I. Soluzione dell'idea cosmologica della totalità di composizione delle apparizioni di un tutto cosmico
II. Soluzione dell'idea cosmologica della totalità della divisione di un dato tutto nell'intuizione
Scolio finale alla soluzione delle idee matematico-trascendentali, e premonizione alla soluzione delle idee dinamico-trascendentali
III. Soluzione delle idee cosmologiche della totalità di derivazione degli avvenimenti del mondo dalle cause dei medesimi
Possibilità dell'efficienza, mediante libertà, in combinazione colle leggi universali della necessità della natura
Dichiarazione dell'idea cosmologica di una libertà in combinazione colla necessità universale della natura
IV. Soluzione dell'idea cosmologica della totalità di dipendenza delle apparizioni, secondo la loro esistenza, in genere
Scolio finale a tutta l'antinomia della ragione pura
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Chiamo intelligibile quel tanto, in un oggetto dei sensi, che non è punto apparizione. Perlocché, ove ciò, che nel mondo sensibile dev’essere considerato come apparizione, abbia in oltre, inerente a sé stesso, una facoltà, la quale non costituisca oggetto di visione sensitiva, ma possa, per ciò stesso, essere tuttavia cagione di apparizioni, la causalità di quest’ente potrà essere sotto doppio aspetto risguardata; come intelligibile, cioè, rispetto all’azione del medesimo, qual cosa per sé stessa, e come sensibile, rispetto ai di lui effetti, quali effetti di un’apparizione nel mondo sensibile. Con che verremmo a procacciarci un
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concetto empirico della facoltà di cosiffatto soggetto, ed uno in oltre intellettuale, nello stesso tempo, della di lui causalità; i quali concetti hanno luogo insieme in un solo effetto del medesimo. Né una così a due lati maniera di raffigurarsi la facoltà di un oggetto dei sensi è già ripugnante ad alcuno dei concetti, che dobbiamo formarci delle apparizioni e di una sperienza possibile. Imperocché, siccome, non essendo le apparizioni cose per sé, debbono esse avere a fondamento un oggetto trascendentale, che le determini, come semplici rappresentazioni, così nulla può trattenerci dal concedere a quest’oggetto trascendentale, oltre la proprietà, in grazia della quale lo si ravvisa, una causalità eziandio, la quale non sia apparizione; a malgrado che venga tuttavia riscontrato nell’apparizione l’effetto, cui essa efficienza produce.
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Ma dee ogni causa efficiente avere un carattere, voglio dire, una legge di sua causalità; senza il qual carattere quella non potrebbe guari essere causa. E qui primieramente avremo, in un soggetto del mondo sensibile, un carattere empirico; la cui mercé, in qualità di apparizioni, si troverebbero in tutto e per tutto connesse con altre apparizioni, coerentemente alle leggi costanti della natura, le di lui apparizioni: e le si potrebbero da quelle altre apparizioni derivare come condizioni delle medesime; onde, in combinazione con queste, costituirebbero quelle, per conseguenza, le membra di una sola ed unica serie nell’ordine della natura. In secondo luogo, dovrebbe in oltre a quel soggetto concedersi un carattere intelligibile; con che foss’egli causa bensì di quelle operazioni, come apparizioni, senza però essere subordinato
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egli medesimo a veruna condizione della sensibilità e senza essere né tampoco apparizione. Potremmo finalmente anche dar nome di carattere della tal cosa, nell’apparizione, al primo e dire carattere della cosa per sé stessa il secondo.
Ora, stando al suo carattere intelligibile, questo soggetto agente non andrebbe subordinato a nessuna condizione di tempo; giacché il tempo è soltanto condizione delle apparizioni, ma non delle cose in sé medesime. Non avrebbe né origine in tal soggetto, né fine, azione alcuna ed esso non sarebbe quindi neppure tenuto alla legge universale della determinazione del tempo, alla quale soggiace tutto quanto è mutabile; a quella, che stabilisce, trovare ogni cosa cioè, che accade, la propria causa nelle apparizioni (dello stato antecedente). A dir breve, la di lui causalità, in quanto lo si considera
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come intellettuale, non potrebbe guari aver parte nella serie delle condizioni empiriche, per le quali è reso necessario l’avvenimento nel mondo sensibile. Vero bensì, che di questo carattere intelligibile non sarebbe per ottenersi giammai contezza, immediata; non essendo a noi concesso di nulla percepire, tranne in quanto appare alcunché: ma lo si potrebbe tuttavia pensare corrispondentemente, al carattere empirico; in quel modo che dobbiamo generalmente sottoporre, come a base delle apparizioni, un qualche oggetto, trascendentale; quantunque sul di lui conto ignari affatto di ciò, ch’ei potess’essere per sé stesso.
Per le quali cose, risguardo al suo carattere empirico e come apparizione, sarebbe questo soggetto subordinato alla collegazione causale, conforme a tutte le leggi della
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determinazione. Sotto il qual rapporto, esso non consisterebbe in niente altro che in una parte del mondo sensibile; i cui effetti emanassero inevitabilmente dalla natura, né più né meno di altra qualunque apparizione. A misura che l’esterne apparizioni operassero su di lui e che venisse a, mediante la sperienza, riconoscersi il suo carattere empirico, voglio dire, la legge di sua causalità, dovrebbero tutte le di lui azioni poter essere dichiarate conforme alle leggi della natura, come dovrebbero in una sperienza possibile occorrere quanti mai sono i requisiti ad una perfetta e necessaria determinazione delle azioni medesime.
Ma secondo il di lui carattere intelligibile (quantunque non fatti noi per alcun concetto possederne, tranne il meramente universale) sarebbe giuoco forza che il medesimo
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soggetto fosse nondimeno affrancato e dichiarato indipendente da qualunque influenza della sensibilità e della determinazione mediante apparizioni. E poiché nulla succede in esso lui, finch’ei rimansi nomeno, e non gli si riscontra il menomo dei cambiamenti, a produrre i quali richiedesi determinazione dinamica di tempo, quindi non vi si trova nessun congiungimento con apparizioni, come cause, ne viene che, nelle azioni sue, sotto questo rapporto, un essere così attivo sarebbe libero ed indipendente da qualsivoglia necessità di natura, come da quella, che s’incontra unicamente nella sensibilità. Il perché di un tal ente potrebbe a tutto buon dritto asseverarsi, esso incoare di per sé i suoi effetti nel mondo sensibile, tutto che non incominci l’azione in lui medesimo. Il che avrebbe ugual valore, senza
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che l’incominciamento de’suoi effetti nel mondo sensibile dovesse perciò muovere dai medesimi spontaneamente; giacché non possono essi aver luogo in tal mondo, se non mediante condizioni empiriche nel tempo trascorso, ma trovandosi tuttavia determinati anticipatamente, la sola mercé del carattere empirico (il quale non è che la semplice apparizione dell’intelligibile), i detti effetti sono, per conseguente, soltanto possibili come una continuazione della serie delle cause naturali. Messe così a confronto amichevole colla causa loro intelligibile o sensitiva, libertà e natura, ciascuna in suo pieno e perfetto significato, verrebbero esse ad incontrarsi, nello stesso tempo e senza la menoma ripugnanza, nelle azioni medesime.