III. Circuito e grandezza della Terra: divisione di essa
IV. Mondo antico e mondo nuovo
V. Divisione esteriore de' continenti
VII. Divisione ulteriore della Terra con alcune brevi notizie sulle parti singolari di essa
Paesi, il di cui circuito e l'interno sono conosciuti interamente: l'Europa
Paesi, il di cui circuito è conosciuto interamente, e l'interno per la maggior parte: l'Asia
La Terra di cui è conosciuto solo il circuito, e niente affatto l'interno: l'Africa
Paesi che sono stati veduti, ma che non si hanno potuto più ritrovare
Paesi che solamente si suppongono per ragioni fisiche (la Terra del Sud), e per ragioni storiche (una parte delle Terre di Juan de Fuca e dell'Ammiraglio de Fonte, e molte isole che si veggono sulle carte spagnuole)
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Tutta la terra ferma dividesi in mondo antico ed in mondo nuovo.
Il mondo antico è quel continente sul quale abitiamo ancor noi, cioè l’Europa, l’Asia, e l’Africa. Il mondo nuovo è l’America.
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Questa divisione si rapporta propriamente alla sua scoperta, ed alla conoscenza che da poco tempo abbiamo fatto di questa parte del mondo. Altronde possiamo anche riferire questa denominazione alla sua nascita, e formazione.
L’America è assai probabilmente la terra più nuova, e forse è nata alloraquando fu sommersa l’Atlantide. Quando si scoprì l’America, la natura non vi parve essere ancora formata. Da per tutto sembrava piuttosto aver essa da poco incominciato. I fiumi volgono quivi ancora ne’ loro letti immense masse di acqua, e sono larghi tanto, quanto lo sarebbero la Vistola, la Wolga, l’Indo, il Nilo, ed il Senegal, riempiendoli fino alle cime delle montagne che una volta erano le loro sorgenti originarie, e che in oggi accompagnano il corso di questi fiumi in distanze considerabili.
L’acqua non si era ancora dileguata, il suolo non era ancora asciutto; da per tutto era umido, acquoso, spungoso, e paludoso. Le pianure erano occupate da per tutto da laghi e stagni senza numero, e senza fine, o ricoperte di erbacce, e di vegetabili acquatici, e velenosi. Le alture erano coperte
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da boschi impenetrabili, e l’aria estremamente malsana. Le malattie violente e nosciute rapivano i primi visitatori e coloni, de’ quali vi moriva più della metà, mentre quelli la di cui forza vinse, ritornavano consumati e snervati, cogli occhi deboli, e di un colore giallo malaticcio.
La popolazione era assai scarsa, e solo consisteva in alcune stirpi composte d'un piccolo numero di membri che si perdevano sulle terre più estese.
La terra di Guiana, più grande della Francia, ed una delle terre più popolate, divisa fra molte nazioni non conteneva ancora 25000 abitanti. Nelle terre presso l’Oronoco possiamo viaggiare per centinaia di miglia, ed in tutte le direzioni senza nemmeno trovare una sola capanna, o la minima traccia del genere umano. Nell’America settentrionale si scorrono centinaia di miglia in mezzo a boschi, ed a pianure disabitate.
La debolezza fisica degli Americani era sorprendente. Essi non erano solamente incapaci di resistere alla fatica, ed a qualunque lavoro corporale, ma neppure si sentivano a ciò inclinati. Somma era presso loro la lentezza di tutti i lavori di mano, e per
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la maggior parte lo è ancora. Testimoni oculari la paragonano al crescere delle piante. Per tagliare un albero richiedevasi il tempo di un anno. Alla costruzione di una barca impiegavano gli Americani tanti anni che, a cagione della sua vecchiaia, marciva prima di essere compita. Una parte del tetto cadeva prima che fosse finita l’altra. Ancora adesso, malgrado tutti gli esempi d’istruzione, tutti gli obblighi che agli Americani s’impongono, conserva il loro spirito un’inattività di tutte le sue forze. Con una pazienza somma riprendono un giorno dopo l’altro lo stesso lavoro; tutte le loro azioni sono lunghe e penose. I loro movimenti sono lenti, ed inutilmente vengono spronati a raddoppiare i loro passi. Gli Spagnuoli volendo indicare un lavoro pel quale sieno stati impiegati lungo tempo, e di molta fatica, lo chiamano il lavoro di un indiano. La loro mancanza di appetito sorprese tutti gli Europei che li visitavano, ed essi al contrario si stupirono della voracità illimitata degli Europei. Uno Spagnuolo solo mangiava tanto quanto bastava per dieci Americani. La freddezza inescusabile de’ giovani Americani verso
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il bel sesso fu ammirata fino da’ più rigorosi frati europei.
Le loro forze spirituali erano più limitate. La maggior parte di questi popoli non sapeva contare nemmeno TRE, altri nemmeno DIECI, ed i più colti non oltrepassarono il numero CENTO. Per voler indicare GRANDE QUANTITÀ nominavano i capelli. Tutti gli scrittori di viaggi convengono, che le facoltà nazionali del Negro più stupido dell’Africa, il quale sia privo di qualunque comunicazione cogli Europei, sorpassino di gran lunga quelle dell’Americano. Gli Americani nulla comprendono se immediatamente loro non viene mostrato, o indicato. Inutilmente si parla con loro de’ vantaggi futuri. Essi si dimenticano del passato, e vivono senza speranza. Riguardano con indifferenza tutte le beneficenze che loro si fanno, e sarebbe vano aspettare da essi che se ne ricordassero. In una parola, essi assomigliano in tutto ai fanciulli, la cui ragione non è stata ancora sviluppata; e vi vuole molta filosofia per credere che siano uomini.
La proprietà, eccettuati alcuni pochi popoli situati nel clima più felice, era a tutti sconosciuta. Solamente presso due popoli, o
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al più tre, si trovarono i primi tentativi per la riunione civile, e de’ rozzi principi di un’organizzazione. Nel solo Perù, e nel Messico si era introdotto un certo dominio delle leggi; l’autorità della Religione era riconosciuta; esercitate alcune delle arti necessarie alla vita; ed eravi una certa disposizione, e tendenza anche per le arti belle. In questi paesi si erano addomesticati i gallinacci, e le anitre, le lamas, ed una specie di piccoli cani, e conigli; vi era introdotta una di[f]ferenza de’ ranghi, e una divisione di mestieri. In ambedue i regni esisteva una specie di messaggieri, in parte stabiliti a diverse distanze, che in caso di bisogno facevano le funzioni delle poste; ivi si trovavano de’ guardiani di polizia, e per mezzo de’ fuochi nelle città capitali si faceva qualche illuminazione notturna. V’erano registri di contribuzione; segni giroglifici; danaro, ed il loro dominio appena era steso sopra i loro vicini. A dieci, e fino a quindici miglia distanti dalla capitale, tutt’i popoli erano indipendenti e liberi, ed a cui poco importava l’esistenza del Perù, e del Messico. In somma la civilizzazione era appena incominciata.
