DOTTRINA ELEMENTARE
DELLA GEOGRAFIA FISICA
CAPITOLO III - DELL’ATMOSFERA
III. METEORE
Indice
III. capitolo della prima parte
Dell'atmosfera
Sezione seconda
Movimento dell'atmosfera
Sezione terza
Meteore
Sezione quarta
Della temperatura e della relazione di essa colla natura e situazione de' vari luoghi
Parte II
Capitolo primo
Causa de' cangiamenti accaduti sulla superficie della terra
Capitolo secondo
Monumenti di alcune catastrofi che ha sofferto la terra
Capitolo terzo
Alcune idee intorno alla storia della terra
Capitolo quarto
Alcune osservazioni sui corpi organici che trovansi sulla terra
I. Comportamento de' corpi organici
II. Le piante
III. Il regno animale
I. L'uomo
II. Degli animali somiglianti all'uomo
III. Degli altri animali mammoferi
IV. Degli uccelli
V. Degli anfibi
VI. De' pesci
VII. Degli insetti
VIII. De' vermi
Capitolo quinto
Del metodo
1. Delle meteore umide
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Possiamo dividere le meteore in umide, ignee, ed ottiche.
La rugiada non deve essere considerata come gli altri vapori precipitati nell’aria, poiché cadendo non riscalda nulla l’atmosfera; ma come una meteora propria, che trae le sue qualità originarie dal suolo ove l’osserviamo(1). L’acqua di essa non è limpida come la piovana, anzi partecipa d’un gusto salato, d’un odore assai sensibile, di colori visibili e di altre qualità, come nelle steppe meridionali della Siberia. Facendone quindi degli esanii chimici i risultamenti devono essere di varia natura. Qualche volta contiene
(1) Magazzino di Amburgo vol 2 quint. 3 art. 1.
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delle particelle tanto attive, che i vetri si rompono durante la distillazione; altre volte fu tinto il vetro dei colori dell’iride in modo, da non poterli più levar via. In alcune regioni era la rugiada grassa come il burro o l’olio, e diventò puzzolente in seguito(1). Talvolta si trovarono nella rugiada delle piccole uova d’insetti, e vermi di diversa specie(2). L’aria dunque non discioglie solamente l’acqua, ma attrae anche molte particelle de’ corpi organici. Queste particelle, essendo totalmente scomposte ed effettivamente disciolte, perdono ogni odore e gusto, come osserviamo nella pioggia, che contiene una quantità di parti organiche sciolte in vapori, e precipitate; restando però quelle particelle organiche disciolte in forma di bolle di acqua nella regione inferiore, dell’aria, e separandosi di nuovo, mediante una specie di distillazione, in guisa di gocciole, devono conservare le loro proprietà
(1) Abridgement of the philosoph. Transact. vol. 2 p. 143.
(2) Theologie des Insectes tom. II c. 2. Des maux que le insectes causent l’homme p. 235.
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naturali. Siccome le vescichette di acqua non disciolte non si possono innalzare nell’aria, fuori che quando l’acqua svapori rapidamente, laonde l’aria diventa più leggera, e monta in su strascinando seco le vescichette; accaderà che non si produrrà mai la rugiada sopra i mari della zona temperata distanti dalle coste, poiché i mari al di là de’ tropici svaporano lentamente; vicino alle coste però si osserverà la rugiada, poiché verso sera s’innalzano ordinariamente i venti di terra. Sulla terra ferma della zona temperata cade giornalmente la rugiada in tempo di calma, mentre l’umidità, più o meno divisa o mista con dei corpi solidi, è attratta maggiormente dall’aria; il vento però è contrario alla rugiada, poiché dissipa le vescichette di acqua, ed impedisce che non si possano attaccare agli oggetti. Non di meno la rugiada manca anche in tempo di calma sulla terra ferma, e comparisce sopra i mari grandi, a motivo che il mare svapora talvolta rapidamente, e le piante della terra ferma ritardano. Questo fenomeno però è tanto raro che accadendo ciò per mare fuori della zona torrida, si può sperare di coprire ben tosto la terra. Tra i tropici
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cade abbondantemente la rugiada, tanto sopra la terra ferma, quanto sopra il mare, poiché anche il mare vi svapora molto e rapidamente a motivo del gran calore(1). Da questa regola si eccettuano que’ deserti e quelle regioni estremamente aride(2), ove manca generalmente l’umidità all’aria per cagione di non esservi vegetabili che possano svaporare.
La rugiada separasi dall’aria solamente quando la corrente di questa è poco considerabile, e quando è carica di umidità apparente, come suol accadere al levar del sole in tempo sereno e tranquillo. Questa umidità diminuisce in seguito per l’accrescimento del calore nella giornata sino ad un’ ora dopo il momento del massimo caldo dell’aria inferiore, ovvero dopo le 4 ore pomeridiane; poiché sino a quel tempo innalzasi il calore dell’aria superiore cagionato dall’inferiore Diminuendosi poi il calore, diminuisce pure la
(1) I. R. Forster Bemerkungen ec. p. 88.
(2) Il deserto di Sara, l’Arabia, Somron ovvero Bardar Abassi, porto rinomato del seno Persico. Ved. Hist. de l’Acad. roy. des Sciences del 1743 p. 48 edizione di Parigi.
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siccità; e siccome l’aria si raffredda rapidissimamente al tramontare del sole, accrescesi anche moltissimo l’umidità apparente di essa, che si diminuisce in appresso, mentre i vapori disciolti continuano, benché lentamente, ad innalzarsi, e l’aria inferiore non ne riceve de’ nuovi dalla terra. Il vento mattutino placido dell’est raffredda rapidamente l’aria inferiore, ed aumenta per conseguenza considerabilmente l’umidità apparente dell’aria inferiore, poco prima dello spuntare del sole. Quindi è che la rugiada cade solamente durante i crepuscoli, e non di giorno, e neppure nella notte profonda.
Siccome il raffreddamento, che nell’atmosfera della terra suole accadere di sera, incomincia dalla parte inferiore, avviene che l’aria inferiore depone la rugiada prima della superiore. Ponendo nell’aria vari corpi in diverse distanze und sopra l’altro, osserveremo che gl’inferiori sono bagnati talvolta un’ora prima che i superiori; anche l[e] facce inferiori de’ corpi voltati verso terra sono ordinariamente più carichi di rugiada che i superiori; quindi non possiamo dire che la
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rugiada cade, ma che essa si separa soltanto dall’umido sussistente nell’aria.
Apparisce dalle osservazioni di due Fay(1), che l’elettricità influisce molto sulla rugiada, e che questa non si effettua punto, quando l’aria del giorno antecedente non aveva alcuna elettricità, o almeno una debole e positiva(2). Accadendo adunque che questa elettricità sia stata sensibile, si osserverà una rugiada copiosa; quando l’aria si raffredda, e le vescichette in questa sospese sono elettrizzate, laonde sono spinte verso tutt’i corpi che non tengono lo stesso grado di elettricità. I non conduttori, come il vetro, la porcellana, la seta, la lana sono molto bagnati dalla rugiada; isolandoli però, cioè ponendo la lastra di vetro sopra una simile di metallo, o applicandovi qualunque altra, in guisa di lastre elettriche, non vengono più bagnati da essa. In circostanze simili è caricata la lastra di vetro dall’aria, e respinge
(1) Memoire sur la posée par M. du Fay nelle Mem. de l’acad. roy. des Sciences 1736 p. 354.
