questa, se non quando una generazione tramanda i suoi lumi, e le sue sperienze alla futura; e quando questa vi unisce pure le sue. Quale somma coltura e quale esperienza presupone una simile concezione? Essa dunque non può maturare che tardi, e noi stessi non abbiamo ancora fissato con chiarezza se l’educazione in particolare debba modellarsi sulla coltura dell’umanità in generale la quale è derivata dalle varie generazioni.

Due sono i più difficili trovati dell’uomo, l’arte cioè del governare, e quella dell’educare, ed ancora si disputa sulle idee che vi appartengono.

Da che dunque dobbiamo incominciare per lo sviluppo delle umane disposizioni? Dallo stato rozzo o dal culto? È difficile il figurarsi uno sviluppo dalla rozzezza (quindi è sommamente difficile il potere aver un’idea del primo uomo) poiché vediamo che malgrado allo sviluppo da questo stato siamo in esso ricaduti per rialzarci di nuovo. Fino nelle prime notizie che scritte da alcuni 

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popoli civilizzati pervennero a noi, troviamo una grande tendenza alla rozzezza. Eppure quanta cultura chiedevasi per l’arte di scrivere, la nascita della quale segna quella del mondo per gli uomini civilizzati?

Siccome le disposizioni naturali non si sviluppano da se stesse nell’uomo così l’educazione è un ARTE. La natura non pose verun istinto nell’uomo; tanto l’origine quanto il progresso di quest’ARTE è o SPERIMENTALE (senza piano, ordinato secondo circostanze date) o RAGIONATO, l’arte dell’educazione nasce meccanicamente nelle occasioni occorrenti allora quando apprendiamo se una cosa o nuoca o giovi all’uomo. Qualunque arte di educazione che nasce meccanicamente deve avere molti difetti e molte mancanze poiché non ha alcun piano per base. Dunque l’arte dell’educazione ovvero la pedagocica deve diventare ragionata quando ha da sviluppare la natura umana acciocché questa possa arrivare alla sua destinazione. I padri già educati sono altrettanti esempi secondo i quali i figli possono formarsi. Ma se questi figli debbono migliorarsi allora la pedagogica deve diventare uno studio; altrimenti nulla abbiamo a sperare da essa, e colui che è stato guastato per mezzo dell’educazione, 

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educherà male il suo allievo. Il meccanismo nell’arte dell’educazione dev’essere ridotto a poter formarsene una scienza, altrimenti non diviene giammai uno studio universale ed una generazione potrebbe distruggere ciò che l’altra ha edificato.

Un principio di educazione che dovrebbe esser sempre tenuto sott’occhio da coloro i quali ne foggiano sistemi è, che i fanciulli non debbono essere educati secondo lo stato presente del genere umano, ma per lo stato futuro probabilmente migliore; cioè essi debbono essere educati convenevolmente all’idea dell’umanità, e della sua intera destinazione. Questo principio è d’una grande importanza. I genitori ordinariamente educano i loro figli in modo che questi sieno addattati al mondo presente, senza badare se questo mondo sia buono o cattivo; ma è questa una falsa condotta, ed una migliore educazione dovrebbe preparare una generazione migliore. A questo però si oppongono due impedimenti.

1. I genitori d’ordinario procurano che i loro figli possano fare buona riuscita nel mondo.

2. I principi considerano i sudditi come stromenti delle loro mire. 

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I genitori procurano per la Casa, i principi per lo Stato; ambedue non hanno per iscopo il bene del mondo, e la perfezione a cui l’umanità è destinata, e di cui chiude in se stessa le disposizioni. Il piano di educazione dev’essere cosmopolitico(1). È forse il bene del mondo un’idea, la di cui esecuzione possa nuocere al bene privato? Non mai. Ancorché sembri che si debbano fare alcuni sagrifizi, realizzandosi queste idee, si promove continuamente il proprio bene presente con quello dello Stato.

Per mezzo d’una buona educazione nasce tutto il bene del mondo. I germi che sono posti nell’uomo, debbono sempre più essere sviluppati. I fondamenti del male non si trovano nelle disposizioni naturali di lui. La causa del male allora si ha, quando la natura non è diretta dalle regole. L’uomo non cova in se stesso, che i germi del bene.

Ma da chi dobbiamo aspettare uno stato migliore del mondo! Da’ principi o dai 

(1) Possiamo sperare che fra poco gran parte d’Europa potrà ottenere un sistema comune di educazione.

Nota del Traduttore ital.

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sudditi? 