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Il signor de Humbold incontrò nel 1800 presso l’Oronoco una nazione chiamata OTOMAGUÌ; uomini terribili d’aspetto, e ne’ loro corpi dipinti, i quali per tre mesi, durante il gonfiamento dell’Oronoco, non hanno null’altro nutrimento che una specie di terra argillosa, e testuggini. Alcuni mangiavano di questa terra una libbra, e fino una libbra e mezza per giorno. Humbold, al quale alcuni frati avevano raccontato, che gli Otomaguì mischiano il grasso della coda delle testuggini con questa terra, assicura di aver trovato presso questi popoli provigioni di terra esser stata preparata o mista con altra cosa, e che gli abitanti mangiavano questa terra senza alcun altro ingrediente, fuorché di arrostirla e di bagnarla un poco. Per quanto paia meraviglioso che un’intera nazione mangi giornalmente una libbra e mezza di terra, conservandosi sana e robusta, mentre è noto quali triste conseguenze produce il mangiare la terra ne’ fanciulli, ciò non ostante assicura Humbold, di essersi convinto per esperienza propria, che questa terra in istato di umidità, ha la qualità di decomporre l’aria, e di poter agire per mezzo di affinità chimiche,
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e perciò in qualche guisa di poter nutrire. Ad ogni modo ciò indica sicuramente il più alto grado di miseria e di privazione di aiuto proprio, e ci fa comprendere, come a tali nazioni sia venuto in mente di mangiare i loro prigionieri di guerra. Anche La BILLARDIERE trovò, che gli abitanti della Nuova Caledonia nel mare Pacifico, costretti dalla fame mangiavano una quantità di serpentino verdastro tenero, che strofinandolo fra le dita si triturava. Egli portò alcuni pezzi di questa pietra in Europa, e VAUQUELIN esaminandoli chimicamente trovò che erano morbide al tatto, che formavano fili piccoli, i quali facilmente si divisero, nel fuoco diventavano rosse, e perdevano 4 centesimi del loro peso. Esse contenevano 37 parti di magnesia pura, 36 di terra selicea, 17 di ossido, 3 fino a 4 di acqua, e 2 fino a 3 di rame; esse dunque contenevano nessuna parte di materia nutritiva, e perciò altro non sono che un mezzo meccanico per evitare un totale ristringimento di stomaco.
Malgrado tutto ciò l’egregio viaggiatore de Humbold, su le di cui ricerche tutto il mondo sta in aulenzione, pretende di aver trovato prove sufficienti onde convincersi,
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che anche l’America ha avuto il suo secolo d’oro, e che per lo passato è stata in un grado maggiore di coltura di quando vi giunsero gli Spagnuoli.
A Riobamba, serive Humbold in una delle sue lettere, verso il sud di Quito sulla strada che conduce a Lima il caso mi fece fare una scoperta assai rimarchevole. Lo stato della provincia di Quito, prima che gl’Incas (nel 1470) la riacquistassero, è ancora affatto sconosciuto; ma il Re Indiano LEANDRO ZAPLA che abita a Lican, e che per essere egli Indiano è molto colto, possede de’ MANUSCRITTI, di uno de’ suoi antenati del 16 secolo, che contengono la storia di quegli avvenimenti. Essi sono scritti nella lingua del Paraguay, per lo passato comune in Quito, ma che però dovette cedere a quella dell’Inca o Quiehna, e presentemente si è affatto perduta. Dico che questi manuscritti sono SCRITTI, e non dipinti co’ segni giroglifici, e nemmeno sono indicati coi Quipa. Per maggiormente ingrandire questo miracolo un altro antenato di Zapla felicemente trovò piacere di tradurre queste memorie nella favella Spagnuola. Questo manuscritto è oltre di ciò per noi della massima importanza,
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poiché non credemmo finora, che si fosse scritto in un qualche linguaggio antico americano, e le tradizioni che raccolsi in Parima, ed i geroglifici che vidi nel deserto del Casiquiara, ove presentemente non esiste alcuna traccia di uomini, indicano una coltura de’ tempi passati, o almeno un tentativo per giungervi. Lo studio del linguaggio Americano conferma questa supposizione, ed Humbold trova affatto falso il giudizio di Condamine sulla povertà del detto linguaggio. Il linguaggio de’ Caraibi, secondo il giudizio di Humbold, unisce la ricchezza, la grazia, la forza e la destrezza. Ad essa non mancano l’espressioni per le idee astratte, come dell’avvenire, dell’eternità, dell’esistenza, ed ha inoltre sufficienti voci numerali per indicare tutte le combinazioni possibili de’ nostri numeri. Il linguaggio degl’Incas è quello che ordinariamente si usa nelle società a Quito, a Lima ec. ed esso è sì ricco di frasi fine e variate, che la gioventù per esprimere le tenerezze al bel sesso parla il linguaggio degl’Incas dopo aver esaurito tutto il tesoro della favella di Castiglia.
Vi sono ancora alcune altre lingue egualmente ricche, e che provano un maggior grado
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di coltura del popolo, prima che da loro se ne compilasse la storia. Vi esistono ancora altre prove per sostenere quanto abbiam qui riferito. Non solamente nel Messico, e nel Perù, ma ben anche alla corte del re di Bogota, in una terra finora sconosciuta all’Europa, la di cui mitologia e tradizioni favolo[s]e recateci da Humbold sono egualmente assai interessanti, intendevano i preti a tirare una linea meridiana, e ad osservare il momento del solstizio. Essi cangiarono l’anno lunare in un anno solare coll’addizioni di giorni; e per calcolare questi giorni intercalari si servirono di una pietra [r]ettangolare, della quale Humbold ne possiede una che fu trovata a SANTA FE’. A Crivaro, nell’interno della provincia Parima, credono i selvaggi che la luna sia abitata, e sanno per tradizione de’ loro padri ch’essa riceve la sua luce dal sole.
Queste notizie sono però troppo brevi e troppo spezzate, perché si possa congetturare sul grado della coltura di alcuni popoli dell’America. Perciò aspetteremo ansiosamente le notizie più recenti del sig. Humbold. Finora è difficile comprendere come una coltura elevata, e sparsa fra molti
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popoli abbia potuto retrocedere in modo da ridurre gli Americani a quello stato in cui gli Spagnuoli li trovarono. Una tale decadenza di coltura, che ravvisiamo fra questi popoli, pare piuttosto possibile fra una nazione forestiera che si stabilì in quella parte del mondo, e che non aveva portato seco de’ principi fondati sopra una base fissa; e considerando l’affare sotto tali aspetti, il fenomeno della coltura giovanile degli Americani non sarebbe una cosa tanto contradditoria(1).
Nell’intera creazione animale, l’impulso naturale, destato solamente alla metà, non parve ancor essere sufficientemente risvegliato e robusto, e non parve esser egli sviluppato, né aver guadagnato le forze necessarie. Malgrado la grandezza considerabile dell’America, giacché può essere riguardata come la terza parte de’ continenti, aveva pochi animali propri, tutti però più deboli, e più imperfetti de’ nostri. Noti sono gli ANIMALI PIGRI (Bradypus) di questo continente,
(1) Ved. gli Annali del museo Nazionale della storia naturale. Quint. 10 pag. 288-291.
