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Benché colui, che in qualità d’istruttore o aio s’incarica dell’educazione, non riceva sotto la sua direzione i fanciulli nella loro tenera età, onde poter aver cura anche dell’educazione fisica, è ciò non ostante utile sapere tutto quello ch’è necessario per l’educazione incominciando dalla prima infanzia fino all’età virile. Essendo anche in qualità di aio occupato solamente coi fanciulli più maturi, succede talvolta, che nascono altri fanciulli nella famiglia, ed essendosi condotto bene, ed essendo qualche volta il solo uomo colto nella casa accade che taluno si acquisti la confidenza de’ parenti per essere consultato da essi intorno all’educazione fisica. Per ciò è necessario che se ne posseggano le cognizioni.

L’educazione fisica non è propriamente altro che quella che viene affidata alla cura de’ parenti o delle nuritrici o delle donne serventi. Il nutrimento destinato dalla natura pel bambino è il latte della madre. Spesso

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si sente dire; tu hai succhiati questi sentimenti col latte della madre; ma ciò è un semplice pregiudizio. È molto salutare tanto alla madre quanto al figlio che essa allatti il suo bambino; ma si danno anche varie circostanze nelle quali questa funzione è impraticabile, come nelle malattie ec. Si opinava per lo passato, che il primo latte della madre dopo il parto, il quale è sieroso nuocesse al bambino e che la madre dovesse disfarsene prima di accostarsi il bambino al petto; ma ROUSSEAU fece riflettere ai medici che questo latte poteva essere assai salutare perché la natura ha nulla organizzato senza un fine. Ed in fatti si è trovato che questo latte sieroso, leva benissimo la sporchizia (da’ medici chiamata miconium) de’ fanciulli appena nati, e che loro conviene moltissimo.

Si è fatta la domanda, se il fanciullo non possa essere egualmente nutrito di latte animale? ma il latte umano è assai diverso dall’animale. Il latte di tutti gli animali, che si nutriscono di vegetabili si rappiglia assai facilmente quando vi si aggiunge per esempio aceto, agro di limone e particolarmente l’acido esistente nello stomaco de’ vitelli chiamato CAGLIO. Il latte umano al 

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contrario non si rappiglia punto; ma se le madri o le nutrici mangiano per qualche giorno cibi vegetabili, si rappiglia il loro latte come quello delle vacche; cibandosi poi nuovamente di carne, riprende il latte la sua prima qualità. Da ciò si è dedotto che importi assai alla salute dei bambini che la madre o le nutrici si cibino di carne durante il tempo dell’allattamento; poiché vediamo che il latte rigettato da’ bambini è già rappreso. Dunque l’acido nello stomaco de’ fanciulli deve promuovere più che qualunque altro la coagulazione, mentre il latte umano non può in nessun modo essere ridotto al rappigliamento. Perciò si farebbe assai male dando al bambino una specie di latte che si rappigli da sé. Convien per altro confessare che la bontà del latte non dipende da queste sole circostanze, come ce lo comprova l’esperienza di altre nazioni. I Tongusi che abitano le foreste non mangiano altro che carne, e sono forti e robusti; ma essi come tanti altri popoli che si nutriscono quasi unicamente di carne non vivono lungo tempo, ed uno dei loro ragazzi grandi che ha tutt’altro aspetto che quello della leggerezza può essere levato da

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terra con facilità. I Svedesi al contrario e particolarmente gl’Indiani quasi non giano carne, e ciò non ostante crescono benissimo i fanciulli presso di loro. Sembra dunque, che tutto dipenda dal cibo il più conveniente alla nutrice e che quello sia il migliore il quale si confà più alla di lei salute.

Ora nasce una seconda domanda, cioè di che cosa si debba nutrire il bambino quando gli si tolga la poppa? Da lungo tempo in    qua si usano varie  pappe di farina; ma non è bene empire da principio con tali cibi lo stomaco de’ bambini; si deve specialmente aver cura che essi non prendano robba piccante come vino, droghe sale ec. È però singolare l’avidità che i fanciulli hanno per queste cose, le quali appunto piaciono ai loro sensi ancora ottusi, perché gli stimolano vivamente. I figli de’ Russi, bevendo le madri molta acquavita, ne ricevono anche essi, e si osserva che i Russi sono forti e robusti; ma quelli che vi resistono devono aver complessione fortissima, e vi muoiono molti figli che avrebbero potuto essere conservati. Una tale irritazione di nervi eccitata nella tenerissima età cagiona moltissimi

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disordini(1). Egualmente è duopo aver attenzione che i fanciulli non mangino o bevino troppo caldo, poiché ne soffrirebbero debolezza.

I fanciulli non devono essere troppo coperti poiché il loro sangue è per sé stesso più caldo che quello degli adulti. Il calore del sangue de’ fanciulli secondo il termometro di Fahrenheit sale a 110°, e quello degli uomini fatti a 96°: un grado di calore che riesca piacevole agli adulti basta ad opprimere i fanciulli; avezzandoli al freddo si rinforzano e non fa nemmeno bene ai grandi di vestirsi troppo caldo, e di accostumarsi a bevande troppo calde; perciò deve il letto de’ fanciulli esser freddo e duro; anche i bagni freddi sono buoni. Non si deve impiegare alcun mezzo per istigare la fame nel fanciullo, questa al contrario deve essere la conseguenza dell’attività e dell’occupazione di esso. Si deve aver attenzione che il fanciullo non prenda abitudini in modo che queste gli diventino un bisogno. Anche nel bene si 

(1) Il sig. Schloezer ha fatto vedere le cattivisime[sic.] conseguenze alle quali sono esposti i Russi a motivo della bevanda abbondante di acquavita.

Nota dell’editore.

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deve procurare che nulla gli diventi abitudine per mezzo dell’arte.

LE FASCIE non hanno luogo presso i popoli rozzi. Le nazioni selvaggie dell’America scavano pei loro teneri figli una fossa nella terra e vi spargono dentro la polvere di foglie secche affinché l’urina e le sporchizie de’ figli vi penetrino ed i bambini possano starvi asciutti: indi li coprono di foglie e lasciano loro l’uso libero delle membra. Il fasciare i bambini come mumie è un effetto della nostra poltroneria per non aver bisogno di curarli acciocché non si facciano male, e spesso fasciandoli si storpiano. I bambini fasciati si sentono in angustia, e siccome non possono servirsi delle loro membra spesso arrivano quasi a disperarsi. Allora credesi di poterli tranquillizzare con semplici parole; ma basta fasciare un uomo grande per vedere se non griderà e se per l’angustia non diventerà disperato.

Dobbiamo notare, che la prima educazione deve essere negativa, cioè deve astenersi dall’aggiungere alla provvidenza della natura; basta non disturbarla. Se mai un’arte è permessa nell’educazione lo è solamente quella d’indurire il corpo nel resistere alla fatica, perciò si devono 

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disapprovare le fascie. Volendo però usare qualche cautela conviene servirsi di una specie di scatola sulla quale si tendono alcune striscie di cuoio. Gl’italiani se ne servono e la chiamano ARCUCCIO(1). Il bambino resta sempre in questa specie di scattola, anche quando è allattato, e la madre addormentandosi di notte non v’ha pericolo, per mezzo di questo ordigno di soffocare il figlio. Nel nostro paese periscono molti bambini senza simili preservativi. Il metodo dell’arcuccio è molto migliore delle fascie, poiché i bambini vi hanno maggior libertà e difficilmente si storpiano. 

Un’altra usanza è quella della CULLA. Il metodo di alcuni paesani è il più facile; essi con una corda appendono la culla al soffitto e toccandola appena dondola da sé e da una parte all’altra. Ma il cullare generalmente è da ommettersi, poiché quella

(1) Se mi ricordo bene è questa una proposizione del sig. Faust poiché l’arcuccio degl’Italiani ordinariamente si mette sopra il fanciullo affinché non venga disturbato nel suo sonno, e le mosche non lo inquietino. Questo ordigno si è chiamato arcuccio da alcuni archi di legno che si curvano sopra di lui. 

Nota del traduttore.

