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CRITICA ELEMENTARE TRASCENDENTALE
PARTE PRIMA
ESTETICA TRASCENDENTALE
SEZIONE PRIMA - DELLO SPAZIO
I. Della differenza tra la ragione pura e l'empirica
II. Del possedersi per noi certe cognizioni anteriori ad ogni senso ed esperienza e del non andar mai digiuno di queste neppure il volgare intendimento
III. Del bisogno che ha la filosofia di una scienza che stabilisca la possibilità, i principi ed il complesso di tutte le nozioni preconcepute
IV. Della differenza tra i giudizi analitici ed i sintetici
V. Dei giudizi sintetici a priori, come inerenti a tutte le scienze teoretiche della ragione
VI. Problema universale della ragione pura
VII. Idea e divisione di una scienza particolare, sotto nome di Critica della ragione pura
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Coll’intervento del senso esterno, quale proprietà del nostro animo, ci rappresentiamo gli oggetti come fuori di noi e tutt’insieme nello spazio; come quello in cui sono definite o definibili sì la respettiva forma e grandezza che le relazioni vicendevoli degli oggetti. Il senso interno, mediante il quale scorge sé stessa, la mente, o l’interno suo stato, non offre però alcuna visione dell’anima, come
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di un oggetto. È possibile ciò non di meno la visione dell’interno suo stato, però unicamente sotto una forma ordinata in modo, che tutto quanto appartiene alle interne determinazioni venga rappresentato in relazioni col tempo. Il tempo in fatti non può ravvisarsi al di fuori, come non possiamo raffigurare lo spazio qual cosa che sia dentro di noi. Ora che son essi lo spazio ed il tempo? Sono esseri davvero? O non sono che determinazioni od anche solamente rapporti delle cose, tali però che loro competessero, quando pure non ravvisate? Forse che tali determinazioni e rapporti non fossero che inerenti alla forma delle visioni, quindi alla facoltà subbiettiva dell’animo nostro, a quella facoltà, senza della quale questi predicati non possono essere attribuiti assolutamente a cosa veruna. Affine di su questo particolare
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istruirci, esporremo prima l’idea dello spazio. E sotto il vocabolo esposizione intendo la chiara, quantunque non circostanziata, rappresentazione di quanto appartiene ad un concetto; e la sposizione sarà metafisica, ove comprenda quanto esibisce il concetto a priori.
1) Lo spazio non è concetto empirico, desunto dalla sperienza esteriore. Perché in fatti mi sia lecito riferire certe sensazioni ad alcuna cosa fuori di me, vale a dire in altra parte di spazio, e diversa da quella occupata per me stesso; e così, perché possa raffigurarmi, gli oggetti, ciascuno fuori e più o men lontano o vicino degli altri, quindi non solo fra loro, ma sì eziandio in luoghi respettivamente diversi, gli è mestieri che in prevenzione già trovisi, e qual fondamento a tutto questo, nell’animo, l’idea dello spazio. La di lui rappresentazione
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adunque non può derivare da esterne apparizioni per via di sperienza; che anzi questa medesima sperienza esteriore non è possibile altrimenti che mediante la detta rappresentazione.
2) Ma la rappresentazione dello spazio a priori è necessaria, poiché serve di fondamento a tutte le apparizioni esteriori. Né ti sarà mai fattibile raffigurarti cosa che spazio non sia, quantunque ti sia sempre lecito immaginare niuna cosa esistere nel medesimo. In esso consiste adunque la condizione della possibilità delle apparizioni, e non già come condizione che da esse dipenda, ma come rappresentazione anticipata, e che serve, come diceva, di base all’esterne apparizioni.
3) Lo spazio non è un concetto scorrevole, come dicono universale, delle relazioni delle cose in
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generale, ma è visione pura. Giacché non c’è verso di prima raffigurarsi altro spazio che unico non sia; e, quando si ragiona di parecchi, si allude soltanto alle parti di un solo, unico e medesimo spazio. Né queste parti precedono già quell’unico e solo, che tutte le altre abbraccia e comprende, in qualità di costitutive, comeché fosse quindi possibile dalla combinazione di queste il componimento di quello; ma le vengono in quello stesso, e solo in lui, raffigurate col pensiero. Esso è unico essenzialmente, ed in lui è pur unica la moltiplicità di sue parti, e lo stesso concetto universale di quanti si vogliono gli spazi dipende semplicemente da circoscrizioni. Quindi ne viene, rispetto allo spazio, essere fondamentale a tutte le idee del medesimo una visione a priori, la quale non ha che fare colla sperienza. Ed è così che
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anche tutti gli assiomi geometrici (come sarebbe quello dell’essere maggiori del terzo i due lati di un triangolo, presi assieme) vengono derivati dalla visione, anzi dà visione a priori, quindi con apodittica certezza, e non mai dalle idee generali delle linee e dei triangoli.
4) Lo spazio viene rappresentato come una data una data grandezza infinita. Ora è bensì necessario immaginare ogni e qualunque siasi concetto per una rappresentazione contenuta in una quantità infinita di diverse rappresentazioni possibili (poiché circostanza ed indizio comune a tutte), compresa quindi anche questa: ma niuna idea, come tale, può essere immaginata qual idea che abbracci una quantità infinita di rappresentazioni. Ed è così ciò non di meno che s’immagina lo spazio (poiché tutt’una benché infinite le di lui parti). Dunque la di lui rappresentazione
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primitiva è visione a priori e non concetto.