CAPITOLO IV
ALCUNE OSSERVAZIONI SUI CORPI ORGANICI CHE TROVANSI SULLA TERRA
Sezione seconda
Movimento dell'atmosfera
Sezione terza
Meteore
Sezione quarta
Della temperatura e della relazione di essa colla natura e situazione de' vari luoghi
Parte II
I. Comportamento de' corpi organici
II. Le piante
III. Il regno animale
I. L'uomo
II. Degli animali somiglianti all'uomo
III. Degli altri animali mammoferi
IV. Degli uccelli
V. Degli anfibi
VI. De' pesci
VII. Degli insetti
VIII. De' vermi
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La formazione del mondo vegetabile differisce esternamente dall’animale per la costruzione varia, e pel numero e per la grandezza variabile delle parti esterne de’ rami, delle foglie e de’ fiori. La costruzione interna è semplicissima, e l’intera organizzazione di essi si riduce a’ vasi propriamente detti, ed al tessuto cellulare che vi è frapposto.
I vasi possiamo distinguerli, secondo la qualità delle sostanze che contengono, in vasi di sugo, i quali racchiudono un fluido che gocciola, ed in tubi di aria ove si trattengono varie specie di gas.
Fra i vasi di sugo si osservano i così detti vasi spirali conduttori, che sono i più comuni e più importanti, e che circondano in direzione spirale i menzionati vasi di aria. Nella zucca sono più larghi che in altre piante, di modo che in mezzo alle loro direzioni spirali si possono osservare le parti trasparenti del grosso tubo medio. Ponendo un pezzo tagliato dal gambo di essa dentro un fluido tinto, si vede questo montare ne’ vasi spirali
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ma non così nel grosso tubo di mezzo, che resta trasparente, ed essendo posto anche nel fluido in qualunque maniera si sia: fra i vasi di sugo propriamente detti, che sono assai variati, non si scopre una tal unione da potere mantenervi una vera circolazione degli umori come accade nella maggior parte degl’insetti privi di sangue; poiché ogni qual volta poniamo rami o tronchi tagliati dentro un fluido tinto, vediamo che esso penetra tutt’i vasi verticali e li tinge; ma ciò non accade col midollo né col tessuto cellulare, che si tinge solamente un poco, e qualche volta assai, vicino ai gran vasi. Nella posizione rovesciata però si distinguono anche i vasi diritti che s’innalzano in mezzo al midollo e la parte cellulare. Ponendo sopra un tronco d’un olmo sano un tubo lungo 300 piedi, e riempiendolo di acqua, vedremo schizzare fuori questo fluido da tutte le parti del legno, la qual cosa prova che penetra tutti i vasi.
Le parti delle piante composte da quelle sostanze organiche, e l’operazione di esse fa che si dividono ordinariamente in fruttificazioni e vegetazioni.
Le parti di vegetazione ovvero di coltivazione,
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destinate a nutrire la pianta, a reggerla e conservarla, sono le radici, il tronco e le foglie, comprese anche le spine e il vellutello di cui sono coperte. La radice serve anche alla propagazione della pianta, ed è la parte nascosta di essa. Quindi le cipolle dentro terra o dentro acqua, che portano de’ fiori in cima, sono radici anch’esse; ma quei nodi ed escrescenze simili alle radici, le quali si scoprono in fondo al tronco delle specie di lactus, non sono radici, benché ne abbiano molta somiglianza. Il numero e la grossezza de’ rami della radice è più forte vicino al tronco, e va diminuendosi verso la profondità della terra; la radice si ramifica ordinariamente subito entrando in terra, ma trovando essa degli strati duri ed infruttiferi, discende quasi 3 sino a 6 piedi in linea retta senza formare nessun ramo laterale, ed allora è chiamata radice principale. Nelle piante giovani scopriamo moltissime e foltissime ramificazioni della radice; negli alberi grandi però sono diramate come la corona di essi. Le punte più tenere si dividono in varie altre più piccole, e queste in altre più sottili, che sono quasi coperte di lana, gonfie in fine e trasparenti. Esse penetrano
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facilmente dappertutto; sono particolarmente, e secondo tutta la probabilità, atte a imbevere le parti organiche nutritive.
