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DOTTRINA ELEMENTARE
DELLA GEOGRAFIA FISICA

CAPITOLO II - DELLA TERRA

VII

DIVISIONE DELLA TERRA

avanti

Indice

Capitolo secondo. Della terra

I. Idea della Terra

II. Disegno della Terra

III. Circuito e grandezza della Terra: divisione di essa

IV. Mondo antico e mondo nuovo

V. Divisione esteriore de' continenti

VI. Isole e loro divisione

VII. Divisione ulteriore della Terra con alcune brevi notizie sulle parti singolari di essa

  1. Paesi, il di cui circuito e l'interno sono conosciuti interamente: l'Europa

  2. Paesi, il di cui circuito è conosciuto interamente, e l'interno per la maggior parte: l'Asia

  3. La Terra di cui è conosciuto solo il circuito, e niente affatto l'interno: l'Africa

  4. Paesi di cui non è conosciuto interamente il circuito, e meno ancora l'interno: l'America e la Nuova Olanda

  5. Paesi che sono stati veduti, ma che non si hanno potuto più ritrovare

  6. Paesi conosciuti dagli antichi, ma che si sono perduti

  7. Paesi che solamente si suppongono per ragioni fisiche (la Terra del Sud), e per ragioni storiche (una parte delle Terre di Juan de Fuca e dell'Ammiraglio de Fonte, e molte isole che si veggono sulle carte spagnuole)

VII

Paesi che solamente si suppongono per ragioni fisiche (la Terra del sud) e per ragioni storiche (una parte delle Terre di Juan de Fuca e dell’ammiraglio de Fonte, e molte isole che si veggono sulle carte spagnuole)

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Abbiamo già fatto menzione sulla poca probabilità dell’esistenza della TERRA DEL SUD(1). Gli antichi, particolarmente Tolomeo, situandola tra l’Africa e Java, la chiamarono Agisymba, e trasformarono perciò il mare delle Indie in un mediterraneo.

I moderni la posero particolarmente nel mare pacifico tra l’America e l’Asia. L’onore dell’antica ipotesi è stato salvato almeno per la scoperta della Nuova Olanda. È difficile il credere che per l’onore dell’ipotesi moderna si possa trovare una terra proporzionatamente grande tra l’Asia e l’America; solo sarà facile che vi si trovino ancora varie isole di diversa grandezza.

(1)  Ved. Geogr. fis. vol. II. p. 543 e seguent. 

593

L’essere stato di questa del sud si fondo: 1. sull’immensa estensione di acqua, di cui non si poté comprendere il fine. Si suppose che almeno la metà della superficie del globo dovesse essere terra ferma. Ora, mancando ancora 1,500000 miglia quadrato per formare la metà, si credette che la terra del sud dovesse avere quest’estensione: 2. si suppose, che l’equilibrio del globo richieda una tal terra del sud, mentre un piede cubico di acqua marina pesa 73 libbre e mezzo, il peso  medio delle diverse specie di terra 120 libbre, delle specie di sabbia 125 libbre, delle pietre e specie di marmo 160 Libbre; di modo che il peso dell’acqua sta come 2 a 1; oltre a ciò trovandosi quasi tutta la terra ferma sull’emisfero settentrionale: si conchiuse che una terra del sud, finora sconosciuta, debba tenere l’equilibrio(1).

In tanto queste ragioni sembrano essere solamente apparenti. L’estensione dell’acqua

(1)  Ved. De Brosse storia completa, delle navigazioni, verso le terre del sud in gran parte ancora sconosciute. Ved. Dalrymple, Collection of Voyage to the South See vol. 2 appendix p. 12. 

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due volte maggiore di quella della terra sarà necessaria; 1. per purificare l’aria, 2. per inumidire la terra. Il contrappeso, se è necessario, potrebbe consistere nella maggior condensità delle masse di terra sul fondo del mare, oppure nelle montagne delle terre conosciute del sud.

