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Concetto(a) della logica

(a) Per Kant Idee, idea, è ben altro che semplice concetto, Begriff; perciocché il concetto può essere, come dice a suo luogo, empirico, Erfahrungsbegriff, puro o intellettuale, Notion, Verstandesbegrif, e razionale, Vernunftbegriff: quest’ultimo solamente ei chiama idea. Incominciando la logica dice: Begriff der Logik, concetto della logica. Nondimeno, nel porgere un tal concetto, parlando della possibilità che noi possiamo formarci della logica, come scienza meramente formale, usa la parola idea: Und wir können uns also eine IDEE von der Möglichkeit einer solchen Wissenschaft 

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Tutto in natura, sì nel mondo inanimato e sì in quello animato, avviene secondo regole; sebbene queste non sempre sieno da noi conosciute. L’acqua cade secondo le leggi della gravità, e negli animali avviene anche secondo regole il moto dello andare. Il pesce nell’acqua,

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l’uccello nell’aria muovesi secondo regole. Tutta la natura in generale altro non è propriamente che un assieme di fenomeni regolari; e non ci ha, dove che sia, alcuna irregolarità. E quando crediamo di trovarne alcuna, possiamo in tal caso dir solamente, che le regole ci sono ignote.

Ancora l’esercizio delle nostre potenze procede secondo certe regole, che da prima seguiamo senza esserne consapevoli; dipoi, a poco a poco, per mezzo di esperienze e di un più lungo uso di nostre potenze, perveniamo a

machen, eccetera. Logik. Ediz. di Rosenkranz. S. 171. Poichè ogni idea è ancora nozione, secondo Kant, e ogni nozione è ancora concetto, e non per contrario: cioè non ogni concetto è nozione, e non ogni nozione è idea; quando si può adoperare idea, con più ragione si può adoperare nozione; e quando si può adoperare nozione, con più ragione concetto; come pure rappresentazione, Vorstellung in luogo di concetto, essendo rappresentazione ogni concetto; ma non viceversa, cioè non ogni rappresentazione è concetto, per ciò che ci ha rappresentazioni che sono mere intuizioni, Anschauungen. Se non che noi, come in questo così in altri luoghi, ci atterremo fedelmente al modo onde l’A. esprime il suo pensiero, lasciando al lettore l’intendere, nei diversi luoghi, il significato generale o speciale della parola usata. 

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conoscerle; e infine ci si fanno sì spedite, da costarci non poca fatica pensarle astrattamente. Un esempio nè la grammatica generale, forma di una lingua in generale. Se non che si parla pur senza conoscere la grammatica; ma colui che, senza conoscerla, parla, ha realmente una grammatica, e parla secondo regole, di cui però non è consapevole. 

Or come tutte quante insieme le nostre potenze, così ancora in particolare lintelletto è sottoposto, nelle sue operazioni, a regole(a) che noi possiamo ricercare. Lintelletto, in verità, è da considerare come la sorgente e la facoltà di pensare regole in generale. Perciocché come la sensività è la facoltà delle intuizioni, così lo intelletto è la facoltà di pensare, cioè di 

(a) Kant, nel dire il modo onde le forze della natura operano, e le nostre potenze si esercitano, pare che usi indifferentemente, Regel, regola, e Gesetz, legge. L’una  in verità, non si può confondere con l’altra, valendo legge più che semplice regola. Se non che qui può aver luogo una considerazione simile a quella fatta nella nota precedente; perciocché se una forza è soggetta a leggi, con più ragione può dirsi soggetta a regole. Intanto vogliamo si sappia, che anche dove pareva si fosse potuto usare l’una per l’altra, ci siamo conformati, nella traduzione, al linguaggio kantiano. 