I capillamenti teneri delle radici di alcune specie di piante, per esempio, della lemna (lenticchia d’acqua), producono immediatamente foglie, e queste sono chiamate acaules; ma nel maggior numero delle piante si riuniscono essi ed i rami delle radici per formare un torso, il quale si prolunga ordinariamente in un tronco, gambo, o fusto; ambidue sono coperti esternamente con una membrana fina, sotto la quale giace una parte spungosa, che quasi intieramente è composta da’ più attivi vasi succosi, chiamata scorza. Incollando un ramo ove fu tagliato, e lasciandolo poi appassire un poco, si vedrà ravvivarsi il ramo quando sarà posto in una cantina umida, o quando sarà stato involto dentro panni; anzi spesse volte un tal ramo acquista maggior peso di prima; e ciò dimostra chiaramente la forza nutritiva della scorza. I capillamenti che si trovano spesso sul tronco o sulle foglie, sono analoghi alle barbe o ai capillamenti delle radici; essi assomigliano per lo più alle terminazioni de’ vasi, che sono sottili alle aperture, e larghe verso il
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loro nascimento, per cui sono particolarmente atti a imbevere gli umori.
I vasi di sugo della scorza degli alberi o arbusti, si trasformano annualmente in uno o due circoli nuovi di legno bianco, tenero e leggero, chiamato alburno. La quercia, l’olmo, il pino, l’abete hanno un alburno assai diverso dal legno; nel pioppo, nella tiglia, nel gattero, nell’ontano, nella betulla ec., v’è sì poca differenza, come se l’alburno non vi fosse.
L’alburno ba totalmente la costruzione degli strati interni delle scorze, e la sua tessitura corrisponde esattamente con essi, ma è più piccola e va concentricamente ristringendosi sino al centro.
Vicino alla radice sogliono giacere vari alburni più grossi, ed in conseguenza maggiori anelli di legno. Su i lati del tronco, essendovi in terra una forte e prosperosa radice, sogliono gli alburni essere più grossi ma meno numerosi; gli anelli di legno al contrario, che da essi si formano, sogliono essere più frequenti; quindi possiamo stimare in circa l’età a un albero dagli anelli di esso.
Il legno stesso si distingue accanto all’alburno
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pel colore più cupo, per maggior durezza e pel peso specifico; questo però cangiasi nell’istesso albero secondo l’altezza, ed il sito ove si leva un pezzo per pesarlo. Un piede cubico di legno preso dalla radice pesa più che un altro preso dal tronco, e dal tronco più che un terzo preso da’ rami o dalla corona.
Le piante di un anno non hanno ancora legno, ma molto midollo circondato da un alburno sottile.
Ne’ germogli corrisponde esattamente il midollo col tessuto cellulare, ed è assai sugoso e di colore verde chiaro; possiamo dire che esso si formi dal tessuto cellulare, da cui i germogli sono composti in gran parte.
Nel modo però che il tessuto cellulare diventa bianco e duro, e tutto il ramo si allunga, si allargano anche le cellule del midollo e diventano più grandi che quelle pel resto del tessuto cellulare, come nel sambuco, ed ordinariamente assai bianche, rare volte brunicce.
Più ch’è rapido il crescimento dell’albero, più grandi sono le cellule del midollo. Spesso sono estese a segno che si
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osservano talvolta alcune separazioni di midollo, simili a’ tramezzi che paiono affatto secche come, nella phitolacca decandra, oppure è affatto vuoto il tubo d’intorno, e si scopre di quando in quando il midollo sulle pareti, come nel fusto delle erbe. I salici e le querce vecchie hanno spesso perduto il midollo, e sono non ostante belle e verdi. Anche agli alberi di frutto può mancare il midollo. Si è voluto sostenere in Francia, che tagliando intieramente il midollo d’un albero a frutto, si levi ai frutti il pericarpio, il nocciuolo ec. Più ch’è vecchio l’albero, e più strati di legno che in esso si formano, più stretto diventa il tubo del midollo, e in ultimo è diminuito a segno che ne’ tronchi vecchi se ne scopre appena la traccia.