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specie di ondeggiamento è perniciosa al bambino. Anche negli uomini adulti il dondolare produce vomito e giramento di testa. Con questa usanza si cerca di stordire il bambino perché non strilli; ma lo strillare è salubre per esso. Il bambino appena sortito dal corpo della madre, ove non ha respirato aria alcuna, respira per la prima volta; il corso del sangue da ciò occasionato, produce allora in esso una sensazione dolorosa; e per mezzo dello strillare si sviluppano le parti interne ed i canali del suo corpo. È assai nocivo il voler subito soccorrere un bambino che piange, e cantargli qualche cosa, come sogliono fare le nutrici. Questa è la prima rovina di esso, poiché vedendo egli, che tutti accorrono, quando chiama, allora replica lo strillare.

Possiamo dire con verità che i figliuoli del volgo sono più guastati, che quelli degli uomini di distinzione, poiché il volgo gioca coi bambini, come le scimmie, ora canta una canzonetta, ed ora gli stringe, gli bacia e balla con essi e crede di far loro del bene quando accorre, ogni volta che gridano; ma allora strillano più spesso; non facendovi però attenzione finiscono e tacciono, poiché non vi

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è alcuna creatura la quale assuma una fatica inutile. Se s’incomincia ad acconsentire in tal modo a tutti i loro capricci, è difficile in appresso opporsi a ciò che vogliono. Lasciandogli però strillare se ne annoiano essi stessi. Soddisfacendo nella tenera età a’ loro capricci, se ne guasta il cuore ed i costumi.

Il fanciullo non ha alcuna cognizione riguardo ai costumi; ma colle suddette pratiche si guasta la sua disposizione naturale in modo di dover per l’avvenire impiegare severe punizioni per correggere quello che così è guastato. Volendo loro levare il vizio di pretendere che a ciascuna domanda si accorra, esternano gridando una furia, come quella degli uomini adulti, e non manca loro che la forza necessaria per metterla in esecuzione, poiché prima bastava che chiamassero e tutti accorrevano, ed il loro impero era dispotico; cessando poi questo comando, naturalmente s’inquietano. Lo stesso accade cogli uomini provetti, i quali essendosi trovati qualche tempo in  possesso di alcun potere, difficilmente se ne dimenticano.

I figliuoli ne’ primi tre mesi circa non possono veder bene, essi hanno la sensazione

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della luce, ma non possono distinguere gli oggetti tra loro. Possiamo persuadercene tenendo loro dinanzi una cosa lucida, il di cui movimento seguiranno cogli occhi. Colla vista si sviluppa anche il potere di ridere e di piangere. Ora essendo un bambino in questo stato incomincia a piangere con riflessione per quanto essa sia adombrata, e crede sempre di essere stato offeso. ROUSSEAU dice: battendo un figlio di 6 mesi circa sulla mano, strilla come se vi fosse caduto il fuoco, esso dunque ha già la cognizione di un’offesa. I parenti parlano ordinariamente molto sulla necessità di resistere alla volontà del figliuolo; ma non è necessario di rompere la volontà de’ figliuoli se non è stata prima guastata(1). È facile far tacere un fanciullo; ma tanto più si arrabbia nell’interno, ed in questa guisa si avvezza alla dissimulazione, e diventa riottoso. È a cagion d’esempio una strana pretensione quella di alcuni genitori i quali esigono, che i figliuoli, dopo d’essere stati puniti colla frusta vengano a baciar loro le mani; con ciò

(1) Ved. Horsting. Si devono lasciare strillare i fanciulli? Gotha 1798.

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si avvezzano alla dissimulazione ed alla ipocrisia, poiché la frusta non è propriamente un regalo tanto bello pel quale vi sia bisogno di rendere grazie. Sotto queste circostanze possiamo ben figurarci con qual cuore il figlio bacia allora le mani.

Per far camminare i bambini si serve ordinariamente delle FALDE e del CRINO. È veramente sorprendente il voler insegnare il camminare ai figliuoli, come se un uomo qualunque per mancanza d’istruzione, non avesse potuto camminare. Le falde sono particolarmente perniciose, (un autore si lamentò sulla difficoltà del suo respiro; e l’attribuì unicamente all’uso delle falde), poiché i bambini volendo afferrare tutto, e tutto levare da terra, si appoggiano col petto sulle falde, ed essendo il petto ancora tenero è compresso, e conserva in seguito una forma piatta; oltre di ciò i bambini con questi mezzi di aiuto non imparano a camminare con tanta franchezza, come quando l’imparano da sé stessi. Meglio è lasciarli andar carpone sulla terra, finché a poco a poco incomincino a camminare da sé. Per precauzione si può tappezzare la stanza di panni di lana, acciocché non caschino troppo sul duro, e

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non si feriscano colle scheggie essendo il pavimento di legno.

Ordinariamente si dice, che i figli cascano pesanti; ma siccome che i figliuoli non possono cadere pesanti così non provano alcun male quando cascano; poiché imparano per mezzo di questo a tenersi meglio in equilibrio ed a voltarsi in modo che la caduta non rechi loro alcun danno. Il cercine che si mette sulla testa de’ bambini e che tanto si sporge in fuori perché non si percuotano il volto, è da considerarsi come inutile, poiché questo procedere appartiene all’educazione negativa, mentre s’impiegano istrumenti artificiali, ove nel fanciullo si trovano i naturali cioè le mani, che il bambino stende innanzi prima di cadere. Quanto maggiore è il numero d’istromenti artificiali che si adoprano tanto più dipendente è l’uomo dagli stromenti.

Generalmente sarebbe meglio servirsi in sulle prime di pochissimi istrumenti, e lasciare che i fanciulli imparino da sé; allora imparerebbero forse molte cose più profondamente. Così sarebbe forse possibile, che il fanciullo imparasse a scrivere da sé stesso, poiché alcuno deve averlo inventato, e questa invenzione non è sì grande. Per

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esempio chiedendo il figliuolo pane, si potrebbe domandargli se è capace di disegnarlo, il figliuolo farebbe una figura ovale, e dicendogli poi di non sapere se questa figura debba rappresentare un pane o un sasso cercherebbe di notarla con un segno esprimente la lettera P. ec., ed in tal modo il figliuolo s’inventerebbe col tempo proprio alfabeto, che in appresso avrebbe solamente da cangiare con altri segni(1).

Alcuni figli nascono difettosi. Esistono forse alcuni mezzi di ammigliorare queste figure mancanti? Dietro le osservazioni fatte da alcuni valent’uomini è deciso, che i busti in questi casi non sono buoni, anzi essi ingrandiscono il male: mentre impediscono la circolazione del sangue e degli umori, come anche l’estensione tanto necessaria delle parti esterne ed interne del corpo. Il figliuolo

(1) Spesso e qualche volta a bella posta s’intendono male le cose dette da uomini grandi. Ciò è accaduto particolarmente a Kant. Egli col metodo dell’invenzione della Scrittura vuol indicare come i figliuoli imparando a leggere o scrivere, operano analiticamente senz’essere consci di quello che fanno anche nella loro età più adulta.

Note dell’Editore.

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avendo l’uso libero delle sue membra esercita il suo corpo; ma colui che porta un busto, deponendolo è più debole di quello, che non l’ha portato mai. Forse si potrebbe aiutare quelli che sono nati storti, applicando un maggior peso su quel lato ove i muscoli sono più forti; ma anche questo è molto pericoloso; poiché qual uomo calcolerà in tali circostanze l’equilibrio? meglio è, che il figliuolo si eserciti da sé, e che prenda una posizione anche incomoda a lui, poiché in casi simili tutte le macchine fruttano nulla.

Tutti questi preparativi artificiali sono tanto più perniziosi, quanto più sono della natura in un essere organizzato e ragionevole, e che in conseguenza deve aver la libertà d’imparare a servirsi delle sue forze. Nell’educazione si deve solamente impedire, che i figliuoli non si diano in preda alle morbidezze. L’indurire il fanciullo però è l’opposto della mollezza. Si rischia molto, col voler accostumare i figliuoli a tutto. L’educazione dei Russi è in questo troppo alterata, e muore presso di loro una quantità incredibile di figli. L’abitudine è un godimento o un’azione diventata necessità per una frequente ripetizione del medesimo godimento o della 

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medesima azione. Non vi è cosa alla quale i figliuoli si avvezzino più facilmente, e che meno debba loro concedersi, che le cose piccanti, per esempio, tabacco, acquavita e bevande calide, poiché in appresso è difficile di svezzarli, mentre per mezzo dell’uso frequente di esse è nato un cangiamento nelle funzioni del corpo.