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de’ quali Buffon parla. Quello che caratterizza questo animale è la miseria, il difetto, una costruzione mancante, e non la pigrizia. Essi indicano l’ultimo ed il più debole grado di un’esistenza possibile fra quegli animali composti di carne e sangue; e il volere accettare una causa finale in questi sbagli della natura indicherebbe un’intelligenza assai limitata. La lentezza, e la loro natura quasi inattiva è sorprendente, ma forse si potrebbe spiegarla per mezzo delle osservazioni fatte nel 1800 dal Chirurgo Carlisle intorno alla circolazione del loro sangue. Questi, anatomizzando il LEMUR TARDI GRADUS, e tanto il maschio, quanto la femmina dell’animale pigro, trovò che le arterie de’ piedi anteriori e posteriori, subito sortite dal corpo di questi animali, si dividono primieramente in rami numerosi, che corrono in direzione paralella, ed indi procedendo innanzi si riuniscono in rami comuni. Per mezzo di questo, come pare, il passaggio del sangue nelle gambe viene indebolito, locché potrebbe forse produrre una lentezza di movimento. Quest’osservazione, approfondendola maggiormente lascia sperare de’ lumi sull’influenza del sangue sopra il movimento de’ muscoli. Questi animali vivono
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delle foglie degli alberi, non bevono, hanno pochi bisogni, ed una vita assai tenace. Essendo perseguitati da altri animali di rapina che egualmente montano sugli alberi, si ritirano sopra i rami alti e tremolanti, ed in caso di bisogno si servono de’ loro forti unghioni. Un disegno bello dell’animale pigro, ovvero AI, che particolarmente trovasi nella Guinea, sta nel 6 quinterno num. 53 delle stampe di Blumenbach, le quali rappresentano alcuni oggetti di storia naturale. Questa specie arriva incirca alla grandezza di un coniglio.
Un disegno non meno esatto del FORMICAIO (myrme cophaga), che vive egualmente nell’America meridionale, vediamo rappresentato sulla tavola 22 di Blumenbach. Il formicaio si nutre di formiche grandi. Scava la terra coperta di una crosta dura, sotto la quale le formiche abitano, e vi mette la sua lingua viscosa lunga 4 pollici. Esso si distingue molto per gli orecchi pendenti , i quali forse impediscono alle formiche di entrare nel meato uditorio. Nel Mondo Antico nessun animale, che vive in libertà, ha gli orecchi pendenti; perciò molti naturalisti considerano questo come un segno di rilasciamento,
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e come una conseguenza di soggiogamento. Il BARBATO (Dasypus), chiamato anche TATU, che abita in questi contorni dell’America, si distingue per la sua copertura particolare. La testa, la schiena, e la coda sono coperte di scaglie e di cinture a foggia di osso. Esso fa la sua abitazione sotto terra, diventa assai mansueto, si raggruppa ne’ pericoli come gli altri animali scagliosi, e come l’istrice.
In somma nessun animale dell’America eguaglia in grandezza l’Elefante, il Rinoceronte, il Camelo, il Cavallo, il Toro, né in forza e coraggio il Leone, o la Tigre del continente antico. Nelle isole si conoscevano solamente quattro generi di quadrupedi, il maggiore de’ quali non era più grande del coniglio. Nella terra ferma esiste una varietà maggiore, fra la quale, nella regione media, come nel Messico, e nel Perù, il GUANACO (camelus Guanaco) lungo 6 piedi, e alto 5, era l’animale terrestre più grande, e l’unico nell’America ammaestrato portare alcuni effetti. A riguardo del suo collo lungo, e del labbro superiore spaccato assomiglia in qualche modo al camello; è bianco, nero o cenerino tinto di macchiette rossiccie, e
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malgrado la sua mediocre grandezza porta ciò non ostante un quintale e mezzo. Questo animale non era ancora stato avvezzato al tiro, e gli Americani in generale non si erano ancora procurato questo vantaggio dal regno animale.
L’animale più grande dell’America è il BISONTE SETTENTRIONALE (Bos Bison) che vive in greggi ne’ boschi paludosi del clima più dolce dell’America settentrionale. Esso è molto più piccolo del bove comune dell’Europa, ed ha i piedi corti e grossi. Nell’America meridionale l’animale terrestre più grande è il TAPIRO. La testa , e le coscie sono quasi come quelle del porco, ed il suo corpo è fatto ad arco come si vede in quest’ultimo animale; esso è più piccolo del Bisonte, è a un dipresso grande come un vitello di 6 mesi; è più bravo per nuotare che per correre, e vive volentieri intorno alle paludi.
Il IAGUAR (felis onca), chiamato anche tigre americana, poiché è quivi l’animale più audace di rapina, assomiglia molto al gatto, è grande come un cane da lepre, e fugge davanti un cane di mediocre grandezza. Il PUMA (felis concolor) è stato
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paragonato al Lione solamente per la sua pelle rossa gialliccia e senza macchie. La sua testa assomiglia a quella del lupo, è senza chioma, si rampica sugli alberi, è più pauroso del Jaguar, ed attacca solamente i piccoli animali.
In luogo del ZIBETTO, che vive nell’Asia meridionale e nell’Africa settentrionale, l’America ha la VIVERRA PUTORIUS che vive nella Virginia e nel Canadà. Esse tramandano un odore insoffribile quando sono irritate, per mezzo di un sugo, che, come si dice, trovasi sotto l’uretra.
I DIDELFI dell’America, e particolarmente il DIDELPHIS OPOSSUM, danno una rimarchevole anomalia nella produzione degli animali. La femmina dell’OPOSSUM, che vive nella parte più calda dell’America settentrionale, partorisce i piccoli, dopo averli portati per 14 giorni, quasi come un’aborto non maturo, di una piccolezza non proporzionata, (grande appena come un pisello), li pone indi in un sacco posto sotto la parte posteriore del ventre, che l’opossum può aprire e chiudere a piacimento; quivi i piccoli si attaccano fortemente al petto, e si nutriscono
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di latte, dopo dieci settimane sono perfettamente formati e vengono per così dire partoriti un’altra volta. ULLOÀ trovò in una femmina da tre giorni morta e già putrefatta, che i piccoli vivevano e succhiavano fortemente(1). Questo animale mangia tutto, beve poco, si tiene molto pulito, è una buona bestiola, è lento e riflessivo in tutti i suoi movimenti, ed ha una forza vitale, maggiore di quella del gatto(2).
Sino dal 1798 vi si è scoperto un genere affatto particolare di ORICETO (mus cricetus), grande come un topo della Norvegia, di un colore bruno cenerino pallido, che verso la parte inferiore del diventa un poco più chiaro. Dalla testa fino
(1) Ved. Relacion del viage ec. P. I. t. II. pag. 591. Madr. 1748. Un disegno passabile da Nieremberg historia naturae maxime peregrinae lib. 9. cap. 4. pag. 156. Un migliore e più esatto esiste nelle opere di Blumenbach 6 quinterno num. 54.
(2) Volendo sapere più sul conto di questo animale, è bisogno di leggere il primo Magazzino di Gotha intorno agli oggetti più recenti ec. 5. vol. 2 pezzo pag. 29 e 6 vol. 4 pezzo pag. 107. Voigt neues magaz. fur Naturkunde 3 vol. 4 pezzo pag. 683.