I rami e le frondi assomigliano al tronco, ed anche i gambi e le foglie sono costruiti delle istesse parti di cui sono composti il tronco e la radice. In essi si distinguono anche la finissima membrana superiore, e sotto di essa la cuticola, la scorza, la sostanza lignea ed il tessuto cellulare del midollo. Il fascio di vasi di cui è composta la foglia, è una continuazione di vasi sussistente ne’ rami o
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nel tronco, i quali, abbandonando la loro direzione retta, corrono al di fuori, circondano una parte del gambo, e si allungano per formare la rete della foglia. Per mezzo della macerazione possiamo separarne le altre parti, e procurarci i così detti scheletri di foglie. Non è inverosimile, che le foglie contribuiscano anch’esse al nutrimento della pianta(1); ma il loro ufficio principale sembra consistere nel conservare il processo flogistico, come ha dimostrato Ingenhouss(2). Esse sarebbero dunque quasi i polmoni de’ vegetabili, poiché anche ai vegetabili è necessario l’ossigeno dell’atmosfera per preparare la loro sostanza principale, cioè l’acido carbonico; di cui tramandano in seguito il superfluo in qualità di gas acido carbonico. Le piante consumano e preparano meno acido carbonico, quando risplende il sole durante il giorno, e rilasciano quindi molto ossigeno, e correggono l’aria atmosferica.
Tutte le foglie, eccettuando alcune piante criptogamiche e parasitiche, hanno
(1) Bonnet ricerche sull’utilità delle foglie.
(2) Experiments upon vegetables Lond., 1779. 8.
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un bel colore verde. Ponendo le piante di belle foglie verdi in un luogo oscuro ove non penetra la luce, ma che vi sia il necessario calore, vedremo che crescono presto, ma l’esteriore di esse e le foglie nuove diventano bianche o biancastre giallicce; esse non si allargano però tanto, e sono ridotte alla quarta o quinta parte della loro vera grandezza, ed i gambi delle foglie come il fusto si restringono fuori di modo; quello però che già era formato resta verde, o cade in giù.
Lo stesso possiamo osservare in una stanza chiara, ove la pianta è esposta ad un grado di calore sensibile, ed ove cangia spesso l’aria. Nelle aiette e nelle serre, ove è ordinariamente un alto grado di calore, le messe giovani delle piante diventano egualmente bianche, quando le finestre sono coperte alcuni giorni di seguito, ma togliendo queste, prendono presto un colore verde chiaro.
Nell’istesso modo alcune piante divengono bianche o biancastre giallicce quando si racchiudono nel gas ossigeno, e si espongono ai raggi solari. Il crocus sativus secondo le osservazioni di Humbold, spinse le
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foglie verdi; un pericarpio giallo coi filamenti e lo stelo resse in una miniera di Freiberg, ove l’aria era sì guasta dal gas idrogeno, che i lumi si estinsero ed i polmoni ne furono intaccati. In un’aria simile germogliò un pezzo di piota, de’ leucoi, statice, trifoglio ec.; essi cacciarono le foglie nuove senza perdere le vecchie, ma vi fiorirono la роа compressa, tricetalis vit, la briza media e il loglio.
Lo sfogliarsi degli alberi nell’autunno sembra essere cagionato dal freddo che arresta il corso degli umori, ristringe i vasi, e riduce le piante al sonno d’inverno, eguale a quello di molti animali, e tutte le operazioni delle foglie sono interrotte, per cui cadono. Questo fenomeno accade meno frequente nelle zone più calde. Presso noi però nel profondo nord, le piante formate di una foglia compatta e resinosa, come i pini, l’edera, il bosso, l’erica ec., conservano le foglie durante l’inverno. Anzi vi sono alcune piante, come il colchico, il leucoio vernale, l’elleborina nera ed altre, che vegetano più vigorosamente nell’inverno, simili ad alcuni animali, per esempio, i lupi, che sono attivissimi
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e si accoppiano precisamente nel più forte dell’inverno.
Il fiore è destinato alla propagazione: essendo appena matura la semenza, perisce la pianta annuaria, e la perenne muore per quest’anno. Per la propagazione si richiedono sette parti, cioè il calice, la corolla, il nettario, gli stami, il pistillo, il pericarpio, la semenza.
1. Il calice è il vestimento esterno che racchiude tutte le parti fruttifere. Non tutte le piante lo posseggono, come il tulipano, il giacinto ec. Esso è per lo più verde; qualche volta tinto di altri colori e di figura assai varia. È chiamato perianthium, quando il calice racchiude immediatamente il fiore, e precisamente un fiore solo, come nel garofano ec. Questo periantio cade in alcuni prima che il fiore siasi intieramente spiegato, come nel papavero, oppure dopo che il fiore si è intieramente aperto, come nel fiore del berbero(1). In altri si dissecca, essendo il fiore appena completo, ma vi resta attaccato, e cade quando si riproduce il frutto, come
(1) Il primo si chiama perianthium caducuum, l’altro deciduum.
