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I

CRITICA ELEMENTARE TRASCENDENTALE

PARTE PRIMA

ESTETICA TRASCENDENTALE

SEZIONE SECONDA - DEL TEMPO

avanti

Indice

[Esergo]

Proemio

Della vita e delle opere di Kant

Prefazione alla prima edizione

Prefazione alla seconda edizione

Introduzione

I. Della differenza tra la ragione pura e l'empirica

II. Del possedersi per noi certe cognizioni anteriori ad ogni senso ed esperienza e del non andar mai digiuno di queste neppure il volgare intendimento

III. Del bisogno che ha la filosofia di una scienza che stabilisca la possibilità, i principi ed il complesso di tutte le nozioni preconcepute

IV. Della differenza tra i giudizi analitici ed i sintetici

V. Dei giudizi sintetici a priori, come inerenti a tutte le scienze teoretiche della ragione

VI. Problema universale della ragione pura

VII. Idea e divisione di una scienza particolare, sotto nome di Critica della ragione pura

§ 6 Deduzioni da cotesti concetti

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a) Il tempo non è qualche cosa, la quale consista per sé stessa, né che sia inerente alle cose come determinazione obbiettiva, e perciò sopravvanzi, ogni qual volta facciasi astrazione da tutte condizioni subbiettive, risguardanti la visione delle medesime. Perciocché nel primo caso, il tempo sarebbe alcunché di effettivo e tuttavia senza oggetto

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effettivo: e, rispetto al secondo caso, in qualità di determinazione, o maniera già inerente alle cose, né potrebbe il tempo precedere gli oggetti, come condizione dei medesimi, né vedersi od essere conosciuto a priori col mezzo di proposizioni sintetiche. Mentre invece l’or ora indicata visione ha luogo di fatto, sempreché il tempo non sia che la condizione subbiettiva, sotto la quale accadono tutte le visioni. Perciocché in tal caso questa forma di visione interna può essere ideata prima degli oggetti, quindi a priori.

b) Non è altro il tempo se non la forma del senso interno, cioè la visione di noi stessi e del nostro intimo stato. Giacché il tempo non può essere alcuna determinazione di apparizioni esteriori, ed anziché appartenere alla figura, posizione od altra di queste modificazioni, è

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desso, il tempo, che nell’intimo nostro stato determina i rapporti delle rappresentazioni. E siccome non produce figura o sembianza di sorta questa interna visione, così noi cerchiamo di compensare tale difetto per mezzo di analogie. Raffiguriamo cioè la successione del tempo per una linea prolungata all’infinito, nella quale il complesso delle diverse parti costituisce una serie, di una però sola dimensione: e dalle proprietà di questa linea le proprietà del tempo argomentiamo, colla sola diversità ed eccezione, che le parti della linea sono simultanee, e quelle del tempo consecutive. Dal che apparisce inoltre, la stessa rappresentazione del tempo essere visione, poiché tutte le di lui relazioni si possono esprimere in una esterna visione. 

c) Il tempo è la condizione formale a priori di quante sono le

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apparizioni. Lo spazio, nella sua qualità di pura forma di tutte l’esterne visioni, è limitato, come condizione a priori, ai soli fenomeni esteriori. Per lo contrario, siccome tutte le rappresentazioni, sia che elle abbiansi o no per oggetto esterne cose in sé stesse però modificazioni della mente, appartengono all’intimo stato; siccome inoltre l’intimo stato è subordinato alla condizione formale dell’interna visione, perciò del tempo; così ne viene che il tempo è condizione a priori di tutte le apparizioni in generale, anzi condizione immediata delle interne (del nostro animo), e quinci appunto mediata degli esterni fenomeni. Ora, se mi è lecito asserire a priori tutti gli esterni fenomeni esistere nello spazio, ed essere determinati a priori nei di lui rapporti; così, argomentando dal principio del senso interno, 

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potrò egualmente asserire in modo affatto universale, che le apparizioni quante sono, vale a dire gli oggetti del senso, esistono nel tempo, e che necessariamente soggiacciono alle di lui relazioni. 

