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DOTTRINA ELEMENTARE
DELLA GEOGRAFIA FISICA

CAPITOLO III - DELL’ATMOSFERA

I. NATURA, E QUALITÀ DI ESSA

avanti

Indice

III. Delle correnti 

  1. Divisione delle correnti

  2. Dell'andamento delle correnti

  3. Rapidità delle correnti

  4. Dell'andamento della corrente propriamente detta

  5. Dello stato dell'acqua

  6. Del dominio della corrente

  7. Del modo con cui la corrente forma il suo dominio e il suo letto

  8. Dello svanire di alcuni fiumi

  9. Del mormorio particolare di alcuni fiumi

  10. Dell'arresto dei fiumi e del loro regresso

  11. Delle cadute di acqua

  12. Della somma dell'acqua che contengono i fiumi

  13. Delle inondazioni

  14. Del fondo del fiume e delle materie che i fiumi conducono seco

  15. Della temperatura dei fiumi

  16. Di alcuni fiumi grandi

IV. Dei laghi

  1. Determinazione dei laghi

  2. Divisione dei laghi

  3. Di alcuni fenomeni intorno ai laghi

  4. Di alcuni laghi notabilissimi

V. Degli abitatori dei laghi e dei fiumi

VI. Della densità e delle parti consistenti del centro della terra in generale

Capitolo III – Dell'atmosfera

I. Natura e qualità di essa

  1. Definizione di atmosfera

  2. Qualità dell'atmosfera

  3. Mezzi per iscoprire la compressione e la densità dell'aria

  4. Dei cangiamenti dello stato del baromentro

Della macchina pneumatica

Dell'altezza dell'atmosfera

Della macchina areostatica

Di alcune diversità dell'atmosfera

Delle specie dei Gas

Storia dell'atmosfera

Dell’altezza dell’atmosfera

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Rarefacendosi l’aria sempre più in proporzione che si allontana dalla terra, deve sussistere un’altezza nella quale sia più sottile di quanto possano renderla le migliori macchine pneumatiche; oppure dovremmo supporre che la rarefazione prodotta dalle macchine, di 1400 volle circa, sia il limite naturale dell’aria rarefatta. Se ciò fosse allora l’aria, ovvero l’atmosfera, fin dove varia per i vapori della terra, potrebbe appena innalzarsi a 8 miglia geografiche.

277

Saussure, sul monte bianco, nell’altezza di 2257 tese parigine, trovò il barometro a 16 pollici ed una linea appena. Siccome 28 pollici nello stato medio vicino al mare stanno a 16 come 7 a 4, ovvero come 4 a e due settimi; così nell’altezza doppia del monte bianco, potendosi adottare interamente la legge di Mariotte(1), deve la rarefazione dell’aria, in proporzione di quella al livello del mare, essere come 2⨍7 a 7, o quasi come 1 a 3. Nell’altezza quadrupla I a 9, nell’ottupla come 1 a 81 in quella di quattordici volte, come 1 a 2187. Vuol dire, che in un’altezza di 32198 tese, eguale a 8 1⨍5 di miglio geografico (di 3800 tese) debbe l’atmosfera essere 2200 volte più rarefatta che sulla terra. Ma siccome, seguendo anche la regola di Mariotte, nasce la quistione se l’aria possa essere rarefatta più di 2200 volte, dobbiamo, secondo il consiglio di Alhazen(2)

(1) Ved. Geograf. fisica vol. 4.

(2) Visse nel II secolo, vedi l’ultima proposizione del suo libro sui crepuscoli, un’appendice all’ottica del medesimo nel Fr. Risner Thesaur. Opticae. Basil. 1572 fol.

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e di Kepler(1), fissare i crepuscoli per limite dell’atmosfera. L’aria, fin dove riceve e rigetta la luce, appartiene sicuramente al nostro pianeta come una parte necessaria ed indispensabile, poiché la luce agisce sopra noi solamente per mezzo dell’atmosfera.

