I. Soluzione dell'idea cosmologica della totalità di composizione delle apparizioni di un tutto cosmico
II. Soluzione dell'idea cosmologica della totalità della divisione di un dato tutto nell'intuizione
Scolio finale alla soluzione delle idee matematico-trascendentali, e premonizione alla soluzione delle idee dinamico-trascendentali
III. Soluzione delle idee cosmologiche della totalità di derivazione degli avvenimenti del mondo dalle cause dei medesimi
Possibilità dell'efficienza, mediante libertà, in combinazione colle leggi universali della necessità della natura
Dichiarazione dell'idea cosmologica di una libertà in combinazione colla necessità universale della natura
IV. Soluzione dell'idea cosmologica della totalità di dipendenza delle apparizioni, secondo la loro esistenza, in genere
Scolio finale a tutta l'antinomia della ragione pura
37
Non sono che due l’efficienze, alle quali è lecito pensare, in contemplazione
38
di quanto accade; che le cose, cioè, avvengano secondo la natura od in grazia della libertà. La prima di queste causalità consiste nella combinazione di uno stato collo stato antecedente nel mondo sensibile, al qual secondo stato succede il primo in conformità di una regola. Ora, essendo che la causalità delle percezioni poggia sulle condizioni del tempo e, siccome, ove avesse ognora esistito lo stato anteriore, non avrebbe neppure prodotto alcun effetto, dacché nascono tutti finalmente nel tempo gli effetti; quindi ne viene, che dev’esser nata o stata prodotta pur essa l’efficienza della causa di ciò, che accade o si genera, e che, giusta i principi fondamentali dell’intelletto, alla stessa efficienza è sempre nuovo bisogno di una causa.
Del che all’opposto, per libertà, in senso cosmologico, intendo la facoltà,
39
onde valga incominciare spontaneamente un qualche stato; l’efficienza del quale non sia quindi, giusta le leggi di natura, subordinata nuovamente ad un’altra causa, che la determinasse, rispetto al tempo. Data la qual significazione, la libertà consiste in una idea trascendentale, pura, che, primieramente, non contiene in sé nulla, che somministrato fosse o preso a prestito dalla sperienza, e l’oggetto della quale non può, in secondo luogo, essere dato in guisa determinata per veruna sperienza; essendo già legge universale della stessa possibilità di qualunque sperienza, che tutto quanto accade abbia una causa è che debbane conseguentemente aver una l’efficienza eziandio della causa, come cosa essa pure accaduta o nata. Ed è per ciò che viene trasmutato in un complesso di mera natura, a quanta può mai
40
distanza estendersi, il territorio della sperienza. Ma, siccome, neppure in questa maniera, è da ottenersi e cavarsi, nella relazione causale, verun’assoluta università di condizioni, quindi è che la ragione si procaccia l’idea di una spontaneità, che in grado fosse di per sé incominciare ad agire, senza bisogno di premettere un’altra causa, che ne determinasse per forza ulteriore l’azione, conforme alle leggi dell’associazione vicendevole delle cause.
E degno sopra tutto di riflessione, come su questa idea trascendentale della libertà abbia fondamento il concetto pratico della medesima e come quell’idea costituisca in questa (libertà morale) il vero momento delle difficoltà, che assediarono sino ad ora la quistione intorno alla possibilità della stessa libertà. In significazione pratica, la
41
libertà consiste nella independenza dell’arbitrio dalla coartazione occasionata per eccitamento dei sensi. Imperocché un arbitrio è sensitivo, in quanto esso viene affetto patologicamente (col mezzo di cause moventi la sensibilità), e si dice animale (arbitrium brutum), ogni qualvolta lo stesso arbitrio può essere patologicamente necessitato. L’umana volontà è, per vero dire, un arbitrio sensitivo, non però bruto ma libero; atteso che la sensibilità non rende necessaria la di lei azione; ma è inerente all’uomo una facoltà, per la quale di per sé determinarsi, indipendentemente dalla coazione dello stimolo dei sensi.
Egli è da leggermente comprendersi, qualmente, se non fossero che mera natura tutte le causalità nel mondo sensibile, ogni avvenimento verrebbe ad essere determinato la mercé di un altro nel tempo, in
42
forza di leggi necessarie; e conseguentemente, siccome le apparizioni, come determinanti la volontà, dovrebbero necessaria rendere qualunque vogliasi azione, qual conseguenza loro naturale, così, togliendo la libertà trascendentale, verrebbe ad insieme distruggersi affatto qualunque pratica libertà. Questa infatti presume, che, benché non accaduta qualche cosa, essa però dovesse accadere e non fosse, per conseguenza, così determinante la di lei causa, nell’apparizione, che non si celasse nel nostro volere alcuna efficienza, indipendente da tutte cause fisiche, anzi capace, a malgrado dell’influenza e contro la forza delle medesime, di qualche cosa produrre, che sia determinata giusta le leggi empiriche nell’ordine del tempo, quindi capace di affatto per sé stessa incoare una serie di avvenimenti.