Al di quà del 60° difficilmente troverassi ancora una terra molto estesa, ed al di là di questo grado cessa ogni vegetazione, e se mai vi tosse, non sarebbe sufficiente per provare la necessità del detto equilibrio.

 

DIVISIONE DELLE TERRE IN ABITATE E DISABITATE IN SOLITUDINI, DESERTI, STEPPE E LANDE.

Le terre sono o abitate o disabitate. Niuna terra è abitata in modo come dovrebbe essere; la Francia stessa(1) e l’Inghilterra(2) potrebbero nutrire altrettanti uomini 

(1)   Ved. De Brosse storia completa delle navigazioni verso le terre del sud. 

(2)   Report of the committee appointed by the board of agriculture to taxe into consideration the state of the waste lands and commen fields. Printed by the board, 4 January 1795. 

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quanti effettivamente vi si trovano. Nella Germania e nella Prussia la mancanza della popolazione è ancora più sensibile, e riguardo agli altri stati non abbiamo bisogno di alcuna dimostrazione. Dappertutto ci accorgiamo della mancanza di uomini. La più gran parte di qualunque terra ferma è totalmente disabitata. 

Le terre sono disabitate o per arbitrio degli uomini, o per colpa della natura. 

Per arbitrio degli uomini è spesso abbandonata la terra la più bella e la più fertile, ed allora la chiamiamo solitudine. Le solitudini in Europa sussistono forse unicamente ne’ paesi turchi e nella Polonia. Nella Moldavia e Vallacchia, nella Podolia e nell’Ukrania s’incontrano, malgrado del suolo più fertile, molte regioni a perdita di vista coperte di prati e di boschi. Tre volte altrettanto di solitudini si vedono nelle altre parti del mondo sotto i cieli più belli.

Tutta la parte dell’Asia appartenente ai Turchi, la Persia, la penisola al di là del Gange, la Nuova Olanda, il Madagascar, l’Egitto, l’Etiopia, l’intera costa grientale ed occidentale dell’Africa, come anche la sua parte settentrionale una volta sì florida, e la

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regione più bella dell’America, dal Messico fino al Perù, presentano all’occhio osservatore una quantità di deserti i più vasti. Sei volte tanto di uomini, quanti presentemente ne abitano sul globo, potrebbero essere nudriti abbondantemente senza recarsi verun incomodo. Il numero presente del genere umano potrebbe essere sei volte maggiore, se una metà di esso non fosse, continuamente occupata a distruggere l’altra; cioè se nessun uomo fosse sterminato per mano di uomini. Se questo non accadesse, quanto maggiore sarebbe la coltura degli uomini, poiché la coltura, e l’ingentilimento degli abitanti di un paese, cresce sempre col numero di essi. 

Le terre disabitate per colpa della natura si chiamano generalmente DESERTI. Le cause di ciò sono accidentali od esteriori, o consistono nella qualità del suolo stesso.

Terre disabitate a motivo di cause naturali, esteriori ed accidentali, le quali forse si leveranno nell’avvenire, sono quelle coperte di una crosta di ghiaccio, oppure quelle che a motivo di un clima ruvido e freddo non furono sin’ora occupate, come una gran parte dell’Asia Nord est, e l’America settentrionale, quasi incominciando dal 50°.

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Nell’America abbiamo ancora da sperare molto per l’avvenire. Il clima, in proporzione della coltura e degli uomini che vi si affollano, diventa più dolce.

Le terre disabitate a motivo della loro qualità e natura interna sono le Lande, le Steppe e i Deserti propriamente detti.

Le Lande sono pianure libere ed aperte e per lo più coperte di una sabbia secca, acuta e ordinariamente rossa, la quale in certo modo assomiglia alla polvere di ferro. Questa sabbia è mista spesso di ciottoli di montagne di primo ordine, cioè di pezzi ritondati di granito, di lavagna, di quarzo(1). In alcuni luoghi la sabbia non fu ancora legata, e soffiando il vento, è gettata da tutte le parti; ne’ maggiori siti però è coperta di uno strato leggero di terra vegetabile, ove crescono il muschio, l’imbrentina, il minuzzame di ramoscelli, il giunco, e particolarmente l’erica.

