Prima contraddizione delle idee trascendentali
Scolio all'antinomia prima
Seconda contraddizione delle idee trascendentali
Scolio all'antinomia seconda
Terza contraddizione delle idee trascendentali
Scolio dell'antinomia terza
Quarta contraddizione delle idee trascendentali
Scolio all'antinomia quarta
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La prova dell’essere infinita una data serie di mondo e così pure il complesso dello stesso mondo è fondata sulla circostanza, che, nell’opposto caso, i confini del mondo verrebbero ad essere costituiti da un tempo vuoto e così pure da uno spazio vuoto. Ora conosco benissimo quali si cerchino sotterfugi contro siffatta conseguenza, dando a credere, come che fosse, ad ogni modo, possibile, che il mondo abbia limiti secondo lo spazio ed il tempo, senza che sia perciò necessario ammettere né un tempo appunto
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assoluto, prima dell’incominciamento del mondo, né uno spazio assoluto, estendentesi al di là del mondo effettivo; non potendo essere né questo né quello. E mi dichiaro affatto contento e soddisfatto alla seconda parte di cotesta sentenza dei filosofi della scuola di Leibnizio: che in altro, cioè, non consista lo spazio; eccetto nella forma dell’esterna visione, che però non costituisca né oggetto positivo, cui possa ravvisarsi estrinsecamente, né alcun correlativo di visioni, ma solamente la forma delle apparizioni. Dunque non può lo spazio assolutamente (per sé solo) presentarcisi (occorrere ai nostri sensi), come alcunché di determinante nell’esistenza delle cose; non esso essendo in alcuna maniera oggetto, ma soltanto la forma degli oggetti possibili. È bensì vero, per conseguenza,
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il determinarsi dalle cose, come apparizioni, lo spazio, vale a dire, che, fra quanti possono al medesimo inerenti essere attributi (quantità o grandezza e relazione), esse fanno in modo, che questi o quelli competano all’effettività (esistenza); ma non può lo spazio per lo contrario, quasi ch’ei fosse alcunché di consistente per sé stesso, determinare l’effettività delle cose rispetto alla grandezza o figura; non essendo esso nulla di positivo, per sé solo. Può dunque darsi benissimo, circoscritto, mediante apparizioni, lo spazio, sia ch’esso pieno trovisi o vuoto(*); ma non possono
(*) Gli è facile avvedersi, qualmente in questo luogo intendo a dire, che lo spazio vuoto, in quanto è limitalo dalle apparizioni e trovasi, per conseguenza, entro il mondo, non contraddice, per lo meno, ai principi trascendentali e può essere quindi
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le apparizioni ricevere confini da uno spazio vuoto, fuori del medesimo. Il che regge ugualmente, rispetto eziandio al tempo. Tutte, pertanto, accordando le quali cose, gli è fuor d’ogni dubbio, cionnondimeno, che bisogna necessariamente ammettere questi due nienti (non enti), lo spazio vuoto, cioè, fuori del mondo, e, prima del mondo, il tempo vuoto; sempreché si riconoscano ed accordino termini al mondo, sia poi risguardo allo spazio o rispetto al tempo.
Conciossiacché, risguardo al sotterfugio, la cui mercé si tende ad evitare la conseguenza, per la quale asseriamo, che, se il mondo ha limiti (secondo lo spazio ed il tempo), dovrà essere determinata da
accordato, rispetto ai medesimi (quantunque non per ciò ad un tratto asseverata la di lui possibilità).
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un vuoto infinito, giusta la grandezza loro, l’esistenza delle cose di fatto esistenti, quel sotterfugio, diceva, consiste in ciò solamente, che, in vece di un mondo sensitivo, s’immagina è sottintende, come di soppiatto, non saprei qual mondo intellettuale; che, in luogo di un primo incominciamento (di un’esistenza, cui preceda un tempo di non esistenza), si pensa un’esistenza in genere, la quale non presuppone alcun’altra condizione al mondo; e che al posto dei confini dell’estensione si raffigurano limitazioni dell’universo e si evita, per tal modo, qualunque incontro di spazio e di tempo. Ma, in questo caso, non è quistione che del mondo fenomeno e della di lui grandezza; nel che non ci è assolutamente per messo di fare astrazione dalle accennate condizioni della sensibilità, senza distruggere l’essenza del medesimo.
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Se limiti apponi al mondo sensitivo, esso giace necessariamente in quel vuoto infinito. Il che facendo e, generalmente, ommettenedo, per conseguenza, lo spazio, qual condizione della possibilità delle apparizioni a priori, cessa e svanisce tutto quanto il mondo sensibile, che è pure il solo proposto nella nostra quistione. Giacché il mondo intelligibile altro non è che il concetto universale di un mondo in genere, nel quale vien fatto astrazione da tutte condizioni della intuizione del medesimo e, rispetto al quale, non è conseguentemente possibile alcuna proposizione sintetica, né che affermi né che nieghi.