(2) Achard nel journ. de Phys. Oct. 1783 ed un estratto di ciò nel Goth. Magaz. vol. 2 quint. 3 p. 53.
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e vescichette quasi positivamente elettriche. Spesso vediamo su i lati l’effetto delle ripulsioni; per esempio, essendo posta una lastra di metallo sopra un’altra maggiore fatta di vetro, scopriremo che non solamente è restato asciutto il metallo, ma pure una striscia di vetro intorno al metallo, mentre che il resto della lastra di vetro è riccamente bagnato.
La rugiada trovata abbondantemente sulle piante, è in parte rugiada propriamente detta, ed in parte una traspirazione delle piante(1), le quali, anche coperte, sono spesse volte bagnate più di quelle esposte all’aria aperta: ciò producesi dal calore per cui rimpiazzano la quantità di rugiada di cui sono private. Le piante, in luogo dei vapori soliti, tramandano spesse volte anche degli umori attaccaticci, che in in parte s’induriscono sopra di esse, come la manna, la gomma e la resina sopra alcuni alberi ed arbusti. La melata è una specie di questo umore attaccaticcio, lucido, dolce, ma nello
(1) È singolare che Plinio chiama la rugiada, il sudore del cielo, e saliva delle stelle, e l’escremento impuro dell’aria purificante.
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istesso tempo anche acuto ed ardente; essa guasta le piante, produce sulle foglie degli alberi varie macchie rosse chiamate ruggine, e raduna sul frumento, sopra i piselli e i cavoli un numero incalcolabile d’insetti piccoli che coprono le piante come una polvere bianca, e sollecitano la morte del vegetabile. Ciò chiamiamo golpe, o nebbia; e secondo gli esami microscopici e le osservazioni di Hill(1) siamo accertati, che questi piccoli insetti alati non sono la causa delle malattie delle piante, ma la conseguenza di esse, mentre gli umori si arrestano, s’ imputridiscono ed acquistano un sudore naturale ammalaticcio, che non essendo lavato dalla pioggia, attrae gl’insetti: quindi è che spesso ne soffre una sola spiga di formento, un ramo, oppure un lato intero d’un albero, o arbusto, mentre il resto è sanissimo(2).
(1) Nell’ottavo esperimento, ved. Magaz. di Amburgo vol. 13 quint. 2 art. 1 p. 145 ec.
(2) Unzer Sammlung Kleiner Schriften tom. 1. fisiche n. 2 p. 15. 30 ec. F. Erbart nel Mag. di Annov. 1791 quint. 90, e nelle compilazioni per la fisica, e
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Da noi cade la rugiada ordinariamente in abbondanza ne’ giorni caldi d’estate, come suol accadere nelle regioni calde; non di meno succede anche ne’ giorni freddi d’autunno e d’inverno, come dimostra la rugiada gelata, chiamata brina.
2. La brina non è un corpo compatto, ma una cristallizzazione soffice assai simile alla neve. I vapori sono in essa gelati prima che possano unirsi in goccie. Quella specie di brina che osserviamo ne’ gran freddi indosso agli uomini e gli animali non è brina propriamente detta, o una rugiada gelata, ma una congelazione delle esalazioni e traspirazioni che gelano nel momento in cui entrano nell’aria; attaccandosi in tal guisa a’ peli freddi ed agli abiti; e perché ciò possa accadere richiedesi un grado notabile di freddo. La brina propriamente detta è quel ghiaccio lanoso, che suole attaccarsi nell’interno delle porte delle cantine oppure alle finestre. La varietà delle figure del gelo alle finestre deriva verosimilmente da’
le scienze relative ad essa. Annov. ed Osnab. 1792 p. 83. Sennebier in Rozier observations et memoires sur la physique ec. 1787 may p. 333.
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sali uniti ai vapori. Nell’istesso modo sciogliendosi il freddo, nasce una specie di brina sulle pietre, su i metalli rozzi e calcinati, ed anche sopra i legni duri ai quali si è data la politura, come pure su gli alberi grandi, ma non mai sopra le erbe o altri vegetabili molli o piccoli. A ciò richiedesi, che i corpi racchiudano ancora pel gelo preceduto un grado maggiore di freddo che l’aria, onde i vapori separandosi da essa possano congelarsi. Questo fenomeno suole falsamente esser chiamato l’espulsione del freddo. Essendo l’atmosfera fredda al segno da congelare l’acqua, ed il cielo sereno, allora i vapori gelano nell’aria, e nuotano in essa come una quantità di piccoli punti luccicanti; e siccome questi non si cristallizzano e non si legano, è un pregiudizio il considerarli quali annunzi di neve; piuttosto indicano l’accrescimento del freddo. Forse non sbaglieremo molto, tenendoli per particelle gelate di una nebbia foltissima.
3. La nebbia è composta di vapori, resi visibili mediante il freddo, prima che possano essere disciolti dall’aria, oppure si precipitano essi, dopo che l’aria satollala non li può più tenere. Il calore della nebbia
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è sempre maggiore dell’aria da cui è circondata, e questa è una prova sicura che essa viene generata da una precipitazione dell’aria. Ciò lo dimostra il termometro, il quale ascende, essendo esposto alla nebbia, e più ancora la purità della di lui acqua, ch’è senza odore e senza gusto, simile all’acqua piovana. La nebbia è cagionata dal freddo, poiché si osserva rarissime volte ne paesi caldi, tanto sopra la terra quanto sul mare; più frequente però è vicino ai poli, e quasi continuamente sopra i ghiacci perenni. Presso di noi si veggono le nebbie nell’autunno ed in principio della primavera, rare volte nell’estate, e sovente di mattina e di sera. Le vescichette in cui si racchiudono i vapori che formano la nebbia, possono essere distinte benissimo mediante i microscopi; Saussure vi scoprì per lo più un sensibile movimento interno. Ciò nasce dall’elettricità positiva della nebbia, la quale è talvolta forte a segno, che si sente un odore fosforico, come quello di un tubo di vetro strofinato. Il respingersi delle vescichette tra di loro, impedisce la confluenza di esse; quindi è che le nebbie stanno per molto tempo, particolarmente sul ghiaccio
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perenne delle regioni polari, poiché il ghiaccio diventa non conduttore quando il freddo è molto sensibile. Accade talvolta che la nebbia riposa intieramente sulla terra e dà ai prati ed ai campi, sopra i quali si alza per pochi pollici, l’aspetto del mare. Talvolta anche offusca l’atmosfera sino all’altezza di 300 e più tese. Osservandosi ancora delle nebbie sotto una campana vuota, malgrado che il barometro sia calato di 15°, si conchiude in conseguenza che le nebbie si possono alzare sino a 13500 tese: sembra anche che quelle nuvole sottili, le quali spesso coprono tutto, e che non si possono misurare geometricamente, nuotino ad un’altezza maggiore.
Nel 1775 addi 8 novembre si osservò in Amburgo una nebbia sì densa, che non si poteva scoprire gli oggetti alla distanza di 4 passi. Le carrozze non potendo vedersi l’una l’altra, si urtavano anche nelle strade larghe. Gli abitanti non si arrischiarono di uscire, ed i paesani non poterono ritrovare le porte della città. A due ore dopo mezzo giorno risplendeva il sole presso la borsa ed al porto, quando la nebbia s’ingrossò negli altri quartieri della città.
