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I

CRITICA ELEMENTARE TRASCENDENTALE

PARTE SECONDA

LOGICA TRASCENDENTALE

CAPO SECONDO
DELLA DEDUZIONE DEI CONCETTI INTELLETTUALI PURI

avanti

Indice

[Esergo]

Proemio

Della vita e delle opere di Kant

Prefazione alla prima edizione

Prefazione alla seconda edizione

Introduzione

I. Della differenza tra la ragione pura e l'empirica

II. Del possedersi per noi certe cognizioni anteriori ad ogni senso ed esperienza e del non andar mai digiuno di queste neppure il volgare intendimento

III. Del bisogno che ha la filosofia di una scienza che stabilisca la possibilità, i principi ed il complesso di tutte le nozioni preconcepute

IV. Della differenza tra i giudizi analitici ed i sintetici

V. Dei giudizi sintetici a priori, come inerenti a tutte le scienze teoretiche della ragione

VI. Problema universale della ragione pura

VII. Idea e divisione di una scienza particolare, sotto nome di Critica della ragione pura

Sezione seconda
Deduzione trascendentale dei concettu intellettuali puri

§ 26
Della deduzione trascendentale dell’uso universalmente possibile nella sperienza dei concetti intellettuali puri

256

Nella deduzione metafisica fu comprovata l’origine delle categorie, a priori, dall’accordo loro in generale colle funzioni logiche universali del pensare(1); come nella trascendentale fu esposta la possibilità delle medesime, come cognizioni preconcepute degli oggetti di una visione in generale(2). Deve ora essere dichiarata la possibilità di, mediante le categorie, conoscere a priori gli oggetti, che potessero mai occorrere ai nostri sensi; e non già secondo la forma di loro

(1) § 20.

(2) § 21..

257

intuizione, ma secondo le leggi del loro congiungimento: quindi è che trattasi d’impor leggi nello stesso tempo a natura; poiché trattasi di persino possibili rendere i detti oggetti. Senza infatti, l’attitudine ora indicata delle categorie, non risulterebbe, come tutto quanto può, ai nostri sensi occorrere debba soggiacere a leggi, quali emanano per anticipazione dal solo intendimento.

Avverto prima di tutto che, sotto sintesi ďappercezione, intendo il componimento di quanto è di vario e moltiplice in una visione empirica; ond’è che possibile riesce la percezione o coscienza empirica della medesima (come apparizione o fenomeno).

Nelle rappresentazioni dello spazio e del tempo abbiamo le forme anticipate, sì dell’esterna che dell’interna visione sensitiva; e dev’essere a queste mai sempre coerente la

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sintesi d’apprensione del moltiplice nell’apparizione, come quella che non può aver luogo, tranne in grazia di siffatte forme. Ma lo spazio ed il tempo non rappresentansi a priori, come semplicemente forme d’intuizione sensitiva; ma come visioni essi medesimi (contenenti varietà), quindi colla determinazione in essoloro della unità delle (indicate) varietà(1). Per conseguenza

(1) V. l’estetica trascendentale. Lo spazio, rappresentato come oggetto (com’è di fatto necessario nella geometria), contiene più che una mera forma di visione; contiene cioè il complesso del moltiplice, dato secondo la forma della sensibilità, in una rappresentazione visibile: cosicchè la forma della visione altro non offre che varietà; ma la visione formale offre unità di rappresentazione. Nell’estetica ho semplicemente ascritto alla sensibilità quest’unità, onde solo rimarcare ch’ella tutti precede i concetti; quantunque presupponga essa medesima 

259

è già data, fuori o dentro di noi, per anticipazione, simultaneamente con queste (e non in queste) visioni, e come condizione della sintesi d’ogni apprensione, la stessa unità della sintesi del moltiplice, e con essa eziandio una congiunzione, alla quale deve corrispondere quanto ha da rappresentarsi determinato nello spazio e nel tempo. Ora quest’unità sintetica non può essere altra, eccetto quella della riunione del moltiplice di una data visione in generale in una coscienza

una sintesi, non appartegnente ai sensi, ma che sola rende possibili tutti i concetti dello spazio e del tempo. Perciocché, siccome sono prima dati per di lei mezzo (determinandosi dall’intelletto la sensibilità) lo spazio, oppure il tempo, come visioni; così l’unità di queste intuizioni a priori appartiene allo spazio ed al tempo, non a concetti dell’intendimento (§ 24.).

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primitiva, usata soltanto per la nostra visione sensitiva, coerentemente alle categorie. A queste soggiacciono dunque tutte le sintesi, la cui mercé si rende possibile persino la percezione: è, poiché la sperienza è sapere mediante percezioni congiunte, così le categorie sono le condizioni della possibilità della sperienza; ed hanno conseguentemente valore a priori, anche per tutti gli oggetti della medesima.

* * *

Prendi pertanto ad esempio la visione empirica d’un palagio, e rendila percezione, mediante apprensione del suo moltiplice. Avrai sempre a fondamento l’unità necessaria dello spazio, non che dell’intuizione sensitiva esteriore in generale, mentre andrai disegnando la figura dell’edifizio, coerentemente alla detta unità sintetica del moltiplice nello spazio. Ma la stessa unità sintetica, se fai

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astrazione dalla forma dello spazio, risiede nell’intelletto; ed è la sintesi dei consimili in una visione in generale, vale a dire la categoria della grandezza; la quale deve adunque corrispondere assolutamente a quella sintesi d’apprensione, voglio dire alla percezione(1).

