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Il vincitore fissa le condizioni che debbono convenirsi col vinto per giungere alla pace.
Egli le fissa non in virtù di qualche pretesto di diritto che gli appartenga a motivo di pretesa lesione per parte del suo avversario, ma le fissa in virtù del suo potere.
Questa è la ragione per cui il vincitore non debbe pretendere di essere fatto indenne delle spese della guerra, poiché allora dichiarerebbe ingiusta la guerra del suo avversario: e, sebbene egli possa agire per questo motivo, ciò non
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ostante non gli è permesso di rivelarlo, poiché in questo caso dichiarerebbe che la sua guerra è una guerra di punizione, il che sarebbe una nuova offesa.
Il cambio dei prigionieri senza alcun riguardo al loro numero fa parte del diritto delle genti dopo la guerra.
Lo Stato ch’è vinto, o i suoi sudditi, non perdono per la conquista del loro paese la loro esistenza o libertà politica, di modo che lo Stato ch’è vinto divenga una dipendenza dell’altro, e i suoi sudditi altrettanti servi, poiché ciò sarebbe una guerra di punizione.
La servitù può tanto meno essere il risultato della guerra: poiché, ciò ammesso, si punirebbe lo Stato sopra i suoi sudditi che non furono che istromenti, e che non fecero che ubbidire.
Una schiavitù ereditaria è ancor meno ammissibile, perché è cosa assurda il pretendere che alcuno possa ereditare l’altrui punizione.