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subordinare a regole le rappresentazioni de’ sensi(a). Egli è perciò avido di ricercar regole, ed è pago, quando le ha trovate. Adunque, poiché l’intelletto è la fonte delle regole, si domanda: 

(a) Ogni nostra intuizione, dice K. non avviene che per mezzo de’ sensi; l’intelletto nulla intuisce, ma solamente pensa, ossia riflette (denken, pensare, nel linguaggio kantiano, vale lo stesso che, reflektiren, riflettere, cioè il pensare è essenzialmente riflessivo o discorsivo): Alle unsere Anschauung geschieht aber nur dermittelst der Sinne; der Verstand schaut nichts an, sondern reflektirt nur. Prolegomena zur Metaphysik. S. 45. Ediz. di Rosenkranz. Leipzig. 1838. 

E altrove: l’intelletto non può intuire alcuna cosa e i sensi nulla pensare: Der Verstand dermag nichts anzuschauen und die Sinne nichts zu denken. Kritik der reinen Vernunft. S. 82. Ediz. di Hartenstein. Leipzig. 1867. 

Pensi il lettore la lotta che dovettero destare cotali recise affermazioni kantiane, e come certe menti dovettero essere perciò indotte ad ammettere e propugnare calorosamente l’intuito intellettivo, l’intuito dell’assoluto; tanto più che, secondo Kant «tutto ciò, che ci deve esser dato come oggetto, è uopo che lo ci sia dato nella intuizione»: Alles, was uns als Gegenstand gegeben werden soll, muss uns in der Anschauung gegeben werden. Prolegomena zur Metaphysik. Luogo citato. 

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secondo quali esso stesso procede? Perciocché egli non si può affatto dubitare, che noi non possiamo pensare o usare altrimenti il nostro intelletto che secondo certe regole. Ma di nuovo possiamo noi concepire queste regole in sé stesse, cioè possiamo concepirle senza loro applicazione o in astratto. Or che sono queste regole?

Tutte le regole, secondo cui l’intelletto procede, sono o necessarie, o contingenti. Le prime sono tali, che senza di esse non sarebbe affatto possibile alcun uso dell’intelletto; le altre sono così fatte, che senza di esse non avrebbe luogo certo determinato uso dell’intelletto. Le regole contingenti, che dipendono da un determinato oggetto della conoscenza, sono molteplici come gli oggetti stessi. Così ci ha, p. e., un uso dell’intelletto nella matematica, nella metafisica, nella morale, e così di seguito. Le regole di cotesto uso particolare, determinato dell’intelletto nelle menzionate scienze sono contingenti, perciocché egli è contingente che io pensi questo o quell’oggetto, al quale si riferiscono queste regole particolari. 

Ma, se noi ponghiamo da l’un de’ lati ogni conoscenza, che ci è uopo apprendere solo dagli oggetti, e riflettiamo soltanto all’uso dello 

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intelletto in generale; ne discopriremo quelle regole, che, per ogni rispetto e senza riguardo a quale che siasi oggetto particolare del pensiero, sono assolutamente necessarie, perocché senza di esse noi non penseremmo affatto. Onde queste regole si possono ancora avvisare a priori, cioè indipendentemente da ogni esperienza, perciocché esse, senza distinzione di oggetti, comprendono solamente le condizioni dell’uso dell’intelletto in generale, puro o empirico che sia. E di qui segue parimenti, che, le regole generali e necessarie del pensiero non possono riguardarne che la forma, e in niun modo la materia. Per ciò la scienza, che contiene queste regole generali e necessarie, è semplicemente una scienza della forma della conoscenza intellettuale o del pensiero. E noi possiamo dunque farci un’idea della possibilità di una tale scienza, a quel modo che la ci facciamo di una grammatica generale, la quale niente altro contiene che la semplice forma della lingua in generale, senza i vocaboli che appartengono alla materia della lingua stessa. 