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Alle cinque ore di sera s’innalzò formando una nuvola oscurissima lunga e dritta. Nella notte susseguente cadde una fortissima pioggia. Un caso simile era accaduto quasi 30 anni addietro. Una nebbia simile a questa fu osservata a Parigi nel 1767 e 1768. Nell’Olanda le nebbie sono frequenti e considerabili.
Le nebbie, particolarmente quelle di sera, accadendo in tempo di siccità e di gran calore, hanno un sapore ed un odore assai disgustevole. Esse sono malsane e dannose alle piante ed agli animali(1), poiché sono prodotte da vapori non umidi, la di cui vera qualità non è bastantemente conosciuta. Neppure si conoscono intieramente la natura e le cagioni delle nebbie secche, chiamate vapori di altezza o vapori solari, fra le quali è notabile quella, che nel 1783 coprì non solamente l’Europa intera, ma pure alcuni mari rimoti(2). È molto verosimile
(1) Agremens de la Campagne p. 269.
(2) F. de B. (Beroldingen), Gedanken ueber den solange anhaltenden ungewoehenlichen Nebel Brauuschw. 1783. Christ von der merkwuerdigen Witterung des 1. 1783. Neuer deutscher Merkur. aprile 1784. Coth. mag. fuer Physik vol. 2 quint. 2 p. 9. ec. vol. 4 quint. 2. p. 114 vol. 5 quint. 4 p. 119.
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che abbia avuto qualche coerenza coll’incendio dell’Islanda(1), e col tremuoto della Sicilia e della Calabria. Una simile nebbia fu osservata anche nel 1764, dopo che il vento del nord aveva spirato una settimana di continuo.
4. Le nuvole sono nebbie di una regione più alta, e differiscono da queste solamente pel luogo che occupano. Le nebbie sono nuvole che riposano sulla terra, e le nuvole sono nebbie alcune migliaia di piedi sopra la terra, e che si formano qualche volta alla distanza d’un miglio geografico da questa. Bouguer stimò le ultime da 700 in 800 tese al di sopra della cima del Chimborasso. I colori delle nuvole dipendono dalla riflessione de’ raggi solari. La forma, particolarmente quella regolare delle superiori(2), nasce dall’elettricità che vi è fortissima, ma negativa, mentre la nebbia è positivamente
(1) Vom Erdbeben auf Island nel 1783 da S. W. Holm. tradotto dal Danese Coppenh. 1784. 8 un estratto da ciò nel Mag. di Gotha vol. 5 quint. 3 p. 126, meglio è Stephensen zuverlaessige Beschreibung des Erdbebens del 1783 ec. Altona 1786.
(2) A. F. L. Meister nel Mag. di Gottinga, anno 1, quint. I. p. 38. Hube sulla evaporazione cap. 50.
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elettrica. La grande elettricità è anche la cagione principale, perché le nuvole s’innalzano tanto. La cagione stessa, per cui le masse di capelli, i pennacchi e la bambagia diventano specificamente più leggeri dopo esser state fortemente elettrizzate, fa gonfiare le nuvole, le rende più leggere, e le fa montare. Le nuvole più alte si producono unicamente mediante le precipitazioni elettriche. Essendo dunque scaricate, per esempio, da un monte al quale si avvicinano, si precipitano subito abbasso. De Luc racconta(1), che trovandosi egli sulla parte occidentale di un monte alto 200 tese nelle Alpi, e passandovi alla sommità una nuvola cacciatavi dal vento dell’est, questa fu attratta dal monte, cascando però nell’istesso momento sino a 50 tese, sciogliendosi in acqua, e scoprendo cos’ la sommità del monte. Questo fenomeno durò più d’un quarto d’ora, e le nuvole perdettero, unitamente all’elettricità, anche gran parte di quell’acqua che tenevano. Indi diventarono più
(1) Recherches sur les modifications de l’atmosph. II. p. 724.
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leggere, e dopo essersi quasi disciolte in piogge, si rialzarono di nuovo.
Addì 12 novembre 1797 (22 brumale anno 6) si osservò a Parigi una nebbia considerabile nell’atmosfera, e il sole parve un disco rosso privo di raggi, come quando è contemplato con un vetro tinto ed oscuro. La luce diventò un poco più viva verso mezzo giorno, ma ciò fu di poca durata, poiché la nebbia ľoscurò totalmente. Verso le due pomeridiane la nebbia si aumento assai ed alle tre formò un fumo denso, a guisa di vapore, che impedì di vedere gli oggetti alla distanza d’un passo. Le genti passeggiavano sulla strada i ciechi. Si sentiva le carrozze solamente mediante lo strepito senza vederle, e per quanto si andasse piano, era non ostante ciascun passo incerto e vacillante, e per non urtare contro le persone dovevasi battere col bastone in terra per farsi sentire. Vicino alle mura bianche, particolarmente alle parti salienti, essendovi minore la massa della nebbia, si osservò che la materia del vapore era composta di fiocchi, o piccoli globi accumulati, i quali sembravano essere sospesi dentro un fluido trasparente.
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Vicino a terra eglino si condensarono in piccole goccie, bagnando gli abiti delle persone. Questa meteora dunque non era un vapore secco, non era una nebbia propriamente detta, e pendente in aria; ma piuttosto una nuvola discesa, un’acqua in forma di vessiche di vapore. Questa nebbia odorava sensibilmente, ne furono intaccati gli occhi, e nel volto sentivasi un dolore ardente senza conseguenze. Nelle strade strette era essa un poco più trasparente che nelle larghe, ma caricava foltamente i tetti. Aprendo l’uscio della stanza vi penetrava a guisa di vapore sensibilissimo, oscurando notabilmente le candele. Era assolutamente impossibile di passare la sera nelle strade, mentre le torcie non davano luce al di là di un mezzo piede. Alle 10 ore però si sciolse questa nebbia in pioggia; alle undici e mezza diventò l’aria trasparente, il vapore era svanito, e non se n’ebbe più durante tutta la stagione umida. Questa nebbia, ch’era una nuvola propriamente detta, carica di materie eterogenee disciolte, non produsse alcun pregiudizio sulla salute de’ Parigini; e l’epidemia straordinaria de’ cani e de’ gatti ne’ contorni di Parigi, come
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a S. Germano, e quella del vaiuolo non avevano la minima relazione col predetto accidente. È da notarsi che questo fenomeno raro apparì nel 1798 precisamente nell’istessa giornata; anche allora fu il disco solare tinto d’un rosso sanguigno. Il termometro, essendo a 7 sino a 8° sopra zero, cadde tutt’a un tratto a 4°. La nebbia però non era tanto folta quanto l’anno antecedente, ed era sparita quasi totalmente alle 3 ore pomeridiane; alle 7 però si ricondensò notabilmente come nell’anno antecedente, e durò due ore ed un quarto, sciogliendosi poi in pioggia fina dopo le 8 ore di sera.
5. La Pioggia. Le nuvole perdono la loro elettricità non solamente col tatto immediato delle sommità delle montagne, ma pure in una certa distanza della terra conduttore, mentre l’aria stessa è più o meno anche un conduttore. Essendosi diminuita sensibilmente l’elettricità delle nuvole si radunano le piccole vessiche di vapore in goccie, e cadono giù. Questo fenomeno chiamiamo pioggia(1), classificandolo secondo la grossezza
(1) Bertholon de S. Lazare lo ha sufficientemente dimostrato. Ved. Goth. Magaz. vol. I. quint. 1. Nuova ediz. p. 73. Hube sulla evaporazione dal 51 sino al 56 capit..