Se percepisco, ad altra cagion d’esempio, l’agghiacciamento dell’acqua, i due stati, che tosto, apprendo come tali (fluido e solido) stanno l’uno all’altro in relazione col tempo. Ma, essendo io stesso, qual

(1) Così è provato che la sintesi d’apprensione, la quale è empirica, deve corrispondere necessariamente alla sintesi d’appercezione, che è intellettuale, ed affatto a priori contenuta nella categoria. È una e la stessa spontaneità che, ivi sotto nome d’immaginazione, costì sotto quello d’intelletto, produce congiungimento nel moltiplice dell’intuizione.

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fondamento al fenomeno, in qualità d’interna visione, mi rappresento necessariamente nel tempo l’unità sintetica del moltiplice, senza la quale non potrebbe quella relazione offerirmisi determinata in una visione (rispetto alla successione del tempo). Cotesta unità sintetica però, come condizione a priori, data la quale congiungo il moltiplice di una visione in generale, se faccio astrazione dalla forma perpetua di mia interna visione del tempo, consiste nella categoria della causa, mediante la quale, trasportandola io e facendone applicazione alla mia sensibilità, determino quanto generalmente accade nel tempo, giusta il respettivo rapporto. Dunque l’apprensione, in tal caso, e per conseguenza lo stesso caso, in quanto può essere percezione, sono subordinati all’idea di relazione fra causa

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ed effetto: e così negli altri casi quanti sono.

* * *

Le categorie costituiscono concetti, dettano legge a priori ai fenomeni, e compendio di tutti (considerata materialniente, natura materialiter spectata). Ora, non derivando siffatte idee dalla natura, né questa servendo loro di norma (che altrimenti sarebbero solamente empiriche), come si può egli comprendere, che debba natura seguire la norma di loro? come possono esse cioè determinare a priori la congiunzione del moltiplice della natura, senza da essolei ricavarla od attingerla? Ecco lo scioglimento di questo enimma.

Per quanto già strane le leggi e relazioni dei fenomeni di natura coll’intelletto, e colla forma di esso a priori, voglio dire colla di lui facoltà

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di combinare il moltiplice in generale, ancora è più strano che debbano i fenomeni accordarsi colla stessa intuizione sensitiva a priori. Le leggi, di fatto, esistono cosi poco nei fenomeni, come quelle che si riferiscono anzi al soggetto, cui sono inerenti le stesse apparizioni, in quanto è dotato d’intendimento, quanto poco esistono queste per sé stesse, poiché solo esistono relativamente al medesimo (soggetto), in quanto è fornito di sensi. La conformità colle proprie leggi sarebbe competente alle cose per sé stesse, anche fuori ed indipendentemente dall’intelletto che le conosce. I fenomeni però non sono che rappresentazioni di cose, che, per quello cui possono essere in sé medesime, se ne stanno là sconosciute. Ma, come semplici rappresentazioni, essi non soggiacciono ad alcuna legge d’accoppiamento, tranne a quella cui

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detta la facoltà connettente. Ora chi riunisce il moltiplice della visione sensitiva è l’immaginazione; la quale, risguardo alla sua sintesi intellettuale, dipende dall’intelletto, e, rispetto alla moltiplicità d’apprensione, dipende dalla sensibilità. Ma, poiché ogni percezione possibile deriva dalla sintesi d’apprensione, come questa sintesi empirica dalla trascendentale, quindi dalle categorie; così, rispetto al loro congiungimento, debbono a queste soggiacere quante sono mai possibili percezioni, e con esse tutto ciò che mai giungesse a costituire coscienza empirica, voglio dire i fenomeni tutti della natura: e così dipende natura (considerata in generale) dalle categorie, come dal fondamento gentilizio di sua necessaria legalità (considerata formalmente; natura formaliter 

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spectata)(5). Vero bensì, che anche la facoltà intellettuale più pura non sarebbe in grado, colle sole categorie, di leggi prescrivere a priori ai fenomeni; oltre quelle che reggono generalmente la natura, legittimandone le apparizioni entro lo spazio e nel tempo. Dalle quali categorie, sebbene soggiacciano ad

(5) Dall’essere gli oggetti sensibili i soli riconosciuti dalle sue categorie pure dell’intelletto, Kant ne inferisce legittimarsi dall’intelletto la natura; comeché non possano i fenomeni essere conosciuti che in una concatenazione conforme alla natura dell’intelletto. Come l’insieme adunque dei fenomeni concatenati per via di leggi necessarie, la natura non sarebbe possibile che in grazia dell’intendimento. Ciò però non significa essere possibili per esso le cose medesime, non essendo applicabile quesťassioma che ai fenomeni come apparizioni, rispetto al modo subbiettivo di rappresentarci gli oggetti.

267

esse le leggi quante sono, tuttavia non possono derivarsene di particolari; come quelleno che risguarderebbero ad apparizioni empiricamente determinate. Quindi è che, onde generalmente conoscere queste ultime leggi, è mestieri ricorrere alla sperienza; sulla quale però in generale, come su quanto può essere conosciuto qual oggetto della medesima abbiamo istruzione d’altronde, se non dalle dette leggi a priori.

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