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nell’albicocca, oppure quando il frutto è maturo; in altri ancora, come nel giusquiamo, resta attaccata alla vessica seminale. Riguardo alla composizione è il periantio o semplice, consistente in una corona, o doppio stando uno dentro l’altro come dentro un calice. Qualche volta forma un pezzo unito, che, malgrado i vari tagli al di sopra, si unisce non ostante alla base, come nell’orecchia d’orso, e nella primavera spesse volte ha foglie, cioè la foliola, come nel ranuncolo. Il periantio semplice è spesso dentato, come nella primavera; altre volte forma quasi un cilindro come nel garofano, ed altre volte ancora è gonfio di aria come nel lichnis bianco. Un’altra specie di calice è il calice comune, o meglio anthodium, che racchiude varie fruttificazioni, come nella poligala e nel ranuncolo auricomo. Una terza specie è la spatha, una pelle sottile membranosa, che colla sua base abbraccia il gambo, e che racchiude prima dello sviluppo i fiori colle loro coperte, e li spacca nella lunghezza durante lo sviluppo, indi si disecca, diventa membranosa, e resta così come diseccata ora più ora meno distante dai fiori, come nel narcisso ed altri. Il calice
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distante dal fiore è chiamato involucrum. Esso merita il nome di calice solamente per la sua posizione, non per la distinzione, poiché non investe mai il fiore, neppure prima dello sviluppo, essendo le foglie troppo piccole. Quando le foglie sono situate in guisa che anche con maggior ingrandimento non avrebbero potuto racchiudere il fiore, allora si chiamano Braetell. Gluma è nominato quel calice composto di due fogliette sottili a foggia di carta e di pungoli, e marcato sul dorso di strisce elevate. Queste fogliette si chiamano valvulae, come nelle specie di erbe. Amentum chiamasi la base sulle quali si radunano molti fioretti, esso è un gambo semplice, lungo, coperto di squame che guardano il fiore. Squama nominasi quella foglietta semplice ed estesa, dietro la quale sono collocate le parti genitali.
2. La Corolla è l’involto interno della fruttificazione di tenera tessitura, e differisce dal calice pel colore. Il calice manca ad alcuni fiori, ed anche la corolla. Non è facile di fissare quale manchi, poiché le differenze sono poco sensibili. Quando si trovano ambedue dicesi che il fiore è perfetto, e si dice imperfetto quando ne manca uno. La rosa
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e l’auricola sono completi, e il giacinto incompleto. Ciascuna parte isolata della corolla chiamasi corona o petalum.
3. Il nettario è la parte in cui separasi una particolare doleezza; ciò accade unicamente nel fiore, ed in esso solamente si ritrovano i nettari. Si riconoscono facilissimamente quando si distinguono dalle fruttificazioni, mediante i segni esteriori, come i nettari a guisa di cappuccio e di orecchio, come nell’aconitò, aquileia ec. Essi sono corpi vuoti simili ad un elmo, a forma di pan di zucchero; ora hanno un gambetto ed ora no; la loro costruzione assomiglia alle foglie del fiore, e sono affatto separati dalle altre parti del fiore. Anche le così dette glandule, corpi corti, grossi e carnosi, ora rotondi, ora oblonghi a guisa di boccale, che ordinariamente si trovano sul fondo del fiore, come nella brassica, vertascum ec. si riconoscono facilmente per questa distinzione. Il mele si separa in queste parti, o vi è conservato, e possiamo realmente paragonarle alle glandule. I nettari sono spesso fogliette a guisa di squame, sotto le quali si trova il mele dentro una fossetta, come ne’ ranuncoli, il di cui segno caratteristico è la squama.
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In altre piante, come nel crescione indiano, si forma uno sperone nel quale si termina la corolla. Nella Parnasia ec. i nettari sono gentilmente formati. Tutte queste parti però non sono essenziali. Esse possono mancare tutte, e non di meno sussisterà la pianta. Le parti essenziali sono quelle di generazione propriamente dette, cioè filamenti e pistilli.
