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L’utile della geografia fisica è manifesto. Essa ci insegna a conoscere l’officina della natura nella quale noi ci troviamo, i suoi strumenti, il suo primo laboratorio, e i suoi tentativi. Senza lei per quanto anche si sia imparato, l’uomo resta limitato e avvinto. Il fondamento ed il suolo di tutte le nostre cognizioni, sul quale raccogliamo tutti i fenomeni sensibili, su cui facciamo tutte le esperienze viaggiando e conversando, il posto dove abbiamo da mettere in pratica tutto ciò che abbiamo imparato o acquistato col mezzo degli studi, ci resterà ignoto ed indifferente.
Non vi è cosa che coltivi o formi più il buon senso degli uomini, quanto la geografia. Il buon senso si estende sull’esperienza, e si nutre per mezzo di essa. Volendo ora estendere un poco la nostra sperienza, e non limitarci interamente a quel luogo
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ove siamo nati, dobbiamo secondo le nostre mire acquistarci delle cognizioni geografiche. Quegli che ne è privo sarà indifferente anche alle notizie delle gazzette. Egli non ha un tutto a cui applicarle.
Non vi è nazione nella quale l’intelletto si esterni sì visibilmente nella classe comune, e dove il popolo basso sia sì generalmente istruito, e che sappia parlare tanto di cose dotte, come l’Inglese. Ciò nasce dalla quantità di cognizioni geografiche, sparse fra il popolo per mezzo di molti navigatori intorno al mondo, cosa la quale produce poi un gusto dominante per la lettura delle gazzette, delle quali l’operaio inglese legge certamente cinque fogli per settimana. Si prende l’Inglese propriamente per credulo; tale però non è per semplicità, ma perchè egli ha veduto tante cose forestiere e maravigliose, talché a lui nulla più pare impossibile. I Peruviani per lo contrario erano limitatissimi nella loro intelligenza, ed accostavano alla bocca tutto quello che loro si dava, poiché
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non ne conoscevano l’uso. Cagione di ciò era la loro posizione isolata; mentre le montagne alle spalle, ed il gran mare davanti impedivano loro di conversare cogli altri popoli, e di fare la loro conoscenza, finché i nuovi viaggiatori non vi approdarono.
Il viaggiare istruisce assai; esso ci leva tutt’i pregiudizi popolari, quelli della religione, della politica, della famiglia, dell’educazione. Egli dà allo spirito umano quel carattere generale, che piace tanto ne’ Francesi, i quali in così gran numero scorrono una buona estensione di terra. La geografia supplisce ai viaggi, ed estende considerabilmente le nostre cognizioni. Essa ci rende cittadini del mondo, e ci mette in correlazione colle nazioni più rimote. Senza di essa siamo limitati alla città, alla provincia, al regno nel quale viviamo. Con lei, malgrado di tutt’i legami, null’altro siamo che figli della natura. Ella ci mostra le vicende delle organizzazioni, e dei regolamenti umani, e i cambiamenti delle costituzioni religiose e civili; c’insegna ciò che di
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meglio è stato immaginato presso le altre nazioni, e dimostra per esempio, che in nessuna religione positiva è possibile l’universalità, e necessità dei dogmi e delle forme.
Si dice, che il viaggiare renda un poco eterodosso o indifferente riguardo al culto prescritto; ed alcuni hanno creduto meglio accomodarsi non solamente secondo la maniera di vivere delle nazioni estere, ma di viver anche secondo la loro costituzione politica e le loro usanze religiose. Quello che vi è di falso in ciò non è in verun modo cagionato dalla geografia; il bene che ne nasce può derivare anche senza il viaggiare.
Il viaggiatore non può in alcun modo essere privo di cognizioni geografiche. Esse sono i migliori e i più necessari preparativi per viaggiare; la geografia insegna al viaggiatore a quali oggetti dirigere l’attenzione, e gli disegna il piano, secondo il quale ha da fare le sue osservazioni.
Così la geografia coltiva e incivilisce nel medesimo tempo, ed è una parte assai importante della
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cognizione del mondo, meno importante però della propriamente detta cognizione dell’uomo.
Sarebbe inutile il dire più sull’utilità della geografia fisica. Ciascun capitolo lo proverà abbastanza da sé.
27-05-2024