I. Della differenza tra la ragione pura e l'empirica
II. Del possedersi per noi certe cognizioni anteriori ad ogni senso ed esperienza e del non andar mai digiuno di queste neppure il volgare intendimento
III. Del bisogno che ha la filosofia di una scienza che stabilisca la possibilità, i principi ed il complesso di tutte le nozioni preconcepute
IV. Della differenza tra i giudizi analitici ed i sintetici
V. Dei giudizi sintetici a priori, come inerenti a tutte le scienze teoretiche della ragione
VI. Problema universale della ragione pura
VII. Idea e divisione di una scienza particolare, sotto nome di Critica della ragione pura
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I. I giudizi matematici sono tutti quanti sintetici. Il che pare sfuggisse fino al dì d’oggi all’acume, anzi fosse precisamente contrario all’opinione, di quanti furono minuti
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scrutatori (notomisti) dell’umano intendimento; quantunque certamente incontrastabile tal sentenza, e di gravissimo peso per le conseguenze. Conciossiaché, avendo rilevato che le argomentazioni dei matematici progrediscono tutte in virtù dell’assioma dei contrari, come richiede la natura di ogni apodittica certezza, tutti si persuasero che anche i principi fossero provati e riconosciuti mercé la ragione delle ripugnanze. Però s’ingannarono, atteso che può bensì comprendersi una proposizione sintetica mediante la prova di contraddizione; ma solo in quanto si premette un’altra proposizione sintetica, onde possa quell’altra essere dedotta, non potendosela mai conoscere per se stessa.
Importa prima di tutto avvertire che le asserzioni puramente matematiche
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vertono sempre intorno a giudizi a priori e per verun conto empirici; poiché la ragione che annunziano è necessaria, né può quindi avere origine dalla sperienza. Se poi fosse alcuno, cui sembrasse ciò non doversi accordare, limiti egli di grazia la mia proposizione alla sola matematica pura, la stessa idea della quale indica già per se stessa che il di lei sapere non è sperimentale, ma tutto e puramente a priori.
Crederai sulle prime la proposizione che stabilisce 7+5=12 essere puramente analitica; comeché risulti dal concetto di una somma di sette e di cinque, giusta l’assioma dei contrari. Ma, se rifletti con più attenzione, troverai che l’idea della somma di 7 e 5 altro non inchiude che l’accoppiamento di due numeri, senza che per nulla
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si pensi qual sarà il numero, che unico li riunisce ammendue. Né ti si rappresenta già sul momento al pensiero il concetto di dodici, per ciò ch’ei raffiguri la riunione di sette e di cinque; e né per dividere o risolvere che tu faccia il concetto, che ti sarai fatto di una tal somma possibile, in mille maniere, ti accadrà mai di trovarvi dentro i dodici. Bisogna invece che tu sorta da cotesti concetti; quando, avendo ricorso a visione corrispondente all’uno dei due, alle cinque dita quandomai della tua mano, oppure a cinque punti (come fe’ Segner nella sua Aritmetica), si vanno mano mano aggiungendo, all’idea delle sette, le cinque unità esibite per la visione. E prendi prima il numero 7, indi ricorrendo, per l’idea del 5, alle dita della mano, come a visione, aggiungi poco a poco, a quella immagine
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che ti sei fatta del 7, le unità, che avevi dianzi prese in complesso per formare il numero 5; e così vedi nascere il numero 12; senza di che immaginavi, è vero, nella idea di una somma =7+5, che il 7 doveva essere aggiunto al 5, non però immaginavi quella somma essere uguale al numero 12. La proposizione aritmetica è dunque sintetica sempre, come gli è facile convincersene con tanto più evidenza, provandosi con numeri alquanto maggiori; quando, per volgere che si facciano e porre quasi a tortura i nostri concetti, mai non si giunge colla sola notomia dei medesimi, e senza l’aiuto della visione, a trovare la somma.
Anche la Geometria non ha principi che possano riferirsi agli analitici. Ed è già sintetica la proposizione che annunzia la linea retta
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per la più breve in fra due punti; perciocché l’idea del retto non contiene che una qualità, e nulla di grandezza(1). L’idea del brevissimo è dunque affatto aggiunta, né la si può assolutamente cavare dal concetto della linea retta, per quanto la si divida e suddivida: onde risulta manifesto, essere qui pure bisogno della visione, come della sola per la quale può venirne la sintesi(2).