Sotto la terra vegetabile si trova quasi dappertutto una crosta indurita, anzi quasi

(1) De Luc Lettere fisiche sulla storia della terra, Tom. I. 

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impietrita, che arresta le radici, e che impedisce particolarmente il crescimento degli alberi e di qualunque arbusto. In molti luoghi fu rotta questa crosta, ma essa si riproduce di nuovo ed in breve tempo(1), in guisa che si crede quasi impraticabile la coltura delle Lande. La crosta è sottile, e sembra che la materia produttiva di essa non sia molto abbondante, anzi di poterla distruggere scavando più profondamente; ma ciò è assai dubbioso, poiché sussistono colline intiere composte di questi strati sabbiosi petrificati. Bentheim nella Westfalia è fabbricato sopra una collina di questa natura; e le colline di carbon fossile presso Ipperbühren sono composte di una sabbia petrificata eguale a quelle delle Lande vicine. L’erica che vi cresce sopra è fresca. Il fondo della collina, veduto di lontano, ha l’aspetto delle montagne tinte dal sole quando tramonta(2). Un altro impedimento, perché le Lande non si possono coltivare, sta nella mancanza di acqua, come il distretto tra Zell e Lüneburg. 

(1)  De Luc Lettere fisiche sulla storia della terra. Tom. I. 

(2) Ibid. Vol. V. 

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Né ruscelli né fonti rinfrescano la terra, l’acqua piovana perdesi subito.

Le specie dell’ERICA sono assai numerose, e Linneo ne conta 60. Il maggior numero cresce nell’Etiopia. Quella che ordinariamente copre le nostre Lande è l’ERICA ROSSA COMUNE (erica vulgaris) le di cui foglie sono a foggia di lancia, e L’ERICA PALUDOSA di un bruno rosso (erica tetralix). Quest’erba, come possiamo immaginarci, estende le sue radici orizzontalmente e distanti. Esse sono di un rosso bruno, come i fusti, i quali, se non sono mangiati dalle pecore o abbruciati, crescono alti fino a quattro piedi, e gl’inferiori si estendono come le radici; i rami sono ornati di foglie fine, tinte, d’un verde oscuro: esse incrocciandosi sono poste foltamente una sopra l’altra a foggia di squamme, e danno in tal guisa all’erba l’aspetto di un arbusto di cipresso. Quest’erba fiorisce incominciando dalla fine di agosto sino alla metà di ottobre. Il fiore attaccato ad un gambo assai piccolo è di un colore rosso violaceo lilla, oppure di colore di carne. Le foglie esterne del calice parte sono pelose, parte fornite di speroncelle fine. Il calice interno, ch’è più grande della corolla, non 

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cade, ma diseccasi col frutto. L’erba, tanto nell’estate quanto nell’inverno, dà un buon pascolo per le pecore. I fiori sono un buonissimo nutrimento per le api. In tal guisa le Lande non sono totalmente inservibili. Le Lande più conosciute sono quelle della WESTFALIA(1) intorno a Stade, Annover, Zell, Lüneburg, Amburgo; DELLA OLANDA intorno ad Utrecht, e verso i confini della Germania(2); DI BADEN particolarmente intorno a Rastadt; DELLA POMERANIA, DI NEUMARK, DELLA PRUSSIA, DELLA GOTIA OCCIDENTALE. Intanto si trovano anche Lande maggiori o minori nelle terre più floride, come in Francia, nel Piemonte, nella Toscana, anzi quasi in tutti i paesi, e pochi ne saranno totalmente liberi.

Si sono fatti molti tentativi particolarmente nel Lüneburghese per coltivare le Lande; ma l’esito è stato finora assai inferiore, e tutta l’utilità che se ne può tirare, sembra limitarsi generalmente alla cura del bestiame e delle api(3). 

