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Alla dottrina della certezza della nostra conoscenza appartiene ancora quella della conoscenza del probabile, che è da riguardare come avvicinamento alla certezza.
Per probabilità(1) è da intendere una credenza per ragioni insufficienti, ma che hanno alle sufficienti maggiore attenenza che non le ragioni dell’opposto. – Per mezzo di questa definizione distinguiamo la probabilità (probabilitas) dalla semplice verisimiglianza(2) (verisimilitudo), credenza per ragioni insufficienti, in quanto che sono maggiori di quelle della parte opposta. Vale a dire, la ragione della credenza può essere obbiettivamente e subbiettivamente maggiore di quella dell’opposto. Quale delle due sia, non si può scoprire che paragonando le ragioni della
(1) Wahrscheinlichkeit.
(2) Scheinbarkeit.
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credenza con le sufficienti: perciocché allora le ragioni della credenza sono maggiori di quelle che possono essere le ragioni dell’opposto. Nella probabilità perciò la ragione della credenza ha valore obbiettivo, nella semplice verisi[mi]glianza, al contrario, un valore solamente subbiettivo. La verisimiglianza è semplicemente grandezza di persuasione, la probabilità è avvicinamento alla certezza. Nella probabilità deve esservi sempre una misura, secondo la quale io possa estimare. Tale misura è la certezza. Perciocché, dovendo io paragonare le ragioni insufficienti con le sufficienti, ho da sapere tutto ciò che costituisce la certezza. Ma cotale misura manca nella semplice verisimiglianza; poiché quivi io paragono le ragioni insufficienti, non già con le sufficienti, ma solamente con le ragioni dell’opposto.
I momenti della probabilità possono essere omogenei o eterogenei. Se sono omogenei, come nella conoscenza matematica, si han da numerare; se sono eterogenei, come nella conoscenza filosofica, si han da pesare, cioè estimare secondo l’effetto, e questo poi secondo gli ostacoli superati nell’animo. Gli eterogenei non porgono alcuna ragione alla certezza, ma solamente una verisimiglianza ad altri. Di qui segue che solo il matematico può determinare il valore delle
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ragioni insufficienti rispetto alle sufficienti; il filosofo conviene che si contenti della verisimiglianza, credenza semplicemente subbiettiva e praticamente bastevole. Perciocché nella conoscenza filosofica non si può calcolare la probabilità, essendo le ragioni eterogenee; quivi i pesi non sono tutti, a così dire, segnati. Della sola probabilità matematica si può perciò dire propriamente, che sia più che metà della certezza.
Si è molto parlato di una logica della probabilità (logica probabilium). Ma essa non è possibile; perciocché, non potendosi calcolare matematicamente il rapporto delle ragioni insufficienti alle sufficienti, a nulla giovano tutte le regole. Ancora, non si può dare per tutto alcuna regola generale di probabilità fuor che questa, che l’errore non si trovi in una sola parte, ma che vi debba essere una ragione di accordo nell’oggetto; parimenti, che se dalle due parti si erra in egual numero e grado, la verità sia nel mezzo.
Dubbio(1) è una ragione contraria e un semplice ostacolo alla credenza, e può essere riguardato subbiettivamente ed obbiettivamente. –
(1) Zweifel.
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Subbiettivamente, quando è preso come uno stato di animo indeciso; obbiettivamente, come la conoscenza d’insufficienti ragioni di credenza. Nel secondo rispetto dicesi obbiezione(1), cioè ragione obbiettiva di tenere per falso una conoscenza stimata vera.
Scrupolo(2) è una ragione contraria di credenza, valevole solo subbiettivamente. Nello scrupolo non si sa, se l’ostacolo alla credenza sia obbiettivo, o solamente subbiettivo, p. e. fondato soltanto sull’inclinazione, sull’abitudine e cose simili. Si dubita, senza chiarire distinta e determinatamente la ragione del dubbio, e senza poter avvisare se questa ragione abbia luogo nell’obbietto stesso o solo nel subbietto. Or, a poter rimuovere cotali scrupoli, è uopo elevarci alla conoscenza distinta e determinata della obbiezione. Imperocché mediante le obbiezioni il certo si rende completamente distinto, e niuno può esser certo di una cosa, ove non abbia ben rilevate le ragioni contrarie, onde può essere determinata, quanto ancora si sia lontano dalla certezza, e quanto le si sia vicino. Di più, egli non è bastevole che si risponda semplicemente a un dubbio; lo si deve
(1) Einwurf.
(2) Scrupel.
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ancora sciogliere, cioè far comprendere come sia nato lo scrupolo. Ciò facendosi, il dubbio è semplicemente rigettato, ma non levato; rimane ancora in tal caso il seme del dubbio. In molti casi non possiamo, per verità, sapere, se l’ostacolo alla credenza abbia in noi ragioni solamente subbiettive, o obbiettive, e però non leviamo lo scrupolo mediante lo scoprimento dell’apparenza; poiché non sempre possiamo paragonare le nostre conoscenze con l’oggetto, ma spesso tra loro stesse soltanto. È perciò discretezza non esporre le proprie obbiezioni che come dubbi.