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alla coda è lungo 9 pollici, e compresa la coda, che è poco coperta di peli, 11 pollici circa. Le gambe sono corte come quelle del criceto; le zampe anteriori sono forti e molto atte a scavare dentro terra, ed hanno 5 unghie, delle quali le tre medie sono larghe e lunghe: alle zampe posteriori le unghie sono piccole. I suoi denti sono estremamente forti, particolarmente gl’inferiori che sono più lunghi de’ superiori; e le orecchie sono piccole. La sua maniera circa il vivere è sconosciuta, ma probabilmente è simile a quella del criceto. Gli si è dato il nome di MUS BURSARIUS poiché particolarmente quello che lo distingue sono i sacchi nella bocca, lunghi un pollice e mezzo, e larghi uno, co’ quali probabilmente porta a casa il secco nutrimento. Finora non si ha avuto dagli Indiani che un solo esemplare, i di cui sacchi erano riempiti di terra(1).
Affine di maggiormente provare che l’America è una terra più recente dell’antico
(1) Ved. Shaw Zoologie vol. II. part. 1. 1801 pag. 100. ne esiste ancora un disegno fedele nel Museum des Wundervollen. 2 vol. 3 pezzo pag. 252 ec.
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continente, possiamo nominare qui gli animali che vivono nella melma e nelle paludi, gl’insetti, i serpenti ed i rospi, che vi sono molto più grandi, ed in quantità immensa. L’aria spesse volte è occupata da nuvole di insetti, ed il suolo è coperto di vermi schifosi e perniciosi.
La terra intorno a PORTOBELLO formicola di una quantità tale di ranocchie, e di rospi, che non si può mettervi piede senza calpestarne alcuni, i quali, essendo grandi, sensibilmente si vendicano. Fra essi è rimarchevole la PIPA (Rana pipa) per la sua maniera anomale di accoppiarsi. Il maschio strascina il fregolo della femmina sul di lei dorso pieno di fosse e buchi, indi aggiunge il suo proprio. Le piccole uova penetrano nella pelle della femmina, finché dopo tre mesi divengono mature, non abbandonando il dorso della madre, prima di aver ricevuto la formazione completa della Pipa(1). Ivi si trova ancora la PARRADOXA, la quale arriva alla lunghezza di un pollice prima
(1) Un bel disegno vedesi fra le rappresentazioni di Blumenbach. Quint. 4 num. 36.
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della sua formazione, e conserva per molto tempo la sua coda ancora dopo aver formate le quattro gambe, e la sua totale grandezza: perciò ha dato occasione di credere che vi fossero delle ranocchie, che si combinassero poi coi pesci. Altri anfibi divengono tanto grandi quanto i conigli (la Ocellata nell’America settentrionale); altri ancora, a cagione de’ sopraccigli conici, hanno l’aspetto di rospi cornuti, come la Cornuta nella Virginia ch’è rara, e perciò si è dubitato della sua esistenza, finché ne’ tempi moderni si è pienamente confermata. Fra l’intero genere degli anfibi non esiste un animale, che abbia un aspetto più curioso e più ripugnante di questo. A ciò contribuiscono molto i sopraccigli, che assomigliano perfettamente a due corni corti ed acuti; la faccia spaventevole che divide questo animale rotondo e grosso fino alla metà; ed i piedi che in ambedue le estremità hanno qualche affinità colle dita umane. La pelle porrosa del corpo, tanto sopra quanto di sotto, è di un colore cenerognolo, ed è rigata di un bruno scuro cenericcio. L’intero corpo, eccettuata la testa ombreggiata di bianco ed il bassoventre di un giallo rossiccio, è ruvido e
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pungente(1). Passero sotto silenzio l’AQUA del Brasile, e molte altre specie, che sono belle e curiose; e la quantità delle specie de cocodrilli, de' quali però nessuno assomiglia totalmente a quello del mondo antico. Que’ di S. Domingo sono i più assomiglianti ai nostri, almeno hanno come quelli dell’Africa e dell’Asia, una bocca lunga, ed una piegatura di dentro sul lato della mascella superiore, onde il quarto dente inferiore possa passare, e le dita dei piedi posteriori sono fornite di una membrana nuotaoria: essi si distinguono da’ nostri pe’ denti più deboli, pel corpo più snello, pe’ gusci irregolari e disparsi che coprono il dorso, e per le squamme affatto quadrate che coprono i piedi, mentre questi nel cocodrillo del Nilo sono rotondi e di sei angoli(2).
Questa specie di COCODRILLI, la LACERTA ALLIGATOR, la LACERTA MONITOR, la LACERTA IGUANA, ed i SERPENTI ancora più vari e più |37| mostruosi, come il SERPENTE A SONAGLI (crotalus), il
(1) Ved. Shaw Zoologie. Vol. III. pag. 1, 1802. pag. 162. Museuin des Wundervollen 1. c. pog. 250 ove si trovano due disegni, e la descrizione.
(2) Ved. gli Annali del museo nazionale della storia naturale quint. 7. tav. 37.
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SERPENTE AD OCCHIALI (coluber naia), L’ASPIDE DEL CORNO (coluber ammodytes), il COLUBER AHAETULLA, e molte altre specie potrebbero far nascere l’idea, che la forza di formazione nell’America non abbia ancora avuto il tempo di estendersi oltre il regno degli anfibi, o almeno che l’impeto generativo della natura in questo regno non abbia ancora potuto essere limitato per mezzo di animali di un genere differente, onde mettersi in equilibrio. In nessun luogo insomma si trovano tutti i generi e tutte le specie di animali schifosi e velenosi, ed in sì grande varietà e quantità come nell’America.
Il SERPENTE A SONAGLI (crotalus) nella parte più calda dell’America settentrionale diviene lungo 6 piedi, e quasi grosso come un braccio; è pigro e si muove lentamente, mentre come assicura BARTON(1), non può restringersi spiralmente, come gli altri serpenti, ma si strascina in modo, che il suo corpo resta sempre in linea retta; da
(1) Barton nel Concerning de Rattle Snake p. 91.
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ciò nasce che non monta mai sopra gli alberi. Probabilmente la vescica cornea ed articolata che trovasi alla fine della coda, gli serve, come crede MEAD, per addormentare gli uccelli, e gli scoiattoli che si trovano ne’ boschetti ove il serpente si riposa. Alcuni testimoni degni di fede asseriscono che quești animali cadono giù dagli alberi come incantati, e si gettano spontaneamente nelle fauci del serpente; per ciò gl’Indiani imitano il sibilo del serpente a sonagli onde facilitarsi la caccia dello scoiattolo. Forse questo suono spaventa gli uccelli e gli scoiattoli, e probabilmente, avendo essi il loro nido in boschetti o sopra gli alberi bassi, si avventano contro il loro nemico, per salvare le loro uova, come pure i loro figli quando ne hanno(1). I Serpenti a Sonagli si lasciano
(1) Ved. il trattato di Michaelis su questo oggetto nel magazzino di Gotha l’anno del 1785, e A Memoire concerning tho fascinating faculty which has ben ascribed to the Rattle Snake and other American Serpens. By. Benj Smith Barton prof. of natural history and botany in the University of Pensylv. & Philadelph. 1796. Voigt. Magazin fur den neuesten Zustand. Vol. 1. pezzo 2. pag. 37-47, e le notizie di Kalm ne’ trattati della Svezia del 1792.
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addomesticare, e sebbene siano velenosi, ciò non ostante sono mangiati da’ porci, dagli uccelli di rapina ed anche qualche volta dagli uomini.
