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Questo nome è assai improprio, e poco significante per quella immensa estensione di acqua fra la costa orientale dell’Asia, e la costa occidentale dell’America, e fra i mari Glaciali Artico ed Antartico. Questo mare incomincia dalla parte della nuova Zeelanda fino all’America meridionale, si estende più di 1200 miglia geografiche; in altri luoghi la sua estensione di larghezza è ancora maggiore, e la lunghezza, incominciando dalla punta più meridionale della nuova Zeelanda fino alle isole Curili, è più di 1500 miglia geografiche; e senza contare l’estensione del mare Glaciale meridionale che con esso confina, la sua superficie è di 2000000 miglia quadrate geografiche secondo il primo navigatore di questo mare immenso, cioè di Ferdinando Magellano, il quale, durante il suo lungo tragitto sopra di esso, non aveva sofferto alcuna burrasca: si suole anche attribuirgli il nome di mare Pacifico, benché questo nome sia ancora più improprio del primo. Questo mare è veramente il più inquieto,
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poiché vi s’incontrano le burrasche più frequenti. Per l’appunto sulla costa orientale della Nuova Zeelanda soffrì Cook nel 1772 la burrasca più violenta del suo viaggio, e fu costretto di serrare tutte le vele, ed abbandonarsi al giuoco delle onde. Nel 1774 dominò un forte vento dell’Ovest dalla Nuova Zeelanda fino alla terra del Fuoco, e ciò per gl’interi mesi di Novembre e di Dicembre. A quello che trascurasse il tempo favorevole, ed i Monsoni opportuni, forse non riuscirebbe più di poter navigare su questo mare.
Questo mare negli ultimi anni del secolo decimo ottavo è divenuto assai rimarchevole, poiché è stato il teatro de’ viaggi più interessanti, degli scoprimenti i quali lasciano in dietro tutto quello che da Colombo in poi l’audacia ha intrapreso. Esso è stato incrociato in tutte le direzioni; tutte le coste sono state riconosciute; si sono rilevati i porti e gli ancoraggi; si è navigato varie volte nelle latitudini settentrionali fino all’Arcipelago rosso, e nello stretto passaggio sopra di questo, ove il mare Glaciale corre nel Pacifico. Egualmente è stata visitata replicate volte la sua latitudine meridionale,
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poiché si è navigato tutt’intorno al circolo polare, credendo di scoprirvi una grande terra, ma altro non si vide che ghiaccio perenne.
Il coraggio e l’audacia del genio ha qui affrontato la riunione di tutte le specie di pericoli, i quali sempre si oppongono alle intraprese nuove ed insolite, ed ha vinto gli elementi e la natura.
Persino il nuovo e forte tributo, che dopo il tragitto di Magellano chiedeva la morte su questo mare con un rigore inesorabile, gli fu nuovamente strappato da Cook; e malgrado lo scorbuto, la peste de’ navigatori, il quale tolse in que’ lunghi viaggi più uomini che la guerra più sanguinosa, Cook nel suo secondo viaggio, dopo essere stato assente dalla patria tre anni e 17 giorni, ricondusse il suo equipaggio ai 30 di luglio del 1775, senza aver perduto, di 119 uomini, più che uno per malattia, e tre periti per accidente(1). Egli pubblicò in un’opera particolare il metodo di conservare
(1) Ved. Vorsters Kleine Schri[f]ten I tom. pag. 68 e 191.
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la salute dell’equipaggio, accennando ancora le conseguenze che ciò aveva prodotto. John Pringle pubblicò alcune illustrazioni ancora più importanti sul metodo che il suddetto Cook aveva tenuto per l’esecuzione di quanto egli si era proposto, e Forster(1) seniore vi aggiunse ancora un supplemento.
Ferdinando Magellano portoghese passò nel 1519, a spese di Carlo V, per la prima volta in que’ regni di Nettuno, navigando per quello stretto, che da lui porta il nome. Il suo tragitto, incominciando da questo stretto fino alle isole Filippine, durò quasi quattro mesi, senza che abbia veduto una terra di qualche importanza, senza ricevere rinfreschi per l’equipaggio, e senza essersi lasciato spaventare dall’immensa estensione di un Oceano non mai visitato prima di lui. Egli riuscì felicemente nel suo progetto, cioè di scoprire per la Spagna le isole delle Droghe (Molucche), ove nel 1521, a Seba, fu la vittima del suo zelo improprio di conversione
(1) Giov. Rinoldo Forster Bemerkungen [ü]ber Gegenstaende der physischen Erdbeschreibung p. 531.
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Incominciando dal 1522, alloraquando nel settembre ritornò il suo vascello la Vittoria, fino al 1768, anno in cui incominciarono i viaggi di Cook, si sono fatti molti viaggi in questo frattempo di due secoli e mezzo circa per conoscere il mare Pacifico; ma poco contribuirono ad arricchire la cognizione della terra, mentre in parte seguivano con timore la direzione presa da Magellano, ed in parte poi non potevano fissare esattamente il luogo ove le scoperte erano state fatte; ed oltre a ciò, spesse volte a bella posta le tenevano segrete.
In principio questo mare parve essere visitato unicamente dagli Spagnuoli, poiché Garcias di Loaysa, benché fosse nativo Portoghese, era al servizio della Spagna. Egli nel 1525 navigò su questo mare. Nell’istesso anno vi si trovò Alfonso di Salazar; nell’anno seguente Alvarez Savaedra; nel 1537 Ferdinando Grisalva ed Alvaredo; nel 1542 Gaetano; nel 1564 Andrea de Urdanietta; nel 1567 Alvarez de Mendana, e nel 1576 Juan Fernandez. Tutti questi erano Spagnuoli, e dall’ultimo porta il nome quell’isola che giace dirimpetto alla Baja della Concezione.
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L’inglese Francesco Drake, che vi navigò nel 1578, aprì la strada ai suoi compatriotti, ed alle altre nazioni. Tommaso Cavendish ovvero Candish nel 1587, e Riccardo Hawkins nel 1594, ambidue Inglesi, visitarono questo mare in tutta la sua larghezza.
Mentre Alvaro de Mandana replicava nel 1595 il suo viaggio, gli Olandesi ed i Francesi cominciarono a gareggiare per la navigazione del mare del Sud. Olivier van Nort, il quale traversò nel 1599 quest’estensione di acqua, e Simone de Cordes unito a Tebaldo de Wert, il primo de’ quali vi si trovò nell’istesso anno, e l’ultimo, dopo aver tentato cinque volte di passare per lo stretto di Magellano, dovette ritornare nel 1600 nella Maas senza aver potuto ottenere il suo intento, erano Olandesi. Pedro Fernandez, de Quiros e Luis Vaes de Torrez, che vi navigarono nel 1606, come Pedro Ordonez de Cavallos ancora prima del 1614, erano Spagnuoli.
Giorgio Spilberg, Tedesco, al servizio dell’Olanda, s’impadronì nel 1615 su questo mare della flotta Peruviana Spagnuola, e molestò le coste del Perù e del Messico.
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Cornelio Schouteu, e Giacomo le Maire olandesi abbandonarono la direzione ordinariamente tenuta, e senza passare lo stretto di Magellano navigarono fino al 54° 46' verso il Sud, ove scoprirono lo stretto nuovo chiamato di le Maire, e Staaten Eiland (isola degli Stati), come egualmente, nell’istesso mare, l’isola della Speranza al 201° di longitudine, ed al 24° di latitudine meridionale, e l’isola di Schouten sopra la nuova Guinea. Essi visitarono questo mare nel 1616.
Giacomo l’Heremite, e Giovanni Schapenham olandesi, condussero la flotta di Nassau per lo stretto nuovo di le Maire, e corsero fino al 61° di latitudine meridionale, prima di dirigersi verso l’occidente nello stesso mare. Abele Tasmann olandese, nel 1642. Antonio la Roche francese nel 1675, e gli inglesi Cowley nel 1664, Dampier dal 1686 fino al 1688, Davis nel 1687, e Giovanni Strong nel 1689, navigarono uno dopo l’altro sul mare del Sud, e contribuirono alla cognizione più esatta di esso. Anche Giovanni Francesco Gemelli Carreri napoletano, e dottore in legge non deve essere qui passato sotto silenzio, benché, come abbiamo detto di sopra nel primo tomo, Carreri
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nel 1693 sopra un bastimento ordinario di Manilla facesse il sito tragitto in 204 giorni da Manilla ad Acapulco. Poi navigarorono su questo mare Beauchene Govin francese nel 1699, Guglielmo Dampier nel 1700 per la seconda volta, Guglielmo Funnell inglese nel 1701, e Wood Roger inglese con Guglielmo Dampier nel 1709 e 1710. Essi entrarono nel mare del Sud senza passare lo stretto di Magellano, né quello di Le Maire, e navigarono fino al 61° 53' di latitudine meridionale prima di girare verso l’occidente. Luigi Feuillée francese vi si trovò nel 1708, come pure i suoi compatriotti Frezier nel 1713, e Centil de la Barbinais nel 1715, Giovanni Clipperton e Giorgio Shelvoke inglesi nel 1720, Giacomo. Roggewein olandese nel 1722, Giorgio Anson inglese nel 1741, Arrigo Brignon francese nel 1747, Giorgio Byron inglese nel 1765, da cui ha preso nome l’isola situata sotto il 197° di longitudine e 2° di latitudine; e nel 1767 erano qui due inglesi Wallis, e Carteret, e due Francesi Pages e Bougainville.
