Art. I. Teoria della Sensibilità pura. Modo con cui si formano in noi le percezioni degli oggetti sensibili. Dello Spazio e del Tempo
Art. II. Teoria dell’Intelletto puro. Generazione delle leggi universali che regolan gli oggetti sensibili. Categorie e forme del pensiero. Schematismo. Riflessione trascendentale. Natura
Art. III. Teoria della Ragione pura. Della legge dell’assoluto. Delle Idee trascendentali. Paralogismi, antinomie, e ideale della Ragione pura. Delle prove specolative dell’esistenza di Dio
Art. IV. Teoria della Ragione pratica. Sentimento fondamentale della coscienza. Libero arbitrio. Imperativo categorico. Unione necessaria delle due tendenze verso la felicità e verso il dovere. Immortalità dell’anima. Dio
Art. I. Esame della Teoria della Sensibilità pura
Art. II. Esame della Teoria dell’Intelletto puro
Art. III. Esame della Teoria della Ragione pura
Art. IV. Esame della Teoria della Ragione pratica
Art. V. Esame della Filosofia sperimentale opposta alla trascendentale di Kant
ARTICOLO II.
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Dopo avere fin qui impiegata la Sensibilità a creare tutti gli oggetti, e a collocarli gli uno fuori degli altri ne’ diversi luoghi dello spazio, e gli uni dopo gli altri ne’ diversi istanti del tempo, continuando Kant il suo poema o romanzo filosofico chiama l’Intelletto a classificarli e ordinarli fra loro, a legarli e organizzarli, a determinare le loro relazioni, a comporne in somma il mondo sensibile e la Natura.
A ciò egli si serve delle sue dodici categorie di unità, pluralità, e totalità; di affermazione, negazione, e limitazione; di sostanza e accidente, causa ed effetto, azione e reazione; di possibilità e impossibilità, esistenza e non esistenza, necessità e contingenza: e de’ suoi quattro concetti riflessivi identità e diversità; conformità e contrarietà, interiorità ed esteriorità, materia e forma.
Questi, secondo Kant, sono i concetti puri, fondamentali, primitivi che forman l’essenza del nostro pensiero: son essi che uniscono e legano insieme la molteplicità degli oggetti posti dalla Sensibilità nello spazio e nel tempo: senza di essi niuna cognizione, niun pensiero sarebbe possibile.
Nè già, segue egli, venir ci possono dagli oggetti, cui essi medesimi coordinano, legano, classificano, e determinano: la prima
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cognizione li presuppone egualmente che l’ultima, e non può aver luogo se non per essi: eglino adunque sono anteriori in noi alla cognizione di qualunque oggetto, sono leggi subbiettive e a priori del nostro Intelletto, sono del pari che lo spazio ed il tempo pure forme della nostra Facoltà di conoscere.
Da ciò consegue, che se noi giudichiamo uno il sole e molte le stelle, non è perché veggiamo un sole soltanto, e veggiam molte stelle; ma perché fra i tanti oggetti collocati dalla nostra Sensibilità nello spazio, piace all’Intelletto di applicare la sua categoria dell’unità al sole piuttosto che alle stelle, e la categoria della pluralità alle stelle piuttosto che al sole. Per egual modo se giudichiam diafano il vetro, e non diafano il ferro, non è perché l’uno dà passaggio alla luce, e l’altro lo nega; ma perché l’Intelletto a quello applica la categoria dell’affermazione, e a questo la categoria della negazione. Similmente da noi si giudica sostanza il sasso, e la sua figura rotonda o cubica un accidente, non perché cambiandosi la figura il sasso tuttavia sussite; ma perché piace all’Intelletto di dar la categoria di sostanza piuttosto al sasso che alla figura e viceversa. Guai che più dicasi che la madre è causa, e il figlio è effetto, perché questo nasce da quella! Sarebbe errore da Empirico. Un fedele Trascendentalista dee dire che tutto questo succede unicamente, perché l’Intelletto dà alla prima di effetto; e dee esser pronto a sostenere, che se a qualche bizzarro
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Intelletto piacesse il contrario, si vedrebbe il figlio diventar causa, e la madre effetto.
In verità siffatte stravaganze non si possono né riferire, né confutare seriamente. Eppure Kant con queste stravaganze seriamente s’è lambiccato il cervello per fabbricare col suo Intelletto puro tutto quanto il mondo sensibile, per da le leggi a tutta la Natura; e il suo fedele seguace e commentatore Schulze non ha avuto ribrezzo di dir seriamente che la legislazione suprema della Natura riposa in noi, e che l’Intelletto nostro non cava le sue leggi dalla Natura le sue leggi.
Quella però che fra tali stravaganze a me sembra la più inconcepibile, è come Kant abbia potuto persuadersi, che queste categorie sieno in noi anteriori alla cognizione di qualunque oggetto, sieno leggi subbiettive e a priori del nostro Intelletto ec.
Come mai posso io avere in me stesso il concetto di unità e pluralità, senza aver mai non dico veduto, ma avuta nemmeno alla mente la rappresentazione né di uno né di più oggetti? come sapere che cosa sia l’avere o il non avere una data qualità prima d’avere o il non avere una data qualità prima d’avere l’idea né di qualità né di subbietto a cui essa appartenga? come conoscere la distinzione di sostanza ed accidente, di causa ed effetto, di azione e reazione, di possibilità, esistenza, necessità, contingenza ec. avanti di conoscere nessun oggetto, in cui queste cose si possano o ravvisare o supporre?
Son leggi subbiettive, egli dice, del nostro
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Intelletto, sono del pari che lo spazio ed il tempo pure forme della nostra Facoltà di conoscere. Saranno: ei saprà ciò che intende egli medesimo come esistano in noi avanti la minima cognizione degli oggetti, a’ quali necessariamente si riferiscono, e da cui solamente possono ricavarsi.
Né si può dire nemmeno ch’egli riguardi le categorie come semplici potenze, che poi riducanzi all’atto nell’acquistare la cognizione degli oggetti. Ei le riguarda come cose reali e realmente esistenti nell’Intelletto avanti la cognizione d’alcuno oggetto; anzi dall’applicazione di queste medesime ei fa nascere e le immagini degli oggetti, e gli oggetti stessi. «Quando un concetto puro dell’Intelletto è applicato a una forma pura della Sensibilità, diviene, dice l’Interprete di Kant, ciò che da esso appellasi schema o tipo primitivo. Lo schematismo adunque è l’atto risultante nella nostra cognizione dall’applicazione delle forme dell’Intelletto puro a quelle della Sensibilità pura. Quando tale applicazione si fa ad una cosa individua ne risulta un’immagine; questa immagine riferita ad una sensazione forma un oggetto». Dove si scorge che la formazione delle immagini è tutta opera de’ concetti puri dell’Intelletto combinati colle forme pure della Sensibilità anteriormente non solo a qualunque oggetto, ma eziandio a qualunque sensazione; poiché soltanto dal riferire le immagini alle sensazioni risultan gli oggetti.