Or questa scienza delle leggi necessarie dell’intelletto e della ragione in generale, o, che torna lo stesso, delle sole forme del pensiero in generale, noi appelliamo Logica

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Come scienza che versa in tutto il pensiero in generale, senza riguardo agli obbietti che sono la materia del pensiero, la Logica è da riguardare: 

1. come fondamento di tutte le altre scienze, e come la propedeutica di tutto l’esercizio intellettuale; 

2. e per ciò appunto che fa del tutto astrazione da ogni oggetto, non può essere poi un organo delle scienze. Per organo, cioè, intendiamo un insegnamento del modo, onde una certa conoscenza si debba condurre a fine. Il che poi richiede che io già in qualche maniera conosca l’oggetto della conoscenza da formare secondo certe regole. Un organo delle scienze non è dunque semplice logica, perciocché esso suppone la esatta conoscenza delle scienze, dei loro obbietti e delle loro sorgenti. In tal modo è, p. e., la matematica un organo eccellente, come una scienza, che contiene la ragione dello allargamento della nostra conoscenza, rispetto ad un certo uso razionale. La logica, al contrario, come propedeutica d’ogni esercizio in generale dell’intelletto e della ragione, non potendo far parte delle scienze e anticiparne materia, è solamente un’arte universale della ragione (Canonica Epicuri), di accordare conoscenze in generale alla forma dello

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intelletto, e però è da appellarsi organo solo in quanto che serve, non già ad allargare veramente le nostre conoscenze, ma semplicemente a criticarle e a rettificarle. 

3. Come scienza delle leggi necessarie del pensiero, senza le quali non avrebbe affatto luogo alcun uso dell’intelletto e della ragione, e che però sono le condizioni sotto le quali l’intelletto può e deve accordare unicamente con sé stesso (le leggi e le condizioni necessarie del suo uso retto) è poi la logica un canone. E, come un canone dell'intelletto e della ragione, né pure può togliere a prestanza alcun principio, vuoi da scienza, vuoi da esperienza; ella deve contenere semplicemente leggi a priori, che sono necessarie e riguardano in generale l’intelletto. 

Alcuni logici, a dir vero, suppongono nella logica principi di psicologia. Ma recare cotali principii nella logica, egli è così assurdo, come raccogliere la morale dalla vita. Prendendo i principi dalla psicologia, cioè dalle osservazioni sopra il nostro intelletto, noi vedremmo solamente come il pensiero proceda, e come esso soggiaccia a impedimenti e condizioni subbiettive di diversa maniera; il che perciò menerebbe alla conoscenza delle sole leggi contingenti. Ma nella logica non è quistione circa le regole contingenti

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ma circa le necessarie; non come pensiamo, ma come dobbiamo pensare. Perciò le regole della logica debbono esser prese, non dall’uso contingente dell’intelletto, ma dall’uso necessario, il quale si trova in sé, senza psicologia di sorta. Nella logica non si vuol sapere come l’intelletto sia e pensi e come fin qui siasi governato, ma come dovrebbe governarsi nel pensiero. Ella deve insegnarci l’uso retto dello intendimento, cioè quello che fa armonia con sé stesso. 

Dai dati schiarimenti della logica riesce ora agevole derivare anche le rimanenti proprietà essenziali di questa scienza; vale a dire, che essa: 

4. Sia una scienza razionale, non per la semplice forma, ma per la materia, dappoiché non deriva le sue regole dall’esperienza, ed ha del pari, a suo oggetto, la ragione. Onde la logica è una conoscenza che l’intelletto e la ragione prendono di sé, non già quanto alle loro facoltà in riguardo agli oggetti, ma semplicemente quanto alla forma. Io non dimanderò nella logica: che cosa l’intelletto conosca e quanto possa conoscere, o fin dove estenda la sua conoscenza; perciocché questo sarebbe la conoscenza di sè, riguardo al suo uso materiale, e appartiene perciò alla 

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metafisica. Nella logica si ricerca solamente come l’intelletto conosca sé stesso

5. Infine, come scienza razionale per la materia e per la forma, la logica è ancora una dottrina o teoria dimostrata. Perocché, occupandosi, non dell’uso comune, e, come tale, solo empirico dell’intelletto e della ragione, ma semplicemente delle leggi generali e necessarie del pensiero, essa riposa sopra principi a priori, da cui si possono dedurre e conoscere tutte le sue regole, come quelle alle quali devesi conformare ogni conoscenza della ragione. 