Poco ci tratterremo a raccontare tutti questi viaggi; ma d’altronde non tralasceremo
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di accennare i costeggiatori spagnuoli, e le scoperte de’ mercadanti olandesi.
L’ammiraglio spagnuolo Alvaro de Savaedra scoprì nel 1526 le isole d’oro (così chiamate da lui per raccomandarle ai suoi compatriotti), ovvero la nuova Guineu, nome datole in appreso a cagione degli abitanti che assomigliano ai Negri.
Cortes, appena finita la conquista del Messico, fece costruire subito de’ bastimenti sulle coste di questo grande Oceano, e sicuramente furono i primi grandi vascelli, che dal principio del mondo quivi fossero costruiti. La Penisola di California unita al mare Vermiglio fu scoperta nel 1534 da alcuni Compagni dello stesso Cortez, indi visitata da lui medesimo nel 1536, ed in appresso nel 1537 da Francesco da Ulloa. Il suo successore, il Vicerè di Mendoza, si servì del pretesto di una notizia alterata, cioè che nel Nord del nuovo Messico esistesse un paese coltivato e nominato Quivira, per fare due spedizioni nel 1542, e 1543, l’ultima delle quali fu condotta da Cabrilho portoghese, che determinò la situazione di alcuni promontori, come de’ capi Enganno sotto il 32°, della Crux sotto il 33 e della
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Galera nel 36°, 30’, di latitudine settentrionale. Sotto il 37° 30', trovò egli delle montagne piene di boschi, che da lui furono chiamate montagne di S. Martino, ed il promontorio al piede di esse Capo di S. Martino. In onore del Viceré nominò egli il promontorio scoperto sotto il 40°, il Capo Mendocino, ed un porto, che n’ è росо distante, a cagione della quantità di pini, fu nominato Baja dos Pinos. Ancora scoprì egli sotto il 41° il Capo della Fortuna, e nel mese di marzo del 1543, essendo arrivato fino al 44° a cagione del freddo eccessivo, poiché per questo viaggio aveva scelto l’inverno, dovette tornare in dietro.
Andrea de Urdanietta, celebre Cosmografo e navigatore del secolo decimo sesto, il quale nella sua gioventù aveva visitato le Molucche, accompagnò nel 1564 a richiesta del Re di Spagna la flotta di Legaspi in qualità di condottiere e Pilota. Egli condusse la flotta alle Filippine, ove Legaspi fece il primo stabilimento, ed indi arrivo nel 1563 felicemente ad Acapulco.
La direzione che prese la nave di Urdanietta servì di norma pe’ Galioni Spagnuoli, e da quel tempo in poi parte annualmente
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un bastimento nel mese di marzo da Acapulco per Manilla, ove al più presto arriva in 75 giorni, e dopo l’arrivo di questo parte un altro bastimento da Manilla per Acapulco, il quale resta 7 in 9 mesi in mare, ed essendo il tragitto favorevole, vi giunge in 200 o 205 fino a 210 giorni, conducendo delle merci dell’Asia, onde trafficarle con i metalli dell’America. Questi Galioni tengono sì esattamente la prescritta direzione, che nello spazio di 200 anni passarono 400 volte vicino alle isole di Sandwich senza sospettare nemmeno una di esse isole. Potrebbe darsi però che le isole Uloa, Los Majos, la Mesa, e la Disgraciada, scoperte da Urdanietta sotto lo stesso grado di latitudine, ma 16° fino a 17° più verso l’oriente, fossero le isole Sandwich come conghiettura anche La Perouse; e ciò è tanto più probabile, poiché ne’ tempi moderni tutte le scoperte di Quiros, di Mendana, e di altri navigatori Spagnuoli, dopo averle riconosciute si sono trovate essere situate per diversi gradi più all’occidente, di quanto i primi scopritori le avevano indicate. Le correnti che in questi contorni frequentemente si osservano, e le quali condussero
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La Perouse con una tale velocità verso l’ovest, che per ogni 24 ore s’avea la differenza di tre miglia fra le longitudini osservate e le calcolate, rendono nei primi scopritori un tale errore assai perdonabile. Gli Spagnuoli ne’ loro frequenti viaggi avrebbero potuto scoprire benissimo questo errore, e prima di qualunque altro; ma contenti di essersi assicurati di una buona direzione nell’estensione di 13 miglia marittime, altro non cercavano che di seguirla sempre, e contentaronsi, accadendo il caso di stare 9 mesi in mare, di non approdare in alcun luogo, e di sacrificare, qualunque sollievo che avessero potuto procurarsi per la sicurezza del loro carico.
Nemmeno Francesco Drake fu capace di risvegliare la Spagna dal suo profondo sonno. Egli nel 1578, facendo vela intorno alla terra del fuoco, alla di cui punta più settentrionale diede il nome della regina Elisabetta, scoprì sotto il 57° di latitudine distante dalla terra ferma un’isola grande, coperta di una quantità di piccoli uccelli e di erba antiscorbutica, la quale in appresso fu chiamata la terra di Drake. Questa terra altro non è che la terra del fuoco, e particolarmente
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l’isola chiamata Diego Ramires, verso la quale egli fu respinto da’ grandi colpi di vento, allora quando voleva entrare nel mare del Sud. Da quest’isola proseguì egli il suo viaggio verso la costa Nord ovest dell’America, fino al 48° di latitudine settentrionale; e dandole il nome di nuova Albione ne prese possesso, in nome dell’Inghilterra nel porto di Sir Francis Drake. Quivi secondo la politica, che in que’ secoli sanzionava la cupidigia intensa di rubare, recò egli de’ danni irreparabili al commercio della Nuova Spagna, e del Perù. Malgrado tutto ciò la Spagna proseguì ininterrottamente la solita sua direzione. Gli Spagnuoli hanno navigato egualmente sulle coste occidentali dell’America, ma se ne istruirono sì poco che tutte le cognizioni intorno a questi viaggi, eccettuati alcuni cenni oscuri, si sono perdute.
Meno effetto ancora che le operazioni di Drake produssero sopra la Spagna i tentativi e le scoperte de’ loro compatrioti Mendana, e Quiros, malgrado tutte le belle descrizioni che ambidue ne fecero.
Mendana, in due viaggi sul mare del Sud, cioè negli anni 1567 e 1595, e particolarmente
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nel secondo viaggio del 1595, scoprì le isole Marchesi sotto il 140° di longitudine e il 9° di latitudine meridionale, e le isole di Salomone sotto il 170° di longitudine, e il 5° di latitudine meridionale. Quiros nel 1606 scoprì alcune delle isole basse (isole Low) sotto il 240° di longitudine, e le isole della Società al 220° di longitudine, come egualmente le nuove Ebridi, o, come egli le chiamava, Terra australe dello Spirito Santo al 185° di longitudine, tutte poste tra il 15° e 20° di latitudine meridionale. Ambidue i viaggiatori avevano indicato con sì poca esattezza queste isole, che fino ai tempi di Cook si questionò sopra la vera posizione di esse. Gli scopritori (probabilmente per indurre il loro governo a nuove intraprese) avevano descritto queste isole, per sé stesse poco importanti, come terre considerabilmente estese e ricche, le quali superassero il Perù in oro, e le Indie in perle ed altri tesori; ed oltre di ciò avevano ad esse dato de’ nomi assai lusinghieri, benché non corrispondessero ai prodotti del suolo; ma qualunque sia stato il loro intento, non fu punto realizzato. La più avida cupidigia della Spagna si nutriva coi
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suoi tesori americani, e non prestò attenzione né alle isole di Salomone, né alle scoperte di Mendana, né alla Terra australe dello Spirito Santo. Gli Olandesi solo stettero attenti a queste relazioni, e nel 1615 vi spedirono Le Maire e Schouten: ma questo viaggio, come quello di Giacomo Roggewein nel 1721 fino al 1723, mancò del suo scopo principale, o piuttosto parve che mancasse. Roggewein scoprì le isole Pasqua ed Epifania sotto il 267° e 289° di longitudine, fra il 19° e 27° di latitudine, ed alcune altre isole basse. Le Maire e Schouten al contrario oltre molte isole basse (nominando il mare intorno ad esse mare cattivo), ed oltre le isole d’oro di Savedra chiamate da loro la Nuova Guinea, scoprirono ancora l’odierna Nuova Brettagna, la Nuova Irlanda, e la Nuova Hannovre, senza che loro fosse venuto in mente, che potessero essere le isole Salomoni di Mendana, come infallibilmente lo sono. Lo scopritore francese Bougainville egualmente non poté mai, figurarsi di giungere alle terre di Quiros a cagione di quel passaggio che da lui porta il nome; e nessuno poté persuadersi che la sua Louisiade sia un’isola (della quale non si sa ancora
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se si unisca nel Sud Est colla Nuova Guinea, e formi una costa di questa terra); e se il suo arcipelago delle grandi Cicladi (in oggi le nuove Ebridi) sia la terra di Quiros.
