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CRITICA ELEMENTARE TRASCENDENTALE
PARTE PRIMA
ESTETICA TRASCENDENTALE
I. Della differenza tra la ragione pura e l'empirica
II. Del possedersi per noi certe cognizioni anteriori ad ogni senso ed esperienza e del non andar mai digiuno di queste neppure il volgare intendimento
III. Del bisogno che ha la filosofia di una scienza che stabilisca la possibilità, i principi ed il complesso di tutte le nozioni preconcepute
IV. Della differenza tra i giudizi analitici ed i sintetici
V. Dei giudizi sintetici a priori, come inerenti a tutte le scienze teoretiche della ragione
VI. Problema universale della ragione pura
VII. Idea e divisione di una scienza particolare, sotto nome di Critica della ragione pura
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Quali, che pur sieno la strada ed i mezzi, perché una cognizione riferiscasi agli oggetti, il modo per altro con cui essi la risguardano immediatamente, e ciò cui risguarda
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ogni pensamento, in qualità di mezzo, è la visione. Questa però non ha luogo, se non in quanto l’oggetto ne viene presentato; il che non può inoltre altrimenti accadere, senza dubbio nell’uomo, tranne che l’oggetto affetti l’animo in una data maniera. Ora la capacità (suscettività), per la quale riceviamo rappresentazioni, mediante il modo con che gli oggetti ne affettano, chiamasi sensibilità. Dunque gli oggetti ci vengono presentati per mezzo della sensibilità; e dessa è la sola che ne somministra le visioni; ma l’intelletto è quello che li pensa, e da esso nascono i concetti. Ogni pensamento pertanto, sia per via immediata (direttamente) o sia per cicuizione o riverbero (indirettamente, deve riferirsi finalmente a visioni, e perciò in noi eseguirsi mediante la sensibilità, né altra
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v’è strada o maniera perché offerti ci vengano gli oggetti(1).
L’effetto cui produce la cosa presentata (oggetto) sulla facoltà rappresentativa, in quanto veniamo affetti dalla cosa medesima, è ciò cui dicono sensazione: la visione,
(1) Secondo la eccellente analisi del Prof. Kiesewetter*, il nome generico di sensibilità corrisponderebbe a quello di cognizione interna, e comprenderebbe i sensi e la immaginazione riproduttrice. Gli oggetti presenti sono quelli che agiscono su di noi, producendo con quest’azione un cangiamento nell’animo. La facoltà, per cui siamo diversamente modificati dalla presenza degli oggetti, consiste nei sensi, e la modificazione che ne risulta è una sensazione.
* Versuch einer fasslichen Darstellung der wichtigsten Wahrheiten der neuern Philosophie, für Uneingeweyhte . Tentativo di una sposizione intelligibile delle verità più importanti della moderna filosofia, pei non iniziati, Berlino 1798.
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che mediante la sensazione si riferisce all’oggetto, chiamasi empirica; e dicesi apparizione (fenomeno) l’oggetto indeterminato di una visione empirica.
Dico materia dell’apparizione ciò che in questa corrisponde alla sensazione; e dico forma dell’apparizione medesima quel tanto, per cui tutto ciò, che vi è di diverso nell’apparizione, può essere sotto certi rapporti ordinato. E siccome ciò, in che solo possono le sensazioni ordinarsi, e sotto una data forma rappresentarsi, non può essere un’altra sensazione; quindi risulta che ben ne viene offerta a posteriori la materia di tutte le apparizioni; ma che deve la forma loro trovarsi già ed essere preparata in complesso per le medesime nell’animo a priori; ond’è che si può considerarla segregata da ogni sensazione.