Debbono i sudditi divenir migliori per avvicinarsi ad un buon governo, o i principi fondarlo? Se questo miglioramento deve essere promosso dal principe è necessario che l’educazione de’ principini diventi migliore, che le si tolga quel difetto che da gran tempo aveva di nulla contrariarli nella loro prima età. Un albero che si pianti isolato cresce storto e distende largamente i suoi rami, mentre se in mezzo al bosco si collochi avverrà ch’egli cresca diritto e ricerchi l’aria ed il sole sopra di sé, perché a ciò è condotto dagli altri che lo circondano e gli resistono. Lo stesso accade dei principi ai quali è sempre meglio il porre vicino un suddito che gli educhi piuttosto che un loro simile. Non possiamo su questo proposito dell’educazione aspettarci il bene dal principe se non quando anche ottima sia l’educazione di lui. È perciò necessario rivolgersi allo zelo dell’uomo privato senza attendere il soccorso sovrano, come credono Basedow ed altri; poiché l’esperienza ci fa vedere che il loro scopo è il bene dello stato non quello del mondo. Il principe somministrando il denaro per l’educazione acquista il diritto di prescriverne il piano. Così accade di tutte le cose che riguardano la 

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coltura dello spirito umano e la dilatazione delle sue cognizioni; poiché il potere ed il denaro direttamente non producono questi effetti, ma soltanto li facilitano, e allora appena potrebbero produrli, che l’economia dello stato non estimasse di vantaggio le rendite per la cassa del Regno. Le stesse accademie finora non contribuirono punto al miglioramento dell’educazione, e sembra presentemente più dubbioso che mai ch’esse possano concorrervi.

L’organizzazione delle scuole dovrebbe dipendere unicamente dal giudizio di uomini che sappiano. Ogni coltura incomincia dall’uomo privato, da lui partono i suoi raggi. Col mezzo di persone a ciò passionatamente inclinate che s’interessano del bene del mondo, e che sono capaci di compiere il sistema di una migliore esistenza è solamente possibile di condurre a poco a poco la natura umana al suo fine. Alcuni grandi riguardano il popolo come una parte del regno animale della natura limitando le loro attenzioni per esso alla cura della sua propagazione, e al più pretendendo in lui una certa abilità a servirli come stromenti dei loro fini. Anche l’uomo privato deve prima considerare lo scopo della natura, ma deve 

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in seguito tentare particolarmente lo sviluppo dell’umanità, e cercare che l’uomo divenga capace a compiere le azioni della vita e quelle della morale. Una delle più difficili mire quella si è di vegliare perché una generazione prepari i materiali per educare meglio le susseguenti.

L’educazione può ridurre l’uomo

1. DISCIPLINATO. Con questa voce DISCIPLINARE vuolsi intendere il tentativo d’impedire che l’animalità non nuoca all’umanità, tanto riguardo all’uomo particolare quanto riguardo alla società. La disciplina adunque consiste nel domare la ROZZEZZA.

2. COLTIVATO. La coltura comprende l’ammaestramento tanto teorico che pratico. Pel suo mezzo si giugne a procurarsi l’abilità; ossia il possesso di un potere che conduce a qualunque scopo che ci proponiamo di conseguire.

L’abilità dunque non fissa alcun fine, ma lo lascia alle circostanze.

Alcune abilità sono utili in qualunque Occorrenza come il saper leggere, e scrivere; altre solamente per alcuni fini particolari come quello di saper la musica per insinuarci appresso agli altri. Siccome 

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infiniti sono gli intenti, diviene del pari in certo modo infinita l’abilità.

3. ACCORTO, cioè che sappia addattarsi alla società, che si renda amabile, che si acquisti qualche influenza. A siffatto intento corrisponde una certa maniera di cultura che dicesi CIVILTÀ. La CIVILTÀ richiede buon garbo, gentilezza, ed una certa prudenza affine di potersi servire degli uomini per le proprie viste. Essa si conforma al gusto variabile di ciascun secolo. Così alcune decine d’anni addietro, si amavano ancora le cerimonie nel tratto.

4. MORALE. L’uomo non deve soltanto esser abile secondo le diverse viste; ma deve acquistarsi l’abitudine di scegliere continuamente le BUONE. VISTE BUONE sono quelle che per necessità vengono approvate da ciascheduno, e che nello stesso tempo possono riescire le mire di tutti.

L’uomo può essere diretto, dirozzato, istruito meccanicamente, o divenire effettivamente colto. Se si diriggono i cani, e i cavalli, tanto più si potranno dirigere gli uomini. 