Quiros in altre cose tanto valente, ed i di cui rapporti, eccettuati alcuni errori nelle longitudini ed in soprabbondanza di oro e di perle, sono stati trovati da Cook esatti e precisi, spinse l’esagerazione al segno di asserire, che Mallicollo sia una parte della gran terra del Sud, la quale in allora si credeva tanto necessaria per l’equilibrio del globo, e quasi ciascuın navigatore, che dopo di lui osava allontanarsi più dalla costa dell’America, di quanto facevano gli altri costeggiatori, asseriva, sebbene non avesse veduto alcuna terra, di aver osservato de’ segni di un vicino continente. Abele Jasmann, il Cook del secolo decimo settimo, a cagione delle sue scoperte, confermò tutti in questa opinione. Egli nel 1642, dall’isola di Francia (S. Maurizio) prese la direzione verso Sud Est, finché scoprì la punta meridionale della Nuova Olanda, la quale, in onore del governatore generale nelle Indie,
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fu da lui chiamata Van Diemen(1). Indi si diresse verso l’Est, e scoprì nel 1643 la da lui per la prima volta chiamata Nuova Zeelanda, navigò intorno alla costa occidentale di essa fino alla punta più settentrionale, e poi si volse al Nord Est verso l’equatore fino al 20° di latitudine. Scoprì le isole degli amici, a diverse delle quali diede il nome di diverse città della sua patria, come Middelburg, Amsterdam, e Rotterdam, e dopo, passando per la Nuova Guinea, ritornò a Batavia.
Le scoperte di Jasmann però non avevano quelle conseguenze che si potevano desiderare. Siccome però Antonio la Roche ne 1675 scoprì un’isola nel mare Pacifico a 54° di latitudine, e Guglielmo Dampier nel 1699, e secondo i mezzi di que’ tempi esaminò esattamente, e con vero zelo per le scienze una parte della Nuova Olanda, dell Nuova Guinea, e della Nuova Brettagna; così consideravasi tutto questo come una confermazione
(1) Ultimamente è stata riconosciuta per una gand’isola questa terra Van Diemen, la quale è sep[a]rata dalla Nuova Olanda dallo stretto di Bass.
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della immaginata terra del Sud, che tanto si vedeva necessaria. A ciò univasi ancora che Duclos Guyot nel 1756 vide sotto il 54° di latitudine una costa, la quale in appresso fu da Cook nominata Giorgia, come egualmente quella terra che nel 1638 voleva aver veduto Buovet alla medesima latitudine, ma situata più verso l’Est. Questa terra comparve dunque su tutte le carte geografiche, le sue coste erano indicate in direzione paralella col Chili, si estendeva fino al tropico, ed in alcuni siti arrivava fino passato il 20° di latitudine, e poi ripiegava verso la Nuova Zeelanda.
La Nuova Olanda era considerata come un’isola di contro a questa gran terra del Sud. La costa occidentale, e settentrionale della detta Nuova Olanda era stata scoperta dal 1618 fino al 1622, e la costa orientale era stata visitata da alcuni Francesi, giacché conservasi nel Museo Britannico a Londra una carta antica coll’iscrizione francese ed ornata coll’arma gentilizia del Delfino di Francia; su questa carta è indicata la costa orientale della Nuova Olanda, ed in quel sito ove troviamo indicata la Botany Bay
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di Cook vedesi notato Baje des Herbages(1). Gli erbaggi nuovi che quivi da per tutto crescono potevano facilmente far nascere due volte lo stesso pensiero pel medesimo nome. Frattanto le coste orientali e meridionali della Nuova Olanda, benché si cercasse di scoprirle, restarono in generale poco conosciute, e sul maggior numero delle carte geografiche, nella vicinanza dell’equatore si perdevano quasi ne’ contorni della Nuova Guinea.
Lo stretto fra la Nuova Guinea e la Nuova Olanda, già scoperto e visitato da Torres, il compagno di viaggio di Quiros, era conosciuto sì poco da Bougainville, che quasi correva pericolo di perirvi con tutto il suo equipaggio; pericolo che avrebbe potuto sfuggire facilmente se egli in mezzo a questo stretto breve avesse saputo dirigersi
(1) La carta è senza indicazione di tempo, come egualmente senza nome dell’autore. Per quanto si può giudicare da’ caratteri e dall’esattezza geografica, deve questa carta essere stata compilata da un francese verso la fine del secolo decimo sesto. Come questa carta poi sia venuta in Inghilterra, e se fosse corredata di annotazioni, non si sa. Dalrymple, a cagione della sua singolarità, ne ha fatto incidere una copia.
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verso le acque delle Indie. In oltre visitò Bougainville l’isola Otaiti, e le nuove Ebridi, o le sue Cicladi (la terra di Quiros). La scoperta però dell’isola interessante di Taiti si attribuisce a Wallis, il quale l’aveva visitata solamente pochi mesi prima di lui, in guisa che Bougainville nulla poteva sapere intorno a questo scoprimento. Nell’istesso tempo aveva egli ritrovato le isole del Coco, di Le Maire, e di Schouten. Carteret, il quale tenne una direzione un poco diversa da quella di Wallis, Biron, ed Anson, rettificò la situazione dell’isola Santa Crux, una delle scoperte di Mendana, e le diede il nome della regina Carlotta.
Incominciando da’ tempi di Magellano, più di trenta diverse direzioni di viaggi propriamente per tutta la larghezza immensa di questo mare erano indicati sulle carte geografiche. Per mezzo di molti viaggi si era imparato a conoscere l’estensione di questi regni acquatici fra l’Asia e l’America, ed i grandi gruppi d’isole nelle vicinanze de’ tropici. I Russi avevano scoperto i suoi confini settentrionali, ed in parte anche rilevati. D’altronde poi contribuirono alla cognizione di esso i mercanti olandesi che riconobbero
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le coste occidentali, ed i costeggiatori spagnuoli che visitarono i suoi confini orientali. L’invidia commerciale degli Inglesi aveva maggiormente estesa questa cognizione, e quello che ancora mancava fu poi compito da Cook. I diversi giri de’ suoi grandi viaggi sono calcolati da Forster a 40000 miglia geografiche. Più di 20000 miglia fece Cook solamente su questo mare, ove navigò per tutte le direzioni. Tutte le scoperte importanti de’ viaggiatori precedenti furono da lui visitate e rettificate, e ne fissò la loro posizione per mezzo di osservazioni astronomiche. Con una perseveranza instancabile esaminò egli collo scandaglio il fondo del mare, rilevò le coste, le baie, i porti, i banchi di sabbia, e quelli de’ coralli, gli scogli a fior d’acqua, e quelli che erano nascosti sotto le onde, e ne delineò delle carte tanto esatte, quanto mai possono essere le carle idrografiche de’ nostri mari d’Europa.
Cook abbandonò a bella posta la direzione già ben conosciuta, e seguita fino a lui da tutt’i navigatori. Egli navigò intorno al Capo Horn, si avvicinò al terribile polo antartico fino al 60° di latitudine; indi fece vela рег l’occidente, e passò dietro a quel
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sito ove Drake, Juan Fernandez e Giacomo l’Heremite avevano veduto della terra, e pretendeva averne avuto degl’indizi. In molta distanza dalla costa dell’America, fra la quantità delle isole basse, si diresse egli a Otaiti, e visitò quest’isola tutto d’intorno, rilevò i suoi distretti, le sue pianure, i fiumi, gli ancoraggi, ed i banchi di coralli che la circondano; scoprì l’intero gruppo delle isole della Società (delle quali molte erano affatto sconosciute agli Europei); di là discese in linea retta fino al 40° di latitudine meridionale, ed in tal modo fece svanire la terra immaginaria del Sud. Siccome egli a cagione della debolezza del suo bastimento non poté maggiormente avanzarsi, così navigò intorno alle coste della Nuova Zeelanda, e scoprì che essa non era terra ferma, ma che consisteva in due isole. Passò poi lo stretto che divide queste isole, e che porta il suo nome; rilevò quasi tutt’ i porti comodi e sicuri, le isolette disperse, e gli scogli della Nuova Guinea (a questi scogli appartiene anche il banco che dalla costa meridionale della Nuova Zeelanda estendesi per 6 miglia geografiche sotto il mare chiamato da lui The traps, le trappole); ricercò
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la costa orientale della Nuova Olanda, la quale, secondo lui, è situata ad una latitudine più elevata di quella ch’ è stata indicata dagli altri scopritori; la trovò circondata da bassi fondi, da scogli, e da banchi di corallo, e la rese interamente cognita. Cinque mesi di continuo, restò egli su questa costa; visitò tutti gli andamenti di essa; rilevò tutt’ i porti, e tutte le baie; fissò colla massima esattezza la posizione di molte centinaia di scogli, i bassi fondi, e le catene degli scogli in mezzo ai quali si avanzò con lo scandaglio alla mano, e non l’abbandonò che dopo averla interamente scoperta dal 38° fino al 10° di latitudine meridionale, e dopo aver ritrovato il passaggio di Torres fra la sua punta settentrionale, e le isole della Nuova Guinea.
