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INTRODUZIONE

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Indice

[Dedica]

Prefazione del traduttore

Introduzione

I. Dottrina generale elementare

Sezione prima - Dei concetti

Sezione seconda - Dei giudizi

Sezione terza - Dei raziocini

II. Metodologia generale

III
Concetto della filosofia in generale. – Filosofia riguardata secondo il concetto della scuola e secondo il concetto del mondo. – Requisiti essenziali e fini del filosofare. – Problemi generalissimi

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Egli è difficile, talvolta, chiarire che sia una scienza. Se non che, col fermarne ben bene il concetto, ella viene a guadagnare in precisione, e si cansano per ragioni certe taluni errori, che 

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altrimenti s’introducono, ove non la si possa pur distinguere dalle altre scienze a lei affini. 

Intanto, prima che tentassimo di porgere una definizione della filosofia, ci è uopo esaminare il carattere delle diverse conoscenze stesse, e poiché le conoscenze filosofiche sono razionali, chiarire particolarmente ciò che sia da intendere per queste ultime. 

Le conoscenze razionali sono opposte alle storiche. Quelle sono conoscenze per principi (ex principiis); queste, conoscenze per dati (ex datis). Una conoscenza poi può venire dalla ragione, ed essere, ciò non per tanto, storica; come, p. es., se un semplice letterato apprende le produzioni della ragione altrui, la sua conoscenza circa tali produzioni razionali è meramente storica. Vale a dire, si può la conoscenza distinguere: 

1. quanto alla sua origine obbiettiva ,cioè alle sorgenti dalle quali solamente può venire; e per cotesto rispetto tutte le conoscenze sono razionali, o empiriche; 

2. quanto alla sua origine subbiettiva, cioè alla maniera, onde può essere acquistata dagli uomini. Dal qual punto di vista considerate le conoscenze, possono essere razionali o storiche, quale che possa essere la loro origine in sé. 

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Onde può essere obbiettivamente conoscenza razionale, qualche cosa che subbiettivamente pur non sia che conoscenza storica. 

In alcune conoscenze razionali egli è dannevole sapere solo storicamente; in altre, al contrario, è ciò indifferente. Così p. es. il nocchiero sa storicamente, mediante le sue tavole, le regole della navigazione; e ciò gli è bastevole. Ma se il giurisprudente non sa che storicamente la giurisprudenza, egli è del tutto incapace a farla da giudice, e ancora più da legislatore. 

Or dalla indicata differenza tra la conoscenza razionale obbiettiva e la subbiettiva apparisce chiaramente, come si può in certo riguardo imparare la filosofia, senza saper filosofare. Chi vuol dunque divenir propriamente filosofo, gli è uopo che si abitui a fare della sua ragione un uso libero e non di semplice imitazione e, per così dire, meccanico. 

Abbiamo dichiarate le conoscenze razionali, conoscenze per principi; di qui segue, che elle han da essere a priori. Or ei ci ha due specie di conoscenze che sono tutte e due a priori, le quali non per tanto han fra loro una differenza assai considerevole; cioè la matematica e la filosofia. 

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Si suole affermare, che la matematica e la filosofia sien fra loro differenti, quanto all’oggetto, maneggiandosi la prima intorno la quantità, e la seconda intorno la qualità. Il che è del tutto falso. La differenza di queste scienze non può fondarsi nell’oggetto; perciocché la filosofia versa in tutto, e però ancora nella quantità; la matematica ancora, sotto un certo rispetto, in quanto, cioè, che tutto ha grandezza. Ma solamente la differente specie della conoscenza razionale o dell’uso della ragione, nella matematica e nella filosofia, forma tutta la differenza specifica tra queste due scienze. Vale a dire, filosofia è la conoscenza razionale per meri concetti; matematica, al contrario, la conoscenza razionale per costruzione di concetti. 

Noi costruiamo concetti, quando li esponiamo nella intuizione a priori senza l’esperienza, e quando esponiamo nella intuizione l’oggetto che risponde al concetto che ne abbiamo. Il matematico non può mai servirsi della sua ragione per meri concetti, il filosofo non può servirsene per costruzione di concetti. Nella matematica si usa la ragione in concreto, la intuizione poi non è empirica, ma vi si costruisce qualche cosa a priori per l’oggetto della intuizione. E però la matematica ha in questo, come si vede, un 

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vantaggio su la filosofia, che le conoscenze della prima sono intuitive, quelle della seconda non sono che discorsive. La ragione poi, perché nella matematica consideriamo più le grandezze, dimora in ciò, che le grandezze possano essere costruite nella intuizione a priori, le qualità, al contrario, non si lasciano esporre nella intuizione. 

La filosofia dunque è il sistema delle conoscenze filosofiche, o delle conoscenze razionali per concetti. Tale è il concetto che la scuola ha di questa scienza. Secondo il concetto del mondo, ella è la scienza degli ultimi fini della ragione umana. Questo alto concetto dà una dignità alla filosofia, cioè un valore assoluto. E realmente ella è la sola che ha valore intrinseco, e che dà un primo valore a tutte le altre conoscenze. 

In fine, si dimanda pur sempre: a che serve il filosofare, e quale n’è lo scopo supremo, considerata pur la filosofia come scienza, giusta il concetto della scuola? In cotesto significato scolastico del vocabolo, filosofia altro non vuol dire che abilità; secondo il concetto cosmico, al contrario, significa utilità. Nel primo aspetto ella è perciò una dottrina dell’abilità; nel secondo, una dottrina della sapienza, la legislatrice della 

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ragione, e il filosofo, in quanto a ciò non è artista della ragione, ma legislatore. L’artista della ragione, o, come Socrate l’appella, il filodosso aspira semplicemente ad un sapere speculativo, senza por mente a questo, quanto, cioè, il sapere conferisca agli ultimi fini della ragione uniana; egli porge regole per l’uso della ragione a fini arbitrari d’ogni sorta. Il filosofo pratico, il maestro della sapienza, mediante l’insegnamento e l’esempio, è propriamente il filosofo; perciocché la filosofia è l’idea di una perfetta sapienza, che ci mostra gli ultimi fini dell’umana ragione. 