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maggiore o minore delle goccie cadenti, dalla pioggia di vapore sino al nembo, e al rovescio. I nembi veementi cadono sempre dalle nuvole temporali, mentre queste sono molto elettrizzate, e perdono presto la loro elettricità. I temporali senza pioggia non durano molto senza produrne, e non cessano mai senza di essa; cade anzi la pioggia più abbondantemente poco prima e dopo il tuono, che negli intervalli, mentre la materia elettrica prima della esplosione in scintilla, si distacca dalle nuvole e passa per l’aria. Le piogge forti de’ temporali scaricano spesso l’elettricità delle nuvole in sì grande quantità, che le goccie cadute sopra gli abiti ed altri corpi luccicano nell’oscuro. La grandezza delle goccie sembra dipendere particolarmente della capacità conduttiva della nuvola piovente. Più elettricità ch’esse conducono, più ne lasciano, e più frequentemente devono confluire i vapori.
Il diametro delle goccie di pioggia osservasi presso di noi ordinariamente di una o due linee, e nella zona torrida di un pollice. Quindi è che nel Bengale cade la pioggia in pochi mesi sino a 120 pollici, mentre la quantità di pioggia, di neve, di rugiada, o
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di brina caduta in Parigi, e calcolata dietro un termine medio di 7 anni, importa solamente 18 pollici e 9 linee, o al più 19 pollici(1). L’acqua che cade nell’Olanda, calcolandola in seguito di vari anni, e di vari paesi, potrebbe importare 28 pollici 14 centesimi(2), e nella Prussia circa 30 pollici. L’alterazione de’ fiumi mediante le piogge non è molto significante. Nella zona torrida si disseccano spesso intieramente nella stagione calda, e diventano torrenti rapidissimi ne’ mesi di pioggia. Le piogge dirotte nella Guinea sono frequenti a segno, che i marinari temono di annegarsi sopra il ponte del
(1) Ved. Gotha Magazin vol. 3 quint. 1. p. 179, quint. 3 p. 195.
(2) Per esempio a Utrecht 23 18 pollici Parig.
Leida 28 34 ” ”
Harlem 23 19 ” ”
Aia 26 57 ” ”
Delft 26 80 ” ”
Dortrecht 38 38 ” ”
Middelburg 31 88 ” ”
Harderwyck 26 80 ” ”
Ved. il Trattato di S. P. Wargentin von der ungleichen Menge des Regenwassers an verschiedenen Orten in Schweden vol. 25 p. 3 ec.
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vascello, e devono ritirare assai sollecitamente le vele per non vederle stracciate. Nell’Egitto superiore non piove mai; rare volte nell’Arabia deserta, per cui si trovano quivi delle mura dipinte da mille anni in dietro senza che abbiano perduto il colore. Non piove nemmeno a Lima, a Guaiaquil e nel Perù, e le case in conseguenza vi sono assai leggermente costrutte, i tetti sono piatti, coperti di cenere, e fabbricati di argilla di modo che cascandovi la pioggia nel 1720, si disciolsero molte abitazioni. Il vento sud est, che continuamente vi spira, conduce tutte le umidità verso il mare. In Popayan al contrario piove 10 mesi nell’anno ed 8 a Terra ferma. A Quito piove quasi ogni giorno, per cui tutte le vie sono sdruccevoli.
Il principio delle piogge nella Guinea è sempre malsano, la terra riscaldata e bruciala ad un grado straordinario da’ raggi solari, sembra bollire tutt’ad un tratto, e si spandono vapori puzzolenti e velenosi. Le prime piogge stesse sono bollenti e riempiute di una quantità di vermi. Gli abiti da esse penetrati s’imputridiscono in poco tempo. Sotto la pelle delle persone che, sorprese da queste piogge, non cambiano subito gli
(1) Ved. Gotha Magazin vol. 3 quint. 1. p. 179, quint. 3 p. 195.
(2) Per esempio a Utrecht 23 18 pollici Parig.
Leida 28 34 ” ”
Harlem 23 19 ” ”
Aia 26 57 ” ”
Delft 26 80 ” ”
Dortrecht 38 38 ” ”
Middelburg 31 88 ” ”
Harderwyck 26 80 ” ”
Ved. il Trattato di S. P. Wargentin von der ungleichen Menge des Regenwassers an verschiedenen Orten in Schweden vol. 25 p. 3 ec.
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abiti, si genera una quantità di vermi che producono gran dolori ed accidenti pericolosissimi; per cui i Negri non si espongono mai, e per nessun prezzo a questa pioggia(1). Vi sono anche delle piogge bollenti propriamente dette, le di cui goccie bruciano il volto e le mani. Queste però sembrano nascere unicamente durante l’eruzione de’ vulcani, quando la nuvola di pioggia è passata in mezzo alla colonna di fuoco, o quando contiene della cenere bollente. Ciò accadde nel 1779 addì un cacciatore reale napolitano che, trovandosi al campo aperto presso Ottaiano, si bruciò la faccia e le mani(2). Per lo più rinfrescasi il tempo nell’estate dopo una gran pioggia, poiché conduce il freddo della regione superiore nell’inferiore. Crescendo poi la corrente dell’aria dopo la pioggia, e sciogliendo essa rapidamente e copiosamente le
(1) L’Abbat nouvelle rélation de l’Afrique occidentale. Paris 1728 tom. 2 ch. 12 p. 214. 216.
(2) Hamilton, notizie sull’eruzione del Vesuvio nell’agosto 1779. nel Magaz. di Gotha vol. l. quint. I. p. 122.
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umidità, allora si aumenta il freddo, come suol accadere mediante qualunque dissoluzione. Ma non nascendo alcuna corrente nell’aria dopo la pioggia, disciogliesi lentamente l’acqua, e vi subentra un calore, oppure un’afa sensibile, per cui comparisce fra poco un’altra pioggia. Quindi è che piove vari giorni di seguito dopo un temporale forte che indebolisce sempre la corrente dell’aria. L’aria viene sensibilmente elettrizzata dalle nuvole elettriche, e conserva questa elettricità ancora per molto tempo.
Unite alle pioggie ricaduno spesso delle parti eterogenee innalzatesi insieme ai vapori. Anche le burrasche, che spesse volte accompagnano la pioggia, innalzano de’ corpi pesanti in un luogo, e li rigettano in un altro. Sarebbe troppo lunga cosa, e di poca utilità il citare qui tutte le piogge miracolose(1). Il seguente basterà per gettare del lume su questa materia.
Sussistono delle piogge di solfo propriamente
(1) Nelle osservazioni della natura segreta. Berlino 1714 trovansi molti racconti di queste piogge miracolose.