Quanto maggiore è l’abitudine nell’uomo, tanto minore è l’esercizio della sua libertà, e dell’indipendenza. E coll’uomo come cogli altri animali, i quali conservano sempre una certa inclinazione per le prime abitudini. Quindi si deve evitare, che nel fanciullo non se ne formino.

Molti parenti vogliono abituare i loro figli a tutto; ma questo non vale nulla, poiché la natura umana in generale, come anche la natura de’ soggetti particolari non si lascia accostumare a tutto, e molti figliuoli vi periscono. Così per esempio vogliono i parenti che i figli siano pronti a dormire, ed a levarsi in qualunque tempo, e che debbano mangiare quando essi lo comandano; ma per resistere a questo vi vuole un modo particolare di vivere, un modo che rinforza il corpo, per rimediare ciò che è stato guastato. Nella natura stessa troviamo

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diverse cose periodiche. Gli animali hanno un tempo fisso per dormire; anche l’uomo dovrebbe abituarsi a un tempo fisso, affinché il corpo non fosse disturbato nelle sue funzioni. Riguardo al secondo punto, cioè all’obbligare i figliuoli perché mangino a qualunque ora, non possiamo addurre l’esempio degli animali, perché siccome tutti gli animali, che si cibano di erbe pigliano sostanze poco nutritive, così è il mangiare per essi una vera occupazione. All’uomo al contrario è assai convenevole il mangiare in un certo tempo fisso. Pretendono anche alcuni parenti che i loro figli imparino a soffrire gran freddo, puzza, e qualunque strepito; ma questo non è necessario, basta che non prendano abitudini. Per riuscire in ciò, conviene porre i figli in situazioni variate.

Per ciò che riguarda la coltura dell’animo, la quale sotto un certo aspetto possiamo chiamare fisica, è particolarmente da osservarsi che la disciplina non sia servile; ma che il figliuolo senta sempre la sua libertà in modo però, che egli non impedisca la libertà degli altri: perciò deve incontrare la resistenza altrui. Alcuni parenti negano ai loro figli tutto onde esercitare con questo la pazienza di essi, e richiedono in

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conseguenza maggior pazienza da’ figliuoli di quella che essi stessi posseggono. Si dia al fanciullo tanto, quanto gli basti, e poi gli si dica tu hai ricevuto a sufficienza; ma è poi assolutamente necessario che queste parole siano irrevocabili. Quando i fanciulli vogliono vincere una cosa per mezzo di strilli e pianti convien non far attenzione ad essi e negare ogni cosa; chiedendola però con grazia, devono essere secondati se però l’oggetto da loro chiesto non possa nuocere. Per mezzo di questo si avvezza il fanciullo ad essere aperto, e siccome non reca fastidio a nessuno, così ciascheduno è grazioso verso di esso. Sembra che la provvidenza abbia dato al fanciullo un volto ilare onde prevenire le persone in suo favore. Non vi è cosa più dannosa che una disciplina servile ed irritata, per rompere la volontà dei fanciulli.

Ordinariamente si dice ai fanciulli OIBÒ VERGOGNATI, CIÒ NON STA BENE! ec.; ma questo non si dovrebbe dire mai durante la prima educazione. Il fanciullo non conosce ancora cosa sia vergogna, e cosa convenga. Il fanciullo non ha da vergognarsi, e non deve vergognarsi, poiché in questa guisa diventa timido. Egli vedendo altri uomini è 

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imbarazzato e si nasconde al loro aspetto. Da ciò nasce quel ritenersi e quel celarsi ch’è nocivo. Il fanciullo non ardisce più di pregare per una cosa e dovrebbe chiedere tutto senza ritegno; esso nasconde i suoi pensieri e dissimula, invece di parlar franco e sincero. Invece di essere intorno ai parenti li fugge e si getta nelle braccia de’ domestici, i quali acconsentono alle sue domande.

Per nulla migliore di quest’educazione irritata, è quella di scherzare col fanciullo, e di carezzarlo continuamente, e questo conferma il figliuolo nella sua volontà, lo rende finto, e mentre scopre la debolezza de’ parenti fa perdere per essi la stima necessaria agli occhi del fanciullo. Educando però il fanciullo in guisa che non possa riuscire per mezzo degli strilli, diventa libero senza essere sfrontato, e modesto senza essere timido. Alcuni uomini hanno una faccia tanto sfrontata, che si attende ogni momento una qualche insolenza da essi. Altri al contrario dimostrano subito di non essere capaci di dirci la minima insolenza. Possiamo aver sempre un aspetto intrepido basta, che sia accompagnato da una certa bontà. Si suole dire parlando di qualche uomo di alto affare, EGLI HA UNA FACCIA DA RE; ma questo

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non è altro che uno sguardo ardito che ha preso nella sua gioventù mentre nessuno si opponeva ad esso.

Tutto questo può essere compreso nell’educazione negativa; poiché varie debolezze dell’uomo molte volte non nascono perché non fu istruito, ma perché gli sono state date impressioni storte; così per esempio le nutrici mettono paura ai fanciulli per ragni, rospi ec., senza di che i fanciulli stenderebbero le braccia sì bene verso i ragni come verso gli altri oggetti. Ma le nutrici vedendo un ragno dimostrano il ribrezzo sul volto, e questo per mezzo di una certa simpatia agisce sul fanciullo. Molti conservano questa paura per tutta la loro vita, ed in quanto a questo restano sempre fanciulli. I ragni sono pericolosi alle mosche e la loro morsicatura è velenosa per essi, ma all’uomo non nuoce. Il rospo  è un animale tanto innocente quanto una ranocchia verde. 

La parte positiva dell’educazione fisica è la COLTURA. L’uomo riguardo ad essa è diverso dagli animali. Essa consiste particolarmente nell’esercizio delle forze dell’anima; perciò devono parenti prestare ai figliuoli le occasioni d’esercitarla. La prima

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e la principale regola in ciò è, di servirsi il meno che sia possibile di qualunque stromento. Così non s’impiegano in principio le falde ed il crino, e si lascia il fanciullo andar carpone fin tanto che impara a camminare da sé. Gli stromenti rovinano l’abitudine naturale. Ci serviamo di una corda per misurare una distanza; ma potremmo anche effettuarlo col solo colpo d’occhio; di un orologio per fissare il tempo, ma questo possiamo saperlo anche per mezzo dell’altezza del sole durante il giorno e per mezzo delle stelle durante la notte; anzi possiamo in vece di servirsi di una barca passare le acque nuotando. Il celebre FRANKLIN si maraviglia, che non tutti imparino il nuoto mentre è tanto piacevole ed utile. Egli indica un metodo facile per impararlo da sé stesso, cioè stando dentro l’acqua fino alla testa, si lasci cadere in fondo un uovo, eppoi si cerchi di prenderlo, inchinandosi poi s’innalzino i piedi, e perché l’acqua non entri in bocca si ponga la testa naturalmente in dietro, allora si trova nella giusta posizione per nuotare, ed altro non manca che di lavorare colle mani per avanzarsi nuotando. Tutto sta in questo che l’abilità naturale sia coltivata; a tal fine è necessaria

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una frequente instruzione. Spesso sono i fanciulli da sé bastantemente fecondi d’invenzioni, e si costruiscono alcuni istrumenti.

Quello che nell’educazione fisica (cioè riguardo al corpo) è da osservarsi si riferisce o all’uso del movimento arbitrario o all’uso degli organi de’ sensi. Riguardo al primo devesi curare, che il fanciullo si aiuti sempre da sé. Per questo si richiede, forza, abilità, sveltezza, e franchezza di camminare per esempio sopra ponticelli stretti, sopra altezze ripide, ove si veda sotto di sé la profondità, o di passare sopra una tavola che vacilli. L’uomo che non sa fare questo non è totalmente come dovrebbe essere. Dopo che l’instituto di Dessau precedette in ciò, sul suo modello si fanno in altri istituti esperimenti di questo genere.

Non si può leggere senza ammirazione come gli Svizzeri si accostumino sin dall’infanzia a camminare sulle alpi, ed a qual perfezione sono giunti; di modo che passano i ponticelli più stretti colla massima sicurezza e saltano le fessure delle rocce le di cui distanze calcolano colla sola misura dell’occhio. La maggior parte degli uomini teme la caduta imaginaria, e questo timore lega per così dire le membra di modo

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che caminando essi in luoghi sicuri si trovano sempre in pericolo. Il timore cresce ordinariamente coll’età ed incomoda particolarmente quegli uomini che lavorano molto colla testa.