Alla filosofia, secondo il concetto della scuola, s’appartiene avere, primamente, un corredo sufficiente di conoscenze razionali; secondamente, una composizione sistematica di queste conoscenze, o un loro collegamento nell’idea di un tutto. La filosofia non solamente permette una così fatta rigorosa composizione sistematica, ma che anzi è l’unica scienza, che in senso strettissimo ha connessione sistematica, e da unità sistematica a tutte le altre scienze. 

La filosofia poi riguardata secondo il concetto del mondo (in sensu cosmico), si può appellare ancora: scienza intorno le massime supreme dell’uso di nostra ragione, doveché s’intenda 

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per massima il principio interno della elezione tra differenti fini. Imperciocché la filosofia, in questo senso, è bensì la scienza della relazione d’ogni conoscenza ed uso razionale al fine ultimo della ragione umana, al quale, come a supremo, sono subordinati tutti gli altri fini, ed è uopo che vi si raccolgano ad unità. 

Il campo della filosofia, in questo senso cosmopolitico, si può ridurre alle seguenti dimande: 

1. che cosa posso io sapere? 

2. che cosa debbo io fare? 

3. che cosa mi è dato sperare? 

4. che cosa è l’uomo? 

Alla prima dimanda risponde la metafisica; alla seconda, la morale; alla terza, la religione; e alla quarta, l’antropologia. Ma in fondo potrebbesi tutto questo aggiudicare all’antropologia, per la ragione che le tre prime dimande si riferiscono all’ultima. 

È quindi mestieri che il filosofo possa determinare: 

1. le sorgenti del sapere umano; 

2. la sfera dell’uso possibile ed utile di tutto il sapere; 

3. in fine, i limiti della ragione. 

L’ultima dimanda è la più importante e

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ancora la più difficile; se non che, il filodosso non si cura di essa. 

Ad un filosofo fan uopo principalmente due cose: 1. coltura dell’ingegno e dell’attitudine, per usarli ad ogni sorta fini; 2. prontezza nell’uso d’ogni mezzo a qualsivoglia fine. Ei bisogna che le due cose vadono unite; perciocché, senza conoscenze, non si diverrà mai filosofo; ma, del pari, le sole conoscenze non formeranno il filosofo, dove un conveniente collegamento di tutte le conoscenze ed attitudini non concorra all’unità, e non s’abbia perspicacia di accordarle ai fini supremi dell’umana ragione. 

Niuno, generalmente, che non sappia filosofa re, può appellarsi filosofo. Ma non s’impara a filosofare che con l’esercizio e l’uso della propria ragione. 

Come potrebbesi ancora propriamente imparare la filosofia? Ogni pensatore filosofo costruisce, a così parlare, l’opera sua propria su le ruine di un’altra, ma non si è mai compiuta opera alcuna, che fosse stata ferma in tutte le sue parti. Non si può quindi imparare a fondo la filosofia, perché essa non è ancora data. Ma, posto pure che n’esistesse realmente una, niuno, pur imparandola, potrebbe dire di essere filosofo; perciocché la sua conoscenza, non 

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sarebbe, che subbiettivamente storica. Nella matematica la cosa va altrimenti. Questa scienza si può ben imparare in certa maniera; perciocché le dimostrazioni sono qui così evidenti, che ciascuno ne può essere convinto; ancora, per la stessa evidenza, può essere quasi riguardata come un insegnamento certo e stabile. Al contrario, chi vuole apprendere a filosofare, può riguardare tutti i sistemi di filosofia solamente come storia dell’uso della ragione, e come oggetto di esercizio del suo ingegno filosofico. Il vero filosofo deve dunque fare, come pensatore da sé, un uso della sua ragione libero e proprio, per nulla di servile imitazione. Ma né pure farne un uso dialettico, cioè tale, che miri solamente a dare alle conoscenze un’apparenza di verità e di sapienza. La è questa faccenda da meri sofisti, ma affatto incompatibile con la dignità del filosofo, qual conoscitore e maestro di sapienza. Per fermo, la scienza non ha un vero valore intrinseco che come organo della sapienza. E, come tale, è a questa indispensabile, per forma che si può ben dire, sapienza mancante di scienza sia adombramento di una perfezione cui non toccheremo giammai. Chi odia la scienza, ma di tanto più ama la sapienza, appellasi misologo. La misologia deriva, ordinariamente, da

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mancanza di conoscenze scientifiche, unita a certa specie di vanità. Se non che cadono talvolta nel vizio della misologia pur coloro, che prima con grande diligenza e felicità andaron dietro alle scienze, e alla fine poi non trovarono in tutto il loro sapere alcuna soddisfazione. La filosofia è l’unica scienza, che ci sappia procurare cotesta interna soddisfazione; perciocché ella chiude, per così dire, il circolo scienziale, e quindi per suo mezzo principalmente ottengono le scienze ordine e connessione. Per la qual cosa, ad aiutare l’esercizio del proprio pensiero, o del filosofare, avremo da badare più al metodo, onde abbiamo da usare nostra ragione, che alle proposizioni istesse alle quali siamo per esso pervenuti. 

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