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dette, benché molte piogge di questa natura spiegansi mediante la polvere fecondante e gialla de’ fiori. Il nocciuolo, il pino, varie specie di muschio ed altri fiori forniscono una tal polvere gialla che dopo gran piogge trovasi spesso sopra i tetti e sulle strade. Così cadde da un cielo oscuro una simile pioggia tra il 25 e il 26 di maggio 1804 nella circonferenza di due miglia intorno a Coppenhagen. La nuvola che la portò venne dal sud est, e le goccie erano grosse e gialle. I tetti ove era caduta avevano uno splendore luccicante e bianco, come se fossero coperti di una debole materia ignea, per cui fecero una spaventevole impressione in tempo di notte. La domane si osservò una polvere gialla, su i margini di que’ luoghi ove l’acqua piovana, ed in mezzo all’acqua una pelle marmorata. In alcuni siti de’ fossi di fortificazione sembrò esservi steso un tappeto giallo. Questa polvere si trovò in terra, particolarmente però ne’ luoghi ove la pioggia aveva formato de’ piccoli buchi più o meno asciutti; disseccandola, ed esaminandola chimicamente, e mediante il microscopio si trovò simile al semen lycopodii. Le dita coperte
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di questa polvere, ed immerse nell’acqua non si bagnavano più. Soffiando la polvere nella fiamma scintillava, come anche versandola sul ferro rovente: tutto ciò fa vedere quanta somiglianza avesse al semen lycopodii, che era un solfo propriamente detto. Ciò fecero vedere i seguenti esperimenti. La polvere non isvaporò e non si sciolse, e neppure si accese come il solfo nelle diverse temperature; non si liquefece nello spirito di vino, e non produsse il fegato di solfo quando si univano i sali lissiviali vegetabili, e bruciandola poi non diede il minimo segno de’ vapori acidi solfurei. Versandovi sopra dell’acido solfureo, diventò brunastro eguale al semen lycopodii. Questa pioggia solfurea vegetabile nacque, probabilissimamente da una tromba marina, che passata sopra una selva fiorita di pini o di faggi comunicò la polvere fecondante degli alberi alla nuvola, da cui cadde poi unito alla pioggia. Gli esperimenti sopraddetti furono fatti tanto dal professore Wiborg, quanto dal sig. Rafn, senza che si fossero prima abboccati su tale materia. Che questa pioggia abbia tratto origine dall’accidente qui riportato si scorge anche da vari altri fenomeni di questa natura; così è stata
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descritta la pioggia di semenza caduta ultimamente in Ispagna ed in Austria, la quale fu in principio chiamata pioggia di grano, mentre i grani caduti assomigliavano all’orzo. Esaminandola però esattamente si trovò essere ciò i piccoli tubercoli della radice del Ranunculus ficaria strappati da un turbine di vento durante la pioggia, e condotti in aria.
Malgrado che Agricola(1), Giov. Wolf e Giov. Sigism. Elshold abbiano spiegato la pioggia gialla nella precedente maniera prima del 1620, non ostante si è scoperto, mediante ricerche esattissime, nelle pioggie violenti de’ temporali anche del solfo. Olao Wormio dice, che nel 1646 addì 16 maggio, dopo cessata una gran pioggia di temporale, siasi trovata una polvere solfurea che riguardo al colore, l’odore ed ogni altra qualità era affatto simile al solfo(2). Simone Pauli assicura che la polvere gialla caduta nel 1665 ai 15 di maggio in Norvegia, abbia dato sul fuoco un odore come il solfo misto di trementina,
(1) Nella sua opera de subterraneis.
(2) Wormii Museum lib. 1 cap. 9. sect.
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e che se ne trasse un fluido che odorava perfettamente come il balsamo di solfo Spangenberg narra che nella contea di Mansfeld sia caduta nel 1658 una pioggia di solfo propriamente detto, e Sigesbeck asserisce lo stesso di un’altra, caduta nel 1701 a Bronswich. Dell’istessa natura era anche quella che nel 1755 cadde a Malow in Irlanda; ed in fatti non v’è ragione perché si abbia da dubitare della sussistenza di queste piogge, mentre i vulcani contengono gran quantità di materia solfurea, e tramandano molti vapori di questo materiale. Nel 1801 addì 24 maggio scoppiò a Rastadt una grandine violente, e cessata, si scoprì sopra i recipienti di acqua una quantità di particelle simili al solfo liquefatto. Si suppose quindi che l’acqua dovette essere pregna di molta materia solfurea, per cui s’immerse un pezzo di legno che si potè accendere come un solfanello; durante questa pioggia caddero nella vicinanza de’ pezzi di grandine grossi come un uovo di gallina(1).
(1) Esprit da Iourn. 1801, luglio.
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Le piogge di latte e di sangue non hanno dall’uno e dall’altro che il colore. Plutarco, Cicerone, Livio, Plinio, e molti altri scrittori posteriori del tempo di mezzo, sino alla fine del secolo 17, parlano spesso, e partitamente di questo miracolo. Peiresk fu il primo a scoprire che le goccie rosse sono piene di piccoli insetti rossi, o di escrementi lasciati da farfalle, e da libelle di acqua, quando dalla crisalide; ed in fatti varie osservazioni recenti hanno confermato questa spiegazione. Hildebrand esaminò nel 1711 una pioggia di sangue caduta presso Orsio villaggio in Schonen, e vi trovò de’ piccoli insetti d’un corpo ovale e lungo, il di cui estremo era rosso sanguigno, e formato come una freccia(1). Accade anche che vi sia frammista del cinabro sciolto, o altra materia minerale o terrea, oppure della polvere fecondante de’ fiori. Nell’istesso modo si deve spiegare anche la pioggia di latte.
Le acque rosse stagnanti sono tinte solamente
(1) Ved. gli scritti dell’accad. reale di Svezia per l’anno 1711.
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sulla superficie mediante una specie di musco acquatico rosso, conserva, oppure sono tinte generalmente di questo colore, lo che deve attribuirsi parte alla terra di bolo ed una specie di argilla d’un rosso giallastro, parte ad una quantità di pulci rosse acquatiche nuotanti, monoculus pulex Lin., e parte ad altri insetti. Nel 1790 addì 15 luglio si osservò che l’acqua, dentro un laghetto, presso una fornace di regole appartenente a Gibichenstein, era intieramente tinta di rosso. Contemplandola più da vicino aveva il colore di sangue, ed attingendola dentro un vaso sembrava una soluzione della lacca di Firenze. Dopo un quarto d’ora essendosi posata questa materia, compari una deposizione di colore rosso cupo simile alla più bella lacca fiorentina, e l’acqua superiore era affatto chiara. Il vento aveva impedito che questa materia avesse potuto deporsi, poiché frammezzo ai giunchi l’acqua era chiara, e le particelle rosse stavano sul fondo. Una goccia di quest’acqua tinta, ingrandita per 400 volte nel diametro, fece scoprire più di mille animaletti rossi di forma e grandezza d’un grano di formento: essi dunque dovevano essere 64 milioni di volte più piccoli;
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il corpo di essi era d’un rosso pallido e trasparente, e la testa era come un punto nero. Essi assomigliavano molto a quelli animaletti che nell’infusione del pepe, della semenza di fieno o di altre sostanze vegetabili, vi si producono dopo alcuni giorni, e non differivano da questi che pel colore rosso e per la grandezza assai inferiore. Il sig. Weber in Halle, da cui furono esaminati, li contò tra la specie degli animali d’infusione, Chaos infusorium Linn. È probabile che si richiedano varie circostanze sconosciute per la produzione numerosa di questi animaletti, acciocché cadano sott’occhio, come i bruchi, i scarafaggi ec., i quali non si aumentano tutti gli anni in guisa da attirarsi la nostra attenzione. Può anche darsi che gli animaletti descritti vivano sempre sul fondo, e diventino solamente visibili quando l’acqua è bassa, o quando vi soffia il vento. Il colore rosso nasce da’ vari nutrimenti; poiché scorre in questo laghetto dell’acqua proveniente da una tintoria, e conciatura di pelli, che forse servì di nutrimento ad essi(1).
