Sezione seconda
Movimento dell'atmosfera
Sezione terza
Meteore
Sezione quarta
Della temperatura e della relazione di essa colla natura e situazione de' vari luoghi
Parte II
I. Comportamento de' corpi organici
II. Le piante
III. Il regno animale
I. L'uomo
II. Degli animali somiglianti all'uomo
III. Degli altri animali mammoferi
IV. Degli uccelli
V. Degli anfibi
VI. De' pesci
VII. Degli insetti
VIII. De' vermi
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La cagione de’ venti spiegasi generalmente coi principi idrostatici. Sintanto che l’aria ritrovasi in equilibrio essa deve stare in quiete. La causa che toglie questo equilibrio costringerà i venti a correre più rapidamente o più lenti da una parte o dall’altra. Questo equilibrio si perde però facilmente per via del cangiamento del temperamento, dell’elettricità e de’ vapori, dello stato del sole, o di altre cause simili, producendovi de’ disordini sensibilissimi.
La causa comune però è il cangiamento della gravità e della compressione dell’atmosfera. Essendo questa compressione minore in una regione che nell’altra, allora l’aria, non arrestata da altri impedimenti, corre da questa regione all’altra, e tanto più sensibilmente, quanto è maggiore la differenza della compressione. Questo cangiamento può essere notabilissimo, e cagionare delle burrasche violenti senza che il barometro ne dia indizio; poiché l’aria è un fluido assai più disuguale dell’acqua, e non è necessario, che cresca la colonna di aria per aumentare la forza di compressione,
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all’aria contraria. Essendo sempre più compatta nella regione inferiore che nella superiore, può, mediante il peso maggiore, passare in un’altra, benché la compressione sia eguale in ambedue le regioni. Diventando, per esempio, mediante il caldo, la parte inferiore dell’atmosfera specificamente più leggera in una regione che in un’altra, passerà l’aria pesante nella più leggera, eccitandovi una corrente, oppure una burrasca violenta, senza che il barometro; il quale indica la compressione totale dell’intera colonna di aria, abbia cangiata posizione. Nell’istesso tempo può l’aria, per altre cagioni condensarsi sopra l’aria inferiore e rarefatta, e la soprapposta a questa nuovamente assottigliarsi, per cagionarvi una corrente affatto opposta all’inferiore, e non di meno sarà eguale in ambedue i luoghi la compressione totale dell’intera atmosfera. Possiamo farne l’esperimento, aprendo la porta di una stanza riscaldata e riempiuta di fumo di tabacco, ove l’aria fredda è specificamente più pesante; penetrandovi l’aria al di sotto spinge in su quella più calda, e la costringe a sortire al di sopra; il fumo in tal occasione sarà
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spinto dentro la stanza al di sotto, e sortirà al di sopra.
Moltissimi venti della zona torrida prendono origine dal diverso peso proprio dell’aria inferiore; ed anche ne’ nostri climi i venti hanno non rare volte la stessa origine. Questi sogliono crescere di giorno, e calmarsi o cessare affatto verso il principio della notte, poiché le diverse parti della terra ferma, come le pianure di sabbia, le regioni paludose e boscose, le valli profonde ec. sono disugualmente riscaldate in tempo d’estate; da ciò nasce un vento sensibile, mentre l’aria più fredda va versandosi dalla parte della più calda e leggera. Dalle valli molto ombrose, dalle selve, dalle aperture di antri sotterranei sortono di giorno de’ venti in tempo d’estate, i quali cessano verso sera. Estendendosi assai la parte meno riscaldata del continente, può nascervi un vento di una circonferenza considerabile; ma esso soffierà sempre più forte di giorno, e meno verso il far della notte, poiché l’esperienza c’insegna che i venti cessano spesso verso sera in tempo d’estate.
