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Per trattare bisogna avere la qualità che si richiede, quella della potenza. L’etichetta esige che sia riconosciuta per tale.
I trattati abbracciando maggiori o minori rapporti in proporzione che gl’interessi si moltiplicano e che la previdenza si sviluppa, non debbono avere positivamente in mira, fuorché la pace.
Se fosse altrimenti, essi tenderebbero a perpetuare la guerra.
Questo scopo sarebbe assurdo, poiché tenderebbe a ricondurre lo stato selvaggio che non conosce alcun trattato.
Finché dura il trattato, esso toglie alla
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incertezza dell’arbitrario tutta quella porzione di diritti, che la convenzione abbraccia.
La guerra che gli succede non è più che uno stato di passaggio per arrivare a nuove relazioni pacifiche.