Accennerò qui ancora il COLUBER COCCINEUS, che nelle Indie è chiamato TZICATLINAN, cioè madre delle formiche, il quale ancora oggi, come nel secolo decimo sesto, dalle ragazze salvatiche nella Florida viene per ornamento intrecciato ne’ capelli o legato intorno al collo: esso serve ancora come rimedio per disciogliere gli umori indurati. Diventa lungo due piedi, e grosso come un dito. Si trattiene sempre presso le formiche, di cui probabilmente si pasce, e si lascia vedere solamente quando queste compariscono. Da ciò ha preso il suo nome Indiano(1).
(1) Ved. Antonio de Hercra Historia de las Indias occidentales. Madr. 1601 fol. Decad. IV. L. X. c. 12. an 1531 de la provincia de Chiapa en Nueva Espanna p. 283, poi Nieremberg historia naturae maxime peregrinae. Antuerp. 1635 fol. lib. XII. c. VIII. p. 272 e seqq. Pulcherrimus est omnium serpentium, nec cui quam noxius. Hanc pro lusu circum volvunt callo. Ma
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Per avere una qualche idea degli insetti, e degli anfibi che trovansi nell’America è necessario leggere la seguente notizia del Capitano Gorew sulla temperatura a Guayaquil, luogo principale nella provincia di Quito, pel quale passano tutt’i prodotti e le mercanzie, che si cambiano fra il Quito, il Perù, il Messico ed il Panama. Durante l’inverno (da dicembre fino a maggio) gl’insetti si uniscono cogli elementi per molestare gli uomini. La pioggia accompagnata sovente dal fulmine e dal tuono né giorno né notte. I ruscelli si gonfiano alla grossezza de’ fiumi ed inondano le regioni circonvicine. Durante ciò l’aria è oscurata da una incredibile quantità d’insetti. I serpenti, le vipere velenose e gli scorpioni, pel massimo incomodo degli abitanti, si rifuggono nelle case, e benché non ne manchino mai per tutto l’anno, non sono però così frequenti e vivi come in tempo di pioggia. Tutte le sere si devono esaminare i letti
prima di tutto ved. le notizie sopra cit. dall’eccellente Blumenbach nel Magazin fur das Neueste der Physik 5 vol. I pezzo p. 10-13 accompagnato da un bellissimo disegno colorito.
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colla massima attenzione, poiché spesso vi si trovano diversi di questi ospiti perniciosi. Non meno difficile è di assicurarsi contro le zanzare. Niuno vi può dormire senza cortine al letto, e senza una specie di tenda, ed anche i Negri se ne debbono fabbricare col Tucuyo, la cui parte inferiore è aggravata di piccole palle di piombo come le reti de pescatori. È assolutamente impossibile di conservare fuori della lanterna un lume acceso più di due o tre minuti, poiché vi si precipita sopra una quantità d’insetti e l’estingue. Chi si serve di una lanterna fra poco ha le orecchie, le narici e gli occhi pieni di zanzare. La punta di essi cagiona i dolori più ardenti; la pelle si gonfia, e segue una specie di febbre eguale a quella che vien cagionata da ferite. Esse turbarono agli astronomi tutte le belle notti nelle quali vollero fare delle osservazioni, e per la quantità di questi insetti, non potevano né vedere né respirare. I topi empiono tutte le fabbriche. Sul far della notte abbandonano i loro buchi, e correndo sopra le coperte del letto, e sopra il pavimento, impediscono il riposo, ed oltre ciò sono arditi a segno di portar via fino le candele accese, su cui
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non si può fare abbastantemente attenzione per impedire gl’incendi. Tutti questi incomodi obbligano i forastieri ad abbandonare questi luoghi al più presto possibile. I nazionali, che dalla loro infanzia vi sono accostumati, sentono meno questo incomodo che l’aria della montagna, della quale l’Europ[eo] al contrario appena s’accorge. La stagione meno incomoda è l’estate, poiché il calore eccessivo, oppure i venti di sud ovest, e di sud sud ovest, che soffiano continuamente, incominciando a mezzo giorno fino alle 6 ore della mattina, tengono il cielo sempre sereno, temperano il calore, e diminuiscono la quantità di questi insetti, o almeno impediscono la loro vivacità: questi venti chiamansi Chantui , perché passano sopra la montagna dell’istesso nome. Noi continua Gorew c’imbarcammo ai 3 di maggio 1781 per andare a Caracol, ma per corrente forte e per vento contrario non arrivammo che agli 11 del detto mese. Quello che durante questo tragitto abbiamo sofferto dalle zanzare sorpassa qualunque descrizione. Noi ci eravammo vestiti di uosa, e di soprabiti accomodati particolarmente, onde evitare le loro punture, ma questa previdenza fu di poca
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utilità. Tutta la giornata fummo occupati a cacciarli via, e la notte il tormento che essi ci davano era insoffribile. I guanti soli assicuravano le mani, ma il volto era esposto al loro arbitrio, ed anche per gli abiti penetravano i pungiglioni fino alla pelle. La notte più terribile che in questo viaggio abbiamo passata fu, quando scesi a terra, occupammo una casa grande e bella, ma disabitata, e situata sulla sponda dritta del fiume, ove appena postovi piede ci assediò un’immensa quantità di zanzare, per cui nessuno di noi ebbe un momento di riposo e di tranquillità. Quelli che si lusingavano di trovare qualche tregua all’aria aperta si esposero al terribile pericolo di essere morsicati da serpenti, e ben presto si convinsero che era inutile il voler fuggire da questi insetti. Il vapore de’ rami d’alberi che si bruciavano per iscacciarli parve al contrario che gli aumentasse. Al sorgere del giorno non ci potevamo guardare nel volto senza spaventarci; esso era tutto gonfiato, le mani erano piene di tumori ardenti, e da ciò può ciascheduno farsi un’idea delle altre parti del corpo. La notte susseguente passammo in una casa abitata, ove le zanzare,
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benché fossero moltissime, non ci incomodavano tanto, quanto nella casa disabitata(1). I viaggiatori chiamano tutti gl’insetti della specie delle zanzare, e che punzichiano, MOSQUITI. Propriamente il nome di MOSQUITO significa la nostra ZANZARA, la di cui puntura nelle regioni più calde cagiona un infiammazione oltremodo maggiore che presso noi, in guisa che qualche volta è necessaria l’amputazione delle membra offese da questi insetti(2).
Sciami di formiche spesse volte hanno mangiato e distrutto sulle isole tutte le piante in modo, che il suolo resta come bruciato. I vampiri, nottole della grandezza dello scoiattolo, volano intorno a Cartagena, e sorprendono non solamente il bestiame, ma anche l’uomo, succhiando loro il sangue(3). Fra questi animali che infestano
(1) Ved. Goth. Magazin fuer Physik ec. 4 vol. 2 pezzo p. 52.
(2) Ved. Marcgrav. hist. Brasil. nat. lib. VII. p. 257. Kleemann Beytraege zu Roesels Insectenbelust: tom. I. tav. 15. 16.
(3) Robertson storia dell’America I vol., 4 lib. vol. 7 lib.
