I
CRITICA ELEMENTARE TRASCENDENTALE
PARTE SECONDA
LOGICA TRASCENDENTALE
CAPO PRIMO
DEL FILO DI GUIDA PER LA SCOPERTA DI TUTTI I CONCETTI INTELLETTUALI PURI
I. Della differenza tra la ragione pura e l'empirica
II. Del possedersi per noi certe cognizioni anteriori ad ogni senso ed esperienza e del non andar mai digiuno di queste neppure il volgare intendimento
III. Del bisogno che ha la filosofia di una scienza che stabilisca la possibilità, i principi ed il complesso di tutte le nozioni preconcepute
IV. Della differenza tra i giudizi analitici ed i sintetici
V. Dei giudizi sintetici a priori, come inerenti a tutte le scienze teoretiche della ragione
VI. Problema universale della ragione pura
VII. Idea e divisione di una scienza particolare, sotto nome di Critica della ragione pura
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Ho dato più sopra una definizione meramente negativa dell’intelletto; qual facoltà cioè del sapere non sensitiva. Ora, siccome non possiamo essere fatti partecipi di alcuna intuizione, indipendentemente dalla volontà, l’intendimento non è facoltà della visione. Ma non essendovi altro mezzo di conoscere oltre per la visione, tranne per quel lo dei concetti; così la cognizione d’ogni intendimento, umano se non altro, è cognizione mediante concetti; non intuitiva, ma discorrevole
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(discorsiva, ovvero universale). Tutte le visioni, poiché sensitive, sono fondate sopra affezioni; i concetti dunque sopra funzioni. Sotto la parola funzione però intendo l’unità dell’atto, che ordina ed accomuna in una sola diverse rappresentazioni. I concetti hanno dunque per base la spontaneità del pensare, come le intuizioni la suscettività delle impressioni . Altro uso non è concesso
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di questi concetti all’intendimento, eccetto quello di giudicare. E poiché, se diffalchi la sola visione, altra non v’è rappresentazione, che appartenga e sia diretta immediatamente all’oggetto, così non vi appartiene mai direttamente nessun concetto, ma tutti appartengono e risguardano ad alcun altra rappresentazione (sia poi questa visione o già, essa medesima, concetto). Il giudizio per conseguenza è la cognizione mediata di un oggetto, quindi la rappresentazione di una rappresentazione del medesimo. In ogni giudizio vi è un concetto, che vale per molti e, fra
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questi molti, comprende pure una data rappresentazione; ed è quella che risguarda immediatamente l’oggetto. Così nel giudizio: tutti i corpi sono divisibili, l’idea del divisibile si riferisce a parecchie altre idee fra le quali però si ha qui specialmente risguardo a quella del corpo; ben inteso questa poi riferirsi a certe rappresentazioni che ci occorrono. Per lo che tali oggetti vengono rappresentati mediatamente mediante cioè l’idea del divisibile. Quindi è che i giudizi sono tutti funzioni della unità nelle nostre rappresentazioni, poiché in luogo di una rappresentanza immediata, per la cognizione di un oggetto, si fa uso di una rappresentazione più elevata, che questa e più altre in sé comprenda: e vengono per tal modo accumulate, in una, molte cognizioni possibili. Ma noi possiamo ridurre a giudizi tutte le operazioni dell’intendimento,
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in modo che sia lecito rappresentarlo in generale come una facoltà di giudicare, se vero è, per quanto si è detto, esso consistere in una facoltà di pensare. Ora pensare è sapere per mezzo di concetti; questi però, nella qualità loro di attributi di giudizi possibili, si riferiscono ad una qualche rappresentazione di questo o di quell’oggetto, tuttavia indeterminato. Cosi l’idea del corpo dinota qualche cosa, per esempio metallo, che può essere conosciuto mediante la detta idea. Non è dunque idea (concetto) per altro, se non perché in essa comprendonsi altre rappresentazioni, mediante le quali può ella riferirsi ad oggetti. Essa è dunque l’attributo ad un giudizio possibile, come sarebbe: ogni metallo è corpo. Onde ne viene che le funzioni dell’intelletto potranno trovarsi tutt’assieme, solché le funzioni dell’unità ne’ giudizi sieno pienamente
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indicate. E la prossima sezione mostrerà come ciò facilmente si ottenga.