Ma questa direzione non basta per l’educazione. Si vuole di più che i fanciulli imparino a pensare; ed a tal fine si 

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richieggono principi dai quali possano derivare le azioni tutte. Vediamo dunque che si richiede moltissimo per una retta educazione. Nell’educazione privata ordinariamente si osserva poco il quarto e più importante articolo, poiché si lascia la cura della moralizzazione unicamente al predicatore. Ma quanto è importante l’instillar ne’ fanciulli l’abborrimento del vizio non perché Iddio l’ha vietato ma per la ragione che il vizio è abborrevole per se stesso! Altrimenti i fanciulli facilmente potrebbero credere di poter essere viziosi se Iddio non l’avesse vietato, e che per ciò Iddio possa fare una volta qualche eccezione. Iddio è l’essere più santo, vuole solamente ciò ch’è buono, e pretende che esercitiamo la virtù a motivo del suo intimo valore, non perché egli la domanda. Noi viviamo nell’epoca della disciplina, della cultura e della civiltà; manca però assai per giungere all’epoca della moralità. Nello stato umano presente possiamo dire, che la fortuna degli stati cresca unitamente alla miseria degli uomini; e possiamo domandare se, nello stato rozzo ove questa coltura non esiste, non saremmo più felici che nel presente? Poiché come si possono rendere gli uomini felici, senza farli 

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diventare morali e savi? La quantità del male non viene senza questo diminuita.

Prima di erigere scuole normali è necessario stabilire scuole esperimentali. L’educazione e l’istruzione non devono essere solamente meccaniche; ma fondate sopra principi, senza però esserlo unicamente sul raziocinio, anzi in certo modo si può attenersi ad un certo meccanismo. Nell’Austria per lo più esistevano solamente scuole normali erette secondo un piano contro il quale molto si poteva dire con ragione, particolarmente perché si abbandonavano ciecamente al meccanismo. Secondo queste scuole normali dovevano formarsi tutte le altre, anzi il governo ricusava d’impiegarvi chi non avesse frequentato le normali. Tali determinazioni dimostrano quanto il governo si occupi dell’educazione, e finché esisterà un obbligo di questa natura difficilmente nascerà qualche cosa di buono.

Generalmente s’immagina, che non sia necessario di fare esperimenti nell’educazione e che a forza di ragionare si possa sapere, se una cosa è buona o cattiva; ma in ciò si sbaglia e l’esperienza fa vedere, che ne’ nostri esperimenti nascono effetti totalmente opposti ai risultati che e ne attendevano. 

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Vediamo dunque che, richiedendosi degli esperimenti, nessuna generazione per sé sola poteva presentare un piano di educazione pienamente soddisfacente. L’unica scuola esperimentale, che in ciò fece i primi tentativi fu l’istituto di Dessau. Non può negarglisi questa gloria, malgrado i molti errori che si potessero rimproverargli; errori, che nascono in tutte le conclusioni, fatte sopra un particolare esperimento, e alla di cui rettificazione se ne richiedono de’ nuovi. L’istituto di Dessau era in certo modo l’unica scuola, ove i precettori avevano la libertà d’istruire secondo i metodi e i piani da loro stessi progettati, ed a tal fine corrispondevano con tutt’i letterati della Germania.

L’educazione rinchiude la TUTELA e la COLTURA. La prima è NEGATIVA ed appartiene alla DISCIPLINA, la quale è rivolta soltanto ad impedire gli errori. L’ISTRUZIONE e la DIREZIONE spettano invece alla coltura.

La DIREZIONE consiste nell’esecuzione di ciò che si è insegnato. Da ciò nasce la differenza tra L’ISTRUTTORE, ch’è semplicemente maestro, e l’AIO ch’è direttore dell’allievo. Quello educa solamente per la scuola, questi pel mondo.

La prima epoca per l’allievo è quella 

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in cui egli si sommette alla subordinazione ed all’ubbidienza passiva. La seconda quando gli si permette (però sotto le leggi) di far uso della riflessione e della sua libertà. Nella prima epoca havvi l’obbligo meccanico, nella seconda il morale.

L’educazione è o PRIVATA o PUBBLICA. La Pubblica comprende solamente l’istruzione che può restar sempre pubblica. L’esecuzione delle regole appartiene alla cura della privata. Una vera educazione pubblica è quella, che riunisce l’istruzione e la coltura morale. Lo scopo di essa tende a promovere una buona educazione privata; e la scuola organizzata per tal fine chiamasi istituto di educazione. Questi istituti richiedendo grave spesa, non possono essere numerosi e tenere molti scolari. Del resto sono da paragonarsi agli istituti di beneficenza pubblica o agli spedali. Le fabbriche stesse che a ciò si richiedono, il soldo che ne ritraggono i Direttori, i sorveglianti ed i servitori levano la metà della somma destinata per simili beneficenze; è fuori di dubbio, che i poveri mandando loro il danaro nelle proprie abitazioni, sarebbero curati assai meglio. I figli di parenti poveri difficilmente possono profittare degli stabilimenti qui sopra nominati. 

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Il fine al quale tendono tali istituti pubblici consiste nel perfezionamento dell’educazione domestica. Se prima i genitori o altri che con essi cooperano nell’educazione, fossero stati ben educati, non sarebbe necessario di ricorrere agli instituti pubblici ove si fanno esperimenti e si addestrano persone atte a far nascere per mezzo loro una buona educazione domestica.