La credenza di una terra del Sud con questo viaggio aveva ricevuto una scossa considerabile, ma al di là della navigazione di Cook, passato il 60°, oltre la punta dell’America sotto il 40° in mezzo al mare Pacifico, e sotto il 50° presso la Nuova Zeelanda, eravi ancora un sufficiente spazio pel paese delle ipotesi; e benché le sue coste fossero state molto ristrette per mezzo di questo
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viaggio, ciò non ostante restò uno spazio sufficiente per dilettare quelli che sostenevano la sua esistenza. Però il secondo viaggio di Cook, nel quale egli si aprì una strada più vicina al polo antartico di quanto avesse fatto giammai altri prima di lui, distrusse finalmente l’ultima speranza de’ fisici imbarazzati intorno all’equilibrio del globo. Cook impiegò tre estati di seguito per navigare intorno al polo antartico, e per la maggior parte al di là del 60° di latitudine, e più volte ancora dentro il circolo polare antartico; anzi nel 1774 si avanzò fino al 71°, 10', ove i campi di ghiaccio a perdita di vista posero un fine alle sue ardite intraprese. Cook si servì del tempo intermedio dell’inverno per verificare maggiormente tutt’ i gruppi d’isole situati dentro il tropico del capricorno. La posizione e la qualità delle isole degli Amici, di quelle della Società delle Marchesi, le isole basse e quella dell’isola di Pasqua furono esattamente esaminate; la scoperta fatta da Quiros, e da Bougainville fu da lui rettificata, e trovata essere un arcipelago composto di 20 isole, al quale Cook diede il nome di nuove Ebridi. Scoprì ancora l’isola de’ Pini, e la Nuova
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Caledonia, isola di una circonferenza considerabile, stretta e lunga, che riguardo alla costruzione delle montagne, ed ai prodotti assomiglia moltissimo alla Nuova Olanda. Nel suo terzo ed ultimo viaggio trovò, oltre diverse piccole isole, anche le isole Sandwich sotto il tropico, del cancro, formano certamente una delle scoperte più interessanti del mare Pacifico, ma che pago troppo care colla sua vita. Durante questo terzo viaggio, navigò egli sulla costa Nord ovest dell’America per 1200 miglia marittime, e più, incominciando dal Nutka Sound fino alla penisola Alaska; egli verificò le numerose isole Aleute, e compì quasi interamente la cognizione di questo mare. Difficilmente, come anche lo confermano tutt’ i tentativi moderni, difficilmente, dico, si scoprirà ancora un’isola di qualche importanza. Il Capitano Simpson, come asseriscono alcuni fogli inglesi del 1803, ha scoperto un’isola sotto 11°, 17' di latitudine meridionale e sotto il 167°, 58’ di longitudine orientale, chiamata da lui Kneedy. Essa è molto abitata, da uomini però assai crudeli, è ben coperta di vegetabili, ed ha de’ porci in soprabbondanza. Gli armati Briks inglesi Amboine
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e Mongoose, provenienti dalla China; essendo stati necessitati nel mese di novembre del 1801 a passare lo stretto di Babilon, scoprirono al 7°, 52' di latitudine e 113°, 17' di longitudine un’isoletta non indicata sopra alcuna carta; essa è dirupata, ed ha un banco di sabbia. Con tutta la ragione dunque possiamo chiamare Cook il Colombo di questo mare; e ci è lecito di dire, che egli ha scoperto tutte quelle isole, le quali prima erano state vedute e trovate dai suoi antecessori, poiché Cook stabilì la loro precisa situazione di longitudine e di latitudine. L’isole nelle quali ambedue queste cose non sono stabilite con precisione, non possono essere riguardate come conosciute, poiché confondono quello che va per visitarle, ed in conseguenza debbono tali isole essere cancellate sulle carte geografiche.
Nel medesimo anno in cui Cook navigò sul mare Pacifico, cioè nel 1769, vi si trovò egualmente il francese Surville, il quale al 180° di longitudine ed al 12° di latitudine meridionale scoprì l’intero arcipelago degli Arsacidi, e poté visitare solamente le isole ivi situate sulla parte settentrionale.
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Oltre di Surville vi si trovarono ancora nel 1771 (l’anno del ritorno di Cook dal suo primo viaggio) due altri Francesi, cioè Marion, e Cleusmeur: tutti tre però non contribuirono cose essenziali alla particolare cognizione di questo mare.
Il Capitano Wilson inglese, che nel mese di Giugno del 1783 era arrivato a Macao, e che doveva passare il mare del Sud per ritornare poi in Europa, naufragó al 9° di latitudine settentrionale ed al 155° di longitudine: approdò di poi alle isole Pelew, le quali da lui furono rese cognite, benché gli Spagnuoli molto prima di lui le avevano indicate sulle loro carte sotto il nome di isole Palaos. Fino a qual numero montino queste isole non è stato per ora deciso. Quelle che gli Inglesi conobbero, sono tutte strette e lunghe, di un’altezza mediocre, e coperte di boschi; il suolo è fruttifero, e la popolazione considerabile. Un distretto solo in una di queste isole porta propriamente il nome di Pelew ovvero Palaos, ed è facile perciò che ambedue le nazioni siano per la prima volta giunte all’istesso luogo di questo interessante gruppo d’isole.
L’ultimo tentativo assai lodevole dei
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Francesi, cioè di far esaminare il mare Pacifico dal celebre La Perouse, uomo pieno di talento, è svanito sfortunatamente per la disgrazia di questo insigne navigatore. Egli con due navi visitò tre anni di seguito questo mare in tutte le direzioni, cioè dal 1786 fino al 1788; e dopo avere superato mille pericoli, dopo aver rettificato la situazione di molte isole e coste, e tolto altre terre dal regno della fantasia marcando accuratamente e con esattezza i luoghi sui quali si erano avuti indizi assai verosimili per la loro esistenza; dopo aver esaminato il gran seno di mare di Corea, ed il mare del Giappone, incominciando dalla punta Sud est di Corea fino alle isole Curili, e la penisola Kamtschatka; e dopo avere scoperto lo stretto di mare fra Jedso (Tschicha) e Tehoka, il quale porta il suo nome, si diresse verso la Botany Bay. Secondo le lettere sue scritte da quel luogo nel febbraio del 1788, voleva egli sulla fine di marzo far vela verso le isole degli Amici, ma in questo tragitto le due navi, e tutti gli esperti uomini che l’accompagnavano probabilmente sono periti.
La fama che si era sparsa nel 1791 circa, cioè che un Capitano Olandese passando
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davanti le isole dell’Ammiragliato, sulla parte occidentale della Nuova Irlanda, abbia osservato una Piroga dentro la quale gli abitanti di quelle isole erano vestiti colla divisa francese, non si è sufficientemente verificata. Questa notizia non diede il minimo schiarimento al Generale Entrecasteaux, il quale nell’istesso anno aveva fatto vela verso questo mare per cercare questo infelice navigatore.
Nel 1785 allorquando La Perouse aveva fatto vela dalla Francia, erano partiti egualmente per questo mare gl’Inglesi Nathanael, Portlok, e Giorgio Dixon, e questi ritornarono nel 1788 senza averlo incontrato. James Colnert, e Carlo Duncan, egualmente Inglesi, che nel 1785 fecero vela per queste acque, come John Kendrik, e Grey dell’America settentrionale, i quali poco dopo visitarono il mare Pacifico, non hanno avuto di lui il minimo indizio. Il Commodoro Philipp, e Hunter, i quali condussero nel 1788 un trasporto a Botany Bay, per vedere se nel Porto Jakson si potesse fare un nuovo stabilimento, sono quelli che hanno parlato seco lui per l’ultima volta.