Per ciò che la logica è da ritenere come una scienza a priori, o come una dottrina per un canone dell’uso dell’intelletto e della ragione, ella differisce essenzialmente dall’estetica, che, come semplice critica del gusto, non ha alcun canone (legge), ma solamente una norma (modello o regola per la critica) che consiste nel l’accordo generale. L’estetica, cioè, contiene le regole dell’accordo della conoscenza con le leggi della sensività; la logica, al contrario, le regole dell’accordo della conoscenza con le leggi dell’intelletto e della ragione. Quella ha principi solamente empirici, e però non può mai essere scienza o dottrina, doveché s’intenda per dottrina un insegnamento dommatico per principi 

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a priori, in cui tutto si avvisa per mezzo dell’intelletto, senza altro insegnamento ricevuto dall’esperienza, e che ci porge regole, la cui applicazione fa ottenere la perfezione desiderata. 

Taluni, specialmente oratori e poeti, han tentato di sottilmente ragionare sul gusto, ma non han potuto mai dare sopra ciò sentenza decisiva. Il filosofo Baumgarten, a Francoforte, avea fatto il piano di una estetica come scienza. Ma Home con più proprietà ha appellato critica la estetica, perciocché ella non porge, come la logica, alcune regole a priori(a), che determinino il giudizio in una maniera bastevole, ma raccoglie le sue regole a posteriori, e solo per mezzo della comparazione fa più generali le leggi empiriche, secondo cui conosciamo il più imperfetto e il più perfetto (bello). 

La logica dunque, più che semplice critica, è un canone, che serve alla critica; cioè che serve di principio al giudizio di ogni uso dell’intelletto in generale, sebbene quanto alla rettitudine formale solamente; poiché essa non è organo, a quel modo che non lo è la grammatica generale. 

(a) A meglio intendere ciò, si legga il N° V. 

Trad

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Parimenti, come propedeutica di tutto l’uso dell’intelletto, la logica generale differisce ancora, per altro verso, dalla logica trascendentale(a), in

(a) Considerando l’abuso che oggi si fa della parola trascendentale, mi penso non sia inutile rifermare il significato in che propriamente la prende Kant. Trascendentale non è a dire qualunque conoscenza che sorpassi i limiti del senso comune o dell’esperienza. Io appello trascendentale, dice Kant, ogni conoscenza che in generale non si occupa degli oggetti, ma della nostra maniera di conoscerli, in quanto questa sia possibile a priori: Ich nenne alle Erkenntniss transscendental, die sich nicht so wohl mit Gegenständen, sondern mit unserer Erkenntnissart von Gegenständen, so fern diese a priori möglich sein soll, überhaupt beschäftigt. Kritik der reinen Vernunft. S. 49 Ediz. di Hartenstein. E a pag. 85 della stessa opera, fermandosi di proposito su l’uso di tale vocabolo, soggiunge: che sia uopo non appellare trascendentale qualunque conoscenza a priori, ma solamente quella, per la quale conosciamo, che e come certe rappresentazioni (intuizioni o concetti) sono applicate o possibili semplicemente a priori (cioè la possibilità della conoscenza o il suo uso a priori): dass nicht eine jede Erkenntniss a priori, sondern nur die, dadurch wir erkennen, dass und wie gewisse Vorstellungen (Anschauungen oder Begriffe) lediglich a priori angewandt werden oder möglich sind, transscendental (d. i. die Möglichkeit der

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cui l’oggetto stesso è rappresentato come oggetto del solo intendimento; al contrario la logica generale si riferisce a tutti gli oggetti in generale. 

Or, raccogliendo insieme le note essenziali, comprese nella larga determinazione della logica, ci sarà uopo formare di essa il seguente concetto: 

La logica è una scienza razionale, non solo per la forma, ma anche per la materia; una scienza a priori delle leggi necessarie del pensiero, ma non in riguardo ad oggetti particolari, ma a tutti gli oggetti in generale; – perciò una scienza del retto uso dell’intelletto della ragione in generale, ma non subbiettiva, cioè non per principi empirici (psicologici), come l’intelletto pensa, ma obbiettiva, cioè per principi a priori, come esso deve pensare.

Erkenntniss oder der Gebrauch derselben a priori) heissen müsse.