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§ VIII

DEL PROGRESSO DEI DIRITTI DELLE GENTI

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Indice

Prefazione

§ 1. Principi elementari del diritto delle genti

§ 2. Dei trattati

§ 3. Del diritto delle genti alla rinnovazione della guerra

§ 4. Del diritto delle genti durante la guerra

§ 5. Del diritto delle genti dopo la guerra e nel momento in cui si tratta la pace

§ 6. Del diritto delle genti durante la pace

§ 7. Del nemico perverso

§ 8. Del progresso dei diritti delle genti

§ 9. Del diritto cosmopolitico

Transunto

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Siccome lo stato brutale dei popoli è uno stato, da cui convien fare ogni sforzo per uscire. 

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E poiché esso non appaga i voti della ragione che li sollecita di pervenire a una regolare esistenza, qualunque diritto dei popoli, come altresì qualunque possedimento acquistato, o conservato colla guerra, non è che uno stato provvisorio, e non può diventare definitivo, che per mezzo di una generale associazione di tutte le società politiche, seguendo l’analogia del contratto per cui un’assemblea di famiglie diviene uno stato, il che condurrebbe ad una vera pace.

Ma siccome per l’estensione geografica un solo corpo non sarebbe capace di accordare a tutti i membri della confederazione una protezione eguale e sufficiente, e parecchie di queste riunioni ricadono necessariamente nello stato di guerra, la pace perpetua, ultimo scopo del diritto delle genti, diviene una idea ineseguibile.

Ma prendendo per base dell’indipendenza i limiti naturali delle abitudini e del linguaggio, è possibile di seguire massime tendenti a realizzare unioni politiche che gli avvicinino continuamente alla pace perpetua.

Queste massime sono eseguibili: la ragione le comanda come un dovere.

Così il diritto delle genti è fondato su quello dell’essere ragionevole, e sopra il diritto delle società politiche in generale.

L’accennata unione di differenti stati

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formerebbe un congresso permanente, e sarebbe permesso ad ogni vicino di associarvisi.

Relativamente all’etichetta del diritto delle genti, in quanto che la medesima può contribuire al mantenimento della pace, un simile congresso ha di già sussistito durante la prima metà del secolo XVIII. Gli Stati Generali adunati all’Aja rappresentavano un congresso di etichetta diplomatica. I ministri delle principali corti d’Europa, come altresì quelli delle repubbliche vi denunziavano le loro lagnanze contro le iniquità provate dalla parte di un’altra potenza; essi riguardavano l’Europa come una comune confederazione, che le potenze eleggevano per arbitra delle loro differenze.

Coll’andar del tempo questa idea del diritto delle genti disparve dai gabinetti, né vi fu riprodotta che dopo l’esercizio delle ostilità, e con certe deduzioni destinate ad essere sepolte negli archivi.

Per congresso s’intende una riunione arbitraria di più stati dissolubile in tutti i tempi.

L’unione la quale, come appunto è quella degli Stati d’America, è fondata sopra una costituzione, e per conseguenza è indissolubile, riesce totalmente straniera alla nostra idea.

Il congresso, tal quale noi lo proponiamo, ė, l’unico mezzo di render reale l’idea di un

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diritto pubblico. Se essa fosse posta in esecuzione le querele politiche potrebbero, sino a un certo punto, essere giudicate in una forma civile, invece che al dì d’oggi sono decise, alla maniera de’ barbari, colla forza dell’armi.

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