Search this site
Embedded Files
kantiana
  • Home
  • Traduzioni
    • Geografia fisica
      • Geografia fisica 1
      • Geografia fisica 2
      • Geografia fisica 3
      • Geografia fisica 4
      • Geografia fisica 5
      • Geografia fisica 6
    • Idee sull'educazione (1808)
    • Trattato del diritto delle genti - testo
    • Critica della ragione pura
      • Critica della ragione pura I
      • Critica della ragione pura II
      • Critica della ragione pura III
      • Critica della ragione pura IV
      • Critica della ragione pura V
      • Critica della ragione pura VI
      • Critica della ragione pura VII
      • Critica della ragione pura VIII
    • Il sentimento del sublime - testo
    • Della forza dell'animo
    • Manuale della geografia fisica
    • Logica
    • Potere dello spirito
    • la pedagogia (1883)
    • Epicedi
    • Per la pace perpetua
    • La pedagogia (1901)
  • Strumenti di ricerca
    • Biografie
      • Caffarelli, Augusto
      • Eckerlin, August
      • Tocco, Felice
      • Mantovani, Vincenzo
      • Soave, Franceso
      • Colecchi, Ottavio
  • Il progetto
    • guida all’uso del sito
    • Criteri redazionali
  • Contatti
  • Breve guida
  • kantiana.it
kantiana
  • Home
  • Traduzioni
    • Geografia fisica
      • Geografia fisica 1
      • Geografia fisica 2
      • Geografia fisica 3
      • Geografia fisica 4
      • Geografia fisica 5
      • Geografia fisica 6
    • Idee sull'educazione (1808)
    • Trattato del diritto delle genti - testo
    • Critica della ragione pura
      • Critica della ragione pura I
      • Critica della ragione pura II
      • Critica della ragione pura III
      • Critica della ragione pura IV
      • Critica della ragione pura V
      • Critica della ragione pura VI
      • Critica della ragione pura VII
      • Critica della ragione pura VIII
    • Il sentimento del sublime - testo
    • Della forza dell'animo
    • Manuale della geografia fisica
    • Logica
    • Potere dello spirito
    • la pedagogia (1883)
    • Epicedi
    • Per la pace perpetua
    • La pedagogia (1901)
  • Strumenti di ricerca
    • Biografie
      • Caffarelli, Augusto
      • Eckerlin, August
      • Tocco, Felice
      • Mantovani, Vincenzo
      • Soave, Franceso
      • Colecchi, Ottavio
  • Il progetto
    • guida all’uso del sito
    • Criteri redazionali
  • Contatti
  • Breve guida
  • kantiana.it
  • More
    • Home
    • Traduzioni
      • Geografia fisica
        • Geografia fisica 1
        • Geografia fisica 2
        • Geografia fisica 3
        • Geografia fisica 4
        • Geografia fisica 5
        • Geografia fisica 6
      • Idee sull'educazione (1808)
      • Trattato del diritto delle genti - testo
      • Critica della ragione pura
        • Critica della ragione pura I
        • Critica della ragione pura II
        • Critica della ragione pura III
        • Critica della ragione pura IV
        • Critica della ragione pura V
        • Critica della ragione pura VI
        • Critica della ragione pura VII
        • Critica della ragione pura VIII
      • Il sentimento del sublime - testo
      • Della forza dell'animo
      • Manuale della geografia fisica
      • Logica
      • Potere dello spirito
      • la pedagogia (1883)
      • Epicedi
      • Per la pace perpetua
      • La pedagogia (1901)
    • Strumenti di ricerca
      • Biografie
        • Caffarelli, Augusto
        • Eckerlin, August
        • Tocco, Felice
        • Mantovani, Vincenzo
        • Soave, Franceso
        • Colecchi, Ottavio
    • Il progetto
      • guida all’uso del sito
      • Criteri redazionali
    • Contatti
    • Breve guida
    • kantiana.it

indietro

DELLA CRITICA 

ELEMENTARE TRASCENDENTALE

PARTE SECONDA

LOGICA TRASCENDENTALE

DIALETTICA TRASCENDENTALE

avanti

Indice

Scolio generale risguardo al passaggio dalla psicologia razionale alla cosmologia

Cap. II. Antinomia della ragione pura 

Sezione I. Sistema delle idee cosmologiche

Sezione II. Antitetica della ragione pura

Prima contraddizione delle idee trascendentali

Scolio all'antinomia prima

Seconda contraddizione delle idee trascendentali

Scolio all'antinomia seconda

Terza contraddizione delle idee trascendentali

Scolio dell'antinomia terza

Quarta contraddizione delle idee trascendentali

Scolio all'antinomia quarta

Sezione III. Dell'eccitamento, che ne viene alla ragione, da queste sue contraddizioni