(1) Non può la sperienza insegnare che non vi sia cammino più corto di quello della linea retta, e solo insegna essere questo il più corto che abbiamo trovato finora sperimentando. Ma che sia assolutamente impossibile una via più breve, ciò è quanto non risulterebbe da migliaia di esperimenti; e, siccome ciò è pur quello cui sappiamo, quindi lo dobbiamo sapere da tutt’altro che dalla sperienza.
(2) Il giudizio è sintetico in quanto attribuisce agli oggetti dei predicati, che non
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Si danno però alcuni pochi principi, fra quelli che i Geometri usano premettere, i quali sono realmente analitici, e poggiano sull’assioma delle ripugnanze. Questi però non servono che di catena o connessione al metodo, non già in qualità di principi, ma come asserzioni meramente identiche. Tali per esempio a=a il tutto è uguale a se stesso, ma (b+b)>a, cioè il tutto è maggiore della sua parte. Che anzi, quantunque non abbiano
sono contenuti necessariamente, o come parti loro integranti, nell’idea dei medesimi. Io posso analizzare o dividere quanto voglio tanto l’idea di una linea retta, come prodotto di migliaia di punti nella stessa direzione fra due punti dati, quanto l’idea del retto, che non troverò mai l’idea né del più lungo né del più breve, giacché il retto è una qualità, come dice l’autore, e non potrà mai risultarne idea di quantità e di grandezza.
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valore siffatte asserzioni, che in grazia di concetti puri, esse vengono però ammesse nelle matematiche, solo per ciò che le vi si possono rappresentare e offrire alla vista. E non è che l’ambiguità del linguaggio quella che, in questi casi, ne induce ordinariamente a credere contenersi già nel nostro concetto l’attributo di cotesti principi apodittici, ed esserne perciò analitico il giudizio. Perciocché, mentre diciamo doversi a un dato concetto immaginare un dato attributo, non riflettiamo essere di già inerente al concetto medesimo la necessità d’immaginarvi quell’attributo. Né si tratta già di cosa dovremo aggiungere col pensiero a una data idea, ma di ciò che già di fatto pensiamo essere nella medesima, quantunque oscuramente. Dal che si capisce che l’attributo aderisce bensì necessariamente alla
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detta idea, non però si pensa come inerente alla medesima, e che rileviamo esserle quello intrinseco, mediante il soccorso di una visione.
2. Anche nei principi della fisica incontransi giudizi sintetici a priori; e basteranno, in via d’esempio, le due seguenti proposizioni a convincerlo. Che in tutte le mutazioni, cioè, del mondo corporeo rimane sempre immutabile la quantità della materia; e che, in ogni comunicazione di movimento, l’azione e la reazione devono essere fra loro eguali. Ora in ambedue queste asserzioni è non solamente manifestata la necessità, quindi l’origine loro a priori, ma sì eziandio che sono sintetiche; poiché, nel concetto della materia, non è che io pensi alla di lei perseveranza, ma solo alla di lei presenza nello spazio, cui essa occupa e riempie: con che
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oltrepasso effettivamente l’idea della materia, e ne sorto per quindi ritornarvi e aggiungervi per anticipazione quanto non immaginavo come già compreso nello stesso concetto. La detta proposizione adunque non è analitica, ma sintetica e, ciò non ostante, preconceputa; il che vale per tutte le altre proposizioni della parte pura della fisica.
3. Rispetto alla metafisica, tuttoché la si consideri per una scienza, al conseguimento della quale non si fecero finora che tentativi (quantunque indispensabile per la stessa natura dell’umana ragione), essa deve consistere in cognizioni sintetiche preintese o presunte. Lo scopo infatti di tale scienza non è di semplicemente notomizzare i concetti, che ci formiamo a priori delle cose, e di quindi analiticamente rischiararle; giacché miriamo a per
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essa estendere la nostra cognizione a priori, e dobbiamo per ciò servirci di principi atti ad aggiungere, a una data idea, qualche cosa di non già dianzi contenuto nella medesima, e così avanzarci e per mezzo di giudizi sintetici progredire sin dove non possa la sperienza medesima seguitarci. Al che, fra le molte, può servire d’esempio la proposizione, dovere il mondo avere avuto un primo principio. Dunque la metafisica, rispetto almeno al di lei fine, consiste assolutamente in principi sintetici, tutti a priori.