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DOTTRINA ELEMENTARE
DELLA GEOGRAFIA FISICA

CAPITOLO III - DELL’ATMOSFERA

I. NATURA, E QUALITÀ DI ESSA

avanti

Indice

III. Delle correnti 

  1. Divisione delle correnti

  2. Dell'andamento delle correnti

  3. Rapidità delle correnti

  4. Dell'andamento della corrente propriamente detta

  5. Dello stato dell'acqua

  6. Del dominio della corrente

  7. Del modo con cui la corrente forma il suo dominio e il suo letto

  8. Dello svanire di alcuni fiumi

  9. Del mormorio particolare di alcuni fiumi

  10. Dell'arresto dei fiumi e del loro regresso

  11. Delle cadute di acqua

  12. Della somma dell'acqua che contengono i fiumi

  13. Delle inondazioni

  14. Del fondo del fiume e delle materie che i fiumi conducono seco

  15. Della temperatura dei fiumi

  16. Di alcuni fiumi grandi

IV. Dei laghi

  1. Determinazione dei laghi

  2. Divisione dei laghi

  3. Di alcuni fenomeni intorno ai laghi

  4. Di alcuni laghi notabilissimi

V. Degli abitatori dei laghi e dei fiumi

VI. Della densità e delle parti consistenti del centro della terra in generale

Capitolo III – Dell'atmosfera

I. Natura e qualità di essa

  1. Definizione di atmosfera

  2. Qualità dell'atmosfera

  3. Mezzi per iscoprire la compressione e la densità dell'aria

  4. Dei cangiamenti dello stato del baromentro

Della macchina pneumatica

Dell'altezza dell'atmosfera

Della macchina areostatica

Di alcune diversità dell'atmosfera

Delle specie dei Gas

Storia dell'atmosfera

2. Qualità dell’atmosfera

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Dalla resistenza che ci fa l’aria immergendo nell’acqua un bicchiere rivolto, o qualunque altro vaso ove essa non può sfuggire su i lati; dalla burrasca che rovescia case ed alberi ec., possiamo conchiudere ch’essa sia un corpo invisibile in piccole masse, e visibile nelle grandi. Tutti gli oggetti distanti da noi compariscono turchini; donde nascerà altrimenti questo colore che dall’aria, simile agli oggetti veduti da vicino a traverso un vetro tinto di turchino? L’aria dunque ha un colore visibile, ed il colore propriamente detto dell’aria pura è un turchino сuро che partecipa quasi del nericcio(1). Così tinto veggiamo il cielo contemplandolo dalle sommità delle montagne, ove l’aria è meno caricata de’ vapori che nella valle. I vapori rendono questo colore più chiaro e bianchiccio, ed abbreviano il colpo di vista; quindi trovandosi in pianura, non osserviamo quella quantità di stelle né con tanta chiarezza come sulle sommità de’ monti.

(1) Ved. Geogr. fis. vol. 4.

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Quelli i quali hanno creduto che il turchino dell’aria nasca dal riflesso de’ raggi di luce caduti sopra gli oggetti da cui siamo circondati, ignorano che l’aria comparisca egualmente turchina, guardandola dalle più alte montagne verso le valli; benché, a motivo della quantità de’ vapori ivi esistenti, il colore sia meno carico, e le montagne distanti e le selve ec. sembrino involte in un vapore celeste.

Frezier, ed anche Forster il maggiore, hanno spesso osservato sotto i tropici nuvole verdi durante il tramontare del sole; ciò nasce dalla mescolanza de’ raggi gialli del sole col turchino dell’aria. Forster il minore osservò un giorno a Cassel una tale refrazione, per cui il cielo intero fu tinto vivamente di colore verde chiaro. Il sole tanto di mattina quanto di sera dipinge però sotto i tropici il cielo di colori più vivi; quindi cadono queste refrazioni più chiaramente sott’occhio.

La fluidità dell’atmosfera è evidentissima, poiché si divide facilissimamente, penetra i pori del legno, della carta ec., si muove facilissimamente da un luogo all’altro; e nessuna forza, né della natura, né degli uomini,

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nessun freddo o una compressione qualunque, ha potuto diminuire la fluidità di essa, meno ancora distruggerla o ridurla in un corpo compatto.