Non è punto pericoloso fare simili esperimenti coi figliuoli poiché in proporzione della loro forza hanno un peso assai minore degli uomini, ed in conseguenza non cascano pesanti. Oltre di ciò sono le loro ossa meno dure di quello lo siano quando crescono in età. I fanciulli provano le loro forze anche da sé. Così per esempio li vediamo arrampicarsi senza che vi abbiano un qualche fine. Il correre è un movimento sano e rinforza il corpo. Il salto, la fionda, il tiro al segno, la lotta, il   corso, il levare, il portar pesi, e tutti gli esercizi di simile natura sono assai giovevoli. Il ballo essendo arte bella, sembra non essere convenevole ai fanciulli propriamente detti.

L’esercizio di tirare alla meta, tanto per tirare in distanza quanto per colpire il centro, ha per iscopo anche l’esercizio de’ sensi, particolarmente quello della vista. Il giuoco della palla è uno de’ migliori pe’ fanciulli, poiché vi si unisce il corso. Generalmente sono migliori que’ giuochi ne’ quali

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si unisce l’esercizio dell’abilità con quello de’ sensi, per esempio l’esercizio dell’occhio per giudicare con precisione sulla distanza, sulla grandezza e la proporzione, per trovare la situazione de’ paesi secondo i quattro punti cardinali, al che deve servire il sole ec., egualmente è assai vantaggiosa la ricognizione locale sotto la quale s’intende la capacità di raffigurare in un luogo quelle cose che effettivamente abbiamo veduto. Piace per esempio il sortire di un bosco riconoscendo quelle piante che si erano notate entrando. Così è piacevole per la MEMORIA LOCALE per esempio il saper non solamente il libro nel quale abbiamo letto una cosa; ma il saper indicare anche la pagina. Così il suonatore di cembalo ha in testa la posizione de’ tasti senza aver bisogno di vederli . Il perfezionamento dell’ udito de’ fanciulli è egualmente necessario onde sapere per mezzo di esso è distante o vicina, e da qual lato venga il suono.

Il giuoco de’ figliuoli, chiamato GATTA CIECA era conosciuto anche presso i greci che lo nominavano μυϊνδα. Generalmente sono i giuochi de’ fanciulli assai comuni. Quelli che si conoscono nella Germania

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esistono anche in Inghilterra, in Francia ec. Sembra che questi giuochi abbiano per base certo impulso naturale dei fanciulli il quale come nel giuoco della gatta cieca, serve a far loro tentare l’arte con cui dovrebbero condursi se fossero privi di un qualche senso. Il paleo è un giuoco che ha le sue particolarità ed è uno di que’ giuochi fanciulleschi che forniscono spesso materie, ed eccitamento alla riflessione di uomini grandi, e sono qualche volta la cagione d’invenzioni importanti. Così ha scritto SEGNER una dissertazione sul paleo, ed un capitano della marina inglese ne prese occasione per inventare uno specchio per mezzo del quale si può misurare l’altezza delle stelle sopra un vascello.

I fanciulli amano molto quegli stromenti, che eccittano lo strepito per esempio trombette, tamburri ec.; ma simili stromenti sono da togliersi, poiché incomodano gli altri. Sarebbe meglio, che i fanciulli stessi si tagliassero una canna in modo di potervi suonare sopra. 

Anche l’altalena è un mezzo buono per muoversi, gli adulti se ne servono talvolta per la salute; ma è necessario, che i fanciulli durante questo movimento siano 

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sorvegliati poiché questo può diventare assai accelerato. Anche la cometa o drago volante è un giuoco innocente, essa addestra i fanciulli a conoscere bene la direzione del vento onde far sì ch’ella si elevi nell’aria.

Coll’affezionarsi a questi giuochi, il fanciullo impara a togliersi alcuni bisogni ed impara a poco a poco a privarsi di alcune altre cose. Oltre di ciò si accostuma per mezzo di essi ad una continua occupazione, per questa ragione però quest’occupazione non deve essere un continuo giuoco; ma deve essere un giuoco accompagnato da un disegno e da uno scopo. Quanto più in questo modo il suo corpo s’indurisce e si rinforza, tanto più è al sicuro dalle conseguenze perniziose dell’effeminatezza. Anche la ginnastica deve guidare solamente la natura e non deve produrre un’eleganza forzata. Unitamente a questa coltura del corpo è bisogno formare i fanciulli anche per la società. Rousseau dice: non avrete mai un uomo di proposito, se prima non avete un mariuolo. È più facile che da un ragazzo allegro si formi un uomo di garbo, che da un impertinente saputello. Il fanciullo non deve essere incomodo in società, ma dall’altra parte non deve nemmeno 

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vezzeggiare altrui. Egli essendo invitato da altri deve aver confidenza senza abusarne, deve essere franco senz’essere sfrontato. Il mezzo per arrivarvi è di non guastarlo, cioè di non insegnargli le convenienze che lo rendono timido e solitario; ma per lo contrario conviene inspirargli il sentimento di non pretendere alla considerazione. Non vi è cosa più ridicola, che una morigeratezza da dottorello, una presunzione da saccentuzzo in un fanciullo. Nell’ultimo caso dobbiamo tanto più fargli conoscere le sue debolezze; ma con moderazione perché non senta troppo il nostro impero e affine che si formi da sé, ma come individuo della società ove se il mondo è grande per lui lo deve essere anche per gli altri.

TOBY nel TRISTRAM SCHANDY dice ad una mosca dalla quale lungo tempo era stato tormentato mentre la lasciava sortire dalla finestra «va animale impertinente, il mondo è grande abbastanza per te e per me». Questo detto potrebbe sciegliere ciascheduno a propria sentenza. Noi non dobbiamo incomodarci tra noi, il mondo è bastantemente grande per tutti.

Ora passiamo alla coltura dell’anima, che sotto certi rapporti può essere anche chiamata

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coltura fisica; dobbiamo però distinguere la natura e la libertà una dall’altra. Dar leggi alla libertà è tutt’altra cosa che coltivare la natura. La natura del corpo e dell’anima convengono in ciò che nella coltura di entrambi si cerca di allontanare la corruzione e che poi l’arte aggiunge qualche cosa tanto a quella quanto a questa. In certo modo dunque possiamo chiamare la cultura dell’anima, egualmente sì bene fisica, come la coltura del corpo.

La coltura fisica dello spirito si distingue dalla morale, in ciò, in ciò, che questa tende alla libertà, quella solamente alla natura. Un uomo può fisicamente essere molto COLTIVATO; esso può avere uno spirito assai culto, ma non avendo la coltura morale può essere un cattivo soggetto.

La COLTURA FISICA però deve essere distinta dalla PRATICA, poiché l’ultima è PRAMMATICA o MORALE. Perciò questa chiamasi MORALIZZAZIONE e non COLTURA.

Noi dividiamo la COLTURA FISICA dello spirito in LIBERA ed in SCOLASTICA. La LIBERA è quasi un gioco, la SCOLASTICA al contrario forma una occupazione; la LIBERA è quella che si osserva sempre nell’allievo; ma nella scolastica è esso considerato come

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soggetto all’impero. Possiamo essere occupati nel gioco ed allora diciamo essere occupati nell’ozio; ma possiamo anche essere occupati per l’impero altrui, e questo chiamiamo lavorare. La coltura scolastica prescrive al fanciullo il lavoro, la libera gli permette il giuoco.

Sono stati progettati vari piani di educazion[e], per vedere (cosa assai lodevole) qual metodo sia il migliore. Fra gli altri si è progettato di far tutto imparare ai fanciulli giocando. LICHTENBERG in una parte del magazzino di Gottinga critica questo metodo fallace, poiché i fanciulli devono essere accostumati per tempo mentre passano in appresso alla vita attiva. Questo metodo produce un effetto tutto contrario. Il fanciullo deve giocare, esso deve avere alcune ore di ricreazione, ma esso deve anche imparare a lavorare. La coltura della sua abilità è buona come la coltura dello spirito, ma ambedue le specie di coltura devono essere esercitate in tempi differenti. È d’altronde una di[s]grazia particolare per gli uomini l’essere fortemente inclinati alla inattività. Più che l’uomo ha vissuto nell’ozio più difficilmente si decide pel lavoro.