(1) Ved. Hallische woechentliche Anzeigen del 1790 num. 59.
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Nell’inverno del 1800 si scoprì sopra un laghetto, presso il villaggio Lubotin, un sito tinto di verde e di rosso, e sulla superficie masse intiere di materia rossa: cuocendo quest’acqua sembrava contenere vari pezzi di fegato. Gelandosi poi il laghetto conserva anche il ghiaccio il sopraddetto colore. Un pezzo di ghiaccio di tre linee d’altezza circa aveva degli strati verdi e rossi ed il resto era bianco. Sotto il ghiaccio stesso si scoprì per l’altezza di un quarto di braccio una materia verde e rossa; la verde era carica, e la rossa partecipava del torchino. Essendo cotta manifestava un acido astringente, e bevendola cagionò dolori violenti nelle tempia, e nausea. Il ghiaccio disciolto diede un’acqua verdastra che, stropicciandosene le mani, odorava fortemente di solfo. Dopo qualche tempo cangiossi il colore rosso in un turchino purpureo. Klaproth avendone fatto delle osservazioni, giudicò che la materia la quale produsse il colore era vegetabile, e come chiaro d’uovo, e che nel caso, presente abbia servito di base ad una materia che tinge, come sarebbe l’indaco. Dunque vi deve essere stata una pianta di quella qualità, la quale fu disciolta
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copiosamente nell’acqua. Forse è stata l’Ulva pruniformis, Linn., che dopo la morte forma una sostanza gelatinosa, e nuota in tal guisa ancor qualche tempo sull’acqua. Il dottor Muller di Posnania trovando, che l’acqua fece una deposizione di vitriuolo di rame, in guisa che un coltello in essa si tinse di rosso, attribuì il cangiamento ad una vena profonda contenente del rame, che forse si era spezzata durante il preceduto tremuoto della Slesia, ed erasi unita all’acido carbonico. Lo speziale Westhold di Posnania nota, che da questa materia tintoria siasi depositata una melma bigia, che dopo 40 ore diventò gialla.
Un simile fenomeno fu scoperto sul laghetto detto Straussensee, poche miglia distante da Berlino, ove Klaproth, facendone delle osservazioni, ricevette simili effetti. Presso Alt Landsberg fu veduto lo stesso nel 1752 e nel 1797(1).
La pioggia di cera, una volta veduta qui a Konigsberg, fu molta benefica pel popolo comune, che ne raccolse moltissima;
(1) V. D. Achard chymisch physische Schriften p. 351.
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ma essa fu tolta dalla nostra fabbrica che ne soffrì grave danno.
La pioggia di grano e formento non conteneva mai del formento propriamente detto; ma sempre de’ grani di semenza, e de’ nodetti di celidonia e di berberi.
Non si possono negare le piogge di vermi, come neppure le piogge di sono in parte di questa natura. Nell’Africa ed in altre regioni calde cadono, uniti alle pioggie, vermi ed insetti innumerabili. De Geer letterato svedese osservò nel mese di dicembre 1749 a Lenfita, e in altri quattro villaggi svedesi, che la neve era coperta di vermi ed insetti, il maggior numero de’ quali consisteva in una gran specie di lombrichi; lo stesso fenomeno accadè anche nel 1750. Prima che succedessero queste piogge, eravi stata una gran burrasca che aveva strappato dalla terra gran numero di pini ed abeti uniti alle radici, e condotto seco i vermi e gl’insetti che vi dimoravano. Nella notte del 9 al 10 dicembre 1803 cadde dall’aria una quantità straordinaria di zanzare e mordelle, provenute probabilmente dalle paludi vicine, ove mediante i raggi solari erano stati generati da poco tempo. La neve n’era
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coperta in guisa che sembrava di colore bigio. Gl’insetti vi morirono presto del freddo.
Le piogge di ranocchie non sono rare nell’Africa e nell’America, ove, piovendo violentemente, si trovano sopra i tetti piatti moltissime ranocchie piccole ed anche de’ rospi: questo fenomeno però è raro in Europa. Una tal pioggia, oltre una quantità di questi animali, presume una voragine. Nel 1777 durante un temporale cadde una pioggia calda presso il villaggio francese Troly, e con essa anche delle ranocchie e de’ rospi(1): probabilmente vi sarà stata nettata una qualche palude mediante un turbine.
Delle piogge di cenere si è fatto menzione parlando de’ tremuoti, così anche delle piogge di sabbia, frequenti ne’ deserti dell’Asia e dell’Africa.
Le piogge di pietre hanno spesso origine da’ vulcani, ma non sempre. Nella storia greca e romana se ne trovano vari esempi(2). Qui faremo menzione solamente de’
(1) Dictionnaire des merveilles de la nature. Paris 1781 vol. 2 art. pluye. Goeze nelle neue Mannigfalt. anno 4 p. 430 ec.
(2) Livio I. 31. XXIII., 31, XXVI. 23. XXX. 38. Plin. 20, 24.
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fenomeni più recenti. Nel 1790 addì 24 luglio cadde presso Juliak in Guascogna, sopra uno spazio di due leghe di diametro circa, una quantità di pietre di 18 in 20 libbre l’una: alcune pesarono 50 libbre(1). Ai 6 di giugno 1794 verso le 7 ore di sera comparve presso Siena una nuvola ovale e nera che fu veduta in diversi luoghi distante 20 miglia italiane fra di loro. Essa lampeggiava e tuonava fortemente, e ad ogni colpo fu circondata da nebbia o fumo. Unitamente alla quantità di pioggia caddero anche molte pietre piccole fortemente riscaldate, che precipitandosi sull’acqua, cagionarono un sensibilissimo romore e sibilo. Varie pesarono alcune libbre, e la maggiore 7(2).
Presso Petriswood nella Contea Westenrath nell’Irlanda caddero, accompagnate da un forte tuono, varie pietre pesanti tre oncie e mezza l’una; esse non assomigliavano a nessun fossile di que’ contorni,
(1) Decade phylosophique, literaire et politique 1798. 29 febbraio n. 67.
(2) Zoellner, notizie nel giornale di Berlino 1796.
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erano quasi come la pietra arenaria morbida, di colore bianco brunastro, e punteggiate internamente di bianco argenteo e lucido. Alzandole erano ancora calde. Dopo la caduta di esse si riempì la regione di vapori solfurei(1). Nel 1789 accadde una simile pioggia di pietre a Barbatan presso Roqueton in Francia.
Ai 31 dicembre 1795 cadde una pietra di 56 libbre presso Woldnewton in Yorkshire, la quale entrò nella terra per 21 pollici soli, poiché è probabile che nel momento della caduta fosse stata ancora molle. Levandola, era ancora calda, e nera al di fuori, aveva delle particelle luccicanti nell’interno, e sentiva di solfo(2).