Sezione IV. Delle quistioni trascendentali della ragione pura, in quanto importa, perché le si possano assolutamente risolvere

Sezione V. Sposizione scettica delle quistioni cosmologiche per tutte quattro le idee trascendentali

Sezione VI. Dell'idealismo trascendentale, come chiave pello scoprimento della dialettica cosmologica

Sezione VII. Decisione critica del contrasto cosmologico della ragione con sé stessa

Sezione VIII. Principio regolativo della ragione pura, rispetto alle idee cosmologiche

SEZIONE SESTA
DELL’IDEALISMO, COME CHIAVE PELLO SCOPRIMENTO DELLA DIALETTICA COSMOLOGICA

181

Nell’estetica trascendentale abbiamo dimostrato, con bastevoli argomenti, che tutto quanto è per noi ravvisato nello spazio e nel tempo, il che vuol dire, tutti gli oggetti di quanta possiamo avere sperienza, in altro non consiste 

182

fuorché in apparizioni, che altro, cioè, non sono i detti oggetti se non rappresentazioni; venendo le quali, siccome vengono di fatto, rappresentatate in qualità o di esseri estesi o di serie di cambiamenti, non hanno, fuori de’nostri pensieri, alcuna fondata esistenza. La qual dottrina è da me chiamata idealismo trascendentale(*). Di queste modificazioni della nostra sensibilità il realista, in significazione pure trascendentale, ne fa delle cose per sé medesime sussistenti; con che

(*)Altre volte la ho pure chiamata idealismo formale, mirando con tale denominazione a distinguerlo dal materiale o comune; il quale pone in dubbio le stesse cose esteriori o le piega. Pare anzi opportuno, affine di evitare in diversi casi ogni sinistra interpretazione, il prevalersi piuttosto di questa che non di quella prima espressione.

183

vien egli a semplici rappresentazioni trasformare in cose per sé stesse.

Sarebbe ingiusto verso di noi chi volesse in noi sospettare od attribuirne il già sì lungamente in discredito idealismo enpirico; che, mentre ammette la vera e positiva esistenza dello spazio, gli ricusa, o trova, per lo meno, dubbievole in essolui, quella di un ente, cui competa estensione; e non accorda, su questo particolare, alcuna quanto si vorrebbe dimostrabile differenza in fra il sogno e la verità. Non esso però trova la menoma difficoltà per ciò che risguarda le apparizioni dell’intimo senso nel tempo; giacché le riconosce per cose positive per sé; anzi pretende, questa sola ed unica interna sperienza bastare a convincere l’effettiva esistenza del proprio oggetto (per sé stesso e con tutta l’accennata determinazione di tempo). 

184

Il nostro idealismo trascendentale, per lo contrario, ammette, comeché gli oggetti dell’esterna visione abbiano positivamente luogo in quel modo; con ch’ei vengono ravvisati nello spazio; ed ammette l’esistenza di quanti accadono cambiamenti nel tempo, quali ce li rappresenta il senso interno. Perciocché, siccome lo spazio è già forma di quella visione, che noi chiamiamo esteriore; e, siccome non sarebbe luogo alla minima delle rappresentazioni empiriche, senza oggetti nel medesimo; cosi possiamo, anzi dobbiamo, ammettere, come veri e positivi, gli esseri estesi nello spazio: e lo stesso vale anche rispetto al tempo. Quel medesimo spazio però, insieme a questo tempo, e tutte, insieme ad ambidue; le apparizioni, anzi che fossero cose per sé stesse, altro non sono che rappresentazioni e non possono

185

esistere a verun patto fuori del nostro animo. Che anzi la stessa visione interna e sensitiva dell’animo nostro (qual oggetto della coscienza), la cui determinazione viene rappresentata mediante il succedersi di vari e differenti stati nel tempo, non è già neppur ella il vero stesso, tal quale consta propriamente in sé medesimo, non è, cioè, il soggetto (cui diciamo) trascendentale; ma è soltanto un’apparizione, che offerta viene alla sensibilità di quest’ente a noi sconosciuto. L’esistenza di tale apparizione interna, come di cosa così per sé stessa esistente, non può essere accordata, essendone condizione il tempo; il quale non può mai essere determinazione di qualche cosa in sé medesima. Ma è bastevolmente guarentita e nello spazio e nel tempo la verità empirica delle apparizioni; e, quando l’uno e 

186

l’altro si trovano coerenti a dovere, in tutto e per tutto, in una sperienza, giusta le leggi empiriche, la detta verità è sufficientemente controddistinta da quanta potesse avere affinità o parentela col sogno.