4. Gli stami sono composti dal filamento, dall’antera e dalla polvere secondante (Pollen).
Il filamento, un corpo lunghetto che porta l’antera; è ordinariamente bianco, rare volte tinto, ma spesso verde nell’aglio, e turchino nell’ornithogalum. Esso sembra separare i più fini umori nutritivi. Siccome si classificano le piante secondo le parti genitali, si suole dapprima riguardare il numero de’ filamenti. I fiori che hanno un filamento solo si chiamano monandria, quelli che ne hanno due diandria, tre triandria, e così procede sino a dodecandria. Quello ch’è al di là è variabile, di modo che un individuo di una specie ne ha 15, l’altro 18, il terzo 19, e il quarto 13 ec., per il che si chiamano icosandria. Le altre sono nominate polyandrya. Indi si osserva la figura
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de’ filamenti la quale è assai varia. Quando è di eguale grossezza tanto in cima quanto in fondo si chiama capillaria; quando è un poco più grossa di un capello filiformia, ed anche linearia. Quando è sottile e larga come nell’ornitogalo, e che rappresenta una specie di membrana chiamasi plana. Quando è sottile in fondo e grossa in cima, cuneiforinia. Quando è grossa, in fondo e va assottigliandosi verso l’antera, subulata. Quando sulla pianta ritrovasi un taglio ove riposa l’antera, emarginata. Quando ascende dritto come nel tulipano, recta, e quando piegata fuori o dentro reflexa, o inflexa. Quando i filamenti sono legati tra di loro, si chiamano conventia, conata. Fra questi si osservano tre casi, cioè i filamenti se sono radunati in un pezzo solo dicesi monodelphia, se in due diadelphia, e se in tre e più polyadelphia, come ne’ portogalli e ne’ limoni. Finalmente secondo il rapporto fra di loro si chiamano aequalia quando sono tutti dell’istessa lunghezza, inaequalia quando alcuni sono più lunghi altri più corti.
Rimarcabili sono i disuguali che hanno quattro o sei stami, poiché si chiamano tetrandria ed exandria, solamente quando gli stami sono di eguale lunghezza; ma quando
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fra quattro, due sono lunghi e due corti si nominano didynamia; e quando fra sei stami, quattro sono più lunghi tetradynamia. Questa piccola variazione reca un vantaggio al sistema, mentre si uniscono le piante simili tra di loro, e si separano quelle che sono di specie diversa. Gli stami sono anche divisi in quattro sezioni, secondo la loro posizione ed incastratura. Ritrovandosi essi incastrati sul ricettacolo delle piante, ch’è il caso solito, si chiamano thalamo stemones; essendo attaccati alla corolla, si nominano petalo stemones, essendo incastrate nel lato interno del calice calyco stemones, e quando sono sul pistillo stylo stemones. Gladitsch ha fondato il suo sistema(1) unicamente sulla posizione degli stami. Esso è buono, ma le classi vi sono numerosissime. Tra gli stylo stenconi sono appena tre o quattro specie, fra i talamo stenconi più che in tutte le altre assieme. Del resto questo sistema è da raccomandarsi, per motivo della posizione invariabile.
(1) Systema plantarum.
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La seconda parte dello stame è l’antera. Malpighi la chiama capsula staminis. Essa ha in diversi fiori anche una diversa figura, è sempre composta di membrane chiamate valvae, le quali sono ordinariamente unite nel mezzo; e siccome si legano fra di loro colle estremità opposte, formano cellule loculamenta, loculos. Sintantoché il fiore non si è ancora spiegato, gli stami sono coperti di polvere fina, e le cellule sono chiuse, o le estremità delle valve sono legate tra di loro: l’aprimento degli stami chiamasi dehiscentia antherarum. Per questo processo le valve interne diventano esterne e viceversa. Esse sono contate per indi dividere le piante in bivalves, trivalves, multivalves ec. Le antere riposano ordinariamente sopra i filamenti: essendo esse collocate sulla punta, si chiamano anthera erecta, essendo attaccate al filamento con una parte sola anthera lateralis, ed essendo attaccate al filamento in guisa di essere movibile alla più piccola scossa, come nelle specie erbacee, anthera versatilis.
La polvere fecondante (Pollen) è la parte più essenziale del fiore: qualche volta manca ne’ fiori l’antera, ma non mai questa
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polvere. Qualche volta riposa dentro una fossetta. Essa è piccolissima e assai divisa in diversi fiori; ora è rotonda come un globo, ora a foggia di rognone, angolato e pieno di pungoli, e sembra possedere la facoltà vitale. Bagnando questa polvere fecondante di acqua, prima dall’apertura, e contemplandola col microscopio, si vede scoppiar il globetto e formare una figura simile alla croce di S. Andrea. È dunque probabile che il soffio sortito, sia la parte che feconda la femmina. Le api vanno sempre addosso a questi gusci di semenza, se così possiamo, chiamarli, e ne formano la cera.