Durante il lavoro, l’occupazione non è

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piacevole per sé stessa; ma questa s’intraprende per un secondo fine. L’occupazione nel gioco al contrario è piacevole per sé stessa e non tende ad un secondo fine. Allorché si passeggia, la passeggiata stessa forma lo scopo delle nostre azioni, ma essendosi prefissi di andare in un dato luogo per ritrovare o una società, o per qualunque altro oggetto, la società stessa, o il determinato oggetto costituiscono il fine del nostro cammino. In questo caso si sceglie volentieri la via più breve. Così è anche col gioco delle carte. È in fatti cosa singolare, vedere che uomini ragionevoli possano giocare a carte alcune ore di seguito. Là vediamo che gli uomini non cessano sì facilmente di essere fanciulli. Poiché qual differenza esiste fra questo gioco ed i giochi de’ fanciuili?

È della massima importanza che i fanciulli imparino a lavorare. L’uomo è l’unico essere che deve lavorare, esso per molti preparativi deve giungere al punto di guadagnarsi il sostentamento. Alla domanda, se il cielo sarebbe stato più benefico, se ci avesse fatto trovare le cose già preparate senza dover lavorare, si può rispondere sicuramente di no; poiché l’uomo domanda di essere occupato anche quando queste occupazioni

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sono accompagnate da un certo obbligo. Egualmente falsa è l’idea, che se Adamo ed Eva fossero rimasti nel Paradiso non avrebbero fatto altro che star sempre in compagnia cantando canzonette arcadiche ed ammirando la bellezza della natura. La noia avrebbe martirizzati sicuramente tanto quanto gli altri uomini che si trovano in simile situazione.

L’uomo dev’essere occupato in modo tale da corrispondere perfettamente allo scopo che egli si è prefisso, ed il miglior riposo per lui è dopo aver finito il lavoro. Il fanciullo dunque dev’essere accostumato al lavoro: e il miglior luogo ove si possa coltivarne l’inclinazione è la scuola. Essa è una coltura forzata. È estremamente nocivo accostumare il fanciullo a considerare tutte le istruzioni come giuoco; esso deve aver tempo per ricrearsi; ma gli deve essere prescritto un tempo pel lavoro. Il fanciullo non comprendendo anche pel momento questo obbligo possa servire si avvederà del grand’utile nell’avvenire. Volendo rispondere sempre alle loro domande come, a che serve questo, a che quello, si ecciterebbe maggiormente la loro curiosità. L

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educazione deve praticarsi conforme allo scopo, ma per ciò non deve essere servile.

Per quello che riguarda la coltura libera delle forze dell’animo, è da osservare ch’essa continua sempre, e deve riguardare particolarmente le facoltà superiori. Le inferiori si coltivano secondariamente, ma solo in relazione alle superiori, come l’ingegno riguardo all’intelletto. La regola principale in ciò è che nessuna facoltà dell’animo va coltivata isolatamente, ma ciascuna solamente in relazione all’altra, per esempio l’immaginazione in favore dell’intelletto.

Le facoltà inferiori non hanno per sé stesse verun merito, per esempio un uomo di molta memoria, ma privo di giudizio è un dizionario vivente. Ciò non ostante vi vogliono anche questi Somieri del parnasso, i quali benché non siano capaci di produrre cose utili, possano strascinare i materiali onde gli altri ne costruiscano qualche cosa. L’ingegno non essendo accompagnato dalla facoltà del giudizio non produce che sciocchezze. L’intelletto è la cognizione degli universali. La facoltà del giudizio è l’applicazione del generale al particolare. La ragione è la facoltà di comprendere l’unione tra la generalità e la particolarità. Questa coltura 

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libera continua i suoi passi incominciando dall’infanzia fino all’epoca che il giovane è abbandonato a sé stesso. Se un giovane espone per esempio una regola generale, può essere eccitato ad addurre passi di storia della favola, i quali cadano sotto questa regola, come anche alcuni tratti de’ passi ai quali viene applicata ed in tal guisa possiamo dargli occasione di esercitare l’ingegno, la memoria ec.

La sentenza TANTUM SCIMUS, QUANTUM MEMORIA TENEMUS, è giusta, perciò è assai necessaria la coltura della memoria. Tutte le cose sono qualificate in modo, che l’intelletto segue dapprima le impressioni sensuali e la memoria le conserva. Così accade colle lingue che si possono imparare mediante una memoria formale, o per mezzo del conversare ch’è il miglior metodo riguardo alle lingue viventi. È molto necessario d’imparare i vocaboli, ma meglio è far imparare quelle parole, che si trovano in quell’autore che si legge colla gioventù prescrivendone la quantità. Così s’impara meglio la geografia per mezzo di un certo meccanismo. La memoria ama particolarmente questo meccanismo che in alcuni è molto vantaggioso. Per la storia non è stato trovato finora un

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meccanismo convenevole. Si è tentato di comporre varie tabelle ma queste non hanno prodotto l’effetto che se ne aspettava. La storia è un mezzo eccellente di esercitare l’intelletto riguardo al giudizio. L’imparare per memoria è assai necessario, ma facendolo solamente per esercizio è da rigettarsi; per esempio è viziosa costumanza l’apprendere alcune orazioni a memoria, che declamandole in pubblico non recano altro utile che quello della franchezza. Del resto è la declamazione un’occupazione per gli uomini, e non pe’ fanciulli. A questo oggetto appartengono tutte quelle cose che s’imparano a memoria per un futuro esame o colla mira di prevenirne la dimenticanza. La memoria deve essere occupata solamente con quelle cose, che ella è interessata di ritenere, e che hanno un rapporto colla vita sociale. Infinitamente nociva è ai fanciulli la lettura de’ romanzi, poiché la lettura di essi indebolisce la memoria, e mentre che li leggono, li riguardono unicamente come semplice trattenimento. Sarebbe ridicolo ritenere un romanzo a memoria per raccontarlo agli altri; quindi leggendo i fanciulli romanzi è necessario di levarglieli dalle mani, poiché senza avvedersene se ne formano

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un nuovo, e si figurano le circostanze diverse da quelle che leggono, girano attorno colla fantasia, e restano incantati senza riflettere.

Non mai si devono permettere le dissipazioni, e meno ancora nella scuola che altrove, poiché producono finalmente una inclinazione, e quindi l’abitudine, alla distrazione. Anche i più bei talenti si perdono in colui che è soggetto alla dissipazione. I fanciulli ancorché durante il passatempo si distraggano, tuttavia si raccolgono tosto che sono finiti; li veggiamo molto dissipati quando meditano qualche cattivo gioco, allora cercano come nasconderlo, o come ripararlo, sentono le cose a metà, rispondono al rovescio, non intendono quello che leggono ec.

La memoria deve essere coltivata, per tempo; ma unitamente anche l’intelletto.

La memoria si coltiva 1. per ritenere i nomi ne’ racconti; 2. per leggere e scrivere; questo esercizio però dev’essere fatto più dentro di noi che per mezzo del compitare; 3. per le lingue che devono essere insegnate ai fanciulli prima a voce eppoi leggendo. In seguito reca moltissimo vantaggio un così detto ORBIS PICTUS, convenevolmente 

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composto; si può incominciare colla botanica, colla mineralogia e colla descrizione della natura in generale, e per fare una rappresentazione di questi oggetti si prende occasione per istruirli nel disegno e nel modellare che nuovamente richiamano la matematica. La previa istruzione scientifica dassi con vantaggio nella geografia tanto nella matematica quanto nella fisica. I racconti di viaggi spiegati per mezzo di rami e carte conducono poi alla geografia politica. Dallo stato presente della superficie del globo si passa indi allo stato passato, si giunge alla geografia antica, alla storia antica ec.

Durante l’istruzione si deve cercare che il fanciullo impari a poco a poco ad unire il sapere al conoscere. Fra tutte le scienze sembra la matematica esser l’unica, che possa soddisfare a questo tentativo. Innoltre deve essere unito il sapere al discorso (la facondia, il ben dire, l’eloquenza). Il fanciullo deve anche imparare a distinguere bene il sapere dal semplice opinare e credere. In questo modo si prepara un ESATTO intelletto ed un gusto ESATTO non DEBOLE o MOLLE. Questo gusto deve dapprima riferirsi ai sensi e particolarmente a quello della vista per indi rivolgersi alle idee.