I parenti stessi s’incaricano ordinariamente dell’educazione privata. E siccome talvolta non hanno né tempo, né talenti, né voglia, l’affidano ad altre persone, a collaboratori pagati. Nell’educazione affidata ai collaboratori nasce però l’inconveniente, che l’autorità è divisa tra essi ed i parenti; si pretende che il fanciullo si regoli secondo i dettami dell’istruttore, e dall’altro lato si vuole egualmente, che segua i capricci dei genitori. In tal educazione è necessario che i parenti cedano tutta la loro autorità all’istruttore.

Ma qual preferenza potrebbe avere l’educazione privata sulla pubblica e questa su quella? Sembra che in generale non solamente riguardo all’abilità, ma pure riguardo al carattere di un cittadino, l’educazione pubblica sia da preferirsi alla domestica. 

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L’ultima purtroppo spesso produce non solamente difetti di famiglia ma li trasmette ancora.

Ma fino a qual tempo devesi sottomettere un individuo all’educazione? fino al momento in cui l’uomo è destinato dalla natura, a reggersi da sé. Ciò avviene quando si sviluppa in lui l’istinto per l’altro sesso; quando egli stesso può diventar padre per educare i suoi figli avendone. Dopo questo tempo si possono ancora impiegare alcuni mezzi per coltivarlo ed esercitare sopra di lui una disciplina non apparente; ma allora l’educazione propriamente detta non deve aver più luogo.

La sommissione dell’allievo è o POSITIVA o NEGATIVA. È POSITIVA quando deve fare ciò che gli viene prescritto, poiché non è atto a giudicare da sé stesso mentre egli è ristretto alla sola capacità dell’imitazione. È NEGATIVA quando deve fare ciò che vogliono gli altri in caso che egli voglia chiedere qualche piacere da essi. La sommissione positiva richiede talvolta la punizione; la negativa, rifiuta talvolta i piaceri domandati; e l’allievo, benché sappia già riflettere, dipende da altri riguardo ai suoi piaceri.

Uno de’ più grandi problemi dell

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educazione è, come si possa unire la sommessione sotto l’impero legale colla capacità di servirsi della propria libertà; poiché l’impero necessario. Come possa coltivarsi la libertà ove ha luogo l’impero? Io devo accostumare il mio allievo a soffrire che si dia un freno alla sua libertà, nel mentre che debbo insegnare a lui il modo d’impiegarla degnamente; senza questa operazione tutto è un semplice meccanismo, e colui che esce dall’educazione non sa servirsi della sua libertà. L’allievo deve conoscere per tempo la resistenza inevitabile della società, ed imparare la difficoltà di mantenere sé stesso, di astenersi, e di procacciarsi vantaggio ond’essere indipendente.

Perciò abbiamo da procurare 1 Che il fanciullo dalla prima infanzia agisca in tutte le occasioni con libertà eccettuato il caso in cui possa nuocere a sé stesso come quando vuol afferrare un coltello ec; e sintantocché non impedisca la libertà degli altri, per esempio quando strilla o quando si diverte in maniera troppo strepitosa; 2 È necessario di fargli vedere che non può giungere altrimente al suo intento, che quando adempia anche le mire degli altri per esempio col non fargli alcun piacere, quando non obbedisce, o quando 

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non impara. 3 Bisogna fargli concepire che noi gli imponiamo una soggezione la quale lo conduce all’uso della sua propria libertà; che noi lo coltiviamo acciocché per l’avvenire possa essere libero; cioè che debba dipendere dalla cura di altrui. Il coltivarlo è l’ultima operazione poiché la riflessione di doversi procurare il suo sostentamento, arriva tardi ne’ fanciulli; essi credono di ricevere sempre da mangiare e da bere come in casa dei loro parenti, senza aver bisogno di doverselo guadagnare. Senza questa istruzione i fanciulli, particolarmente quelli di parenti ricchi, ed i figli dei principi, come anche gli abitanti di Otaiti restano fanciulli per tutta la loro vita, e su questo rapporto la educazione pubblica, ha preferenza assai manifesta sulla domestica, poiché per mezzo di essa s’impara a misurare le proprie forze e moderarsi considerando il diritto degli altri. Nell’educazione pubblica nessuno è preferito, poiché da per tutto s’incontra una qualche resistenza, e non vi è altro mezzo di distinguersi che il proprio merito. Per mezzo dell’educazione pubblica si ottiene il migliore modello del futuro cittadino.

Dobbiamo ancora far menzione di una 

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difficoltà che consiste nel dover anticipare la propensione di procreare il suo simile, per evitare i vizi prima che entri l’età virile, ma su questo parleremo più a lungo verso la fine di quest’opera.