Se la terra fosse circondata da un fluido puro, come ci figuriamo l’etere, tutt’i raggi del sole vi passerebbero liberamente, senza che nessuno cadesse nell’occhio nostro, che non sarebbe scosso da’ raggi immediati, o dal riflesso di essi. Il cielo sarebbe involto in un continuo scuro, e sempre vi regnerebbe la notte; e le stelle, eccettuate in qualche distanza dal sole, sarebbero sempre visibili, ed anche queste si scoprirebbero tenendo un pezzo di carta oscura tra il sole, e l’occhio nostro. Gli oggetti illuminati immediatamente dal sole risplenderebbero collo splendore del cielo, e gli altri sarebbero sepolti nell’ombra

(1) L’opinione di Kepler fu adottata anche da Halley e de la Hire. Vedi Epitome Astron. Copern. lib. I p. 63 et de la Hire sur la hauteur de l’atmosphere nelle Memoires de l’Acad. roy. des Sciences, Paris 1713.

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della morte. Nessuna stanza, ove non cadessero i raggi solari, potrebbe essere illuminata, e ciascuna luce offenderebbe l’occhio nostro senza schiarire gli oggetti vicini. Le parti più forti di chiarore e di oscurità sarebbero poste l’una avanti l’altra. Non si conoscerebbero né l’alba né i crepuscoli; nel momento che tramonta il sole regnerebbe una totale oscurità, ed al comparir di esso si spargerebbero tutto ad un tratto i raggi troppo offensivi, e ciò guasterebbe la nostra vista, e ci renderebbe inabili alle nostre operazioni. Per mezzo dell’atmosfera al contrario si arrestano i raggi solari, e rompendosi si spargono egualmente dappertutto, per lo che siamo circondati da una luce dappertutto eguale, la quale si diffonde dappertutto con chiarore benefico.

Noi non vediamo le stelle di giorno, e neppure di notte con quello splendore che dovrebbero recare all’occhio nostro, ma per ciò godiamo dell’aspetto del sole e della luna, prima che effettivamente compariscano, ed ancora molto tempo dopo che sono spariti(1); e giungiamo così per un passaggio

(1) Il primo che ne fece esperienza fu Barenz,

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insensibile dall’alba alla luce più chiara, e da questa all’oscurità della notte, mentre i raggi del sole, avendo abbandonato l’oriżzonte, si ripiegano per l’atmosfera.

I crepuscoli astronomici si contano con tutto il diritto, dal momento in cui, in tempo sereno, si veggono le stelle più piccole in quel sito ove ha tramontato il sole, e l’alba astronomica dal momento in cui spariscono le stelle più piccole, in quel sito ove è spuntato il sole sino al momento in cui effettivamente comparisce(1). Ambidue i fenomeni accadono quando il sole sta 18° sotto

Ved. Geograf. fis. vol. 1. La sua sorpresa su questo accidente fece esaminare questo fenomeno con maggior attenzione; e si trovò effettivamente, che la vera causa stava nella refrazione de’ raggi solari, che passando in un fluido più denso, perdono la direzione retta e si piegano verso l’occhio dell’osservatore innalzando così gli oggetti. Così un bastone tenendolo nell’acqua sembra rotto ec.

(1) I crepuscoli astronomici della nostra regione non durano totalmente due ore verso il mese di marzo. Incominciando dalla metà di maggio 3 e mezzo che non è oscuro in guisa nemmeno a mezza notte. Dopo la fine dell’agosto diminuiscono, e non durano due ore verso gli 11 d’ottobre. Verso il principio dell’anno due ore ed un quarto. I crepuscoli di sera sono dappertutto, e sempre un poco più lunghi di quelli della mattina.

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l’orizzonte. Da ciò facilmente può calcolarsi sino a quale altezza possa l’atmosfera rigettare la luce. De La Hire la fissa da 32500 sino a 37223 tese, oppure, secondo un calcolo più esatto, a 11 4⨍10 d’un miglio geografico. Brydone ed altri, trovandosi sull’Etna, hanno veduto passare le stelle cadenti nell’istessa altezza come appariscono a noi; e siccome trovandosi a quell’altezza non si è avvicinato considerabilmente ad esse, devono essere molto distanti da noi. Sarebbe da desiderarsi che alcuni astronomi in diversi siti andassero d’accordo per osservare in un tempo convenuto le stelle cadenti in una certa regione, per fissare la vera orbita e l’altezza di esse. Probabilmente sono della stessa natura delle bolide, ma assai più distanti. La bolide che comparve nel 1760 fu calcolata da Silberschlag essere distante di 16 miglia geografiche; e quella che cadde nella primavera del 1796 a Francoforte sull’Oder ebbe 50° d’altezza prima della caduta. Siccome il precipitato di esse cade in terra, possiamo conchiudere che siano parti svaporate della terra, le quali vi ritornano. Quindi possiamo calcolare l’altezza dell’atmosfera sino alle più alte stelle cadenti. Anzi la luna, movendosi nell’atmosfera della terra, 