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Tutto ciò che ha da coltivare l’intelletto deve fondarsi sopra regole, è però assai utile penetrarne e svolgerne la natura affinché l’intelletto non agisca meccanicamente, ma conosca la regola secondo la quale agisce. 

È anche assai bene il porre le regole sotto una certa formola, e affidarle in tal modo alla memoria. Tenendo la regola in memoria e dimenticandosi anche dell’uso di essa, è facile che ben presto ci orizzontiamo. Ora nasce la domanda, se debbano le regole procedere dapprima in astratto ed essere imparate in appresso dopo aver compito il loro uso, o se debbano le regole e l’uso di esse tenere ugual passo? Questo solo è convenevole. Nell’altro caso fino a che si giunga alle regole è l’uso di esse assai incerto. Le regole devono essere classificate, altrimenti non essendo esse unite tra loro non le teniamo a memoria; la grammatica dunque deve sempre precedere in qualche modo lo studio delle lingue.

Ora dobbiamo dare un concetto sistematico dell’intero scopo dell’educazione e del modo con cui si possa arrivarvi.

1. LA COLTURA GENERALE DELLE FACOLTÀ DELL’ANIMO è diversa dalla particolare. Essa tende all’abilità ed alla perfettibilità e non

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richiede che l’allievo sia istruito in una cosa particolare; ma che siano corroborate le forze dell’animo. Essa è

a) o FISICA ove tutto consiste nell’esercizio e nella disciplina, senza che i fanciulli debbano conoscerne le massime. Essa è pessima per l’allievo il quale deve seguire la guida di un altro. Gli altri pensano per lui.

b) o MORALE. Questa non consiste nella disciplina ma è fondata sopra massime. Si guasta tutto volendola fondare sopra esempi, minaccie, punizioni ec., poiché allora sarebbe solamente disciplina. È duopo di fare attenzione che l’allievo operi bene per massime proprie e non per una cieca abitudine, e che egli eserciti il bene a motivo che è un bene per se stesso; poiché l’intero merito morale delle azioni consiste nelle massime del bene. L’educazione fisica si distingue dalla morale in ciò, che quella è passiva per l’allievo, e questa è attiva lui. L’allievo deve sempre riconoscere l’indole e la origine delle azioni dalle idee del dovere.

2. LA COLTURA PARTICOLARE DELLE FACOLTÀ DELL’ANIMO. In questa si comprendono la coltura della facoltà dell’intendimento,

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della sensibilità della immaginazione, dell’attenzione e dell’ingegno; cose tutte che comprendono le FACOLTÀ INFERIORI dell’intelletto. Della coltura de’ sensi, per esempio, del giudicare a vista è stato parlato di sopra. Per quello che riguarda la coltura della forza d’immaginazione abbiamo da osservare, che i fanciulli hanno una forza d’immaginazione estremamente gagliarda, la quale non ha bisogno di esser maggiormente eccitata ed estesa per mezzo di novellette; al contrario deve essere frenata e sottomessa a regole senza però lasciarla disoccupata del tutto.

Le carte geografiche hanno un certo che che diletta anche i fanciulli più piccoli: essendo essi annoiati di tutto, imparano ciò non ostante qualche cosa quando si servono di carte geografiche. Questo è un buon trattenimento pe’ fanciulli mentre la loro immaginazione non può dissiparsi; ma è costretta in certa guisa a raccogliersi su una data figura. La geografia può veramente essere la prima istruzione che si dà al fanciullo, alla quale si possono unire figure rappresentanti animali, piante ec. per animarla. Sembra, che colla storia si dovrebbe incominciare più tardi.

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È necessario che l’attenzione sia generalmente eccitata. Una fissazione rigida de’ nostri pensieri ad un oggetto non è tanto un talento, quanto una debolezza del senso interno; poiché in tal caso non è pieghevole onde potersi servire di lui a piacimento. La dissipazione è l’inimico di ogni educazione. La memoria si fonda sull’attenzione.

Per quello che riguarda le FORZE SUPERIORI DELL’INTELLETTO, cioè la coltura dell’intelletto, della facoltà del giudizio e della ragione è da osservarsi, che in principio l’intelletto può essere coltivato in certo modo passivamente, per mezzo di citazioni, di esempi che tengono luogo di regola; o al contrario per mezzo del ritrovato della regola pe’ casi singolari. La facoltà del giudizio dimostra qual uso possa farsi dell’intelletto. È necessario di comprendere ciò che s’impara o che si dice; di non ripetere veruna cosa senza intenderla. Quanti esistono, che leggono e sentono senza comprendere anche quando lo credono. Per agevolare l’intelligenza degli oggetti servono le immagini e le cose.

Per mezzo della ragione ne comprendiamo i fondamenti. Dobbiamo però riflettere che qui si parla di una ragione che ha

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ancora bisogno di essere guidata; perciò essa non deve sempre agire da sé stessa, e dall’altra parte non si deve tentare di volerla agguzzare troppo intorno a ciò che oltrepassa la comprensione. Qui non trattasi ancora della ragione speculativa, ma della riflessione sopra ciò che accade secondo le cause e gli effetti, cioè di una ragione pratica quanto alla sua economia ed organizzazione.

Le forze dell’animo si coltivano meglio quando si fa da sé tutto quello che si vuole intraprendere, per esempio, quando si mette subito in pratica quella regola grammaticale che si è imparata. Conosciamo meglio una carta geografica allora quando sappiamo comporla noi stessi. Il maggior aiuto per intendere è il produrre. Impariamo più profondamente e teniamo meglio a memoria quello, che abbiamo imparato quasi da noi stessi. Pochi uomini però ne sono capaci. Li chiamiamo (αυτοδιδακτοι) autodidatici.

Coltivando la ragione dobbiamo servirci del metodo di Socrate. Socrate che si chiamava la levatrice delle cognizioni de’ suoi uditori, adduce alcuni esempi ne’ suoi dialoghi conservatici in qualche modo da

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 Platone, coi quali fa vedere come si possa estrarre alcun cosa anche dalla ragione di uomini vecchi ed incolti. Quantunque, come si è detto, i fanciulli non debbano ragionare sopra tutto è però bene che lo facciano trattandosi de’ loro doveri; quand’anche non sia necessario che sappiano i fondamenti di ciò che fa d’uopo per renderli bene educati. Generalmente dobbiamo tentare di non imprimere in essi le cognizioni della ragione, ma di tirarle fuori da essi. Il metodo di Socrate dovrebbe formare la regola del metodo catechistico. Veramente è cosa alquanto lenta, ed è difficile il far sì, che mentre si sviluppano le cognizioni in un soggetto anche gli altri possano imparare qualche cosa. In alcune scienze è anche buono il metodo meccanico catechistico, per esempio, nell’istruzione della religione rivelata. Nella religione naturale al contrario dobbiamo servirci del metodo Socratico. Il metodo meccanico catechistico si raccomanda particolarmente per ciò che deve essere imparato storicamente.

Spetta del pari al nostro soggetto la coltura del sentimento del piacere e del dispiacere. Questa deve essere negativa, il sentimento stesso però non deve essere 

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effeminato. L’inclinazione al comodo è più nociva all’uomo che tutt’i mali della vita. Per ciò è della massima importanza, che i fanciulli incominciando dalla loro prima età imparino a lavorare. I fanciulli non essendo ancora effeminati amano molto que’ divertimenti che richiedono fatiche, ed occupazione, ed in cui si esige uso di forza. A ciò che mangiano bisogna star attenti, perché non diventino ghiotti e non permettere loro di sciegliere. Ordinariamente le madri son quelle che guastano in questo i fanciulli e gli ammolliscono, e malgrado di ciò si osserva, che i fanciulli particolarmente i maschi amano più il padre che la madre. Questo nascerà forse perché le madri per timore che i figli possano pregiudicarsi non permettono loro di saltare, di correre simili. Il padre al contrario che gli sgrida, e che talora li batte quando sieno scostumati, li conduce qualche volta in campagna ove possono saltare, correre, star allegri come meglio loro piace.

Si crede di esercitare la pazienza de’ fanciulli, facendogli aspettare molto tempo prima di dar loro la cosa richiesta; ma questo non sembra essere necessario. Nelle malattie però hanno bisogno di essere pazienti.