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la terra sono da contarsi ancora il CANCER BRACHIURUS VOCANS nelle regioni più calde dell’America settentrionale: esso, particolarmente il maschio, è rimarchevole per la disuguaglianza sorprendente delle forbici, l’una delle quali non è molto più grande dei piedi dell’animale; l’altra però suole essere grande a segno, che l’animale, per poter marciare, è necessitato di metterla sul dorso. Il CANCER BRACHIURUS RURICOLA, che abita particolarmente nell’isola di S. Domingo e nella Giamaica, vive nelle spaccature delle rocce, e nelle caverne sotto i legni, e negli alberi rotti, ma nella primavera, cadendo la pioggia ne’ mesi di aprile e di maggio, viaggia verso la sponda del mare, per mettere le sue uova nell’arena. I campi sono coperti allora di questi animali in modo che non si può fare un passo senza calpestarne molti. Per fare il viaggio scelgono la notte, o un giorno di pioggia: sospettando essi un giorno sereno si arrestano sull’estremità di un bosco, o ne’ fossi umidi, e nell’erba lungo i fiumi, fino che venga la notte. Cessando affatto la pioggia durante il loro viaggio, tutti si fermano, e si nascondono sotto le radici, e nelle caverne, o
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si scavano dentro terra, un asilo, qualche volta, e particolarmente negli anni secchi per cui il loro viaggio ritarda di due o tre mesi. Ordinariamente hanno bisogno di 8 o 10 giorni di pioggia. Nulla loro impedisce a seguire sul loro cammino una direzione sempre dritta, e piuttosto montano per dentro le finestre aperte di una casa passando sopra gli uomini che dormono, anziché volgersi intorno all’abitazione. Recano un danno incredibile ai giardini, poiché per cibarsi guastano e distruggono tutte le piante. Scacciandoli si ritirano come i gamberi, ed in disordine, cercando di fare tutto il danno possibile colle loro forbici, e fanno uno strepito battendo di tempo in tempo insieme le forbici, come se volessero minacciare il nemico. Appena che la femmina è giunta al mare si sgrava tenendole tutte nascoste nella sabbia, fino a che abbiano ricevuto una nuova scorza: in questo frattempo i piccoli sortono dalle uova, ed indi a poco anche dal mare, cercano di occupare le erbe vicine, viaggiando poi coi vecchi verso le montagne(1).
(1) Ved. Marc Catesby natural history of Carolina.
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Gli uccelli, che vagano per l’aria, e che vi fanno de’ viaggi, abitano nell’America in maggior numero, e sono così belli e vari come quelli del continente antico; e qualora non sieno stati disturbati nel loro deserto, se ne incontrano de’ più grandi e più audaci de’ nostri, come il CONDORO (vultur gryphus), l’elefante degli uccelli. Esso colle ale distese ha 16 piedi di lunghezza; le penne sono lunghe due piedi e mezzo, ed il cannoncino della grossezza di un dito. Il suo corpo al di sopra è nero, qualche volta nero e bianco come nelle piche; il basso ventre però è bruno. Questo uccello è forte a segno da portare via non solamente delle pecore, ma de’ vitelli, ed i fanciulli dell’età di 10 anni. Due in compagnia attaccano il bestiame bovino, e sbranano una vacca. Precipitandosi egli dall’aria in terra, lo strepito che fa colle ale è grande a segno, che quelli che si trovano vicini ne divengono storditi. Abita il Perù ed il Chili, ma qualche volta si trova anche nell’Africa.
Lond. 1731 f. vol. II. tab. 32 e 35. Herbst Versuch uber die Naturgeschichte der Krabben und Krebse. Zuerch 1782, 4.
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Nella Svizzera parimente, e nella Francia, benché di rado, se ne sono uccisi per lo passato, i quali forse vi erano stati trasportati da una violenta burrasca.
Siccome l’America ha nel suo Condoro l’uccello più grande fra quelli che s’innalzano nell’aria(1), così ha nei Calibri il più piccolo. Essi si trovano unicamente nel nuovo mondo, e si estendono dal Nootkasund fino alla costa occidentale de’ Patagoni. Le penne del maschio sono di una rara bellezza, ed i colori cambiano all’infinito. Secondo la luce che vi cade sopra sono ora verdi, ora d’un turchino bello, ora d’un colore d’oro; insomma sotto cambiamento della luce si scopre un altro colore. Il becco in una specie di essi è piegato in su; in un’altra va in giù; e nella terza si estende diritto. Fra quelli col becco diritto trovasi anche la specie più piccola, la quale non è molto più grande d’un grande d’un pecchione. Il suo nido fatto di bambagia ha la grandezza di una noce, le uova, il di cui numero rare
(1) Condamine Voyage de la Riviere des Amazones p. 175.
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volte monta al di là di due, sono della grandezza di un piccolo pisello. Essi sono tanto vivaci, e muovono le loro ale con tanta velocità, che appena sono visibili. Vedenda qualcheduno montare sopra l’albero sul quale hanno il nido, volano con molto coraggio verso di quello, svolazzano intorno al suo volto, e con una lestezza incredibile lo battono negli occhi in modo, che spesso è obbligato ad abbandonare la sua intrapresa. Le donne dopo averli disseccati, li portano negli orecchi come ornamento(1).
Alcuni contorni dell’America rendono l’esistenza del Condoro più rimarchevole, essendo poco abitati dagli uccelli. BOUGUER, CHANVASON ed altri hanno descritto vivamente il profondo silenzio che regna ne’ boschi immensi, che commove i viandanti, e produce in essi molto stupore.
Se l’America sotto questo riguardo, e per le ragioni di sopra accennate fosse effettivamente il nuovo mondo, avremmo da credere, che ne esiste uno ancora più nuovo,
(1) Ved. Anbury viaggio nell’interno dell’America. Maregrave histor. nat. Bras. p. 197.
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cioè la NUOVA OLANDA, della di cui costa abbiamo delle cognizioni esatte pel zelo infaticabile del tenente Flinders, per le carte di ENTRECASTEAUX, e pel viaggio di scoperte del capitano francese BAUDIN. Questa terra, riguardo al regno vegetabile, ed animale, offre una sì grande quantità di prodotti maravigliosi, che i nostri sistemi artificiosi ne sono rovesciati. Visitando la Nuova Olanda si crede essere trasportato sopra un nuovo pianeta, poiché si presenta all’occhio una creazione affatto particolare. Questa terra, non comprese alcune isole, potrebbe forse essere l’ultima terra che sorse dal seno di Tetide.
