Prima contraddizione delle idee trascendentali
Scolio all'antinomia prima
Seconda contraddizione delle idee trascendentali
Scolio all'antinomia seconda
Terza contraddizione delle idee trascendentali
Scolio dell'antinomia terza
Quarta contraddizione delle idee trascendentali
Scolio all'antinomia quarta
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Se, nel salire lungo la serie delle apparizioni, avvisassi mai d’incontrare difficoltà contro l’esistenza di una suprema ed assolutamente
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necessaria cagione, tali difficoltà non debbono aver punto fondamento sui soli concetti dell’esistenza necessaria di una cosa in generale, né quindi essere ontologiche. Ma esse debbono emergere dalla congiunzione causale con una serie di apparizioni, onde prendere, per la medesima serie, una tal condizione che assoluta sia e libera per sé stessa da condizioni: saranno per conseguenza ontologiche le dette difficoltà e dedotte da leggi empiriche. Con che intendo a dire, che ti si farà manifesto, qualmente, salendo in alto nella serie delle cause (nel mondo sensitivo), non ti verrà mai fatto di far capo e terminare con una condizione empirica assoluta e che l’argomento cosmologico dell’accidentalità degli stati del mondo, a motivo de’ respettivi cambiamenti, si addice a contraddire l’ammissione di una causa
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prima e di una serie, nella quale abbia luogo assolutamente un principio.
Egli è poi veramente maraviglioso il contrasto, che si manifesta in quest’antinomia; poiché da quello stesso argomento, pel quale nella tesi fu conchiusa l’esistenza di una prima natura, si conclude nell’antitesi, e con sottigliezza niente minore, la non esistenza della medesima. Prima fu detto, essa natura essere ente necessario, atteso che tutto il tempo trascorso comprende in sé la serie di quante sono le condizioni e quindi eziandio l’assoluto (necessario). Ora si dice non essere quell’ente necessario, appunto perché il tempo affatto precorso contiene in sé la serie di tutte le condizioni (le quali diventano quindi di bel nuovo tutte quante condizionate). Or ecco di tal contrasto la cagione. Il primo
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argomento non ha risguardo che alla totalità assoluta nella serie delle condizioni, una delle quali determina l’altra nel tempo ed acquista, per tal mezzo, un non so che di assoluto e necessario. Il secondo argomento, per lo contrario, prende in considerazione l’accidentalità di quanto è determinato nel tempo (essendoché ad ogni cosa precede il tempo, nel quale dev’essere di bel nuovo determinata la condizione, come condizionata essa medesima o dipendente da altre condizioni); con che viene a togliersi affatto qualunque assoluto e qualunque assoluta necessità. Con tutto ciò, la maniera di conchiudere, sì nell’uno che nell’altro argomento, si addice moltissimo alla ragione ordinaria degli uomini; alla quale accade non di raro di scompartire sé stessa in fra due, secondo che ella imprende a, da due punti di
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vista fra loro diversi, contemplare il soggetto, cui prende ad esame. Sembrò fenomeno sì maraviglioso e sì degno di riflessione al Sig. De Meiran il contrasto insorto fra due celebratissimi astronomi, da una consimile difficoltà, dipendentemente dalla scelta del sito, in cui fare le proprie osservazioni, che ne fece persino un trattato particolare. L’uno dei due, cioè, conchiudeva, che la luna si aggira intorno al proprio asse, perciò ch’essa volge costantemente il medesimo lato alla terra; e, perché sempre la ci si mostra dalla parte medesima, conchiudeva l’altro, che non si aggira la luna intorno al proprio asse. Le due conclusioni erano ugualmente giuste, secondo la situazione, cui si era ciascuno prescelta, onde quindi osservare della luna i movimenti.