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La pazienza è duplice. Essa consiste o nell’abbandono totale della speranza o nell’accrescimento di nuovo coraggio. Il primo, quando si chiede sempre il possibile, non è necessario; e l’ultimo si può sempre avere quando si chiede ciò ch’è giusto. Nelle malattie si può di tanto deteriorare per l’abbandono della speranza di quanto si ammigliora per l’accrescimento del coraggio. Colui che riguardo allo stato suo fisico e morale è capace di prendere coraggio non perde mai la speranza.

I fanciulli non devono essere sgomentati; ciò accade quando vengono sgridati o svergognati, particolarmente quando i parenti dicono: OHIBÒ VERGOGNATI! ma non vi è alcuna ragione perché i fanciulli abbiano da vergognarsi; se per esempio mettono il dito in bocca in tal caso possiamo dire non è costume, non sta bene, ma non mai OHIBÒ VERGOGNATI, tranne il caso in cui dicano bugie. La natura ha dato all’uomo la verecondia affinché dopo ch’egli ha mentito si scopra da sé stesso. Se dunque i parenti non parlano mai di vergogna ai loro figli che quando mentiscono essi in tal guisa conservano questo pudore per tutta la loro vita. Al contrario svergognandoli sempre s’insinua

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in essi una certa timidezza che non lasciano più.

La volontà de’ fanciulli, come abbiamo detto, non deve essere contrastata; ma deve essere guidata in modo ch’essa ceda agl’impedimenti naturali. In sulle prime deve il fanciullo ubbidire ciecamente, poiché non è naturale ch’esso comandi per mezzo di strilli, e che il forte obbedisca al debole. I parenti dopo aver loro accordato tutto nella prima infanzia fallano negando tutto nell’età che sussegue; anzi è sconveniente negare loro quello che aspettano dalla bontà dei parenti, e colla sola vista di opporsi ad essi per far sentire ai più deboli una certa preponderanza.

Sono male educati i fanciulli quando si eseguisce continuamente la loro volontà; e sono educati assai falsamente quando ognora vi si contradica. Questo accade finché sono in balia de’ parenti particolarmente in quel tempo in cui incominciano a parlare: da ciò nasce un grandissimo danno per tutta la vita. Opponendosi alla volontà de’ fanciulli s’impedisce che possano esternare la loro indignazione; ma tanto più si arrabbiano internamente, mentre non conoscono il nuovo metodo che loro viene prescritto. La regola

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dunque che riguardo ai fanciulli della prima età si deve osservare si è, di soccorrerli quando piangono per dolore ec., e di non soccorrerli quando strillano per indegnazione. Questa misura dev’essere presa irrevocabilmente anche per l’avvenire. La resistenza, che in tal caso sente il figliuolo è assai naturale e propriamente negativa, mentre non consentiamo alla sua volontà. Altri figli al contrario ricevono da’ parenti tutto ciò che chiedono subito che si mettono a pregare. Dando tutto ai fanciulli quando strillano diventano maligni, ma ricevendo le cose a forza di pregare diventano molli.

Perciò non essendo assai giusto il motivo per cui chiedono una cosa è necessario di rifiutare, e non lasciarsi commovere da nessuna preghiera. Ogni rifiuto dev’essere irrevocabile, perché in questa guisa si toglie la necessità di frequenti rifiuti. Supposto (cosa che possiamo figurare assai di rado) che nel fanciullo esista una disposizione naturale per l’ostinatezza, è meglio che quando non vuol farci alcun piacere anche noi non gliene facciamo. La resistenza assoluta alla volontà produce una maniera di pensare servile. La resistenza naturale al contrario, determina la docilità.

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La coltura morale deve fondarsi sopra massime e non sulla disciplina. Questa impedisce la scostumatezza, quella forma il modo di pensare. Dobbiamo procurare che il fanciullo si accostumi ad agire per massime, e non per certi impulsi esterni. Per mezzo della disciplina resta impressa nell’allievo una cieca abitudine che poi si estingue cogli anni. Il fanciullo deve imparare ad agire secondo massime delle quali comprende esso stesso l’equità. Conosciamo benissimo quanto sia difficile effettuare ciò nei fanciulli, e che in conseguenza la coltura morale riguardo ai genitori ed istruttori richiede la massima cognizione.

Il fanciullo per esempio dicendo qualche bugia non deve essere punito; ma essere riguardato con disprezzo. Si deve dirgli che nell’avvenire non sarà più creduto. Punendo per altro il fanciullo quando fa male, e ricompensandolo quando fa bene, allora lo fa per star bene. Entrando poi nel mondo ove non succede così, ove può fare il bene senza essere ricompensato, e fare il male senz’essere punito, egli diviene un uomo che studia solamente onde star bene nel mondo, e fa il bene ed il male secondo che gli sembra tornargli più in acconcio.

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L’uomo deve formarsi da sé stesso le proprie massime. Nell’educazione morale devesi cercare per tempo d’insegnare ai fanciulli le nozioni di ciò ch’è bene e male. Volendo fondare la moralità non si deve punire. La moralità è una cosa sacra e sublime, e non dobbiamo metterla a paro della disciplina. La prima mira che si deve avere nell’educazione morale, è di fondare un carattere. Il carattere consiste nella prontezza di operare secondo massime. Queste in principio sono massime di scuola che poi diventano massime dell’umanità. In principio ubbidisce il fanciullo alle leggi; anche le massime sono leggi ma leggi personali; esse nascono dal proprio intelletto. Non deve però commettersi impunemente alcuna trasgressione delle leggi scolastiche, e le pene debbono proporzionarsi alla maggior o minor trasgressione.

Volendo ne’ fanciulli fondare un carattere richiedesi particolarmente, di far loro conoscere in tutte le cose un certo piano certe leggi le quali devono esattissimamente essere eseguite. Così per esempio si prescrive a loro un certo tempo per dormire, per lavorare, e per divertirsi; ma questo poi non deve essere prolungato né abbreviato.

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Nelle cose indifferenti si può lasciare la scelta ai fanciulli; basta che in seguito eseguiscano ciò che essi stessi si sono prefissi come legge. Ne’ fanciulli però non dobbiamo formare il carattere del cittadino, ma quello del fanciullo.

Quegli uomini che non si sono prescritte certe regole sono sempre dubbiosi, spesso non si sa come prenderli, e non si sa mai adequatamente trattarli, e qual giudizio formare di essi. Sono del pari spesso criticati quegli uomini che operano sempre secondo regole, per esempio quell’uomo che secondo l’orologio ha fissato un certo tempo per ciascuna delle sue operazioni; ma una tal critica spesso è ingiusta e questa precisione, benché sia penosa, è una disposizione per formarsi un carattere.

Al carattere di un fanciullo, particolarmente di uno scolaro, appartiene soprattutto l’ubbidienza.

Questa è di due sorta; la prima è l’ubbidienza alla VOLONTÀ ASSOLUTA dell’istruttore; la seconda è l’ubbidienza a quella volontà dell’istruttore, la quale è stata RICONOSCIUTA essere RAGIONEVOLE E BUONA. L’ubbidienza può essere dedotta dall’impero ed allora è della seconda specie. Questa 

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ubbidienza SPONTANEA è assai importante; e l’altra è assai necessaria, poiché prepara il fanciullo ad adempire quelle leggi, che suo malgrado, in qualità di Cittadino deve osservare per l’avvenire.

I fanciulli perciò devono stare sotto una certa legge di necessità. Ma questa legge deve essere generale e particolarmente eseguita nelle scuole. L’istruttore avendo molti scolari non deve avere alcuna predilezione o dare la preferenza ad un solo, altrimenti cessa la generalità della legge, ed il fanciullo vedendo che non tutti si sottomettono alla medesima legge diventa pertinace. 

Si dice sempre che si deve rappresentare ai fanciulli le cose in modo tale, che le facciano per inclinazione. Questo è bene in diversi casi; molte cose però debbono essere prescritte a loro come doveri. Da ciò nasce un grandissimo utile per tutta la vita; poiché trattandosi d’imposte pubbliche e di angherie, ed in molti altri oggetti possiamo essere guidati solamente dal dovere e non dall’inclinazione. Supposto anche che il fanciullo non comprenda cosa sia dovere, ciò non importa: esso comprenderà di essere obbligato come fanciullo, ma non comprenderà l’adempimento di un dovere come uomo. Se il

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fanciullo potesse comprendere il dovere che conviene all’uomo, locché non è possibile, se non quando egli giunga ad un’età adulta, allora la ubbidienza sarebbe ancora più perfetta.