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Entrecasteaux essendo stato spedito nel 1791 per cercare l’infelice La Perouse, morì nel viaggio, e Dauribeau ricevette il comando dopo la di lui morte. Questo essendo del partito de’ Realisti innalzò la bandiera bianca, e rimandò il naturalista Rochetti, il pittore Piron, ed il Botanico Billardiere. I bastimenti non ritornarono più in Francia. Gli esiliati però vi ritornarono, e presero la direzione verso l’isola di Francia. La Billardiere, il quale salvò almeno i suoi manoscritti, ha pubblicato il giornale del suo viaggio. La sua bella collezione di oggetti di storia naturale, composta di 4000 piante, per la metà tutte nuove di 1500 insetti, di 300 uccelli rari ec. trovavasi per la maggior parte in Inghilterra, e il resto è stato distrutto(1).
Nell’Histoire de la tyrannie du gouvernement anglais envers le celebre Th. Muir Liossais, an. VI. (1798) 12. si rende verosimile,
(1) Ved. Intellig. Bl. zur allgemeinen litterat. Zeitung del 1795 num. 40 ed il Genius der Zeit 1796 novemb.; anche allgem. geogr. Ephem. vol. 2. p. 269, vol. VI. p. 44, seq.
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che uno de’ vascelli di La Perouse sia perito sotto il 40° di latitudine settentrionale ne’ contorni del fiume Cook. Almeno Muir, e le sue genti trovarono in questi luoghi degli avanzi d’un grande vascello, e della roba fabbricata in Francia. La notizia più recente sugli avvenimenti di la Perouse, riportata nel Journal de Paris 1804 num. 165, ci è stata recata da un bastimento Portoghese, il quale facendo vela verso la costa delle Filippine, osservò un uomo, che si era arrampicato sopra scogli sterili, poco distanti da terra, ove faceva dei segni con un fazzoletto. Il capitano lo fece prendere subito; ed essendo arrivato a bordo disse essere egli l’astronomo di La Perouse, Dagelet, e raccontò che questo navigatore dopo essere partito da Botany Bay, aveva perduto l’Astrolabio (uno de’ vascelli), e che aveva fatto passare le persone che salvate si erano sulla Bussola; ma che questo secondo vascello, per un incendio essendo divenuto inabile a tener il mare per lungo tempo, per fortuna era giunto sulla costa della Nuova Zeelanda, ove aveva sperato invano 9 anni di essere salvato: che nel decimo finalmente erasi risoluto di costruire un bastimento
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a qualunque costo; e che mentre stavano tagliando gli alberi nacque una quistione fra loro e gli abitanti, nella quale i Francesi erano stati tutti uccisi. Il narratore Dagelet, egli solo, gettandosi in una piroga erasi fidato alle onde del mare, le quali l’avevano gettato su quello scoglio, ove aveva passato 5 giorni continui senza nutrimento. L’infelice dopo questo racconto morì subito di rifinimento, senza potere dir altro. Egli consegnò una carta che il Capitano Portoghese volle passare al governo francese. Io confesso che questa notizia mi pare assolutamente inverosimile. Come si chiamava il Capitano Portoghese? perché non dice nulla di quello che contenevano le carte? in qual modo Dagelet poteva essere sfuggito egli solo? perché restò egli 6 giorni su quello scoglio deserto, mentre la terra abitata era poco distante, e su di questa avrebbe potuto ritirarsi colla sua Piroga? come poteva egli, privo di nutrimento da 6 giorni, aver forza d’arrampicarsi sopra gli scogli, e fare de’ segni, mentre morì pochi momenti dopo che tali segni erano stati osservati?
Lo zelo di La Perouse per le scienze, i suoi grandi meriti intorno alla cognizione di
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questo mare, il tempo del suo soggiorno su di esso, e la sua disgrazia meritano, che questo mare (i di cui nomi, cioè il Pacifico, e mare del Sud non sono ben adattati) sia chiamato il mare di La Perouse; e se qualcheduno credesse d’intaccare con ciò i meriti di Cook, i quali da nessuno furono apprezzati più che da La Perouse, si potrebbe nominare la parte meridionale fino all’equatore il mare di la Perouse, e la parte settentrionale il mare di Cook.
Vicino all’equatore questo mare è diviso da una cintura, larga 12 in 15°, la quale nella direzione dell’est all’ovest percorre più di 140°. Essa è coperta di innumerabili gruppi d’isole piccole e grandi, di isole disperse, e di scogli disabitati, i quali sul nostro globo compariscono come la via lattea nel cielo. Questa cintura comincia sotto l’equatore al 155° di longitudine coll’isola di Scouten, e si estende in continua direzione fino alla penisola Malacca, ed all’isola di Sumatra verso Sud est, di modo che al 180° di longitudine tutte le isole giacciono sotto il 10°, e sopra il 22° di latitudine meridionale. Nella loro direzione orientale si estendono ancora maggiormente
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verso il Sud, ma non oltrepassano il 23° fuorché fra il 230° e 240° di longitudine, ove questa cintura si dilata molto verso il Sud ed il Nord, e la direzione di essa è solamente sensibile per mezzo di alcuni punti sparsi, cioè l’isole dell’Incarnazione, di Pasqua, Massafuero, Juan Fernando, Mocha, e Quiquirine, le quali si estendono verso la Baia della Concezione nel Chili.
La prima metà di questa lunga catena d’isole consiste nelle isole di Salomone, nelle isole Carlotte, e nelle nuove Ebridi, le quali corrono quasi parallelamente alla costa orientale della Nuova Olanda, e formano con questa costa e la Nuova Zeelanda un bacile che si estende a più di 185000 miglia quadrate geografiche. Addirittura sopra questo bacile le isole Wallis, Solitaria, S. Agostino, Byron, ed Hoppers, il gruppo d’isole di Lord Mulgrare e le Caroline, ovvero le Nuove Filippine, che confinano colle isole Pelaos, formano un secondo bacile della grandezza di 200000 miglia quadrate, geografiche. Nella parte settentrionale del mare Pacifico i confini del terzo bacile, il quale è un poco inferiore ai due precedenti, viene formato dalle isole Pelaos, dalle Molucche,
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dalle Manille, ovvero Filippine, dalle isole Bashee, Likejo, da quelle del Giappone, dalle isole scoperte nel 1688, e nel 1664 come Sena de Picos, Rica de Oro, le isole Sulfuree, le Mariane, e da diversi vulcani sparsi frammezzo a queste, i quali prendono la direzione delle isole, cioè dal Nord al Sud, dalla costa Nord est del Giappone fino alle Caroline. Ancora minore è il quarto bacile il quale, sopra le Caroline, forma la catena delle isole ultimamente nominate coll’isole, Rico de Plata, de’ Giardini, di S. Bartelemi, Pescadores, e le isole Gilbert.
Il maggiore de’ bacili finora indicati è quello che viene formato dal gruppo delle isole di Lord Mulgrave, dalle isole Sandwich, dall’isola di Natale, dalle isole Marchesi, e nel Sud dalle isole degli Amici, e da quelle della Società.
Il bacile più grande è il settentrionale che giace al di là delle isole Sandwich, ed ha per confine le isole Curili, e quelle degli Aleuti.
Quel bacile però che supera tutt’i precedenti in grandezza è quel deserto d’acqua posto sotto la Nuova Zeelanda, le isole degli Amici, quelle della Società, e sotto le
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isole basse; ed in esso difficilmente si scoprirà ancora qualche isola, se i vulcani per l’avvenire non ne producono, o non vengano fabbricate dalle madrepore.
