PREFAZIONE
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I
Scienza filosofica e, secondo altri, scienza universale può dirsi la Pedagogia. Scienza filosofica, perché il soggetto della Pedagogia è l’uomo considerato nella sua natura, nella sua destinazione e in tutte le sue attinenze principali. Scienza universale, perché il fine supremo della Pedagogia consiste nell’arte di perfezionare l’uomo. Ora questo perfezionamento, che è materiale o fisico, intellettivo, morale e politico o sociale, dimanda la conoscenza di molte e svariate discipline, ma segnatamente la conoscenza della Fisiologia ed Antropologia fisica, della Psicologia, della Logica, della Morale, della Storia, del Diritto, della Politica, delle sociali discipline in generale. Di qui i vari metodi educativi secondo i tempi, i luoghi, i sistemi filosofici, le istituzioni religiose, civili e politiche, e secondo il grado stesso dell’umano
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sapere. Ma oggi, in così notevole progresso di cognizioni e di civiltà, onde mai si disputa ancora su molti punti essenziali della scienza e dell’arte educativa? Perché l’arte di perfezionare l’uomo è sommamente difficile e complessa per la natura stessa dell’uomo, pel suo fine, per le sue molteplici e diverse relazioni. Quindi troppo ardito e non guari attuabile ci pare il detto famoso di Leibnitz: «Chi ha in mano l’educazione della gioventù può cambiare la faccia del mondo». Il valentuomo forse dimenticava che all’arte umana segna confini non valicabili la natura, e che il soggetto da educarsi è l’uomo con i suoi pregi e difetti naturali, e fornito di volontà libera. Onde l’autorità, la forza morale unita pure alla fisica, e la stessa ragione non sempre riescono a piegare o dirigere l’altrui volontà libera. Invece, noi diremo che l’educazione da sé non può far tutto, ma può far molto, anche se incontri difficoltà non lievi e tenaci resistenze nell’educando. Non occorre, d’altra parte, spender molte parole per dimostrare come l’educazione fìsica, intellettiva, morale e civile per l’uomo sia una necessità. Sta bene che l’uomo, fornito di corpo e di animo, ha naturali disposizioni fisiche e intellettuali, come ha leggi sue proprie; ch’egli è un animale naturalmente ragionevole, sociabile e parlante, conforme Aristotile lo definiva. Ma senza l’arte educativa,
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abbandonato a sé stesso, l’uomo non si distingue dagli animali bruti, non apprende il linguaggio, non dispiega debitamente le sue facoltà mentali e morali, né quindi può arrivare il suo massimo perfezionamento e il vero suo fine.
Ora, se all’uomo è necessaria l’educazione, se la natura umana in sostanza non cambia, perché tanta varietà di sistemi educativi in ogni tempo e luogo, perché non abbiamo ancora unità e concordia d’intelligenze rispetto ai principi direttivi nell’arte dell’umana educazione? Ardua è la risposta. E già il Kant ebbe acutamente osservato che di tutti i problemi, affacciatisi o dati a risolvere alla mente umana, il più nobile ma insieme il più difficile è il problema dell’educazione.
Criteri principali della scienza ed arte educativa per noi sarebbero gl’infrascritti. Presa notizia della natura, della perfettibilità e del fine vero e compiuto dell’uomo, educar tutto l’uomo e perfezionarlo non pure verso sé stesso, ma in relazione coi fini della società civile ed umana. Con qual mezzo? Per via di ragionevole autorità, intesa a porre l’alunno in grado di far poi retto uso della propria libertà. Entro qual periodo di tempo? Né troppo breve, né troppo lungo, ma quanto è necessario perché l’educazione sia graduata e piena, non torni a danno dello sviluppo e della salute del corpo, né affatichi di soverchio la mente e lo spirito. In
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quali modi? Partendo dall’educazione fisica e sensitiva, quindi per quella intellettuale arrivando alla compiuta educazione morale: cioè comprendere tutto l’uomo, non disfarlo, ma perfezionarlo, addestrandone tutte le facoltà, distinte ma in armonia fra loro, e però distinguere e comprendere lo studio delle varie discipline, a quel modo che distinti sono i fini e i doveri sociali dell’uomo. Ma, intanto, una è la persona umana, uno l’animo nostro, uno il vero ed il bene, uno il dovere nostro supremo, cioè l’ossequio costante, incondizionato alla legge morale e il perfezionamento umano.
Contro questa dottrina pedagogica vanno pertanto quei sistemi educativi, che o tutto concedono all’autorità dell’educatore e del maestro, a danno della spontaneità dell’alunno, e viceversa; che accelerano troppo, o ritardano l’educazione intellettiva e morale; che insegnano ad un tempo cose e discipline soverchie, o in numero troppo scarso e superficialmente; che nell’alunno altro non cercano che un puro spirito da coltivare, od un semplice animale con organi più perfetti; che badano al solo fine dell’individuo umano, e punto o poco al line sociale, e viceversa; che fondano l’educazione su meri principi a priori, o sulla nuda osservazione esteriore e su mezzi materiali, riducendo l’arte educativa ad un gretto empirismo.