Qualunque trasgressione di una legge dalla parte del fanciullo è mancanza di ubbidienza, e trae seco la punizione. La punizione anche nella trasgressione inavveduta della legge non è inutile. Questa punizione è o FISICA o MORALE.

Si punisce MORALMENTE coll’impedire il naturale desiderio di essere stimato ed amato; la qual cosa giova a promovere la moralità. Così, per esempio, si punisce moralmente svergognando i fanciulli e trattandoli con indifferenza. Queste inclinazioni alla stima ed all’amore altrui debbono essere coltivate per quanto è possibile. Se per esempio un fanciullo mentisce basta punirlo con uno sguardo di disprezzo e questa punizione è la più conforme allo scopo.

Le punizioni FISICHE consistono o nel ricusare ciò che è stato richiesto o nell’aumentare il castigo. La prima specie si confà colla morale ed è negativa. L’altra deve essere applicata con cautela, altrimenti nasce un INDOLE SERVILE. Non conviene ricompensare

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ricompensare i figliuoli poiché diventano interessati e ne nasce L’INDOLE MERCENARIA.

Noi possiamo considerare l’ubbidienza o nella fanciullezza, o nei primi anni della gioventù. Alla trasgressione di quest’ubbidienza segue la punizione. Questa è o NATURALE, o ARTIFICIALE. Naturale quando l’uomo si è attirato la punizione per la sua propria condotta, per esempio quando il fanciullo mangiando troppo diventa ammalato, e queste punizioni sono le migliori; poiché l’uomo le sente non solo durante la fanciullezza, ma in tutto il corso della vita.

L’artificiale è quella che deriva dal fatto degli altri uomini. L’inclinazione di essere stimato ed amato è un mezzo sicuro di regolare la punizione in modo che sia durevole. Le punizioni fisiche s’impiegano solamente quando le morali non giovano più nulla. Essendo obbligati di passare dalle punizioni morali alle fisiche difficilissimamente si formerà un buon carattere. La sommissione fisica però deve in principio sottentrare alla mancanza della riflessione nei figliuoli. 

Le punizioni date con cenni d’irritazione, operano falsamente, poiché i fanciulli

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le riguardano solamente come conseguenze, e si considerano come oggetti della passione di un altro. Le pene che si danno ai fanciulli devono essere applicate con precauzione, acciocché si persuadano che il solo fine di esse sia l’ammiglioramento della loro condotta. È pazzia il pretendere che i fanciulli dopo essere stati puniti abbiano da ringraziare, da baciare le mani di colui che gli ha puniti ec., questo gli rende servili. Ripetendo spesso le punizioni fisiche si forma l’uomo riottoso, e punendo i parenti i figli a motivo di ostinatezza li rendono maggiormente ostinati. Gli uomini ostinati non sono sempre i più cattivi, anzi spesso cedono alle amichevoli rimostranze che loro vengono fatte.

L’ubbidienza di colui che entra negli anni dell’adolescenza è diversa da quella del fanciullo. Essa consiste nella sommessione alla regola del dovere; fare qualche cosa per dovere chiamasi ubbidire alla ragione. È fatica perduta parlare ai fanciulli del dovere; perché in fine non lo riguardano che come una cosa alla di cui omissione segue la punizione. Il fanciullo potrebbe esser guidato per semplice istinto, ma crescendo esso in, età si deve unirvi la cognizione del 

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dovere. Anche la vergogna non deve esser eccitata nei fanciulli, se non quando essi sono passati all’età dell’adolescenza. La vergogna non può aver luogo prima che la idea dell’onore non abbia gettate profonde radici.

Un secondo requisito principale riguardo alla fondazione del carattere di un fanciullo è la VERACITÀ. Essa forma la base e l’essenza del carattere. L’uomo che mentisce non ne ha alcuno, ed il bene che esercita nasce dal suo temperamento. Alcuni fanciulli hanno la disposizione di mentire, la quale spesso deriva da una viva immaginazione. Tocca al padre di vegliare perché i fanciulli se ne divezzino; poiché le madri lo riguardano come cosa poco significante anzi trovano in ciò spesso una prova lusinghiera delle disposizioni particolari e della capacità de’ loro figli. In tal occasione si può far uso della vergogna poiché il figlio la comprenderà benissimo. Il rossore ci tradisce quando mentiamo, ma esso non è sempre una prova dell’aver mentito. Spesso diventiamo rossi a motivo dell’impertinenza di un altro, che è capace d’incolparci. Sotto nessuna condizione dobbiamo per mezzo di punizione far confessare la verità ai fanciulli, fuori che quando la bugia tragga seco qualche cattiva 

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conseguenza ed allora sono puniti per cagione di questa. Quando i figliuoli mentiscono, l’unica punizione conforme allo scopo, è la privazione di stima.

Le punizioni si possono dividere in NEGATIVE e POSITIVE: le NEGATIVE si applicano in caso di pigrizia o di scostumatezza per esempio quando mentiscono, quando sono poco condiscendenti ed intrattabili. Le positive quando esternano l’indignazione maligna. Soprattutto dobbiamo badare di non conservare rancore verso i figliuoli.

Un terzo attributo del carattere del fanciullo deve essere la SOCIABILITÀ; esso deve vivere in amicizia e non sempre separarsi. Alcuni istruttori non vogliono permettere che i fanciulli nelle scuole abbiano qualche legame tra loro, ma ciò non è giusto. I fanciulli debbono prepararsi pei piaceri più dolci della vita. Gl’istruttori non devono dare la preferenza ad alcuno de’ loro allievi a motivo de’ suoi talenti, ma a motivo della sua moralità; altrimenti nasce la gelosia ch’è contraria all’amicizia.

I fanciulli debbono anche essere sinceri ed i loro sguardi sereni come il sole. Il cuore allegro solo è suscettibile di sentire piacere quando esercita il bene. Quella

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religione che rende l’uomo tetro, è falsa; poiché esso deve amare Iddio col cuore  tento e non per forza. Il cuore allegro non  deve sempre essere soggetto alla disciplina  scolastica, altrimenti diventa abbattuto. Essendo poi libero si rialza. A ciò servono certi giochi che al fanciullo danno piena libertà, ed in cui esso si studia di superare i  suoi compagni in abilità ec. Allora l’anima  ritorna ad essere serena. 

Molti uomini credono, che gli anni della loro gioventù siano stati i migliori ed i più dilettevoli della loro vita. Ma non è forse così. Gli anni della gioventù sono i più penosi, poiché siamo sottomessi assai alla volontà d’altrui, rare volte abbiamo un vero amico, e più raro ancora godiamo la libertà. Anche Orazio dice: «Multa tulit, fecitque puer, sudavit et alsit». 

I fanciulli debbono essere istruiti solamente in quelle cose che convengono alla loro età. Alcuni parenti gioiscono nel sentire i loro fanciulli parlare avanti tempo come saputelli. Questi figliuoli però riescono buoni a nulla. Un fanciullo deve essere prudente come un fanciullo; e non deve essere cieco imitatore. Quel figliuolo al contrario, che da saputello sputa sentenze è affatto

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fuori della destinazione de’ suoi anni, e fa lo scimiotto. Esso deve aver solamente l’intelligenza del fanciullo e non deve voler comparire troppo per tempo. Un fanciullo di questa natura non diventerà mai un uomo di profondo sapere e d’intelletto sereno. Egualmente insoffribile è un fanciullo che vuole come gli altri seguir la moda, per esempio, farsi pettinare dal parrucchiere, portare un paio di manichetti, oppure una tabacchiera. Per mezzo di ciò acquista maniere affettate che lo rendono ridicolo. Una società ben costumata è per esso un peso; ed avanzando in età è privo di quello che distingue l’uomo valente. Per questo motivo si deve cercare di opporsi alla sua vanità, o per dir meglio non dobbiamo prestargli occasione di diventare vano. La vanità nasce ne’ fanciulli quando si dice loro che sono belli, e ben ornati, o quando si promettono e si danno loro i vestiti in ricompensa. I fanciulli non devono far pompa di vestiario, quello che ricevono dev’esser pulito e semplice e servire unicamente al bisogno. Anche i parenti stessi hanno da vigilare su questo punto, non mettere alcuna stima sul loro proprio vestiario, non specchiarsi ec., poiché in questa

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occasione come in qualunque altra è assai potente l’esempio, e conferma o distrugge un buono insegnamento.