(1)   De Luc Lettere fisiche sulla storia della terra Tom. I. 

(2)  Idem Tom. II. 

(3) Idem Tom. II.   

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Le pecore che pascolano nelle Lande del Lüneburghese e dell’Amburghese, chiamate SCHNUKEN, sono cornute e più piccole delle altre, ma più grasse, ed hanno maggior quantità di lana. La lana è grigia, qualche volta nera, grossa e dura, ma lunga. Essa forma un ramo considerabile di commercio degli abitanti. Le api vi si nudriscono solamente nel tempo quando l’erba fiorisce; perciò nel mese di agosto dopo la raccolta vi si trasportano su de’ carri lunghi costruiti a bella posta.  Ciascun paesano colloca le sue arnie in capanne di api da 40 sino a 60 arnie per capanna, senza tema di esserne derubato. Alla fine di autunno si levano, lasciandole in regioni più floride e più coltivate, durante la primavera ed il principio d’estate. Si calcola che ne’ paesi d’Annover si guadagnano annualmente circa 3000 quintali di cera e 10 fino a 15000 quintali di mele. Anche Plinio conosceva questa specie di mele, chiamandolo MEL ERICEUM(1). Esso è rosso come il fuoco.

De’ gambi dell’erica si fabbricano nel Lüneburghese le scope, che in quantità passando

(1)  Plin. histor. nat XI, 16. 

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per Amburgo, si trasportano in Olanda. Anche in Toscana se ne fa questo uso, e l’arbusto stesso porta il nome di scopa. Delle punte più sottili de’ gambi si costruiscono, in una fabbrica particolare in Francia, certe scopette per gli abiti. Se ne servono anche per coprire i tetti delle case, per far fascine ec. Difficilmente si può sterminarle, e nessuna specie di bosco può crescervi.

In alcune regioni delle Lande cresce anche l’arbusto di mirtillo (vaccinum myrtillus) le di cui bacche ne’ mesi di luglio ed agosto si trasportano in grossi battelli da Hanburgo , in Amburgo, in Altona ed altri paesi Amburgo solo ne compra annualmente per 6000 scudi, impiegandole per tingere i vini o mandandole per tal fine a Bordeaux.

Le Lande ordinariamente non giacciono basse(1) e scavando profondamente contengono strati di pietre calcari e conchiglie(2). Esse sono interrotte da regioni fruttifere e striscie di torba, e non sembrano essere totalmente improprie alla coltura. Molto assomiglianti 

(1)  Ved. De Luc Vol. V . Vol. II.  

(2) Ibid. Vol. I. e II.  

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ad esse sono le BRUGHIERE. Anch’esse sono pianure grandi ed infruttifere, ordinariamente poste tra due correnti. In esse non trovansi sorgenti per quanto si scavi profondo: ciò dimostra che sono condotte insieme da correnti. Da esse non sorte alcun fiume, ma vi si trovano laghi salati e stagni; ed il suolo è generalmente salato. Esse non sono totalmente infruttifere; così nella brughiera di Okzakow crescono in alcuni luoghi delli sparagi e piccoli ciriegi; alberi grandi però non vi crescono, ed in generale sono queste brughiere inservibili all’agricoltura: dopo la pioggia servono di pascolo; e siccome in essi la neve si squaglia prestissimo, servono di soggiorno invernale ai pastori: l’erba salata che vi cresce conviene molto alle pecore.

Le Steppe più conosciute dell’Europa giacciono tra il Danubio ed il Dniester, chiamata la BESSARABICA o Budziak. È abitata lungo le due correnti ed il mare; il resto è deserto senza che vi si trovi un albero. Carlo XII, che dopo la battaglia di Pultava passò per questa regione, ha imparato appieno a conoscere gli incomodi di un suolo di questa natura. La Steppa di OCZAKOW giace tra il 

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Dniester ed il Bog; quella della CRIMEA tra il Bog ed il Dnieper; quella del Don tra il  Dnieper ed il Don, e quella della Volga tra il Don e la Volga. Nelle due ultime girano intorno i NOGAJ TARTARI, che come gli altri vivono per la maggior parte di carne di cavallo, e sono assai ospitalieri. 