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potrebbe essere un termine sicuro per l’estensione de’ vapori di essa. Questa opinione si confermerebbe ancora di più se potessimo dedurre con certezza l’origine delle lune dalle loro proprietà principali. Non solamente la nostra luna è priva di un’atmosfera, ma pure tutte le altre sembrano esserlo egualmente.

È naturale che ciò debba solamente intendersi dell’altezza media. Del resto deve la figura dell’atmosfera essere simile a quella della terra per la stessa ragione, per cui la terra è più alta sotto l’equatore, cioè per la rotazione, e per il peso  minore delle sue parti, per l’attrazione della luna, e pel calore che quivi obbliga l’atmosfera ad essere più alta nella zona torrida che nella temperata, ed in questa più alta che nella zona fredda, come fu osservato di sopra.

Dividiamo ordinariamente l’atmosfera secondo Seneca(1) in 3 regioni. L’inferiore s’innalza dal livello del mare sino a quella linea, ove l’aria non può essere più riscaldata dal riverbero de’ raggi solari. Questa linea però è incerta come i limiti della

(1) Nat. Quaest Lib. II. c. 10. 11 Varen. Geogr. gen. c. 19 praep. 18. Guerike de Spatio vacuo V. 9.

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l’atmosfera in generale, poiché non possiamo determinare sino a quale distanza giungono i raggi di riverbero. Sembra che non arrivino da per tutto all’istessa altezza; poiché la superficie della terra, come quella della luna, non rigettano i raggi da per tutto con eguale forza. La sabbia bianca, e le pietre ripercuotono più forte i raggi; l’acqua, le valli profonde, i boschi ed i luoghi oscuri coperti di vegetabili, riverberano più debolmente. Que’ raggi inoltre che cadono perpendicolarmente, come sotto l’equatore, riflettonsi più altamente di quelli che cadono obbliquamente. La maggior riflessione dovrebbe aver luogo nel deserto di Sara. Una misura più esatta sarebbe stata quella della linea della neve(1), oppure la sommità de’ monti più alti. Questa prima regione ha l’aria più grossa, e la temperatura più calda.

La seconda regione incomincia ove finisce la prima, e s’innalza sino alla maggior altezza delle nuvole. Le nuvolette squammose ed elettriche nuotano in un’altezza

(1) Ved. Geogr. fis. vol. 3.

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assai considerabile. Osservandole su’ monti più alti sembrano essere tan[t]o distanti quanto dalla pianura. Possiamo porle nella distanza di due miglia geografiche, o almeno 33800 piedi sopra il livello del mare. Esse sono composte dall’innalzamento de’ vapori più fini, nato per via dell’elettricità. L’aria sopra gli alti monti è sovente assai elettrica, di modo che spesso sentesi sul volto come una tela di ragno, e si vede sortire dalle sommità in guisa di fiamme. Vari viaggiatori si videro circondati da un nembo, nominato da essi, la loro apoteosi.

La terza regione va sino a quella de’ crepuscoli, ed è la più fredda(1). Essa, incominciando dalla seconda, che, come fu detto, è alta due miglia, si estende per altre otto, ove termina.

Volendo adottare tre regioni dell’atmosfera si potrebbero dividere: 1. la regione delle nuvole, cioè dal mare sino alla nuvola più alta, dunque sino alle ultime acque della terra per due miglia: 2. la regione delle

(1) Seneca dice essere questa regione la più calda. Superiora calorem vicinorun fiderum sentiunt.

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stelle cadenti, e da’ bolidi per 20 miglia; 3. la regione eterea, ovvero da’ bolidi più rimoti sino alla luna.

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