La profondità dell’Oceano ora nominato intorno alle isole, e le catene e scogli che le circondano, non meno che le loro ramificazioni ci dimostrano apertamente da per tutto un’origine stessa; e medesimamente la posizione e la forma delle isole, e la loro lunghezza considerabile in confronto della poca larghezza ci fanno credere che l’acqua e le sue correnti, se non hanno contribuito alla loro nascita, almeno avranno influito moltissimo sulla configurazione e formazione di esse. Nelle isole che appartengono al ramo principale di una catena, come generalmente nelle isole fra i tropici, scopriamo benissimo che da lungo tempo sono state fruttifere come attualmente lo sono. Le punte meridionali della Nuova Olanda e della Nuova Zeelanda, al contrario, come anche la maggior parte delle isole dell’arcipelago Russo, sono ancora nello stato di quella rozzezza, colla quale forse uscirono dal caos primitivo; ed è interessante l’osservare come a poco a poco la terra fruttifera
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su d’esse s’aumenta. Una parte molto interessante di tutte queste isole è circondata da banchi di corallo, come le isole della Società, le isole più alle fra quelle degli Amici, Turfleeiland (isola delle testuggini), la Nuova Caledonia, la Nuova Olanda, la Nuova Zeelanda, e moltissime altre. Altre poi sono costruite unicamente dai banchi di corallo, ed a queste appartengono tutte le isole basse, così nell’arcipelago delle isole degli Amici, come altrove. Verso l’Est; e il Nord est delle isole della Società giace un numero considerabile di tali isole basse che s’innalzano in parte sulla superficie dell’acqua, e comunicano per mezzo di banchi dello stesso corallo, i quali continuamente, o in tempo del flusso sono coperti dall’acqua. Il banco, o l’anello calcare di conchiglie confina sempre con un mare abbondante di pesci. Qualche volta trovasi un’apertura nel banco, per la quale una barca, o un batello può passare. Pei vascelli questi banchi sono molto pericolosi, poiché nella vicinanza di essi sempre si trovano delle fabbriche maggiori e minori di polipi; e ciò in tutte le ramificazioni ed età. Dal tronco principale de’ coralli nascono
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spesso de’ rami che si estendono da tutt’i lati, e spesso è situato un banco dietro l’altro. Qualche volta, come presso la Nuova Olanda, corrono centinaia di miglia in direzione paralella colla costa, e fra questi banchi e la terra ferma trovasi un mare quieto, poiché le onde che si avanzano verso di essi, si rompono, e passano indebolite sopra dei medesimi banchi, oppure s’introducono fra rotture ed aperture strette, che servono ai navigatori per entrata e per sortita. In questi spazi affollasi la sabbia, poiché il flusso la introduce senza che il riflusso possa gettarla fuori, e forma de’ grandi banchi di sabbia, e de’ bassi fondi, che alla navigazione preparano nuovi impedimenti, e pericoli.
«Accade alle volte, dice Forster(1), la circostanza che invece di un banco continuo, una quantità di piccoli vermi innalza isolatamente la sua tessitura di celle in guisa; che l’una riesce poi più grande dell’altra, ed allora il terribile di una tale regione di mare sorpassa qualunque descrizione. L’attenzione del navigatore non può quasi
(1) Kleine Schriften. tom. I. p. 52 ec.
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nulla contro quel cangiamento subitaneo del fondo del mare, che tremando viene da lui esaminato collo scandaglio alla mano. Ora non si trova fondo su questi banchi collo scandaglio di 100 braccia e più, ed ora si passa sopra rami di corallo, i quali come torri e rovine innalzano le punte ripide, e toccano quasi il fondo del vascello. Con paura e spavento cerca egli la sortita onde riguadagnare l’alto mare, ed allontanarsi da quelle terribili Sirti, ove in mille aspetti la morte lo circonda».
«Il navigatore più coraggioso, dice lo stesso Forster in un altro luogo(1), si spaventa all’aspetto di essi, alloraquando il dominante vento di mare vi caccia il suo vascello, e si scoraggia affatto se oltre di ciò una calma totale lo dà all’arbitrio delle onde, e quando solamente il rumore del rompimento di queste onde interrompe il silenzio solenne dell’Oceano. Il primo scopritore di tali muraglie scogliose ordinariamente combatte con mille pericoli, e rischia la sua vita
(1) La Nuova Olanda, e la Colonia Britannica a Botany Bay, Kleine schriften. tom. I. p. 253.
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per la sicurezza di que’ navigatori che dopo di lui visitano questi mari».
Malgrado tutta la cura, e tutta la cautela ed attenzione che impiego Cook, non poté egli impedire che il suo vascello non urtasse contro uno scoglio nascosto di corallo, ove restò sospeso per 24 ore di continuo, e vide davanti a sé il terribile momento del naufragio. Solamente alcune circostanze felici, cioè l’essersi calmato il solito vento di mare, talché non più produceva alcuna onda; l’essere restato un pezzo dello scoglio dentro la nave, in modo che quasi interamente riempi la ferita ad essa cagionata; l’essere riuscito ad un uffiziale con un mezzo particolare di otturare i siti ove la nave faceva acqua; e finalmente il trovarsi nella vicinanza un porto comodo per riparare il vascello; tutto questo cagionò in tal accidente un inaspettato salvamento.
Poco mancò che anche La Perouse, mentre sortiva dal porto francese al 58° di latitudine sulla costa occidentale dell’America, e precisamente sotto il monte Elia, non perisse nel 1786 per tali punte di corallo nascosto, le quali nel 1788 indubitatamente
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saranno state la causa della di lui perdita totale.
Questi banchi di Corallo sono molto rimarchevoli pel naturalista sotto qualunque rapporto. Nelle profondità impenetrabili del mare, ove non giunge alcuno scandaglio s’innalzano questo muraglie di scogli, le quali in fondo stanno quasi come un tronco, cacciano rami sempre nuovi in alto, e finalmente più ch’essi si avvicinano alla superficie del mare, più si estendono da tuti’i lati, in guisa che gli alberi di 15 piedi d’altezza e di 3 piedi di diametro appena, hanno fino a 18 piedi di diametro alla superficie. La società di Macartney trovò l’entrata nel porto di Bantam impedita da’ coralli di que’ polipi. Essi pel modo col quale si propagano uniscono varie isole. Così il Capitano Simpson nel 1803 trovò che l’intero gruppo d’isole d’Exter ossia Duff, per mezzo di questi coralli comunicava coll’isola di Disappointement. Gli abitanti i quali sopra questi banchi di corallo andavano da un’isola all’altra, parevano soldati che marciassero alla sfilata sulla superficie del mare. L’isole stesse sono assai basse, e sopra di esse null’altro si osserva che
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alberi isolati, i quali s’innalzano sopra l’orizzonte. Questa circostanza richiede grande attenzione dalla parte de’ navigatori che visitano questi contorni pericolosi. Tutto il gruppo delle isole di Exter consistono in coralli e sabbia, e sono leggermente coperte con una terra nera vegetabile. Le pietre nere porose e leggere giacenti sulla sponda fanno però sospettare delle operazioni vulcaniche(1). I vermi che innalzano queste fabbriche immense sono Litofiti, e propriamente Madrepore, per sé stessi piccoli polipi, i quali dietro a queste muraglie si preservano dall’urto del mare. La parte inferiore delle cellule, essendo morto l’animale, diventa propriamente scoglio, e porta qualunque peso. Siccome questi polipi fabbricano
(1) Queste isole sono mediocremente popolate, e nessuna è interamente senza abitanti. Questi sono tanto selvaggi e maliziosi, che Simpson dovette far tirare sopra di loro. Egli crede che chiunque per l’avvenire sarà obbligato approdarvi si vedrà costretto a far lo stesso. Sull’isola di Disappointement trovò egli la parte inferiore di un albero di nave assai grosso, il quale però era già molto consumato, in guisa che si poté congetturare essere su questa costa naufragato da molto tempo un bastimento spagnuolo.
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assai lentamente, così dalla grandezza, dall’altezza, e dalla periferia delle loro opere si può congetturare della loro età.
Questi vermi che innalzano tali ammirabili fabbriche, che bloccano isole, e ne innalzano altre dal fondo del mare, che ingannano il più esperto navigatore, e che rendono il mare del Sud tanto difficile per la navigazione, non possono vivere fuori dell’acqua, e per ciò non mai conducono la loro fabbrica più alta del livello del mare in tempo di riflusso. Nulla di meno si trovano de’ banchi di corallo, innalzati sulla superficie dell’acqua, i quali in parte restano secchi anche in tempo del flusso. Così, per esempio, presso le isole delle testuggini trovansi alcune fabbriche di corallo della periferia di 18 piedi, e più, e tutte sulla superficie dell’acqua in modo, che la metà delle isole delle testuggini, comprese anche le case degli abitanti, dovrebbero essere innondate, se il flusso passasse sopra i detti banchi. Tali banchi dunque devono essere stati innalzati dal fondo del mare col mezzo di un tremuoto o di vulcani, o il mare deve essersi ritirato tanto sensibilmente che abbia lasciato a secco la parte superiore di questi
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banchi. Ma ciò appartiene al capitolo che tratta de’ cangiamenti del suolo.
I banchi di corallo paiono essere il posto assegnato ad una quantità di Mollusche ed a greggi innumerabili di conchiglie di tutte le specie. Sopra di essi trovansi in quantità incredibile e ostriche, e mitili, e came, delle quali una è sufficiente per saziare due uomini; de’ gusci del mitilo margaritifero, ostriche martello, patelle, stelle marine, spugne, pentacrimite, tedidi, ricci di mare, ed altri vermi coperti e non perti, di figura e grandezza particolare, e tutto ciò in una quantità incredibile.