L’aria non è solamente pesante, ma è pure elastica. Tutto ciò che cangia la sua
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elasticità influirà anche sul movimento di essa; aumentandosi lentamente questa elasticità, non produrrassi un vento sensibile, anzi accaderà spesso, che i venti già sussistenti sono perciò indeboliti o totalmente arrestati. Si è osservato che durante le cannonate frequenti e forti, per cui una quantità di polvere riducesi in vapore aereo ed elastico, che poi si unisce all’aria inferiore, rendendola più compatta ed elastica, cessano affatto de’ venti sensibilissimi. L’aria estendendosi in simili occasioni su tutt’i lati con degli urti, arresta le correnti della parte ove penetra, per cui l’indebolisce, e ne rende l’effetto quasi impercettibile. Aumentandosi però rapidamente l’elasticità dell’aria, nascono de’ venti sensibili e delle burrasche, come duranti i tremuoti e le eruzioni dei vulcani, ove prorompono dalla terra frequenti e copiosi vapori elastici, i quali per cagione dell’elasticità si allargano su tutt’i lati, e montano sino ad uno strato di aria eguale alla loro leggerezza. Gli uragani delle Indie occidentali, ed i Tifoni del mare Chinese e Giapponese, potrebbero forse spiegarsi mediante questo fenomeno.
Per ciò che riguarda gli uragani, possiamo
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riportarci ad una quantità de’ loro propri fenomeni, che ne recano i necessari schiarimenti. Essi dominano sul mare Atlantico, e particolarmente sulle isole delle Indie occidentali; infuriano ordinariamente nel mese di luglio, agosto e settembre, dunque in un tempo in cui v’è il maggior calore, e frequentissime sono le piogge, per cui l’evaporazioni della terra s’innalzano abbondantemente montando nelle alte regioni. Questi venti sono sempre preceduti da un furore straordinario; il mare sembra bollire e sorpassa le sponde, malgrado che vi regni un profondo silenzio de’ venti. Si veggono montare delle nubi gravissime e nere, e l’atmosfera caricarsi di vapori densi e puzzolenti. L’uragano incomincia ordinariamente nella regione occidentale del seno Messicano; tra le isole del vento infuria alcune ore dal nord est e nord nord est con incredibile violenza, e nel centro della sua attività è accompagnato da veementi piogge, oppure da’ fulmini, loché dimostra l’elettricità sempre attiva durante tale specie di eruzione vulcanica. Indi segue la calma di breve durata; la corrente di aria prende la direzione opposta al corso antecedente, e poco dopo sentesi nuovamente l’uragano colla stessa
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veemenza, benché di minore durata. Finalmente cessa appoco appoco, e soffia da tutte le regioni dell’orizzonte. Le numerose sorgenti calde, le lave, le scorie ed il solfo naturale che da per tutto ritrovasi sulla superficie delle isole; i vulcani ancora fumicanti, e la figura singolarmente distrutta di esse, come anche la loro situazione notabile lasciano travedere, che una gran striscia di terra appoco appoco minata dal fuoco sotterraneo siasi quivi precipitata nel mare. La materia di questo fuoco sarà stata in appresso consumata, per cui non ha più la forza di produrre altro che eruzioni irregolari di aria infiammabile, e particolarmente in quelle stagioni in cui si riuniscono varie cause alle produzioni di esse(1). Questi uragani delle Indie occidentali assomigliano moltissimo ai Tifoni del mare delle Indie orientali. Il mare zampilla, e si agita in quel luogo ove prorompono; l’aria è riempiuta di vapori sulfurei, ed il cielo è tinto di colore di rame. I Tifoni restano in quel luogo ove prorompono,
(1) Voigt Magazin fuer das neueste aus der Physik ec., vol. VII. quint. 2 pag. 36-40.
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senza procedere innanzi. È noto in oltre che la regione intorno al Giappone è quasi coperta di vulcani, e che l’intero mare chinese nell’inverno resta più caldo che gli altri mari confinanti. Tutto ciò sembra confirmare l’influenza de’ vapori che sortono dal mare.
Ciascuna dissoluzione rapida dell’acqua, la quale dilata intieramente l’aria, cagionerà anche un vento considerabile, come sarebbero quelli regnanti su’ promontori tanto temuti da’ navigatori, ed anche de’ turbini di neve i quali molestano le persone che montano sulle montagne(1). Questi turbini sono ordinariamente accompagnati da neve che va sciogliendosi, ed incominciano o in principio d’inverno, quando l’atmosfera ha ancora bastantemente di calore per fondere la neve appena caduta, oppure nella stagione più calda in vicinanza delle alle montagne di neve. Questo fenomeno non può nascere che da una forte dilatazione cagionata dallo scioglimento rapido della neve nell’aria secca.
(1) Volney, viaggio in Siria ed Egitto nel 1783-85. tom. I. cap. 21.