Quindi ne viene, che gli oggetti sperimentali non sono mai dati per sé stessi, ma solamente nella sperienza, e che non esistono punto fuori della medesima. Che vi sieno abitatori nella luna è cosa che, sebbene da niun uomo percepita giammai, è da non di meno assolutamente riceversi; però soltanto nel senso, che ci potressimo abbattere in essa nei successivi progressi possibili della sperienza; essendo vero e positivo tutto quanto connette con una percezione, secondo le leggi dell’andamento progressivo empirico. Tutto è dunque positivo, allorquando accorda colla mia coscienza effettiva e sta in giusta 

187

connessione empirica colla medesima, quantunque non vi sia nulla di perciò positivo e vero in sé stesso, fuori, cioè, della dianzi mentovata progressione della sperienza.

A noi non è dato veramente nulla, se la percezione detraggi e la di lei empirica progressione ad altre percezioni possibili. Perciocché le apparizioni per sé stesse, nella qualità loro di semplici rappresentanze, non sono positive che nella percezione, la quale non è altro, nel fatto, se non la verità od esistenza di una rappresentazione empirica, voglio dire, un’apparizione. Il dar nome di cosa positiva e reale ad un’apparizione, prima della percezione, o dinota, che nel progresso della sperienza potremo con siffatta percezione incontrarci, non ha significazione alcuna. Perciocché sarebbe lecito, senza forse, asserire, che l’apparizione esistesse per sé 

188

medesima, senza rapporto né coi nostri sensi, né con quanta potesse darsi esperienza, quando però si trattasse di cosa per sé stessa. Ma si tratta unicamente di un’apparizione occorrente nello spazio e nel tempo, che, l’uno e l’altro, non consistono punto in determinazioni delle cose in sé stesse, ma soltanto in determinazioni della nostra sensibilità. Il perché ciò, che nello spazio esiste e nel tempo (apparizioni), non è già in sé qualche cosa, ma consiste in sole rappresentazioni; le quali non sono da incontrarsi assolutamente in verun luogo a meno che le sieno date in noi (nella percezione).

La facoltà dell’intuizione sensitiva consiste, a propriamente parlare, nella suscettività di essere, in certo qualunque modo, affetti da percezioni, la vicendevole relazione delle quali costituisce un’intuizione pura 

189

dello spazio e del tempo (mere forme della nostra sensibilità). Ed in quanto, nel detto rapporto (collo spazio e col tempo), le dette percezioni si trovano connesse conforme alle leggi dell’unità della sperienza, e possono giusta le medesime determinarsi, le si chiamano oggetti. Ci è totalmente sconosciuta la causa non sensitiva di coteste rappresentazioni, quindi è che non siamo autorizzati risguardarla in qualità di oggetto; poiché tale oggetto non sarebbe rappresentabile nello spazio e neppure nel tempo, essendo questi mere condizioni di rappresentazione sensitiva, senza le quali condizioni ci è affatto impossibile il pensare a verun’apparizione. Intanto però ci sarà concesso distinguere del nome di oggetto trascendentale la causa meramente intelligibile delle apparizioni in genere, solo per avere alcun che di 

190

corrispondente ai sensi, come facoltà suscettiva. A quest’oggetto trascendentale possiamo quindi attribuire tutto il contesto e tutta la sfera delle nostre percezioni possibili e possiamo dire, ch’esso è dato per sé stesso anteriormente a qualsivoglia sperienza. Ma le apparizioni ad esso corrispondenti non sono già date per sé, bensì unicamente nella sperienza; non essendo le medesime che rappresentanze, le quali non dinotano alcun oggetto positivo, tranne in qualità di percezioni quando, cioè, la percezione, onde si tratta, trovasi connessa con tutte le altre, giusta le regole della unità della sperienza. Così può dirsi, essere date nell’oggetto trascendentale della sperienza le cose positive di già tempo; esse però non sono per me oggetti: e sono questi positivi nel tempo trapassato, in quanto mi rappresento, in conformità 

191

colle leggi empiriche, una serie regressiva di percezioni possibili (sia poi colla scorta della storia o sia sulle vestigia delle cagioni e degli effetti), in una parola, secondo che mi raffiguro, il corso del mondo condurre ad una serie di tempo già trascorso, come alla condizione del tempo attuale. Il qual tempo è poscia tuttavia rappresentato come positivo, non già per sé stesso, ma solamente nell’insieme di una sperienza possibile; cosicché tutti gli avvenimenti precorsi, da tempo immemorabile, alla mia propria esistenza non significano altro, a dir vero, se non la possibilità del prolungamento della catena della sperienza, salendo e sollevandosi dalla percezione attuale alle condizioni, che, secondo il tempo, definiscono la detta percezione.