Su’ banchi di melma della baia di Bustard (dell’ottarda) sotto il 24°, di latitudine meridionale trovasi una sì prodigiosa quantità di ostriche margaritifere, che, secondo il giudizio di Cook, si potrebbe stabilirvi una vantaggiosa pesca di perle. La Perouse sostiene che sulla costa orientale e meridionale della California si trovino alcune ostriche, le di cui perle agguagliano in bellezza e grandezza quelle che si pescano intorno a Ceilan e nel seno Persiano, e che questo prodotto possa diventare un articolo
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importante di commercio, particolarmente nella China, se gli Spagnuoli fossero accostumati ad una più efficace energia. Ancora più frequentemente se ne trovano intorno alle isole Sandwich, intorno alle isole della Società degli Amici, ed in altri luoghi. Malgrado però la quantità delle conchiglie che vi si trovano, non se ne veggono quelle varietà che in un Oceano tanto vasto come il mare Pacifico potrebbero aspettarsi. Da per tutto s’incontrano solamente le specie più comuni riportate nel sistema di Linneo, cioè Porcellane, Volute, Mitre episcopali, buccine, chiocciole, murrici, turbini, e neriti. Intorno alla Nuova Zeelanda avvi alcune specie nuove, delle quali però la maggior parte è piccola e di poca apparenza in guisa che ci rammentiamo le parole di Buffon, quando dice che la natura pare compiacersi di aver creato alcuni esseri sotto forme quasi eguali, come se la produzione di alcune forme le costassero meno fatica che certe altre».
Quello che riguarda gl’insetti acquatici, pochi nuovi generi vivono in questo mare. Sull’Assunzione trovò La Perouse alcuni granchi di una tale smisurata grandezza, che egli per
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causa loro credette pericoloso di dormire sull’isola; egli non vi trovò uccelli marittimi, e perciò concluse, che questi granchi gli avessero scacciati, e distrutte e mangiate le loro uova. Questi granchi erano capaci di schiacciare facilmente una noce di cocco, che senza una gran forza non possiamo aprire. Essi giungono alla larghezza d’un piede e più, e pesano più di 10 libbre. Ordinariamente hanno un colore bruno o rossiccio; qualche volta anche un colore giallastro o turchino violaceo o bianchiccio. La maggior parte de’ granchi si può mangiare, eccettuato il Cancer dormia di un pelo ruvido, e di colore bigio oscuro. Il suo guscio liscio è dentato su d’ambidue i lati: mangiandolo cagiona del giramento di testa, e dello stordimento, ed alcuni attribuiscono questo effetto ad una materia nera e velenosa che porta seco, per cui lo lavano, e mangiano il granchio senza alcuna cattiva conseguenza. Un’altra specie è il cancer maja con un guscio spinoso sul dorso e sulle forbici: i suoi piedi sono lunghi; e non si mangia . Avvi egualmente una specie di granchi piccoli della grossezza di una nocciuola,
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ed un’altra inferiore della grandezza di una cimice.
Quella specie di granchi (Parasitici) che hanno la coda nuda, e che, particolarmente le specie piccole, la mettono nelle conchiglie di altri animali, trovasi frequentemente in questo mare. La specie più grande è il cancer latro: esso ha una saccoccia sotto la coda, due forbici grosse, e forti in modo da rompere le noci di cocco, e sei piedi. Durante la giornata giacciono nascosti fra le spaccature, e nelle caverne situate sulla sponda; ed entrando poi la notte, montano sopra gli alberi di cocco, e tagliano le noci, il di cui sugo preferiscono a qualunque altro cibo.
Le specie più piccole, che spesse volte si nascondono con tutt’il corpo ne’ gusci voti delle conchiglie, lasciando fuori solamente le loro forbici, colle quali si difendono, a cagione della loro vita isolata, sono chiamate Diogene, o Bernardo Eremita.
De’ gamberi propriamente detti, che portano la coda lunga, se ne trovano di 18 e più libbre, e che bastano in conseguenza per cibare 18 e più persone.
Tutte queste specie di gamberi, e di
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granchi si trovano egualmente nel mare delle Indie; ma due specie paiono appartenere esclusivamente al mare Pacifico, le quali finora sono slale poco conosciute, e che si distinguono per un colore vivace di oltramare, e per la parte inferiore del corpo che risplende come la porcellana bianca.
Il monoculus polyphemus, che molto assomiglia al granchio è contato fra i Monoculi benché nulla abbia di comune con essi, fuori degli occhi situati sul dorso, e posti l’uno assai vicino all’altro, e di un occhio situato verso la fronte, ch’è tre fino a quattro volte più piccolo, e per cui viene chiamato Polifemo. Esso è d’un colore rosso bruno, ovvero verdastro. Il guscio è duro ed unito. La parte rotonda e larga del guscio, la quale ordinariamente ne’ granchi è la parte posteriore del corpo, forma la parte anteriore del monocolo polifemo. La giuntura fra la parte anteriore e la posteriore è di forma lunare, ed il margine del corpo posteriore è dentato. La coda, che ordinariamente paragonasi ad un naso, finisce in una punta lunga a foggia di punteruola, colla quale può fare delle ferite sensibilissime. Il monocolo cresce fino ad un piede largo e
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lungo. La femmina conduce da per tutto il maschio sul suo dorso, e le di lei uova si mangiano come il caviale. Il suo nome indica la regione ove più frequentemente si trattiene.
Niun mare è tanto ricco di testuggini di ogni specie, particolarmente della testuggine caretta, e delle migliori testuggini verdi; niuno ha una sì grande abbondanza di pesci, quanto il Pacifico. Forse nasce ciò da un consumo inferiore al nostro molti selvaggi vivano unicamente di pesci ciò non ostante la loro propagazione non è in alcuna proporzione col consumo che se ne fa. Rare volle vi si getta la rete senza prendere 200 e più libbre di pesci; ed i selvaggi non sono punto gelosi di vedere pescare ne’ loro porti, perché credono che questo tesoro sia inesauribile. In tutte le baie ed in tutt’i porti si trova un’abbondanza di Cefali, di Galli marini, di Razze, di pesci cani, di Pleuronetti, di Triglie, di Aterine, di anguille marine, e di pesci volanti. L’alto mare, oltre de’ pesci qui nominati, è pieno di Boniti, di balene physalis, di balene glacicli, di porci marini, e di Delfini degli antichi. La Perouse osserva, che incominciando
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dall’isola di Pasqua fino alle isole Sandwich, gli seguivano il suo vascello de’ sciami di pesci per più di 1500 miglia. Diversi Boniti feriti da’ ramponi dell’equipaggio erano conoscibili pel segno che portavano sul dorso. «Non dubito, dice La Perouse, che questi pesci, se noi non ci fossimo arrestati presso le isole San[d]wich, non ci avessero seguiti ancora duecento o trecento miglia, fino alla temperatura che essi possono soffrire[»].
Oltre di questi pesci ve ne sono nel mare del Sud una quantità di altri che ad esso appartengono particolarmente, e che in conseguenza sono poco conosciuti. Forster ed i suoi compagni vi contano 74 specie avanti di loro, non ancora conosciute, e particolarmente si sono arricchiti de’ generi già abbondanti, come i Gadi, i Blenni, gli Spari e le Perche. Il genere delle ombrine (sciaena) è stato accresciuto di 8 nuove specie, che molto si distinguono da quelle che vivono negli altri mari: egualmente è stato considerabilmente aumentato il genere dei Labri.
Un genere affatto nuovo e particolare formano gli Harpuri, o, come Forskal volle
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chiamarli Acanturi. Essi si distinguono dai chetodon per un diverso numero di raggi nella membrana branchiostea, per un pungolo su d’ambidue i lati della coda, e per la mancanza delle squame sulle alette. Questo genere conta tre specie nuove nel mare del Sud, e fra essi si possono contare ancora il Nigricans, poiché ha un colore nericcio, il Linèatus con linee cangianti lungo il suo corpo, ed il Fusciatus; e poi la specie descritta da Hasselquist, la quale Linneo indebitamente conta fra i chaetodon nigricans.
I pesci del mare del Sud per lo più forniscono un cibo sano e saporito, e molti avrebbero reso ancora più illustri i voluttuosi convitti dei Romani. Però non sempre se ne possono pescare, poiché a questa operazione si richiedono 30 fino a 40 uomini. Vi sono ancora in questo mare de’ pesci velenosi, ed assai perniciosi.
Nel mese di giugno del 1774, nel porto di Sandwich dell’isola Mallicolo, furono pescati in tempo di notte tre pesci rossicci, i quali appena presi furono aperti, ed appesi sul ponte del vascello, di modo che i naturalisti non potevano né disegnarli né esaminarli.