Oltre ciò nella parte dell’Asia appartenente alla Russia sono conosciute principalmente la Steppe di RYN tra la Volga ed il Jaik, quella de’ KIRGISI chiamata Bursak tra il Jemba e l’Jrtisch, quella di BARRABA tra l’Jrtisch e l’Oby, ove vagano d’intorno i Barabinzi circa 5000 uomini combattenti. I Russi si sono stabiliti intorno ai fiumi di questa regione. I Barabinzi sono allegri e pacifici, ma abbandonando il loro domicilio, inclinano, come tutti gli abitanti de’ Deserti, alla ruberia. Altro non hanno che cavalli e pecore, e vivono totalmente de’ primi. Quindi, come ha osservato Pallas, cibandosi unicamente di animali e del latte de’ cavalli, sono più leggeri che i Russi, i quali vivono di vegetabili e di paste. Pallas dice, che i cavalli si sollevano quando vengono montati da un Buraete, dopo essere stati prima montati da 

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un Russo, e che ciascheduno si può convincere di questa differenza del peso alzando prima un ragazzo Buraeta per la testa, ed indi subito un Russo di una medesima grandezza. Essi sono Tartari. Coblei Chan nipote di Dschingis Chan il Grande, alloraquando conquistò la China, fu consigliato da’ Seissani di abbruciare tutte le città, poiché il terreno non è atto a farvi pascolare gli animali. Quanto sarebbe stato terribile, se gli Unni, egualmente Tartari di queste regioni, si fossero sostenuti in Europa. Essi scrivono sulle scapole de’ montoni. Qual aspetto curioso avrebbe dato una biblioteca di Attila?

Nella grande Steppa de’ Kirgisi giacciono molte striscie di sabbia totalmente infruttifere: per esempio presso la sorgente del fiume Temira, la quale è lunga di 50 Werst e più; il piccolo e grande Barsuk; la regione sabbiosa di Kungura lunga di 100 West, e larga 50 ed altre.

I grandi DESERTI DI SABBIA si distinguono dalle Steppe per la catena di montagne che li circondano, e per la situazione alta riguardo al livello del mare. Essi non giacciono tra i fiumi, ma essi stessi hanno fiumi, 

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benché solamente sul margine. Tutti i loro fiumi si allontanano dal deserto, e quelli che dalle montagne vicine corrono verso l’interno, ben presto tornano in dietro e si perdono. Ora correndo i fiumi sempre verso le regioni più basse, risulta che i deserti devono essere elevati: e siccome non essendovi qualche montagna in essi, da cui l’acqua piovana scoli per formare una sorgente o un fiume, risulta che i deserti sono piani, senza montagne, ed in conseguenza pianure alte. Dalle montagne da cui sono circondate vengono divisi per mezzo di una valle. Le Steppe dopo la pioggia sono periodicamente servibili pel pascolo; i deserti al contrario sono totalmente inservibili al pascolo; la semenza è dispersa dal vento, né può in verun sito radicarsi. Non vi piove mai. Le nuvole e qualunque umidità dell'atmosfera svaporano a motivo dell’eccessivo calore che vi domina. La mancanza di acqua nel loro centro è grande. I pozzi si scavano alla profondità di 200 tese, e sono in conseguenza l’opera e la proprietà di molti popoli, ed i re muovono la guerra per essi. La loro profondità richiede una grande circonferenza; oltre a ciò è necessario evitare, che non si riempiono 