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Presso tutte le cadute alte di acqua, come anche presso i piccoli torrenti, ed in vicinanza di una pioggia forte sussistono de’ venti che da vicino sono spesse volte violenti; cadendo però delle valanghe nascono delle correnti d’aria che abbassano considerabili strisce di selve. In simili occasioni agisce moltissimo la divisione rapida dell’aria mediante le masse cadenti, simile ad un bastimento che produce una corrente nell’acqua in quella direzione ove passa, oppure come il fulmine il quale cagiona una corrente di aria; ma non di meno contribuisce moltissimo all’eccitamento de’ venti forti, che accompagnano le valanghe e le cadute di acqua, il raffreddamento rapido dell’aria, e lo scioglimento copioso delle particelle di acqua e di neve, le quali si polverizzano per mezzo della caduta.
Tutt’i vegetabili, e tutt’i corpi animali contengono dell’aria fissa che, bruciando o putrefandosi questi corpi, si discioglie e passa nell’atmosfera, la quale in quella parte deve diventare più elastica e pesante. Se vegetano molte piante, si deduce dall’atmosfera una quantità di aria, e la elasticità e peso di essa si diminuiscono. Da questa vegetazione
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e dalla putrefazione delle piante nascono per lo più i venti di primavera e di autunno.
La maggior parte de’ venti soffia irregolarmente, ed urtando sono ora deboli, ora forti; qualche volta cessano anche per ricominciare poi con maggior impeto. Anche la di rezione di essi cangiasi spesso e rapidamente, e forse non v’è navigatore che non abbia sperimentato quelle burrasche, le quali soffiano irregolarmente intorno all’orizzonte. Questo cangiamento rapido non può dipendere né dal calore né dalla compressione dell’atmosfera, poiché tanto l’uno quanto l’altro fenomeno non avviene in un colpo, ma lentamente. Tali effetti dunque devono essere cagionati dall’elettricità comunicata; poiché l’aria, come non conduttore, può essere elettrizzata assai irregolarmente, laonde deve estendersi spesso rapidamente ed occupare una parte fortemente elettrizzata. Da ciò nascono continui movimenti interni dell’aria, per mezzo de’ quali la corrente generale verso una certa direzione e rinforzata o indebolita, oppure cangiata in parte o totalmente. I venti de’ temporali possono servire per dimostrarlo.
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Questa elettricità comunicata prevale più sovente e più forte nelle regioni superiori dell’atmosfera, dilata quivi l’aria più rapidamente, e la spinge più violentemente innanzi, che nell’inferiore. Quindi, montando sopra le sommità de’ monti, e facendo de’ voli areostatici, si sono osservate delle burrasche nelle regioni superiori, mentre nelle inferiori regnava la calma. Per la stessa ragione prendono le nuvole superiori un’altra direzione che le inferiori. Non poca influenza sopra i venti hanno anche le nuvole stesse, le quali, cariche di elettricità, tramandano come tutt’i corpi elettrici un vento fresco, e comunicano discendendo molta elettricità all’aria stessa; oltre ciò la raffreddano fortemente, come quando sono pregne di grandine, o la riscaldano secondo la natura delle materie che conducono.
Nella zona torrida, ove tutte le nuvole sono più elettrizzate che da noi, nascono in tal guisa burrasche terribili. I venti più noti fra questi sono i Tornado. Essi sono preceduti ordinariamente da vento dispiacevole, ed opprimente, che sembra essere più caldo di quanto indica il termometro; l’avvicinamento di essi è indicato dalle nuvole
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che si elevano nel sud est, indi si uniscono ben presto formando un orizzonte affatto nero, nel quale si osservano fulmini distanti, in modo che avanzandosi il tornado, cessa il vento e segue una perfetta calma. Il vento poi continua maggiormente ad accrescersi, e gli animali e gli uccelli cercano di ricoverarsi e nascondersi; da per tutto regna un profondo, silenzio, e sulle nuvole è dipinta la morte. Tutt’a un colpo nasce una burrasca freddissima, che rovescia le barche e le capanne de’ negri, e fa calare il termometro 7 in 8 gradi. Quando incomincia a cessare il tornado, cade una pioggia diretta accompagnata da fortissimi lampi e tuoni; accadendo poi che giungano de’ tornadi senza pioggia, o almeno con poca, allora la burrasca è più frequente e più forte(1). Hube, che ha inserita questa descrizione nella sua opera sulla evaporazione(2), aggiunge: questa burrasca fredda, che sorte dalle nuvole fortemente elettrizzate, dirigendosi verso il mare, il quale è buon conduttore,
(1) In una descrizione dell’isola Senegall nel Magazzino di Settinga vol. 3. quint. 6.