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Però, e secondo ciò che se ne poteva giudicare, come dalle conseguenze che produssero, parvero essere Spari pagri, cioè la medesima specie di pesci che Quiros chiama Pagros, e della quale racconta che quasi tutto il suo equipaggio ne fu avvelenato(1). Quindici persone le quali a Mallicolo ne avevano mangiato a cena, furono sorpresi da un vomito violento, da dolori di ventre, dalla diarrea, dall’oppressione, e poi da dolori atroci accompagnati da un calore ardente nella testa, nelle braccia e nelle gambe. Il polso in quest’occasione non era febbricitante né forte, come si sarebbe potuto aspettare da un calore simile, esso al contrario era basso e debole. Nelle fauci soffrivano una sensazione dolorosa, come se la pelle si fosse staccata da’ muscoli. I denti di alcuni si smossero, ed altri poi avevano una salivazione, e più giorni di seguito, a cagione dei dolori nello stomaco, ed in tutte le membra, e pel dolore di testa non potevano camminare, né stare in piedi . Quando il tempo si rinfrescava, i dolori e
(1) Dalrymple’s Collect. of Voyages I. p. 140.
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lo stordimento delle membra ritornavano di nuovo, e particolarmente quattordici giorni di seguito verso sera, intorno all’ora nella quale ne avevano mangiato, ritornavano le inquietudini, l’affanno ed i dolori, ed ancora per molti giorni di seguito ebbero sovente un certo brivido ed un tremore. Un pappagallo addomesticato, il quale ne aveva ricevuto solamente un bocconcino, morì di violenti convulsioni; un porco che ne aveva mangiato gl’intestini, morì fra 24 ore, e tutt’i cani che avevano mangiato degl’intestini, e delle spine divennero molto ammalati, restarono lungo tempo in questo stato, e due di essi ne morirono. Nella Nuova Caledonia un marinaio prese di notte un pesce della medesima specie, ed essendo egli stato privo per lungo tempo di cibi freschi, lo mangiò malgrado che conoscesse il pericolo di restarne avvelenato, ma usò la precauzione di spargere molto sale sul pesce, e di esporlo tre giorni all’aria, dopo di che lo mangiò coi suoi compagni senza alcuna cattiva conseguenza. Da ciò si deduce, che questo pesce non sia velenoso per sé stesso, ma che lo diventi per le materie che mangia, per esempio, le Meduse; poiché alcune di queste
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Meduse, solamente toccandole, producono alla pelle un bruciore eguale a quello che si sentiva in gola dopo aver mangiato lo Sparo. Ai pesci stessi possono queste Meduse essere un cibo grato, poiché mangiano molto veleno senza danno. Così i pesci mangiano senza il minimo danno le Hippomane mancinella, le quali per gli uomini sono un veleno mortale.
Ancora sarebbe da notarsi, che gli altri pesci presi nel porto di Sandwich uniti al Pargos velenoso, furono mangiati senza il minimo danno; e da ciò si vede chiaramente che l’effetto del veleno è prodotto da cibi particolari de’ quali si nutrisce il suddetto Pargos.
Totalmente perniciose e velenose paiono essere alcune specie di Tetrodon. Cook nel suo secondo viaggio comprò un pesce di questa specie nella nuova Caledonia, il quale dopo averlo disegnato e descritto, doveva essere mangiato il giorno appresso. Siccome però questo pesce apparteneva ad una specie tanto sospetta, molti dell’equipaggio l’abborrivano, ma la mancanza di carne fresca, e la sicurezza di Cook di aver mangiato senza danno questi pesci nel suo primo viaggio indussero
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l’equipaggio a cibarsene. Il fegato del pesce aveva un buon aspetto esterno. Forster il maggiore ne mangiò un pezzo della grandezza di un tallero, e Forster il minore e Cook ne assaggiarono solamente. Il gusto di questo fegato, che fu mangiato a cena, non parve cattivo, e del pesce stesso si promise all’equipaggio un buonissimo pranzo pel giorno seguente. Ma, dice Forster il maggiore(1), mi destai con un’oppressione simile a quella prodotta da una cattiva digestione, ed alzandomi sul letto osservai che la testa mi era pesante. Volli levare una sedia posta davanti al mio letto, e mi parve che fosse leggera come una penna, anzi osservai subito dopo, che non potei più distinguere gli oggetti leggeri dai pesanti. Mi provai a camminare, ma vacillava da una parte all’altra. Nello stomaco sentivo un peso ed un bruciore che passava fino alle fauci, come se in quel luogo fossi stato scorticato. Le mani ed i piedi erano come addormentati. Dopo ch’ebbi evacuato per secesso, cercai di allegerire lo stomaco
(1) Bemerkungen ueber Gegenstaende der phys. Erdbeschreibung p. 556.
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per mezzo del vomito, ma in qnest’atto mi parve che un fuoco sortisse dallo stomaco, ed andasse fino alla bocca. Destai il dottore Sparmann per abboccarmi seco lui sopra un tal avvenimento. Il capitano Cook, la di cui stanza era divisa dalla nostra solamente per mezzo di un tavolato, ci sentì parlare, e mentre voleva alzarsi, provava anch’egli i medesimi sintomi. Dopo questo destai mio figlio che si trovava nella stessa situazione. Il capitano Cook fece chiamare il medico, il quale ci fece bere molt’acqua tepida per isbarazzare lo stomaco da questo cibo pernicioso, e ci diede de’ rimedi che provocano il sudore, e de’ sali per mezzo de’ quali in pochi giorni fummo ristabiliti. Il giramento di testa, il torpore alle mani, ed ai piedi, con continui brividi ed alcuni dolori restarono fino al decimo giorno. Un cane che aveva mangiato il restante del fegato arrostito, ed un porco che aveva inghiottito gli intestini del pesce, caddero ammalati, e l’ultimo morì nel giorno seguente. Diversi naturali ch’erano montati sul vascello vedendo appeso il pesce indicarono per mezzo di segni quanto sia pericoloso il mangiarlo: essi mostravano lo stomaco, ponevano le mani
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sulle guance e su gli orecchi, ed inchinavano la testa indicando con ciò il dormire. Finsi di non intendere queste pantomime, ed ordinai di dare loro questo pesce onde potessero mangiarlo, ma essi ricusarono tal dono co’ segni più evidenti dell’abborrimento».
Del resto sono i pesci il cibo giornaliero degl’Isolani di questo mare Pacifico, della nuova Zeelanda fino alle isole di Sandwich, e dalle Molucche sino alle isole Gallapagos. Gli uccelli, i porci, ed i cani sono ordinariamente il loro cibo ricercato. Forse in questo ordinario cibarsi di pesci dobbiamo cercare la ragione dell’impulso della loro forza generativa. Stellen sostiene che le conosciute inclinazioni per l’abuso dell’impulso generativo presso gl’Itelmen (nazionali Camtschadali) nasca dalla quantità de’ pesci, e dalle uova di essi, de’ quali si nutriscono; e che uno di questi Itelmen da lui osservato a bella posta dopo aver mangiato 6 mesi di continuo alla sua tavola sia diventato molto più cauto e moderato. Quello dunque che dal mangiare i pesci in abbondanza si effettua nel Nord, deve quivi apparire maggiormente. Da per tutto le donne degl’isolani selvaggi invitarono i forastieri a questa funzione
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della natura; e come racconta La Perouse, non essendo stata accettata all’istante la loro offerta, diedero co’ loro mariti un saggio di que’ piaceri, che sarebbero capaci d’ispirare.
Le spine e le ossa delle creature acquatiche servono agl’isolani in diverse maniere. Gli abitanti della nuova Zeelanda si fabbricano de’ pettini dalle ossa di balena, dei quali però si servono unicamente per ornamento. Di un osso del Delfino gli abitanti dell’isola di Pasqua lavorano una corazza. In Otaiti si fanno delle seghe e diversi utensili, colle ossa e co' denti del pesce cane. Da per tutto si mettono i pungoli delle raie sulle lance e sulle aste. A Mallicolo si vedono solamente le punte delle ossa attaccati in cima alle frecce; forse le Razze vi si trovano meno frequenti che negli altri luoghi, o forse gli abitanti non le pescano.
Le collane, i braccialetti, gli ami per prendere il pesce, ed i pesi per approfondare le reti, sono fabbricati dagl’Isolani coi gusci delle conchiglie. Il corallo duro che forma degli scogli, è da essi impiegato per polire e per lustrare le loro barche.
La mancanza di viveri, oltre i pesci ed
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i crostacei, che recano un grande incomodo ai navigatori per pescarli in alto mare, come la mancanza di luoghi da fermarsi in caso di bisogno, rendono su questo vasto Oceano la navigazione assai difficile. Se fra l’Asia e l’America giacesse ancora un’isola della grandezza dell’Asia, allora migliaia d’incomodi cesserebbero, e gli Oceani non dividerebbero la terra, ma la riunirebbero. Quest’isola supposta ha essa mai esistito, e sono le isole che oggi quivi si veggono, solamente il resto di quella gran terra supposta? oppure è questa terra nel nascere, e sono le isole visitate da noi solamente le cime ovvero le colline, le così dette Cordegliere di una terra che monta dalla profondità? Ciò non si può decidere, e neppure il volerlo presumere appartiene a questo capitolo, che tratta della descrizione de’ mari.
FINE DEL SECONDO TOMO