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I

CRITICA ELEMENTARE TRASCENDENTALE

PARTE SECONDA

LOGICA TRASCENDENTALE

CAPO SECONDO
DELLA DEDUZIONE DEI CONCETTI INTELLETTUALI PURI

avanti

Indice

[Esergo]

Proemio

Della vita e delle opere di Kant

Prefazione alla prima edizione

Prefazione alla seconda edizione

Introduzione

I. Della differenza tra la ragione pura e l'empirica

II. Del possedersi per noi certe cognizioni anteriori ad ogni senso ed esperienza e del non andar mai digiuno di queste neppure il volgare intendimento

III. Del bisogno che ha la filosofia di una scienza che stabilisca la possibilità, i principi ed il complesso di tutte le nozioni preconcepute

IV. Della differenza tra i giudizi analitici ed i sintetici

V. Dei giudizi sintetici a priori, come inerenti a tutte le scienze teoretiche della ragione

VI. Problema universale della ragione pura

VII. Idea e divisione di una scienza particolare, sotto nome di Critica della ragione pura

Sezione seconda
Deduzione trascendentale dei concetti intellettuali puri

§ 23

233

La proposizione, cui premisi, è della massima importanza; poiché determina i limiti dell’uso dei concetti intellettuali puri, risguardo agli oggetti: nientemeno che l’estetica trascendentale determinava i 

234

confini per l’impiego della forma pura di nostra intuizione sensitiva. Non hanno infatti valore lo spazio ed il tempo, come condizioni della possibilità per che offerti ne vengono gli oggetti, eccetto per quelli dei sensi; quindi non l’hanno che nella sperienza: oltre la portata della quale non possono quelli rappresentarci alcuna cosa, esistendo essi unicamente nei sensi, e non avendo fuori di questi la minima realtà. I concetti puri dell’intelletto non vanno legati a siffatta limitazione, come quellino che si estendono agli oggetti della visione in generale; sia poi essa o no somigliante alla nostra maniera di vedere purché sensitiva e non intellettuale. Non ci è però di alcun soccorso questa estensione dei concetti oltre la nostra visione sensitiva: giacché, oltrepassata che l’abbiano, essi non sono che idee vuote

235

di oggetti, le quali neppure giovano a determinarne la possibilità; poiché solo consistono in mere forme del pensare, e non hanno realtà obbiettiva. Perciocché non abbiamo in pronto nessuna visione, per la quale potesse adoperarsi l’unità sintetica d’appercezione; poiché la sola contenuta in quei concetti, e la cui mercé solamente potrebbero questi determinare un oggetto. Essi non ricevono senso e significazione, che dalla nostra visione sensitiva empirirca; la sola onde possano acquistarne.

Ammettendo pertanto, come dato, un oggetto di non sensitiva intuizione, possiamo, v’ha dubbio, rappresentarcelo, mediante tutti gli attributi già inerenti alla supposizione, come che nulla competagli di quanto compete a visione sensitiva. Possiamo quindi rappresentarcelo come non esteso, esistente nello spazio, la di lui durata

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non essere tempo, niun cambiamento (conseguenza delle determinazioni nel tempo) potere in esso aver luogo, e così via discorrendo. Solché non costituisce propriamente cognizione il solo indicare circostanze, le quali dichiarano come non esista la visione dell’oggetto; e sinché non posso dire cosa cape in essolei. Perciocché sin qui non ho per anco rappresentato, al mio concetto intellettuale puro, né la possibilità di un oggetto; non avendo potuto offerire visione che ad esso corrispondesse, anzi avendo solo indicato non avere per lui valore la nostra. Ma il capo principale si è, che per cosiffatto nonnulla non può adoperarsi né una sola categoria; come sarebbe il concetto di una sostanza, di alcuna cosa cioè, che potess’esistere come soggetto, non mai però come semplice attributo; del quale né tampoco

237

sappiamo se possa darsi cosa corrispondente a simile determinazione del pensiero, sinché la visione empirica non offre alcun caso d’applicazione. Il di più, sul quale argomento, in seguito. 

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