Se facciamo astrazione dalla nostra maniera di vedere internamente noi stessi, non che di abbracciare per questa visione anche tutte le apparizioni esteriori nella nostra forza rappresentativa, e se prendiamo quindi gli oggetti quali essi potessero mai essere per sé soli, non sarà più nulla il tempo. Esso non ha che un valore obbiettivo rispetto alle apparizioni; essendo queste già cose per noi ricevute, come oggetti dei nostri sensi. Ma non prima ragioniamo delle cose in generale, voglio dire non facciamo sì tosto astrazione dalla sensibilità della nostra visione e perciò dal modo a noi proprio di rappresentarle, 

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che il tempo cessa di essere obbiettivo. Esso è dunque assolutamente condizione subbiettiva della nostra (umana) visione (poiché ognora sensitiva in quanto cioè gli oggetti ne affettano); e non è nulla per sé stesso e fuori del soggetto. Ciò non di meno, se risguardi a tutte le apparizioni, quindi a tutte le cose, che mai ti potessero nella sperienza occorrere, il tempo è necessariamente obbiettivo. Non possiamo dire: tutte le cose esistono nel tempo; attesoché, nell’idea delle cose in generale, facciamo astrazione da ogni maniera di visione delle medesime: dove la sola e vera condizione, data la quale il tempo entra nella rappresentazione degli oggetti, è precisamente la visione. Se invece aggiungiamo all’idea la condizione, dicendo: tutte le cose, come apparizioni (oggetti della visione sensitiva), esistono

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nel tempo; in tal caso il principio acquista la sua giusta realtà obbiettiva, e la universalità per anticipazione. 

Per le dottrine sinora esposte viene convinta non che insegnata la realtà empirica del tempo; con che intendo il di lui valore obbiettivo risguardo a tutti gli oggetti, che mai potessero ai nostri sensi offerirsi. Essendo poi sempre sensitiva la nostra visione, sarà impossibile che mai la sperienza ne presenti oggetto, che alla condizione del tempo non soggiaccia. Ricusiamo, per lo contrario, al tempo qualsivoglia pretesa di assolata realtà, neghiamo cioè che, prescindendo anche dai voluti risguardi alla forma di nostra visione sensitiva, sia esso inerente assolutamente alle cose come condizione o proprietà. Perciocché le proprietà, quali competono alle cose per sé stesse, non

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potranno mai esserci offerte per mezzo dei sensi. Ed è in ciò che pertanto consiste l’idealità trascendentale del tempo; in virtù della quale, facendo astrazione dalle condizioni subbiettive della visione sensitiva, il tempo è nulla del tutto e non può essere annoverato o considerato aver parte, né come sussistente né come inerente, fra gli oggetti per sé stessi (senza il di lui rapporto colla nostra visione). Tuttavia questa idealità, sì del tempo che dello spazio, non deve paragonarsi o confondersi colle allucinazioni e coi prestigi delle sensazioni; dove supponiamo una realtà obbiettiva nella stessa visione, cui sono inerenti cotesti attributi. La qual realtà cessa e si perde affatto, risguardo allo spazio ed al tempo, tranne in quanto essa fosse meramente sperimentale, voglio dire in quanto si considerasse l’oggetto

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come semplice fenomeno. Su di che vorrà consultarsi di bel nuovo quanto rimarcai sull’argomento nella prima sezione (verso la fine)(1).

(1) Recapitolando quanto risguarda il valore dello spazio e del tempo nell’umano sapere, costituiscono essi le forme o condizioni delle intuizioni, rispetto al senso esterno lo spazio, ed all’interno il tempo. Che poi lo spazio sia la forma o condizione unica necessaria, dell’esterna intuizione lo si dimostra, dal non esservi altro concetto esteriore, che serva ugualmente di base a tutti gli altri, e niun altro, cui questi suppongano altrettanto necessario. Le idee comuni alle percezioni di ciascun senso, e che ne costituirebbero quindi le condizioni, come quella della luce, rispetto alla vista, o quelle della temperatura o della solidità, rispetto al tatto, si modificano diversamente nei diversi individui, non possono essere quindi a priori, e nascono di fatto dalla sperienza. Oltre di che tali idee non abbracciano tutte quelle del senso esterno in generale, ma solo si estendono a certi sensi 

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ed a certe classi di percezioni esteriori. Non v’è oggetto esterno, all’opposto, che non sia concepibile nello spazio, e sarebbe assolutamente annichilata la facoltà di conoscere, se venisse a mancare questa intuizione pura e radicale. Rispetto al tempo, esso è come dissi la forma o condizione unica necessaria del senso interno; ma, siccome le percezioni degli oggetti esteriori debbonsi ricevere inoltre nel senso interno, quindi ne viene che il tempo è la forma o condizione di tutte le percezioni in generale. Come con dizioni poi di tutte le intuizioni, lo spazio ed il tempo non hanno valore né significazione, che risguardo agli oggetti forniti dalla sensibilità, oltre il dominio della quale perdono la loro validità e rimangono vuoti di senso. Sono altronde incomprensibili per noi, ed uguali a zero, in sé stesse le cose, che appaiono nello spazio e nel tempo, e costituiscono la base degli oggetti sensibili.

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