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II
Nei tempi andati l’autorità dei genitori, degli educatori e dei maestri pesava troppo su’ figli e sugli alunni; all’età nostra generalmente si eccede in fatto di libertà, in ogni sorta d’educazione domestica, privata e pubblica. Una volta s’insegnava poco e tardi; oggi molti genitori e maestri ed alcuni Stati hanno la smania d’insegnare a’ fanciulli precocemente e troppe cose. Nei secoli anteriori, e anco nella prima metà del secolo nostro, l’educazione fisica era generalmente trascurata, o non tenevasi conto delle leggi fisiologiche nell’educazione mentale; oggi si tende, specie da’ più fervidi seguaci delle teorie Darwiniane e della filosofìa evoluzionista, ad imperniare sulla Fisiologia la Pedagogia intera, cioè non pure l’educazione fisica e sensitiva dell’uomo, sì anche la intellettiva e la morale. Ma, fra gli altri, un valoroso propugnatore della nuova Pedagogia scientifica, il nostro Siciliani (Storia critica delle nuove teorie pedagogiche) osserva giustamente che il Darwinismo non può dar ragione di tutta la scienza pedagogica, e ancor più esso torna insufficiente quando all’arte educativa si vogliano applicare le pure leggi meccaniche del trasformismo. Anticamente l’educazione morale forse invadeva troppo il campo della
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educazione mentale; in oggi avviene il contrario: di qui la mancanza d’una soda, morale pubblica, come lamentava non ha guari lo Schäffle (Struttura e vita del corpo sociale). Alcuni pedagogisti racchiudono tutta la scienza e l’arte educativa in una metodica generale ed astratta, dimenticando così l’aurea sentenza di Seneca: Longum est iter per precepta, breve et efficace per exempla. Altri, invece, non sanno mai elevarsi a certe regole supreme, a qualche concetto nobile e peregrino intorno all’arte e al fine dell’educazione, ma tutto riducono a tritumi, ad esempi e a norme le più viete e comuni.
III
Alla più parte di questi difetti rimedia un trattato di Pedagogia, uscito dalla mente di un gran pensatore e filosofo, di Emanuele Kant, e fiorito appunto in Germania, detta a ragione terra classica della Pedagogia.
Verità essenziali, feconde e peregrine, elevati e ardui problemi accennati o risoluti dal Kant formano il pregio massimo del libro pedagogico da noi tradotto. Vediamolo brevemente.
1. Secondo il Kant, l’uomo non può diventare vero uomo che per educazione.
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2. Il genere umano deve a poco a poco trarre da sé stesso tutte le qualità e disposizioni naturali che spettano all’umanità.
3. Una generazione educa l’altra; e così il progresso dall’educazione va necessariamente unito alla perfezione della natura umana.
4. L’abbozzo d’una dottrina pedagogica è un ideale stupendo e nobile, quand’anche non possa effettuarsi; dacché l’arte educativa richiegga molte generazioni per essere perfezionata.
5. Fra le scoperte ed arti umane due sono le più difficili: l’arte di educare gli uomini e l’arte di governarli.
6. Non devesi educare i fanciulli per lo stato presente sociale, ma per un migliore stato avvenire, fondando le norme educative sull’idea dell’umanità e della sua vera e compiuta destinazione.
7. Un disegno di educazione dovrebbe, pertanto, essere cosmopolitico.
8. Il metodo d’istruzione e d’educazione non vuol’essere meccanico, ma fondato su principii razionali. — E già il Ratich aveva detto lieto e animoso: Vetustas cessit, ratio vicit.
9. In qual modo conciliare l’autorità dell’educatore con la volontà libera dell’educando e col fine ultimo dell’educazione? Servirsi dell’autorità per educare nell’uomo la libertà. La stessa
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disciplina non sia dunque servile. — Aforismo provvido e sapiente che più tardi cercarono dimostrare e inculcare agl’italiani il Lambruschini e il Rayneri.
10. L’uomo è il solo animale che abbia necessità di lavorare. Il lavoro fisico e il lavoro mentale, benché distinti, non vanno separati, e l’uno e l’altro dev’esser fatto per dovere. Onde la stessa cultura dello spirito è doverosa, né va impartita ed appresa per mero divertimento.
11. Non una sola, né alcune, né separatamente, ma tutte le facoltà umane vogliono essere coltivate, ciascuna di esse in relazione con le altre e per le altre. La cultura fisica non sia quindi segregata da quella dello spirito. — La quale armonia delle potenze dell’animo e del corpo nel graduato loro svolgimento era stata accennata e raccomandata anche da Francesco Bacone nel De augmentis scientiarum, là ove tratta della pedagogica.
12. Rispetto all’educazione mentale, bisogna apprender bene più cose, con attività costante e intensa, ma nel debito tempo: festina lente.