Nel 1800 durante l’esplosione di una meteora, presso Benares nelle Indie, cadde una forte pioggia di pietre: Blumenbach ne ricevette alcuni frammenti, che da lui furono
(1) Ved. Getlemen Magaz. settemb. 1796. Ved. Remarks concerning stones, said to have fallen from the Clouds by ed. King. Lond. presso Nicol. 1796.
(2) Ved. Lond. Chronicle del 7 gennaio 1796 num. 5709.
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anche esaminati. Essi, in quanto alle materie miste, non avevano alcuna somiglianza coi fossili; la massa principale però avvicinavasi alla pozzolana e ad altri simili prodotti vulcanici del Vesuvio. Al di fuori erano coperte di una crosta nera e sottile di grana debole e disuguale. Al di dentro scoprivasi una mescolanza variabile compatta in una massa fondamentale. La massa fondamentale era bigia, opaca, di rottura ruvida e terrea, senza gusto ed odore. Le materie frammiste erano granetti rotondi, per lo più della grandezza del miglio, sciolti nella massa fondamentale, e di grano compatto; si osservarono anche in qua ed in là vari siti luccicanti come vetro, e trasparenti di bianco come l’hialitus; e pezzi angolati di pirite solfurea, ne’ quali erano vari punti di ferro nativo(1).
Nel 1803 addì 1 maggio fu veduta dopo mezzogiorno a Caen, Pont Andemer, Alençon, Falaise e Vernevile, particolarmente a Aigle nel dipartimento dell’Eure una meteora
(1) V. Voigt Neues Magaz, vol. 2 quint. 2 p. 297 e quint. 4 p. 629.
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ignea d’un grande splendore. Essa si mosse rapidamente nell’aria, volgendosi poi al nord, scoppiò finalmente distante una mezza lega dall’ultimo paese, cagionando durante 5 o 6 minuti un tuono, che fu sentito nella circonferenza di 30 leghe e più. Questo tuono assomigliava piuttosto a tre o quattro colpi di cannone, ai quali seguisse il fuoco di moschetteria. Indi si ascoltò uno strepito terribile simile a molti tamburi. L’aria era quieta, e serena, eccetto alcune nuvole ordinarie. Il terreno sul quale caddero queste pietre in numero di 3000 circa, forma un piano elittico lungo due leghe e mezza, e largo una, e la maggior estensione di esso è dal sud est al nord ovest, precisamente nella direzione del meridiano della calamita di Aigle, lo che è una circostanza da notarsi. Le pietre più grosse del peso di 17 libbre e mezza caddero sulla parte sud est del maggior asse dell’elisse, quelle di mediocre grandezza in mezzo, e le più piccole di due grani sulla parte opposta. Sembra dunque che le più grosse siano cadute prima delle altre, e ciò è assai naturale. La caduta di queste masse di pietre recò molto dauno, i rami furono staccati dagli alberi,
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si rovinarono i tetti ec. La terra intorno alle pietre grandi fumava, e non si potereno toccarle per motivo del loro calore. Alcuni giorni dopo la caduta si poterono stritolare frammezzo le dita; esse sentirono molto di solfo, ma perdettero però questo odore quando s’indurirono in appresso(1).
L’esempio più recente di questo genere è la pietra che nel 1803, a’ 13 dicembre tra le 10 e le 11 ore antimeridiane cadde nel borgo di Massing in Baviera: essa era nera e caldissima, ed affondò il tetto di una capanna. Lo strepito che produsse assomigliò a 9 o 10 colpi di cannone sentiti da molti abitanti di que’ contorni. Sotto le stesse circostanze cadde nel 1768 addì 20 novembre alle 4 pomeridiane una pietra di 08 libbre poco distante da Maurkirchen nell’Inviertel, la quale era lunga un piede e grossa otto pollici(2).
(1) V. Moniteur universel 13 thermid, an XI (agosto 1803).
(2) V. Imhof, notizie sopra ciò nel Kurpfalzbayrischen Wochenblatt 1804 quint. 3. Un registro cronologico delle masse di pietre cadute dall’atmosf. trovasi nell’opera di Ende ueber Massen und Steine die aus
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Fra le pietre meteoriche anteriori alle epoche qui sopra dette nominerò solamente quella che nel 1492 lì 7 novembre cadde presso Ensisheim nell’Alsazia superiore. Essa ha 260 libbre, ed è appesa nella chiesa di quel villaggio, ove si trova ancora al presente; essa differisce totalmente dalle pietre finora cadute dall’atmosfera. Il colore bigio è più cupo, il grano più compatto, il selcio non è in grani, ma venato, ha molte screpolature con dissoluzioni cangianti di nero in tutte le direzioni ove, battendolo, saltano ordinariamente via i pezzi che si vogliono staccare.
Nel 1751 cadde dalle nuvole presso Agram una massa di ferro che pesava 70 libbre. Nel 1753 in settembre osservò de la Lande una gran pietra caduta presso Bourg en Bresse. Narra il padre Trolli, che nel 1766 nel mese d’agosto, Alberette nel Modonese una gran pietra accompagnata da strepito, mentre l’atmosfera
dem Monde gefallen sind ec. Blumenbach diede un supplemento a quest’opera, il quale è inserito nel Magaz. di Voigt ueber den neuesten Zustand der Natur vol. 7. quint. 3 p. 233.
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era affatto serena. La pietra era arenaria ed irregolare, oscura e bruciata quasi dal fuoco alla superficie. Essa era ancora calda, e si affondò due piedi dentro terra. Questi fenomeni variano tanto da tutti gli altri conosciuti, ch’è bene scusabile se alcuni dubitano della verità del fatto, malgrado dell’esperienza ripetuta. Il bravo Chladni fu il primo che tentò di darne una spiegazione, e gli è riuscito di dimostrare, che le piogge di pietre siano frammenti di boli scoppiati. Klaproth in un discorso(1) tenuto dinnanzi all’Accademia di Berlino ai 29 gennaio 1803 ha confermato ancora maggiormente l’opinione di Chladni. Sotto l’articolo Boli diremo il più necessario per la spiegazione delle piogge di pietre.
La pioggia di carne menzionata da Livio, Plinio(2) ed altri antichi è fondata sulla superstizione.
6. La Neve. Le vessichette di vapore delle nebbie e delle nuvole possono resistere ad
(1) Ueber meteorische Stein und Metallmassen.
(2) Livius III. 10 Plin. 20, 24. Dionys. Halicarnass Antiquit. Rom. X. 2 ed. Reisk vol. 4 p. 1985. 1986.
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un freddo notabile senza gelare; ma non di meno formansi piccole punte di ghiaccio, che per cagione della gran finezza, pendono ancora molto tempo nell’aria sin tanto che la nuvola perde l’elettricità, indi cadono radunandosi per lo più sotto l’angolo di 60° 30° 120°, e formano quelle stellette bianche e regolari che chiamiamo neve. Keppler(1) fu il primo che osservò la forma regolare de’ fiocchi di neve. Il volume diverso de’ fiocchi, mentre occupano uno spazio maggiore, ora di 3 o 6, ora di 8 o 12 volte che l’acqua prodotta dal loro scioglimento, dipende indubitatamente anche dall’elettricità. Le gocce di pioggia sono tanto più piccole, quanto minore è la forza conduttrice della nuvola. Le nuvole di neve non conducono sì forte l’elettricità, come le nuvole di pioggia, particolarmente nel gran freddo; ed il ghiaccio in generale è un corpo meno anelettrico che l’acqua. Quindi è che i fiocchi sono piccoli quando fa molto
(1) Jo. Keppleri Streda, seu de nive Sexangulo. in Casp. Dornavii Ampiciteatro Sapientiae Socraticae p. 761.