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di sabbia. La loro discesa deve inclinarsi a poco a poco, onde i cammelli possano avvicinarsi ad essi. Devono essere anche coperti, altrimenti per mancanza di acqua, gli uccelli e le cavallette vi cadrebbero sopra, e così l’acqua presto diventerebbe putrida. Ne’ deserti si trovano spesso de’ laghi salati, ed il sale cristallizzato, che sono anche i motivi perché queste regioni si visitano. Sembra che il sale abbia formato il primo articolo considerabile di commercio. Le prime classi de’ Negri lo portano continuamente seco in un piccolo sacchetto pendente sul petto. Essi lo comprano avidamente, dando in cambio schiavi e polvere d’oro. Ne’ deserti si vede continuamente un’aria ondeggiante, di modo che tutti gli oggetti sembrano nuotare o tremare. La siccità fa sì che vi regna continuamente una specie di vapore; e tutti gli oggetti sembrano ingranditi, gli uomini alti come torri, e le canne rappresentano un bosco. Inoltre viaggiando ne’ deserti si crede sovente di vedere de’ laghi. DENON, nel suo viaggio per l’alto e basso Egitto, Tomo I, dice: ne’ deserti i soldati soffrirono molta sete in vista di un gran lago. Questa specie nuova di tormento richiede 

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una spiegazione, poiché nasce da una illusione che ha luogo solamente in queste regioni. Essa si produce mediante il riflesso de’ raggi solari, che verticalmente cadono sopra gli oggetti, e che per l’eccessivo ardore della terra vengono rigettati. Questo fenomeno produce una illusione cotanto simile all’acqua, che più volte di seguito si resta ingannato: e siccome ordinariamente se ne accorge, nel momento più caldo del giorno eccita una sete assai veemente(1).

Nell’America e nell’Europa tali deserti non si trovano; ma bensì nell’Africa e nell’Asia. Nell’Africa giace il più grande. Quelli dell’Asia sono il deserto Goby e quello della Persia, ed ambedue poco cedono in grandezza al gran deserto Sarah nell’Africa.

Spesso si trovano nei deserti luoghi assai fruttiferi chiamati con una parola antica egiziana OASE(2). 

(1)  Questo fenomeno è trattato con molta acutezza d’ingegno e con molto sapere delle Mémoires sur l’Egypte. Vol. 4. in 8.   

(2)  Strabone II pag. 89 lin. 55: ma qui come negli altri passi di Strabone leggesi [609] ἂναβις e questo sembra essere il più giusto. Nell’Arabo la parola HAWA vuol dire abitazione, e Si deserto. Lib. XVII pag. 544. l. 23 segg. 

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Questi luoghi sono, per così dire, dell’isole nel mare sabbioso. Anche sopra loro non cade la pioggia, ma tutte le notti cade una forte rugiada, che mantiene i vegetabili freschi e verdeggianti. Strabone ne nomina molti, de’ quali tre situati più verso l’Egitto si erano sommessi al suo dominio; ei li descrive come un soggiorno assai ameno(1), ove si abbonda di vino, di acqua e di qualunque altro oggetto necessario alla vita. Strabone pone le grandi Oase sette giorni di viaggio distante da Abido; la piccola verso la regione del lago Moeris, e la terza verso l’oracolo di Giove Ammone(2). OLIMPIODORO presso Fozio accenna anch’egli queste tre. Tolomeo ne nomina solamente due, senza far menzione dell’Oase di Ammone; ma la mette unita al tempio di Giove Ammone. Ai tempi degl’Imperatori Romani, 

(1)   Michaelis ad Abulfedam num. 54, 56, 59, 60. 

(2)   Strab. Lib. 17 pag. 559 lin. 39 segg. κατοικικίαι αξιολογοι. 

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queste Oase servivano di esilio(1) poiché era difficile, direi anzi quasi impossibile, a fuggire. Erodoto pone una grande Oasa sette giorni di viaggio distante da Tebe, dicendo che è chiamata l’isola de’ Felici(2). Fezzan è una Oasa di questa natura.

FINE DEL TERZO VOLUME

(1) Leg. VII. Dig. de interdictis et relegatis. Sect. $. Sozom. Storia aeclesiastica VIII. 7.  

(2)  Herodot, III. 26. 

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