Per le quali cose, ogni qualvolta mi rappresento quanti esistono e 

192

furono, in ogni tempo ed in tutti gli spazi, oggetti dei sensi, non io li ripongo entro tutti e ciascheduno di quello e di questi anteriormente alla sperienza; ma non consiste in altro questa rappresentazione, fuorché nel pensiero di una sperienza possibile nell’assoluta sua totalità; poiché solamente in essolei sono dati quegli oggetti (come costituiti da sole rappresentazioni). Quando però dico, l’esistenza loro precedere ogni mia sperienza, voglio solamente significare, qualmente saranno essi per occorrere in quella parte della sperienza, verso la quale debbo io finalmente progredire, prendendo le mosse dalla percezione. Ma è trascendentale, quindi a me necessariamente sconosciuta, la causa delle condizioni empiriche di cotesta progressione; per conseguenza, mi è pure sconosciuto e trascendentale in qual parte 

193

della serie, quindi anche a quale distanza, potrò nel regresso incontrarmi nelle medesime. Solché ora non trattasi neppure di questo, ma solo è quistione della regola dell’avanzamento progressivo della sperienza, nella quale mi vengono dati gli oggetti, voglio dire, le apparizioni. E torna finalmente affatto lo stesso che io dica, potermi nell’empirica progressione incontrare nello spazio colle stelle, che trovansi a distanza cento volte maggiore di quelle ultime, alle quali giunge il mio sguardo, o che dica potersene per avventura incontrare negli spazi dell’universo, quantunque non sia chi le percepisse giammai, né fosse per giammai percepirle. Conciossiaché, non ostante che tali stelle fossero date generalmente, come cose in sé medesime, senza relazioni colla possibile sperienza, elle non sono però nulla per me per me, quindi 

194

neppure oggetti, se non in quanto contenute nella serie del regresso empirico. Non è che in tutt’altro e diverso rapporto, quando, cioè, queste stesse apparizioni debbono applicarsi e servire all’idea cosmologica di un tutto assoluto e allorché trattasi, per conseguenza, di proporre alcuna quistione, che trascenda i confini della sperienza posssibile, che diventa importante la distinzione del modo, con che vien presa la verità ed esistenza dei mentovati oggetti dei sensi; trattandosi allora di evitare una ingannevole opinione, la quale sorge altronde inevitabile dalla sinistra interpretazione dei propri nostri concetti sperimentali(1).

(1) Gli argomenti contro la filosofia di Kant, sui quali fondarono le obbiezioni loro Feder, Eberhard, Schwal e parecchi altri antagonisti a questa dottrina, riduconsi

195

a che dessa insegni l’idealismo, distrugga ogni realtà obbiettiva e tutto l’umano sapere converta in una semplice apparenza, per non dire, illusione subbiettiva. Kant ed i suoi seguaci si adoperarono a rintuzzare cotesti rimproveri, distinguendo l’idealismo in ordinario e trascendentale e sostenendo, come che già esistessero nella ragione dell’uomo i principi del sapere, che dalla stessa ragione dipendessero, per conseguente, la possibilità ed il valore della cognizione positiva, dettando leggi, sotto questo 

196

rapporto, l’intelletto alla natura, anziché riceverle da essolei, e che non esiste obbiettivamente in veruna maniera neppure la stessa realtà, che si riconosce dietro i principi della ragione. Questa realtà, per altro, si dà come intrinseca e contenuta nella cosa per sé stessa, fuori di noi ed indipendentemente da noi; benché uguale ad x, per la nostra cognizione, una tal cosa in sé medesima. Ed è così che il sistema di Kant non distruggerebbe, in quanto al suo fondamento reale, l’obbiettività della sperienza e che tal dottrina credè guarentirsi dal rimprovero d’idealistica, nel senso volgare della parola. Quantunque però gli stessi avversari trovassero giusta e precisa la distinzione tra il comune idealismo ed il trascendentale, non vennero punto a scemarsi per ciò le dubbiezze loro e rimane pur sempre incomprensibile, a rigor di termini, la cosa per sé stessa. Intanto i Kantiani continuano a rispondere, la cosa per sé stessa essere tale appunto perché la non può concepirsi, e che il farla uguale ad x non è lo stesso che farla uguale a zero.

indietro

avanti

©kantiana.one 2021-2025

Google Sites
Report abuse
Page details
Page updated
Google Sites
Report abuse