(2) Volume 2 cap. 73.
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non si estende lontano, e l’aria in vicinanza dell’oragano furibondo resta sovente tranquillissima. D’altronde è naturale che la pioggia indebolisca la forza dell’oragano, mentre scarica l’elettricità delle nuvole.
Simili colpi di vento ravvisiamo sopra diversi promontori, particolarmente sul Capo di Buona Speranza. I Portoghesi vi sentirono per la prima volta la furia di quelli provenienti dalla parte sud est, e li chiamarono tornados, nome conservato anche dagli Olandesi.
Prima che questi oragani prorompano in queste regioni, scopresi in tempo sereno e calmo una o più nuvole piccole e nere. Queste si radunano, e dopo essere state divise da una burrasca terribile, spariscono in seguito. Particolarmente osservasi in tale occasione una nuvola nera sul monte della Tavola, chiamata da’ navigatori l’occhio del Bove.
Accadendovi questo fenomeno, i venti sogliono solamente urtare, ed essere di breve durata. Coprendo le nuvole tutta la parte superiore del monte, ed essendo, secondo l’espressione de’ marinari, coperta la tavola allora il vento infuria per 2 o 3 ed anche 4 giorni, anzi un mese intiero colla stessa forza,
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senza che la nuvola sensibilmente cresca o diminuisca(1). Sciogliendosi poi alquanto le nuvole, cessano appoco appoco anche le burrasche(2). Non rare volte sono accompagnate da piogge violentissime. Lo stesso accade della burrasca furibonda chiamata nel seno Messicano il Nord, propriamente però nord ovest, la quale sembra essere cagionata da una nuvola nera e piatta, che, dopo i venti cangianti, radunasi sulla parte nord ovest, alcuni gradi sopra l’orizzonte, ove resta immobile ed invariabile durante la burrasca, e tutte le altre nuvole vi passano rapidissimamente. Questo fenomeno accade frequentemente nel mese di dicembre e di gennaio.
Le nuvole fortemente elettrizzate producono spesso delle burrasche anche fuori
(1) Ved. Sam. Fahlberg Bemerkungen über den Orkan auf der Insel St. Barthelemy nel 1792 del Konigl. Svenok, Vetensk. Acad. Nya Handlingar pel 1794 p. 275, ed una traduzione di ciò fatta da Blumenhof nel magazzino di Gotha vol. II quint. 4 p. 74-86.
(2) Kalbe Beschreibung des Vorgebirges der guten. Hoffnung tom. 2 cap. 15. Francf. 1745. a p. 308-314 Varen. Geogr. gen. I., 21.
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de’ tropici. Esse rendono l’aria particolarmente elastica, quando vi contengono molti vapori lentamente disciolti. Essendo questi vapori divisi da per tutto egualmente, come sempre suole accadere, allora l’estensione dell’aria cagionata dall’elettricità delle nuvole non produce alcun vento sensibile, poiché l’estensione è in ogni parte di forza eguale, e diminuisce gradatamente. Non di meno sussiste spessissime volte sopra il mare una quantità di vapori disciolti, assai maggiore che sopra la terra. Ora concentrandosi sulle coste delle nuvole grandi e molto elettriche, oppure essendo elettrizzata l’aria mediante la comunicazione, così, estendendosi l’aria, deve essa passare dal mare verso la terra. Da ciò possiamo rilevare, perché le nuvole grandi e molto elettriche vengano per lo più dalla parte del mare, e perché siano condotte dal vento dell’ovest.
Tali venti elettrici sono maggiormente generati mediante le alte montagne delle coste, poiché dividono la comunicazione tra l’aria di terra, e quelle di mare in modo che l’una non può unirsi all’altra. Ogni qualvolta che le nuvole nascondono la sommità di questi monti, possiamo con fondamento supporre
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delle burrasche provenienti dalla parte del mare. Così sono segnalati anticipatamente, secondo Volney, i venti occidentali della Siria, secondo Kranz i meridionali nella Groenlandia, e secondo Franklin, gli orientali nell’America settentrionale. Essi sono per lo più violenti, accompagnati da nuvole dense, che in fine si sciogliono in piogge, e durano non rare volte due sino a 8 giorni(1).
(1) Hube sull’evaporazione vol. 2 cap. 66. 67. 72. 74.