La figura delle particelle dell’aria è sconosciuta, ma ciascuna è elastica, e si lascia comprimere facilmente sino ad un certo grado, durante che non conserva la figura naturale, come egualınente accade con qualunque altro corpo elastico: levata la compressione, occupa nuovamente lo spazio primo, riprende la prima figura, e torna allo stato naturale. Introducendo velocemente un cilindro dentro un tubo compatto, di modo che esattamente vi combacia, ritornerà da sé stesso quando cessa la compressione. Un bicchiere voto posto coll’apertura sull’acqua, e così immerso lascerà entrarvi l’acqua sino ad una certa altezza, ma mai sino al segno dove si vede l’acqua intorno al bicchiere, poiché l’aria nell’interno del bicchiere resiste alla penetrazione dell’acqua. Cessando poi la compressione, si estende nuovamente l’aria, e spinge il bicchiere fuori dell’acqua, facendo con tal atto saltare il bicchiere in aria. Una vescica riempiuta di aria resiste non solamente alla

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compressione della mano, ma cessando riprende ancora perfettamente la figura primiera. Un corpo elastico essendo nello stato suo naturale, resiste tanto all’estensione quanto alla compressione. Possiamo estendere corde di metalli e di budella, e corde propriamente dette ec., attaccandovi de’ pesi; levando però questi pesi, si raccorceranno più o meno secondo la loro elasticità. L’aria da cui siamo circondati è molto compressa dal peso dell’aria superiore, e l’aria si distende sempre più, trovando noi il mezzo di diminuire questa compressione; non siamo però capaci di porla in situazione tale da non potersi stendere maggiormente. Non possiamo però levare tutta la compressione sopra di essa, neppure metterla nello stato della sua densità naturale, a noi affatto ignota.

Per quanto sia debole la resistenza dell’aria alla prima compressione che ad essa si dà, e per quanto sia facile costringerla in uno spazio più angusto, altrettanto resiste al ristringimento continuato. Esaminando l’aria vicino alla superficie del suolo, e non cambiando durante l’esperimento né il calore, né l’umidità, lo spazio in cui si è estesa starà all’inverso del peso su cui

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comprime. Da una tal forza doppia lo spazio diventa un’altra volta più piccolo, ovvero l’aria è resa due volte più compatta da una forza doppia, tre volte da una forza triplice, e otto volte da una forza ottupla(1). Questa legge ha preso il nome da Mariotte; poiché egli mise in comunicazione un tubo di vetro di 8 piedi con uno più piccolo di 12 pollici, facendo saldare il piccolo, e riempiere il grande coll’argento vivo fino alla linea di comunicazione, di modo che l’aria nel piccolo tubo era della stessa densità di quella racchiusa nel grande, ma separata l’una dall’altra. Mariotte continuò a versare dell’argento vivo nel tubo più grande, il quale penetrò indi anche nel piccolo, e vi compresse l’aria. Quando l’argento vivo nel tubo grande stette 14 pollici più alto che nel piccolo, occupò l’aria solamente 8 pollici. Essa fa dunque compressa da 28 pollici d’argento vivo per l’atmosfera, e da 14; in totale da 42. Questa compressione sta a quella di 28 pollici come 3 a 2, e nella stessa proporzione trovavasi anche in principio la densità

(1) Winkler Untursuchung der Natur und Kanst pag. 98.

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dell’aria nello spazio di 12 pollici in confronto a quello che tenne poi di 8 pollici. Allorquando la colonna del lato più lungo era 28 pollici più alta del più corto, occupava l’aria 6 pollici; e quando essa era montata a 56, compresse l’aria nello spazio di 3 pollici. Saussure, facendo delle osservazioni sulle montagne, ha trovato esatta questa legge, ed anche Fontana intorno ai gas artificiali(1). Non è sicuro, e neanche verosimile, che questa legge continui in tal gradazione, cioè che una forza maggiore di 10, o di 100 comprima l’aria dentro uno spazio minore si 10, o 100(2), poiché l’elasticità dell’aria cresce colla sua densità. Più profondo che si spinge un turacciolo dentro un cilindro, più fortemente resiste l’aria rinchiusa, e cerca di estendersi con maggior

(1) Rozier, observations et mémoires sur la physique etc. 1790. febbraio, p. 93.

(2) In oltre è supposto in ciò eguale elasticità ed eguale calore che non si trovano nell’applicazione de’ barometri: ved. vol. 4. Il termometro e l’igrometro devono sempre essere consultaci particolarmente nelle misure delle altezze.

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vigore. Ponendo una tavola sopra una vescica riempiuta d’aria, e caricandola di pesi, allora si abbassa la tavola col peso, ma ben presto si mette in riposo. Raddoppiando i pesi, allora la vescica sarà compressa di nuovo, ma non eguale alla prima volta ed aggiungendovi il terzo peso, risulterà un effetto ancora minore. Da ciò è chiaro che l’aria regge un peso tanto maggiore, quanto maggiore è la compressione e la condensazione di essa. Quindi è sicuro che tenta di estendersi con altrettanto di forza.

Comprimendo l’aria sino all’ultimo punto, resisterebbe come un corpo solido, cioè come il granito o il diamante; ma sinora non si è potuto fare un esperimento simile né per mezzo del freddo, né per compressioni ec. Hales crede averla compressa 1838 volte; dunque una volta più compatta dell’acqua. Esso si servì in tal occasione dell’acqua fatta gelare in una granata di ferro; Bussone però osserva che l’aria in tal modo sia stata compressa solamente 1340 volte, e ch’è divenuta una volta e mezzo più pesante.

