Prima contraddizione delle idee trascendentali
Scolio all'antinomia prima
Seconda contraddizione delle idee trascendentali
Scolio all'antinomia seconda
Terza contraddizione delle idee trascendentali
Scolio dell'antinomia terza
Quarta contraddizione delle idee trascendentali
Scolio all'antinomia quarta
75
Ogni sostanza composta, nel mondo, consta di parti semplici e non esiste generalmente cosa, che semplice non sia o non composta di parti semplici.
Supponiamo, pertanto che le sostanze composte non consistessero di parti semplici; e, levandosi dal pensiero, in tal caso, quante possono essere le composizioni, verrebbe a non esser data veruna parte composta e (poiché di semplici non ve ne sarebbono) non se ne darebbero neppure di semplici, quindi non ci resterebbe nulla e non sarebbe
76
data, per conseguente, nessuna sostanza. O che dunque non è possibile togliersi dal pensiero qualunque composizione o che, dopo aversela tolta, è giuoco forza, che alcuna cosa rimanga di consistente senz’alcuna composizione; deve, cioè, rimanere il semplice. Ma, nel primo caso, ne verrebbe, di bel nuovo, che il composto non sarebbe costituito da sostanze (giacché nelle sostanze non è altro la composizione che un rapporto accidentale delle medesime, senza il qual rapporto esse dovrebbero consistere in qualità di esseri perseveranti per sé stessi). Ora, essendo questo in contraddizione colla premessa (maggiore), rimane la seconda proposizione, cioè, che il composto sostanziale nel mondo consiste di parti semplici.
Del che vengono ad essere conseguenze immediate, che tutte le
77
cose del mondo consistono in esseri semplici, che altro non è la composizione, tranne uno stato esteriore delle medesime, e che, a mal grado che non siamo in grado mai di allontanare da cotesto stato di congiungimento le sostanze elementari, né di renderle isolate, non può a meno tuttavia la ragione di raffigurarsele come i primi soggetti d’ogni composizione, per conseguenza, di pensarle come semplici, prima della medesima composizione.
Niuna cosa composta, nel mondo, consta di parti semplici e non esiste generalmente nulla di semplice nel medesimo.
Ammettiamo consistere di parti semplici, una cosa composta (come
78
sostanza). Essendo possibile ogni esterno rapporto, per conseguenza, anche ogni composizione, per via di sostanze, ma unicamente nello spazio, ne viene, che di quante sono le parti, onde consiste il composto, dovrà essere composto di altrettante parti anche lo spazio, cui occupa il composto dalle sostanze. Ora lo spazio non consiste di parti semplici, bensì di spazi; dunque ogni parte del composto è necessario che occupi uno spazio. Ma, siccome le parti assolutamente prime di ogni composto sono semplici, quindi risulta, occuparsi dal semplice uno spazio. Ora, poiché ogni reale, occupante uno spazio, comprende in sé un moltiplice, in relazione reciproca fuori di sé, per conseguenza, composto e, ben inteso, un composto reale, di contingenze non già (come di quelle, che, senza sostanza, non potrebbero essere in relazione
79
vicendevole fuori di sé), ma di sostaze; ne verrebbe, che il semplice sarebbe un composto sostanziale: il che ripugna per sé stesso.
Alla seconda proposizione dell’antitesi, che nulla, cioè, di semplice nel mondo si dia, non dee in questo luogo accordarsi altra significazione che la seguente: Non potersi, cioè, l’assolutamente semplice convincere né da qualsivoglia sperienza, né da interna od esterna che fosse percezione; che perciò l’assolutamente semplice consiste in una mera idea, la realtà obbiettiva della quale non sarà mai, che apparata venga da qualunque potesse darsi esperienza; e che l’assolutamente semplice non è, per conseguenza, che una sposizione di apparizioni senz’applicazione e senza oggetto di sorta. Diamo in fatti, che pur si trovasse nella sperienza un oggetto adatto a questa idea trascendentale;
80
sarebbe, in tal caso mestieri, che la empirica visione di un qualche oggetto venisse riconosciuta, come tale, che non contenesse alcun moltiplice, in rapporto vicendevole fuori di sé e congiunto coll’unità. Ora, siccome, dal non essere noi consapevoli di cosiffatto moltiplice non, è conclusione, che valga e possa inferire l’assoluta impossibilità del medesimo in quando mai alcuna visione di un qualche oggetto, e siccome tal circostanza è necessaria, senza forse, a cui vuol sostenere l’assoluta semplicità, risulta quindi, non potersi questa conchiudere da nessuna percezione, sia pur essa qual si vuole. Se dunque non è cosa, che possa essere mai data, qual oggetto assolutamente semplice, in veruna sperienza possibile, ma deve il mondo sensibile risguardarsi come il complesso di quanta può essere la sperienza,
81
certo è che nulla è dato, in tal mondo, che semplice fosse.
Questa seconda proposizione dell’antitesi progredisce assai più in là che non la prima, la quale si limita sbandire il semplice dalla visione del composto; mentre, in vece, la seconda lo caccia e toglie dall’intiera natura. Quindi è che non poté questa neppure trovarsi dal concetto di un dato oggetto dell’esterna visione (del composto); ma fu d’uopo ragionarla dalla relazione del medesimo con una sperienza possibile in genere.