A tutte le rappresentazioni, nelle
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quali non si trova nulla che a sensazione appartenga, dò nome di pure (in senso trascendentale). Per la qual cosa la forma pura delle apparizioni sensitive in generale deve già trovarsi a priori nell’animo; che in quella forma ravvisa ordinato, sotto certi rapporti, quanto vi e di differente nelle apparizioni: e chiamerò visione pura questa stessa forma della sensibilità. Quando io separo dalla rappresentazione di un corpo ciò che l’intelletto pensa intorno al medesimo, come sarebbero la sostanza, la forza, la divisibilità ec., e così parimenti quanto appartiene alla sensazione come la impenetrabilità, la durezza, il colore ec., mi rimane pur sempre alcunché di residuo di questa empirica visione, voglio dire l’estensione e la figura. Ora queste appartengono alla visione pura, la quale risiede a priori, nell’animo,
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in qualità di semplice forma della sensibilità, e vi risiede anche senza un oggetto effettivo dei sensi o della sensazione.
Chiamo estetica(1) trascendentale
(1) I soli alemanni usano attualmente il vocabolo estetica per dinotare ciò che altri chiamano critica del buon gusto. Nel che però andarono a vuoto le speranze di uomo sì valente nell’analisi, che Baumgarten; quando avvisava sottoporre ai principi della ragione il giudizio critico del bello, ed alle di lui regole imprimere sembianza e forme di scienza. Ma è vano perciò affaticarsi, poiché tali regole o criteri, se badi a lor sorgenti più cospicue, sono empiriche; onde non sarà mai fattibile giovarsene come di leggi assolute a priori, dietro le quali regolare il nostro giudizio del gusto. Che anzi è il gusto, che deve servire di criterio, per cui giudicare della giustezza di quelle leggi. Sarà quindi opportuno o lo smettere di bel nuovo una tal denominazione, riserbandola piuttosto a quella dottrina che è vera scienza (con che ne avvicineremo
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una scienza di tutti i principi della sensibilità a priori. Perciocché vi dev’essere questa scienza, la quale costituisce la prima parte degli elementi della dottrina trascendentale, all’opposto di quella che tratta i principi del pensare puro, e chiamasi logica trascendentale.
Nell’estetica trascendentale adunque isoleremo in primo luogo la sensibilità, mediante separazione di quanto la mente vi aggiunge del proprio e colle proprie idee; così che non residui che la visione affatto empirica. In secondo luogo divideremo,
anche davvantaggio al linguaggio e significato degli antichi, appo i quali è rinomatissimo il riparto del sapere αιστηταα καἰ νομτἀ), oppure il dividerlo colla filosofia speculativa, prendendo l’estetica, parte in senso trascendentale, parte in significazione psicologica.
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anche da questo residuo, tutto quanto appartiene alla sensazione; cosicché non rimangano che la intuizione pura e la sola forma delle apparizioni: ed è quanto unicamente fornisce e può fornire a priori la sensibilità(1). Per questa
(1) Ecco in epitome la dottrina di Kant sullo spazio e sul tempo, ch’egli considera in senso assoluto, illimitato e quasi non divisibile in parti. Essi costituiscono intuizioni, ma non empiriche; poiché non emanano dalla sperienza, ed anzi le suppone fondamento e condizioni di tutte le percezioni empiriche. Non però sono idee generali né astratte né composte; non potendosi concepire, che soli ed unici, sì lo spazio che il tempo; non essendo in alcun oggetto sensibile contenuti, e perciò da nessuno distaccabili, poiché assoluti, come dissi ed illimitati; e non constando finalmente di parti: giacché i tempi e gli spazi parziali non sarebbero che circoscrizioni di loro assoluta intuizione. Quantunque in noi preesistenti (a priori), non però le si dicono
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indagine rileveremo darsi due forme pure di visione sensitiva, e queste come principi della cognizione preconceputa; voglio dire lo spazio ed il tempo, che passo a tantosto considerare.
idee innate; comeché anteriori bensì alle percezioni sensibili, solo però nell’ordine dell’intelletto, non in quello del tempo; aventi cioè fondamento in noi stessi, non producendosi le dette visioni, che in conseguenza e coll’occasione di modificazioni sensibili. Né potrebbero esistere separate da queste, come quelle, senza le quali esse rimarrebbero esanimi e vuote di senso. Non sono dunque soltanto intuizioni, ma intuizioni pure, genealogiche, primitive, aventi fondamento nella stessa nostra sensibilità, e come condizioni necessarie ad ogni percezione sensibile; condizioni però che solo con queste si realizzano.