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INTRODUZIONE
APPENDICE

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Indice

[Dedica]

Prefazione del traduttore

Introduzione

I. Dottrina generale elementare

Sezione prima - Dei concetti

Sezione seconda - Dei giudizi

Sezione terza - Dei raziocini

II. Metodologia generale

Della differenza tra la conoscenza teoretica e la conoscenza pratica

161

Una conoscenza si appella pratica in opposizione alla teoretica, e alla speculativa. Vale a dire, le conoscenze pratiche sono: 1. imperative, e in quanto a ciò sono opposte alle teoretiche; ovvero, contengono, 2. le ragioni d’imperativi possibili, e per questo riguardo sono opposte alle conoscenze speculative. Per imperativo in generale è da intendere ogni proposizione che esprime un’azione libera possibile, per la quale un certo fine debbasi realmente conseguire. Ogni conoscenza perciò che contiene imperativi, è pratica, ed è a dirsi pratica veramente in opposizione alla teoretica. Perché le conoscenze teoretiche sono tali, che esprimono, non ciò che deve essere, ma ciò che è; quindi hanno a loro obbietto, non l’operare, ma l’essere. Prendendo, al contrario, le conoscenze pratiche in opposizione alle speculative, elle possono essere ancora teoretiche, in quanto si può da loro solamente derivare imperativi. Allora, sotto questo rispetto considerate, sono pratiche secondo il valore (in potentia) o obbiettivamente. Per conoscenze 

162

speculative cioè intendiamo quelle da cui non si può derivare alcuna regola di condotta, o che non contengono ragioni d’imperativi possibili. Di tali proposizioni semplicemente speculative ce n’è in quantità p. e. nella Teologia. Cotali conoscenze speculative sono perciò sempre teoretiche; ma non viceversa, ogni conoscenza teoretica è speculativa: essa, riguardata sott’altro rispetto, può essere pratica. 

Ogni conoscenza, infine, tende alla pratica; e in questa tendenza d’ogni teoria e d’ogni speculazione rispetto al loro uso dimora il valore pratico della nostra conoscenza. Ma questo valore non è che incondizionato, quando il fine, al quale l’uso pratico della conoscenza è rivolto, è incondizionato. L’unico fine incondizionato e supremo, al quale ogni uso pratico di nostra conoscenza in ultimo devesi riferire, è la moralità, che noi per questa ragione appelliamo il semplice o assoluto pratico. E quella parte della filosofia che ha per oggetto la moralità, dovrebbesi perciò appellare filosofia pratica κατ’ἐξοἠν, per eccellenza; sebbene ogni altra parte della filosofia possa pur sempre avere la sua parte pratica, cioè contenere intorno a teorie esposte un insegnamento pel loro uso pratico a conseguimento di certi fini, 

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