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Indice

[Dedica]

Prefazione dell’Editore

Introduzione di Hufeland

Lettera di Kant a Hufeland

Fondamento della Dietetica

Dell’ipocondria

Del sonno

Del Mangiare e del Bere

Degli effetti morbosi del pensare fuori del tempo debito

Influenza del volere per prevenire e sopprimere gli accidenti morbosi derivanti dalla respirazione

Conseguenze dell’abitudine di respirare a labbra chiuse

Funzione del Pensiero

DEGLI EFFETTI MORBOSI DEL PENSARE FUORI DEL TEMPO DEBITO 

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Il pensare per un dotto è una funzione organica a cui egli non può sottrarsi quando è desto e solo, si tratti di leggere ossia di riflettere (pensare ed inventare). Ma durante il mangiare o il camminare seguire con intensità un dato pensiero, aggravando in pari tempo due organi, la testa e il ventricolo, oppure la testa e i piedi, ciò produce nel primo caso l’ipocondria, nel secondo la vertigine. 

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La regola dietetica per ovviare a questa condizione morbosa è certamente d’alternare l’occupazione materiale del ventricolo e dei piedi colla funzione del pensare, cioè lasciare il cervello in riposo nelle ore dedicate alla riparazione e all’esercizio corporeo. Ma quando si mangia o si passeggia da soli, per chi ha l’abitudine dell’occupazione mentale, toma quasi impossibile sospendere il lavorio. Quindi leggendo o meditando durante il pasto succede che l’attività del cervello richiamando in quest’organo le forze vitali, ne priva il ventricolo, e rende difficoltosa la digestione. Del pari il meditare passeggiando, stabilisce un dannoso contrasto fra la testa e i piedi, venendo contemporaneamente attirato il sangue in queste due parti contrarie dei due contrari esercizi; e ne deriva un grave consumo di forze.

Però il rimedio è facile. Per

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distruggere gl’influssi morbosi provenienti da questi intempestivi lavori intellettuali (invita Minerva) non occorre il proposito di conservare inerte il cervello in tale spazio di tempo. Ciò si può anzi ritenere come impossibile. Basta invece sostituire alla meditazione e allo studio il semplice fantasticare.

Gli studiosi nel passeggiare da soli non possono a meno di riflettere. Io ne feci l’esperienza su me stesso; ed ebbi simile assicurazione da altri da me interrogati. Ma se il pensare svolgendo e ruminando profondamente un soggetto stanca, l’abbandonarsi invece al libero gioco della fantasia, trascorrendo lievemente d’uno in altro argomento, serve a ristorare le forze, e rendere gradevole la locomozione.

Quando poi si passeggiasse in compagnia d’alcuno discorrendo con studio e ponderazione sopra un argomento,

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l’effetto morboso è più grave che se si fosse solo; tanto che non si tarda a sentire il bisogno di sedersi per proseguire il lavoro del pensiero. Il passeggiare all’aria libera deve appunto servire nel continuo cambiamento degli oggetti a distrarre la mente da una singola ed intensa occupazione. 

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