IV
Il primo di questi epicedi fu scritto, per Cristoforo Langhansen, professor di teologia e matematica, mancato, a’ vivi, ne’ primi mesi del millesettecensettanta. La professio ordinaria matheseos, disponibile, per la costui morte, passò, a Federigo-Giovanni Buck, professor logices et metaphysices ordinarius, che il Kant surrogò, divenendo professore, solo, nell’anno suo quadragesimosettimo e dopo tre lustri di privata docenza. Che ne dicono i nostri contemporanei, che vogliono essere e divengon professori universitari, un paio di anni dopo lasciata l’università da studenti e senza aver fatta una lezione, come privati insegnanti? E, per entrare in ufficio, il Kant dovette pubblicare e difendere, solennemente, il venti agosto, la dissertazione: De mundi sensibilis atque insensibilis forma et principiis.
V
Dem, der die aeuss’re Welt nach Maas und Zahl verstand,
Ist, was sich uns verbirgt, das Inn’re dort bekannt.
Was stolze Wissenschaft unsonst hier will erwerben,
Lernt weise Einfalt dort im Augenblick: durch’s Sterben.
È lode schietta? o satira mite? Io tenterò di tradurre questo tetrastico, in altrettanti martelliani Italiani rimati, ma tutti parossitoni.
Per numero e misura, comprese il mondo esterno;
Or, quanto, a noi, s’occulta, là, conosc’ei: l’interno.
Ciò, che, invan, qui, superbo saper vuol conseguire,
Lì, semplicità savia, ratto, sa: col morire.