Restando invariabile la densità della

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aria, cresce, o diminuisce l’elasticità dell’atmosfera col calore, o col freddo. Riscaldandosi una vescica compressa, asciugata e legata all’apertura, si estende sempre di più, e spesso scoppia in fine. Se la vescica fosse aperta, l’aria riscaldata ne sortirebbe; mentre aumentandovisi l’elasticità, l’aria si estende in uno spazio maggiore, ed in tal guisa continuerebbe sinché l’elasticità esterna coll’interna fosse equilibrata. Raffreddandosi l’aria nella vescica, perde la sua elasticità; ed aprendola, vi penetra l’aria esterna finché l’equilibrio sia ristabilito.

Aprendo la porta di una stanza riscaldata, nasce una doppia corrente di aria. L’aria riscaldata, cercando di estendersi sempre più, fugge al di sopra, e la fredda penetra al di sotto. Ciò possiamo osservare benissimo intorno ad una fiaccola, che tenendola alla parte superiore di questa corrente, volge la fiamma al di fuori; e tenendola in fondo, dirigesi nell’interno. Da ciò nasce anche il passaggio d’aria ne’ ventilatori, ne’ cammini ec.

La gravità dell’aria è sensibilissima, ed è confermata da infinite esperienze. Essa non essendo ritenuta s’abbassa, comprime i corpi,

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ed anche li rompe; estraendo l’aria da un bicchiere di un fondo fortissimo, vedremo che sfonda, e solamente vi resistono gli vetri a foggia di campane, poiché si sostengono per mezzo della loro volta. Possiamo anche pesare l’aria: prendendo, per esempio, una palla di rame del diametro di un piede, ed estraendone l’aria, peserà meno che quando è riempiuta di aria atmosferica comune. La gravità specifica dell’aria è però molto diversa in diversi tempi. Muschenbroek l’ha trovata in confronto dell’acqua distillata, e secondo la siccità e l’umidità di essa, ora di 1 a 606, ed ora di 1 a 1000(1). Per ciò si prende un numero medio, facendo un calcolo tra la gravità dell’acqua e dell’aria, come 1 a 800.

Essendo l’aria pesante, la superiore comprime l’inferiore; per ciò l’aria alla superficie della terra, ove noi la respiriamo, è già in istato fortemente compresso, e molto più condensata della superiore. Più che c’innalziamo sulla superficie della terra,

(1) Cours de physique §. 2058. 2059. Hube sulla evaporazione vol. I. cap. 17, e particolarmente cap. 20 p. 96 e §. 115-119.

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meno densi diventano gli strati d’aria, come osserviamo nelle estensioni delle vene(1), e nel respiro che ci riesce più incomodo. Otturando bene un fiasco stando in pianura, e riaprendolo sopra un monte alto, ne sortirà l’aria sibilando; e tenendovi innanzi un lume, si osserverà per qualche tratto la sortita di essa. Nelle regioni molto più alte dovrebbe sortire il turacciolo da sé.

Nel modo con cui l’acqua agisce con eguale compressione su tutt’i lati di un vaso, nell’istesso modo agisce anche la compressione dell’aria. Dividendo dunque in una stanza lo spazio superiore dall’inferiore, non si è per ciò messo in libertà la parte inferiore dell’aria contro la compressione della superiore: l’aria inferiore sente e porta la superiore egualmente come quella fuori della stanza, colla quale sta in comunicazione: essa per mezzo dell’elasticità conserva l’equilibrio, e comprime sopra i corpi nella stanza con tanta forza, come fa la colonna d’aria libera non interrotta.

A questa reazione dell’aria inferiore contro

(1) Ved. Geogr. fis. vol. 4.

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a superiore, la quale dev’essere sempre eguale a quella dell’aria superiore, dubbiamo attribuire, che non soffriamo dalla compressione superiore, e che le trombe aspirantı possono tirare in su l’acqua. Gli antichi conoscevano siringhe, trombe aspiranti, sifoni (diabetes, siphos)(1); ma spiegavano l’operazione di essi adducendo un ribrezzo della natura contro qualunque spazio vuoto. Il primo che sopra ciò ebbe delle cognizioni esatte fu Des Cartes, il quale, nelle sue lettere a Mersenno, attribuisce alla compressione dell’aria l’elevazione dell’acqua nelle trombe aspiranti e nel sifone, e la sospensione dell’argento vivo in un tubo chiuso al di sopra: ed esso cerca fino di calcolare il peso di quest’aria rapporto all’acqua(2). Non è premessa la data a queste

(1) Cic. 2. 8. S abger ad Vanon p. 181 Col. 3. 10 9, 14: e sino da’ tempi di Erone di Alessandria, che visse ne’ tempi di Eraclio in principio del 7 secolo, conoscevano, anche il globo, e la fontana di Erone.

(2)  Renan Des Cartes epistolae. Amstelod. 1683, 4 tom. II epist. 91 la p. 277 278; ep. 94 p. 30. ep. 96 p. 311 tom. III: ep. 102 p. 397.399: ep. 205, p. 403 f. 404.

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