13. Nell’educazione progressiva si tenti di unire il sapere e il potere. — E già Bacone aveva detto «L uomo tanto può quanto sa». Ma come dee procedere, secondo Kant, la prima educazione intellettuale? Alle lezioni di cose (tal sarebbe la descrizione dell orbis pictus) e all’esercizio della
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memoria si unisca quello dell’intelletto e del giudizio, se non vogliamo formare degli alunni tanti lessici viventi.
È chiaro che al metodo intuitivo ed oggettivo (come si domanda oggi) Kant voleva si unisse anche il metodo razionale e soggettivo, per avvezzare l’alunno a riflettere ed a pensare da sé.
14. Gl’insegnanti abbiano ed usino libertà di metodo, conforme si praticava nella scuola sperimentale di Dessau. E così Kant risolveva uno dei molteplici aspetti dell’ardua e complicata questione sulla libertà dell’insegnamento.
15. Venendo all’educazione morale, Kant afferma reciso (contro la teorica di Rousseau) che l’uomo non è per natura né buono né cattivo, ma che egli diventa morale quando la sua ragione si eleva alle nozioni del dovere e della legge morale.
16. L’educazione morale ha per fine principale di formare il retto e vero carattere nell’uomo; il quale deve anzitutto domare le sue passioni: sustine et abstine.
17. Nello stato presente intellettuale e sociale, bisogna inculcare per tempo ai fanciulli alcune idee religiose, ma con siffatto metodo che la nozione di Dio sia congiunta a quella del dovere e che la legge divina apparisca come legge di natura, legge che l’uomo sente e ritrova nella
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propria coscienza. Imperocché la religione senza la moralità si riduce a un mero culto superstizioso.
18. Il giovinetto sia, inoltre, educato all’amore non solo della famiglia, degli amici e della patria, ma degli uomini tutti, prescindendo da ogni interesse proprio e da ogni disuguaglianza sociale, dacché il bene sia amabile per sé stesso e gli uomini siano tutti eguali per natura.
19. Il giovane, stimando sé giusta il proprio valore intrinseco e non secondo il giudizio e il valore degli altri, dia poca importanza ai beni e piaceri della vita, e si apparecchi a non temere la morte.
Oltre questi punti essenziali, nella Pedagogia del Kant troverà il lettore osservazioni elevate, giudiziose, pratiche, argute, e quel senso profondamente morale che domina tutta la Filosofìa pratica dell’insigne pensatore tedesco.
IV
Dopo il Kant, che può dirsi novatore anco nella scienza dell’umana educazione, molto si è scritto intorno alla Pedagogia in ogni parte dotta e civile d’Europa, come in Germania, Svizzera, Francia, Inghilterra ed Italia. Ma osiamo dire che nessun pedagogista ha superato il Kant nel disegno e ne principi fondamentali della scienza
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educativa, se pure non abbia copiosamente attinto a quella sorgente. Onde i Tedeschi non a torto chiamarono libretto d’oro il breve ma sostanzioso trattato pedagogico di Kant; il quale fu dal prof. Teodoro Rink compendiato sopra un corso di lezioni fatto più volte dall’autore all’università di Königsberg e pubblicato, col consenso di Kant stesso, nel 1803.
In mezzo a questa farragine di libri, di opuscoli e di periodici educativi nostrani e forestieri onde siamo inondati; in mezzo a tendenze opposte, autoritarie e liberali, anche in fatto d’educazione privata e pubblica; in mezzo a sistemi disparati della vecchia scienza pedagogica e della nuova, quest’ultima informata generalmente alle teorie Darwiniane ed evoluzioniste; m’è parso utile e opportuno (giovandomi segnatamente della versione francese del Barni) di recare in italiano le dottrine liberali, austere, elevate del Kant sulla educazione umana, e che in fondo tengono il giusto mezzo. Non voglio dire con questo che il trattato pedagogico di Kant, anche spiegato debitamente, qua e là emendato e adattato alle nuove condizioni intellettuali e sociali, raffrontato con altre parti della filosofia pratica Kantiana (cioè morale, giuridica, politica e religiosa), debbasi adoperare come libro di testo nelle nostre scuole. Ma certamente esso può almeno servire come libro di lettura, e in
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parte anche di guida, tanto ai maestri quanto agli alunni di Pedagogia. Imperocché le moderne e civili nazioni che sono e vogliono restar libere, come appunto è l’Italia, han bisogno d’una scienza pedagogica sana ed alta.
Nel chiudere questa Prefazione, chiedo licenza al Lettore cortese di ricordare qui altri miei scritti, i quali o trattano di Pedagogia, o ne risguardano la pratica, o hanno carattere educativo, e sono:
Dottrina dell’Evoluzione e sue conseguenze teoriche e pratiche, capo IX, nel volume di Filosofìa morale e sociale (Firenze, 1882).
L’Insegnamento della Filosofia ne’ Licei d’Italia (Firenze, 1876).
Sull’ordinamento de’ Licei e degl’istituti Tecnici (Firenze, 1879).
La missione della Donna nella società odierna (Macerata, 1876).
Roma, 29 Aprile 1883.
ANGELO VALDARNINI