Nella Nuova Olanda troviamo il suolo, e l’uomo nello stato loro primiero e rozzo. Il suolo è eccessivamente grasso e coperto da per tutto con uno strato alto di terra vegetabile, e di melma, la quale è feconda nel produrre una quantità di piante diverse. Allora quando il tenente KING fondò la colonia sull’isola Norfolk (poco distante da Botany Bay, sotto il 29° di latitudine meridionale, è 186° 30' di longitudine all’isola del Ferro), la quale era in principio deserta e disabitata,
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vi trovò de’ pini colossali (CUPRESSUS COLUMNACIS FORST): dell’altezza di 220 piedi, il di cui tronco in qualche distanza da terra avea 8 piedi di diametro. Questo legno assai compatto e bruno come quello di noce, verso la cima diventa duro e nodoso, ed è in alcuni luoghi lavorato come una noce di cocco. Il suolo della Nuova Olanda è acquoso e umido, benché ne’ siti visitati dagli Europei non vi corrano fiumi cotanto considerabili come nell’America. Questo però non indica una mancanza di grandi fiumi, poiché possono correre nell’interno che finora non è stato esaminato, né vi si sono vedute le montagne che nell’interno devono essere certamente alte; segno sicuro che poco si è penetrato dentro questo paese, ove l’aria è poco sana, ed ove v’ha l’abitazione, e la culla di una quantità di specie di serpenti velenosi, di lucertole, di scorpioni, di scolopendre, di formiche, di scarafaggi rari, di cicale, di cimici, di vespe, di mosche, di zanzare ec. Gl’infelici Indiani e Negri, che quasi giornalmente sono necessitati a traversare i boschi a piedi nudi, hanno meditato moltissimo sopra la guarigione delle morsicature fatte da’ serpenti,
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ed hanno trovato un rimedio specifico nel sugo della pianta VEJUCO DU GUACO. Il sugo di queste piante guarisce la morsicatura, e vale come un preservativo. L’uccello MILOUS, probabilmente quello descritto da CATESBY, e da lui chiamato FALCONE DE’ SERPENTI, si nutrisce particolarmente di serpenti, e di quando in quando mangia le foglie di quella pianta. Ciò indusse i Negri e gl’Indiani ad esperimentarla, e ne videro un felice risultato. Questa pianta si trova particolarmente a Santa Fe’, e cresce volontieri ne’ siti umidi accanto i fiumi. La radice è filamentosa, e si estende da per tutto. Si raccolgono le foglie, si bagnano, si macinano, e si estrae un sugo, del quale se ne bevono due grandi cucchiai, e dopo averne anche strofinate le dita delle mani, de’ piedi, ed il petto si possono prendere i serpenti più velenosi colla massima sicurezza portarli, aprir loro la bocca ec. I serpenti allora restano docili e quieti, e mordendo anche, dopo essere stati irritati, non produce la loro morsicatura che una piccola infiammazione. DON PIEDRO D’ORIBES Y VARGAZ, che ne fece molti esperimenti, li ha fatti inserire nel giornale periodico del 1791, che
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si pubblica a Santa Fe’, e li comunicò al conte di Rumford. La quantità degli anfibi ed insetti che sopra abbiamo nominato è ancora assai più incomoda di quello che sia perniciosa la loro qualità. Gli uccelli, che come dice Forster(1), non sono nella Nuova Olanda meno numerosi degli anfibi e degli insetti, e che hanno i colori più belli, che si possano vedere, ci fanno ricordare la proposizione che abbiamo avanzata parlando dell’America. Ivi si veggono le aquile, gli aironi, le grue, i pappagalli, le colombe, e gli uccelli aquatici tanto su’ laghi quanto sul mare. Fra questi uccelli si osserva particolarmente la MAENURA, probabilmente l’uccello più bello del mondo: esso appartiene alla specie degli uccelli di Paradiso, è grande come la nostra gallina domestica, e fu trovato nella nuova Galles meridionale, 140 miglia verso il sud ovest dalla città di Paramatto, colonia inglese(2). Il colore del corро
(1) Kleine Schriften 2 tom. p. 257.
(2) Vedi Collin Account of the English Colonie in Neusouthwales, fum its First Settlement in lanvoary 1788 To August 1801. 4. Lond. 1802, ove vi ha questo uccello descritto e disegnato. Un estratto di questa
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è di un nero rossiccio, le coscie nere e molto forti, ed il becco lungo. Le penne della sua coda, lunga due piedi, sono formate di tre maniere diverse, ed hanno de’ colori sorprendenti.
La Nuova Olanda scarseggia egualmente di animali mammiferi. Altro non si è osservato in questo genere che nottole, gatti selvatici, cani, viverre puzzolenti, ed il didelfo. Questo ha la grandezza di una pecora; le sue gambe posteriori sono lunghe, salta con una lestezza incredibile, e fa due tese in ogni salto, senza impiegare le gambe anteriori per camminare. Stando questo animale diritto sulle gambe posteriori arriva quasi all’altezza di un uomo, il suo colore è bigio, vive in compagnia di 50 e più insieme; partorisce un sol figlio, grande appena come la metà di un sorcio; la madre però lo porta nel sacco delle mammelle fino che pesa 14 libbre; il più grande di questi animali ordinariamente pesa 140 libbre. Questo genere
descrizione, ed un disegno trovasi nel Magazin fuer den neuesten Zustand der Naturkunde IV, vol. 5 quint. p. 619 tav. X. e nel Museum des Wundervollen I vol. 3 quinter. p. 253.
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di animali ha nella Nuova Olanda delle specie assai varie, e fuori dell’America è assai raro incontrarlo nelle altre parti del mondo. Il DIDELPHIS GIGANTEA, ovvero il KAENGURU de’ nuovi Olandesi, trovasi ora addomesticato nell’Inghilterra(1). Il DIDELPHIS PYGMAEA, grande come un sorcio domestico, ha fra le gambe anteriori e posteriori una membrana per volare come lo scoiattolo volante, ed una coda stretta, piatta, e quasi alata. Il DIDELPHIS SCUREA ha egualmente una membrana per volare, ma la coda è rotonda e coperta di folti capelli, ed è un animale notturno. Il DIDELPHIS MACROURA anche esso ha una membrana simile. Il DIDELPHIS URSINA, chiamato da’ nazionali del Porto Jakson WOMBAK, ovvero WOMBAT, trovasi in quantità sull’isole di Barren (che appartengono al gruppo delle isole di Fourneaux nello stretto di Bass, fra la nuova Galles meridionale, e la terra di Van Diemen), ed assomiglia molto all’orso, e pesa 25 in 30 libbre. La femmina pesa qualche
(1) Ved. gli annali del museo nazionale della storia naturale 2 quint. parte III e sulla produzione di essi. Ved. Home nel philos. Tran. 1795 p. II ed un estratto da ciò nel Magazin fur den neuesten Zustand I vol., pag. 56 unite le annotazioni di Blumenbach pag. 108.
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cosa di più, ma ambedue sono della medesima grandezza. Le gambe anteriori sono un poco più lunghe delle posteriori. Il colore è giallastro, bruno cangiante, e più scuro sul dorso; la testa è piatta, e contemplandola davanti assomiglia ad un triangolo equilatero: i piccoli occhi sono pieni di vivacità e di fuoco. Il labbro superiore è spaccato come nella lepre. La testa, a cagione di un collo molto corto, pare essere inchiodata sul tronco; il suo andare è goffo come quello degli orsi, e vi vuol poca fatica per raggiungerlo. Per natura è dolce, ma irritato morde ferocemente intorno a sé. La voce consiste in un dolce sibilare che non si sente più lontano di 30 in 40 passi(1).
Estremamente curiose sono le due specie degli ORNITORYNCHI ovvero animali mammiferi, che hanno il becco da uccello.
L’ORNITORINCHUS PARADOXUS fu veduto
(1) Ved. Collins e secondo lui trovasi un estratto ed un disegno nel magazzino di Voigt. 4 vol. 5 quint. pag. 681.