Ci è un principio fondamentale di dubbio che consiste nella massima di trattare la conoscenza a questo modo; renderla, cioè, incerta e dimostrare l’impossibilità di pervenire alla certezza. Cotesto metodo di filosofia è la maniera scettica di pensare o lo scetticismo. Essa è opposta alla maniera dommatica, o dommatismo che è una cieca fiducia nella facoltà della ragione di allargarsi a priori senza critica per via di concetti puri, a solo fine di suo buon successo apparente. Tutti e due cotesti metodi sono difettosi, ove diventino generali. Perocché ci ha molte conoscenze, rispetto alle quali non possiamo
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procedere dommaticamente; e dall’altra parte lo scetticismo, in quella che rinunzia a tutte le conoscenze affermative, distrugge tutti gli sforzi che noi adoperiamo per giungere a possedere la conoscenza del certo.
Or, per quanto dannoso è questo scetticismo, per tanto utile e conveniente al fine è il metodo scettico, dove che s’intenda per esso non altro che la maniera di trattare qualche cosa come incerta e portarla alla più alta incertezza, sperando di trovare in questa via le tracce della verità. Cotesto metodo è perciò propriamente una sospensione di giudizio. Esso è utilissimo al procedimento critico, intendendo per questo il metodo di filosofare, secondo il quale si cercano le sorgenti delle proprie affermazioni, e le ragioni sopra le quali si fondano; metodo che dà speranza di pervenire alla certezza.
Nella matematica e nella fisica non ha luogo lo scetticismo. Ha potuto farlo sorgere solamente quella conoscenza che non è matematica, né empirica; la pura filosofica. L’assoluto scetticismo spaccia tutto per apparenza. Esso dunque distingue apparenza da verità, e però gli è uopo avere un segno di distinzione, e quindi supporre una conoscenza della verità; col che si contradice.
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Noi abbiamo testé osservato intorno alla probabilità come essa sia semplice avvicinamento alla certezza. Or tale è in ispecialità il caso ancora delle ipotesi; per le quali noi non possiamo mai pervenire, nella nostra conoscenza, ad una certezza apodittica, ma sempre ad un grado solamente maggiore o minore di probabilità.
Ipotesi è una credenza di giudizio intorno alla verità di un principio, a cagione di sufficienti conseguenze; o più brevemente: la credenza di una supposizione come principio. Adunque ogni credenza in ipotesi si fonda sopra ciò, che la supposizione, come principio, sia sufficiente a spiegare altre cognizioni come conseguenze. Perciocché quivi non conchiudiamo dalla verità delle conseguenze la verità del principio. Ma, poiché cotesta maniera di conchiudere, siccome testé fu già notato, allora solamente porge un criterio sufficiente di verità e può condurre ad una certezza apodittica, quando sono vere tutte le conseguenze possibili dell’ammesso principio; è manifesto che, non potendo noi determinare tutte le conseguenze possibili, le ipotesi rimangono sempre ipotesi, cioè, supposizioni, alla cui piena certezza non possiamo mai pervenire. Ciò non ostante, la probabilità di una ipotesi può crescere ed elevarsi ad un analogo di certezza,
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allora cioè che tutte le conseguenze, fin ora presentate, si possano spiegare pel principio supposto. Perocché in tale caso non vi è ragione, per la quale non dovremmo ammettere, che tut te le conseguenze possibili possano essere per quella spiegate. In tal caso perciò noi ci rassegniamo all’ipotesi, come fosse pienamente certa, sebbene non la sia che per induzione.
Non per tanto egli è uopo che pur in ogni ipotesi sia qualche cosa di apoditticamente certo; vale a dire:
1. La possibilità della supposizione istessa. Quando p. e. a spiegare i tremuoti e i vulcani, noi ammettiamo un fuoco sotterraneo, è uopo che un tal fuoco sia pure possibile, se non come corpo fiammeggiante, almeno come corpo ardente. Ma per cagione di certi altri fenomeni, facendo la terra come un animale in cui la circolazione dei succhi interni produce il calore; ciò vale formare una semplice finzione e non una ipotesi: perciocché le realtà si possono ben fingere, ma non le possibilità; queste debbono esser certe.
2. La conseguenza. Le conseguenze è uopo che derivino legittimamente dal principio ammesso; altrimenti da ipotesi diventa una semplice chimera.
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3. L’unità. Requisito essenziale di una ipotesi è questo, che sia una, e a suo sostegno non abbia bisogno di alcuna ipotesi ausiliaria. Se per una ipotesi dobbiamo prendere molte altre in aiuto, ella perde per questo moltissimo della sua probabilità. In vero, quanto più conseguenze si possono derivare da una ipotesi, tanto maggiormente essa è probabile; come, quanto più poche, tanto meno probabile. Così p. e. la ipotesi di Ticone de Brahe non essendo sufficiente alla spiegazione di molti fenomeni, ammetteva perciò a compimento molte nuove ipotesi. Di qui la cagione di argomentare, la ipotesi ammessa non poter essere la vera ragione. Al contrario, il sistema copernicano è una ipotesi onde si può spiegare tutto ciò che devesi per essa spiegare, cioè quanto fin ora si è offerto ai nostri sguardi, senza che vi sia bisogno d’ipotesi sussidiarie ([h]ypotheses subsidiariae).
Ci ha scienze che non permettono ipotesi; co me p. e. la matematica e la metafisica. Ma nelle scienze fisiche esse sono utili ed indispensabili.