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freddo, e diventano quasi polvere sotto i poli; cangiandosi però la neve in pioggia, allora i fiocchi giungono alla loro maggior grandezza. La neve serve alla campagna tanto di riscaldamento quanto di letame, ed è un rimedio efficace per le persone intirizzite dal gelo. Un gentiluomo abitante sull’Harz presso Bronswick, viaggiandovi nell’inverno del 1754 si accorse di aver perduto il suo domestico situato dietro la carrozza. Tornando subito indietro lo trovò steso per terra; ma inutili furono i tentativi per farlo ritornare in vita, laonde lo seppellì nella neve, coll’intenzione di farlo prendere al suo ritorno. Giungendo poi dopo 3 giorni sull’istesso sito trovò sbarazzata la neve senza che vi fosse il cadavere, e credette che il domestico fosse stato divorato da’ lupi; ma giungendo al primo villaggio incontrò il domestico, che disse di aver dormito benissimo sotto la neve, ma che svegliandosi gli abbia costata molta pena di sortirne. La neve preserva anche per molto tempo i cadaveri dalla putrefazione. A Spitzbergen, nel Groenland, nella Svezia, e nella Svizzera si sono trovati vari corpi freschi, che secondo il vestiario
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ed altre insegne erano state 30, anzi 100 anni sotto la neve.
Berthier scoprì nella neve molta elasticità. Egli cacciò per caso un coltello aguzzo e liscio dentro un globo di neve duro e gelato del diametro di 4 piedi; ma contro ogni aspettazione, ritirando la mano dal coltello, questo risalta in dietro per 5 piedi. Più di venti persone ripeterono l’esperimento, e vi riuscirono felicemente; ma i coltelli ficcati in siti meno duri del primo risaltarono poco o nulla(1).
La grandine sembra presupporre assolutamente la neve, e prendere l’origine da essa; mentre il corpo di essa è di neve, e la crosta di ghiaccio. La grandine non cade mai nell’inverno, ma spesso nella state, per lo più duranti i temporali(2); ed eccetto alcuni casi singolari, quasi sempre di giorno. Sembra che la grandine si componga solamente mediante un certo grado
(1) Dictionnaires des merveilles de la nature art neige.
(2) Le grandini forti sono accompagnate ordinariamente da tuoni forti, e le grandini leggere non sono senza burrasche.
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di calore, e nella vicinanza di nuvole fortemente elettrizzate; poiché a queste condizioni è unicamente possibile il cangiamento rapido e forte del freddo, e del caldo necessario per la di lei formazione; né altrimenti che a queste condizioni possiamo figurarci le nuvole di neve che si disciolgono, e si rigelano immediatamente, formando in tal guisa la grandine. L’elettricità cagiona il freddo dalla stessa evaporazione aumentata(1). Sennebier nota che la grandine tenera di primavera, che ha il morbido della neve, e la figura della grandine, cade sempre quando v’è molta elettricità in aria(2). Quinquet finalmente, mediante l’ elettricità, ha cangiato realmente le gocce di acqua in grandine; e questi esperimenti sono stati ripetuti felicemente
(1) Lettre a M. de Morveau sur la formation de la grêle in Rozier observ. et memoire sur la physic que etc. 1778 sept. Lichtenberg ueber die Entstehung des Hagels nel Neuem Hannover. Magaz. 1793. gennaio. Gotha Magaz. vol. VI. quint. 1. p. 126 vol. VII. quint 1. p. 33. Cotte, Journal gener. de France 1788 n. 95, d’Antic del Journal de physic. 1715. jul.
(2) Rozier observ. et mem. sur la phys. 1787. may.
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anche in Germania(1). Ciò spiega l’osservazione di Stephensen fatta da lui sull’incendio sotterraneo nel 1783 in Islanda(2), ove ciascuna eruzione era accompagnata da grandine della grossezza d’un uovo di passera.
La grandine ha ordinariamente gli angoli cuneiformi salienti, intorno ai quali si ravvisano ancora delle estremità di piramidi quadrilatere voltate colle punte verso il centro. Conosciamo delle grandini del peso di una libbra. Sarà però facile che le maggiori siano state composte di varie altre, che sciogliendosi ne formarono poi una sola. Parent narra(3), che nel 1703 ai 15 di maggio, cadde una quantità incredibile di grandine intorno a Iliers nel Percese, della quale i pezzi piccoli avevano la grossezza di due pollici, la maggior
(1) Seiferheld elektrischer Versuch, wodurch Wassertropfen in Hagelkoerner veraendert worden, samt der Frage an die Naturforscher: ist eine Hagelableitang ausfuehrbar, und wie? Altdorf a Norimb. 1790. 8. Gotha Magaz. vol. VI. quint. 2 p. 289, vol. VII. quint. 2 p. 45-47 p. 137-139.
(2) Nella descrizione filosofica della situazione attuale dell’Islanda. Altona 1786 p. 307.
(3) Memoire de l’Acad. roy, des Sc. 1703 jul.
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parte la grandezza d’un uovo di gallina, e moltissimi pesavano un quarto di libbra. In molti luoghi stava la grandine sino all’altezza d’un piede, ed in 30 parrocchie era atterrato il grano come se fosse stato tagliato colla falce. Nel 1720 cadde la grandine nell’istessa maniera a Krems nell’Austria inferiore, ed alcuni pezzi pesarono sino a 6 libbre. Nella Turingia presso Nordhausen cadde nel 1738 la grandine della grossezza d’un uovo di gallina sopra 24 villaggi circonvicini. A Tout incominciò un temporale nel 1753 alle due pomeridiane accompagnato da alcuni tuoni; immediatamente dopo comparve una nuvola nera e lunga, che stendendosi sopra la città, lasciò cadere dei pezzi di grandine del peso di 6 once. La figura di questa grandine era irregolare; laonde si poté conchiudere che molte si fossero legate assieme. La nuvola passò presto, ma non di meno restarono offese ed uccise varie persone, e molti animali domestici. La nuvola era appena larga un miglio, e cascando indi la pioggia, vi caddero anche unite le grandini della solita grandezza. De Tressan, che ha descritto il temporale, liquefece alcune grandini, e ne ricevette un
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mezzo boccale di acqua, che essendo svaporata, lasciò indietro due grani e mezzo di terra insipida, la quale unita agli acidi fermentava come l’argilla. Uno de’ più terribili temporali di grandine è quello, che nel 1788 addì 13 luglio produsse le più spaventevoli devastazioni in varie regioni della Francia(1). Cotte crede con ragione, che i pezzi di 10 libbre, che allora si osservarono, siansi attaccati dopo di essere caduti in terra. Giusta le notizie esatte da lui raccolte, non erano caduti dall’aria pezzi più pesanti di una libbra ed alcune once. Null’altro che una grande attrazione elettrica, che spiega anche il crocchiare e l’urtarsi de’ pezzi tra loro nell’aria, come anche il fragore della grandinosa nuvola, può tenere sospeso in aria pezzi simili, o condurli via.
(1) Journal general de France 1786 n. 95, d’Antic nel Journ. de physique 1788 jul.