DELL’ANALITICA DEI PRINCIPI
APPENDICE ALL’ANALITICA DEI PRINCIPI
Analitica trascendentale
Della dottrina trascendentale della facoltà di giudicare
Cap. III - Del fondamento della distinzione di quanti sono generalmente
gli oggetti in fenomeni e nomeni
Sezione prima - Del principio supremo di tutti i principi analitici
Sezione seconda - Del principio supremo di tutti i giudizi sintetici
Appendice all'analitica di principi
Sull'anfibolia dei concetti riflessi, atteso il confondersi l'uso empirico dell'intelletto
Scolio all'anfibolia de' concetti riflessi
Della logica trascendentale
Divisione II. Dialettica trascendentale
Introduzione
I. Della illusione trascendentale
II. Della ragione pura, come sede della ragione trascendentale
B. Dell'uso logico della ragione
C. Dell'uso puro della ragione
Libro I. Delle idee della ragione pura
Sezione prima. Delle idee in generale
Sezione seconda. Delle idee trascendentali
Sezione terza. Sistema delle idee trascendentali
Libro II. Delle conclusioni dialettiche della ragione pura
Cap. I. Dei paralogismi della ragione pura
Confutazione dell'argomento di Mendelsohn per la perseveranza (perpetuità) dell'anima
58
Quando ne viene rappresentato un oggetto più volte, ogni volta però con precisamente le stesse determinazioni interne (qualità e quantità), tale oggetto, sinché vale come appartegnente al puro intendimento, è sempre lo stesso, moltiplice o plurale, ma una sol cosa (identità numerica). Che se tal cosa fosse apparizione, allora essa non dipende punto dal paragone dei concetti, per quanto identica fosse, rispetto a questi; ma la differenza dei luoghi di tale apparizione costituisce già fondamento bastevole, nello stesso tempo, alla diversità numerici della cosa medesima (oggetto dei sensi). Così, trattandosi di due gocciole d’acqua, può farsi assolutamente astrazione da ogn’interna differenza (di quantità
59
e qualità); e basta ch’elle vengano ravvisate simultaneamente in due luoghi diversi, per considerarle come numericamente fra loro diverse. Leibnizio ritenne le apparizioni per cose in sé medesime quindi quasi come intellettive (intelligibilia), vale a dire quali oggetti del puro intendimento (sebbene aggiungesse loro il nome di fenomeni, a motivo della confusione delle rappresentazioni respettive): nel qual caso non c’era modo perché venisse contrastata la sua proposizione del non distinguibile (principium identitatis indiscernibilium); ma, trattandosi di oggetti della sensibilità, e non essendo, risguardo ad essi, assolutamente puro, ma soltanto empirico, l’uso dell’intelletto, la pluralità e la differenza numerica sono già date nello spazio, come condizioni dell’esterna visione. Gonciossiaché, sebbene
60
una parte dello spazio possa essere affatto analoga ed uguale ad un’altra, fuori di sé stessa però, e per appunto questo motivo, è dessa una parte differente dalla prima, come quella, che le si avvicina, onde costituire uno spazio maggiore; il quale deve quindi equivalere a quanto è contemporaneo in vari luoghi dello spazio, per quanto esso altronde rassembri analogo non pure che somigliantissimo a sé medesimo(1).
(1) Molti oggetti del puro intendimento, i quali presentino le stesse interne determinazioni, sono sempre identici. Molti fenomeni (oggetti della visione) sono sempre diversi fra loro, numericamente, se non altro, in quanto appaiono in luoghi diversi (nello spazio). Il principio leibniziano delle identità degl’indiscernibili non è adunque applicabile che ai fenomeni, anziché alle monadi, come oggetti puri o intelligibili;
61
sebbene Leibnizio lo credesse precisamente applicabile a questi ultimi.