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per la prima volta nel 1797 dentro un lago presso il fiume di Hawkesbury. Si assomiglia nell’insieme alla lontra. Invece del muso ha un becco che, riguardo alla figura ed all’organizzazione, è affatto simile a quello dell’anitra; ambedue le specie hanno i becchi coperti di una pelle atta al senso del tatto, nella quale i nervi del quinto paio sono divisi in maniera uguale: in ambedue il becco inferiore sul margine è dentato a foggia di sega. L’intero becco alla radice è guarnito di un processo membranoso, come una continuazione della pelle poc’anzi nominata(1). L’intero animale è lungo 17 pollici inglesi; la testa ha pollici tre e mezzo, il tronco dieci,
(1) Ved. Blumenbach osservazioni anatomiche sull’Ornitorynchus paradoxus nel magaz. V. Voigt fur den Neuesten Zustand 2 vol. 2 quint. pag. 284 ec. e tav. IV e notizie sopra alcune osservazioni fatte intorno alla testa dell’ornitorychus paradoxus da Home nel Philos. Transact. del 1800, ed un estratto da ciò nel Voigt magazin l. c. Vol. 3 quint. 3 pag. 78 secondo l’ultima notizia, Home, su ciascun lato delle mascelle ha scoperto nel suo esemplare due denti molari piatti. Blumenbach e Shaw (num. 118 of the naturalists miscellany) negli esemplari da loro esaminati non hanno trovato questi denti.
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e la coda tre e mezzo. Il dorso è d’un nero bruno, ed il ventre d’un bigio giallastro. Le dita de’ piedi anteriori non sono coperte di peli, ma bensì quelle de’ piedi posteriori. Questi sono lunghi pollici due e mezzo; gli anteriori sono più corti; ambidue hanno 5 dita fornite di una membrana nuotatoria, che sui piedi anteriori ha un aspetto particolare, mentre è un pollice più lunga delle dita; la coda riguardo al circuito assomiglia a quella del castoro. Gli occhi e le orecchie sono quasi piccole come quelle della talpa. Osservando in questo animale come la natura, oltre la somiglianza ed il modo di vivere come le anitre, gli abbia dato organo simile per tastare, cioè la pelle del becco piena di nervi, dobbiamo meravigliarci dell’impulso di formazione della natura, che opera secondo i principi meccanici e che da per tutto corrisponde agli scopi teleologici; ed anche ammirare l’uniformità della natura nella formazione di un organo sensorio singolare presso alcune specie particolari di animali appartenenti a due classi assai diverse(1).
(1) Volendo sapere più intorno a questo animale è
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L’ORNITORYNCHUS ACULEATUS è egualmente un animale particolare, e sta fra l’istrice, ed il mangia-formiche. Il corpo di questo animale è coperto di pungoli, che sulla testa e sulla schiena sono diretti verso la fine, mentre verso la coda e sulla coda stessa stanno dritti in su. I pungoli sono di diversa grandezza, i piccoli sono oscuri, i grandi più chiari, tutti hanno la punta bruna, ed in proporzione della loro lunghezza sono molto grossi. Verso la metà del ventre scompaiono ed il petto, il basso-ventre, e le gambe sono coperte di peli simili a quelli dell’animale pigro. La parte anteriore della testa, incominciando dall’occhio fino alla punta del naso, è senza capelli, e coperta di una membrana a foggia di pergamena,
bisogno di vedere Voigt Magazin für den neuesten Zustand Vol. II I quint pag. 205-214. Gotting gelehrt Anzeig. del 1799 62 quint. Blumenbach Abbildung naturhistorischer Gegenstaende 4 quint. tav. 41. Poco si lascia però giustificare il nome di uccello che alato datogli da Jo. Calkoen nella Naturkundige Verhandlingen van de Bataafsche Maatschappv der Wetenschapen to Harlem tom. 2. quint. I num. IV. L’ornitorynchus paradoxus è tanto poco uccello, quanto l’ornitorynchus aculeatus.
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che dà al muso la vera forma d’un becco d’uccello. I piedi anteriori sono larghi, hanno cinque dita, delle quali le tre medie sono le più lunghe. Le falangi delle dita sono tanto larghe, che i peli non le possono coprire, e sono fornite di unghie larghe e cornee. I piedi posteriori sono più corti, e le dita a foggia di quelle della mano, e senza unghie. L’intera lunghezza dell’animale importa un piede, l’altezza in mezzo al corpo 5 pollici, la lunghezza de’ piedi 5∫4 pollici, e quella della testa, fin dove è senza pungoli 7∫4 pollici. La lingua è acuta come un ago, può l’animale metterla fuori del becco fino alla lunghezza di 4 pollici, simile al vero formicaio, e perciò ha ricevuto il nome di aculcatus.
La Nuova Olanda riguardo agli abitanti è ancora più deserta che l’America, ed appena sono popolate le sue coste. Non si sono veduti mai insieme più di 15 uomini combattenti, anche in occasioni che erano assolutamente decisi di attaccare gli Europei, e quando in conseguenza di ciò avevano impiegato tutte le loro forze. Possiamo ancora assicurarci della poca popolazione dell’interno
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di questo paese, poiché questi abitanti vivono esclusivamente di pesci e di conchiglie, e sono perciò necessitati a tenersi vicini alla spiaggia del mare. Essi fra tutte le razze che possono aver delle pretensioni sul nome umano, sono i più miserabili; senza agricoltura, senza il minimo vestiario, senza abitazione, inattivi, e pigri cogli occhi a metà chiusi, senza vivacità e quasi privi di sentimenti, limitati sul desiderio del momento presente, ma senza curiosità. Nulla di ciò che a loro si offriva o donava, poteva eccitare la loro attenzione, a nulla applaudivano, e nulla ammiravano(1). Tutti i tentativi per incivilire questi selvaggi sono stati inutili: alcuni de’ figli di questa nazione che per degli anni vivevano nella Colonia del Porto Jackson (e sull’isola di Norfolk), i quali da questi Coloni furono curati, educati e vestiti, hanno in fine abbandonato i loro benefattori per poter nudi vagare per i boschi. Il selvaggio della Nuova Olanda, BENNILONG
(1) Ved. Hawkesbury storia de’ viaggi marittimi degli Inglesi 3 tom., e Forster Nuova Olanda ne’ suoi piccoli scritti 2 tom. pag. 273-274.
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istesso, che fece un viaggio in Inghilterra, ritornando alla sua patria è diventato nuovamente selvaggio, per cercare miserabilmente il suo nutrimento ne’ boschi e sulla spiaggia del mare. Per quanto ostinatamente disprezzino qualunque incivilimento, e perciò si ritirino più nell’interno, a misura che gli stabilimenti degl’inglesi si estendono, pure loro il linguaggio ha sofferto un qualche cangiamento. I Nuovi Olandesi hanno imparato più l’Inglese che gl’Inglesi la favella de’ Nuovi Olandesi. Essi accettano diverse parole degl’Inglesi, senza però concepirne il senso. Qualche volta vengono isolatamente a visitare gl’Inglesi nelle loro Colonie. Gli abitanti della terra Van Diemen sono di una razza di uomini diversa da’ Nuovi Olandesi. Questi hanno i capelli lunghi e neri come gli Asiatici, benché il colore del loro corpo sia oscuro come quello degli Africani; e quelli della terra di Van Diemen hanno i capelli ricciuti come la lana, eguali ai Negri del Congo nell’Africa.
Indubitatamente è quivi il genere umano sul primo gradino, ed è da considerarsi come appena creato. Il confronto de’ suoi costumi con quelli degli Americani, conoscendo
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per l’avvenire un poco meglio i Nuovi Olandesi, sarà per la storia dello spirito umano della massima importanza.