43
Ha costì pure luogo, pertanto, ciò, che generalmente accade nei contrasti della ragione, ogni qualvolta la si attenti oltre i confini d’ogni possibile sperienza; non essere, cioè, propriamente psicologico, ma trascendentale, il problema. Quindi è che la quistione della possibilità del libero arbitrio stuzzica e tenta bensì la psicologia, ma, siccome tutta quanta consiste in argomenti dialettici di meramente pura ragione, così dev’essa di sé far subbietto, unitamente al proprio scioglimento, alla sola filosofia trascendentale. Ora, non potendo questa esimersi da una soddisfacente (in proposito) risposta, onde porla in situazione di renderla quale se le compete, mi è prima di tutto mestieri adoperarmi a più davvicino determinare, con una osservazione, la via ch’ella dee battere, in trattando siffatta quistione.
44
Se le apparizioni fossero cose in sé stesse, fossero quindi forme della esistenza delle cose in sé stesse lo spazio ed il tempo, ne verrebbe che le condizioni ed il condizionato apparterrebbero sempre ad una sola serie, in qualità di membri della medesima sì le une che l’altro. Dal che nascerebbe anche in questo caso l’antinomia, oramai volgare a tutte le idee trascendentali, che tal serie, cioè, dovrebbe inevitabilmente sortire troppo grande o picciola troppo all’intelletto. I concetti dinamici però, coi quali abbiamo che fare in questo e nel numero susseguente, hanno questo di particolare, che, non essi occupandosi di un oggetto considerato come grandezza o quantità, ma della di lui esistenza soltanto, diventa lecito il far astrazione sì anche dalla grandezza della serie delle condizioni. Abbiamo quindi con esse
45
unicamente risguardo alla relazione dinamica della condizione col condizionale, in maniera che, già nella quistione intorno la natura e la libertà, c’incontriamo nella difficoltà di sapere, se mo sia possibile ovunque la libertà e se, tale essendo, possa ella sussistere insieme colla legge naturale universale della causalità. Con che trattasi di sentenziare, se proposizione sia legittimamente disgiuntiva (eac disiunctione) quella, che annunzia dovere ogni effetto nel mondo nascere o dalla natura o dalla libertà, o se possa piuttosto aver luogo simultaneamente, sotto diversi rapporti, l’una e l’altra (eſficienza), in un solo e medesimo avvenimento. La verità e giustezza della massima intorno alla connessione perpetua ed universale di quanto accade nel mondo sensibile, conforme a leggi di natura immutabili, ha già la fermezza
46
di un principio fondamentale d’analitica trascendentale e non soffre alcuna eccezione. Dunque la quistione si riduce a chiedere: se, ciò non ostante, risguardo al medesimo effetto, già dalla natura determinato, possa influirvi eziandio la libertà o se questa venga esclusa pienamente dalla legge impreteribile di natura. E costì si manifesta la, nel vero, comune, ma ingannevole, supposizione dell’assoluta realtà delle apparizioni e confonde la ragione colla sua nociva influenza; giacché, se le apparizioni sono cose sé stesse, non v’è più modo per cui salvare la libertà. Ché allora è natura la causa intiera, non che bastevole per sé a qualunque determinare avvenimento, e la condizione di tal causa cape ognora unicamente nella serie delle apparizioni; le quali vanno sempre, insieme all’effetto loro, subordinate alla legge
47
di natura. Invece di che, se non compete alcun valore alle apparizioni, tranne per ciò ch’elle sono di fatto, non, cioè, cose per sé, ma semplici rappresentazioni coerenti colle leggi empiriche, deggiono esse pure avere tuttavia fondamenti (cause), che non sieno apparizioni. Non è però che, rispetto alla propria efficienza, una cosiffatta causa intelligibile venga determinata mediante apparizioni, sebbene appariscano i di lei effetti, quindi possano essere per altre apparizioni determinati. Sono dunque straniere alla serie, poiché poste fuori della medesima, sì questa causa e sì la di lei efficienza; mentreché gli effetti loro s’incontrano, in vece, in vece, nella serie delle condizioni empiriche. Quindi è che, rispetto alla di lei causa intelligibile, può l’effetto essere considerato come libero e, rispetto alle apparizioni, come conseguenza
48
delle medesime, conforme alla necessità della natura. La qual distinzione, comeché oscura quanto mai e sottile, a primo aspetto, sempreché la si esponga in un modo tutto astratto ed universale, sarà però di per sé riscontrata nell’applicazione. Il mio pensiero costì mira soltanto a premonire, qualmente, siccome la connessione perpetua di tutte le apparizioni, in un insieme di natura, costituisce una legge impreteribile, così non potrebbe che inevitabilmente rovinare ogni libertà, volendo aderire ostinatamente alla realtà delle apparizioni e sostenerla. Il perché anche tutti quellino, che si attengono in proposito alla volgare sentenza, non è mai che potessero pervenire al segno da mutuamente fra loro conciliare natura e libertà.