5. Il pistillo è la parte femminile delle piante. Esso occupa il centro del fiore, è più grosso in fondo, filiforme in cima e di varia figura, coperto di una umidità viscosa ed anche di peli; la parte inferiore è unita al frutto, che può essere riguardato come una parte del pistillo. Intorno al pistillo si notano tre parti, germe, stilo, stigma.
Il germe può paragonarsi all’ovaia degli animali femminini. Poiché le semenze sono già preformate in ossa, prima che vi giunga la polvere come le uova nell’ovaia.
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Lo stilo non manca propriamente mai, ma spesso è sì corto e si poco sensibile, che determinando il carattere della pianta, si dice non v’è stilo, come ne’ ranuncoli. Sempre rialzasi uno stilo solo dal germe, e si divide in seguito in due o più fibre, secondo le quali si fissa il carattere delle piante. Quelli che sono spaccati sino alla metà sono chiamati stylus lisidus, trisidus, e gli spaccati sino al germe bipartitus, tripartitus. Essendo lo stilo intieramente spaccato le piante sono da Linneo chiamate dygynae plantae.
Lo stigma è ordinariamente staccato sensibilmente, e guarnito di molti porretti, ed è malgrado della sua piccolezza e tenerezza senza pelle, della quale diminuirebbe molto la sensibilità. Esso è sempre asciutto, sintantoché la semenza è matura per cascar fuori; allora si cuopre di un umore viscoso, perché il seme vi si attacchi quando è composto di fibre corte, compresse e carnose ed a guisa di pennello, perché si chiama stigma penicilli forme, quando il piano superiore è a guisa di globo, e piatto l’inferiore, capitatum; quando partono dal centro delle strisce radianti, radiatum, e quando ha sopra ambidue i lati de’ peli fini come le erbe, plumosum.
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Riguardo alla distribuzione di questa fruttificazione si osservano cinque diversità. Fiori che tengono solamente stami si chiamano flores masculi. 2. Fiori che hanno unicamente il pistillo, flores faeminei. 3. Quelli che in un fiore riuniscono ambedue le parti, flores hermaphroditi. Gli ermafroditi in cui una di queste due parti è marcante, di modo che lo stame non abbia l’antera, e che sono privi di polvere, o che non si scopre lo stigma, si chiamano imperfetti, flos hermaphroditus mancus; e gli ermafroditi ove sono mutilati ambedue i genitali, flos abortivus, flos neuter. In conseguenza di ciò si dividono le piante a. in quelle che hanno le parti masculine, b. quelle che hanno le femminine, e c. in ermafrodite. 4. Trovandosi sopra una stessa radice fiori di due specie, cioè mascolini e femminini, allora si chiama la pianta androgyna ovvero monecia; per esempio il nocciuolo, la noce, l’albero da pane, il cetriuolo, il melone ec. 5. Essendo le parti fecondanti divise in modo, che vi vogliono due individui, de’ quali uno sia pianta maschia l’altro femmina, come ne’ salici, nel luppolo, nella canepa ec., ed ove un
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albero porta solamente la polvere fecondante la semenza, allora l’una e l’altra pianta si chiama diecia. 6. Trovandosi tre individui, di modo che uno porti ermafroditi, l’altro fiori maschi, ed il terzo femmine, come nel frassino, si chiamano triecia ovvero polygamia. 7. Le piante in cui non si scoprono ad occhio nudo le parti fecondanti, oppure non si scoprono subito anche colla lente comune, per cui è necessario servirsi di lenti fortissime come le felci, i muschi, i funghi, le peperelle, i tartuffi, le alghe, si chiamano piante che fioriscono di nascosto, cryptogamia. La propagazione naturale è ancora assai dubbiosa ed incerta, e Prisoon è inclinato a considerarle per piante che si presentano come parti nude di fruttificazione(1). Per quanta somiglianza abbiano in altre piante le fruttificazioni colle parti genitali degli animali, non di meno si distinguono essenzialmente da quelle, mentre per ciascuna generazione nuova devono anche formarsi le loro parti genitali.
(1) Ved. magaz. di Gotha vol. VIII quint. 4. pag. 96, 85.
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6. Il pericarpio (perispermium) non è neppure una parte essenziale della pianta, mentre moltissime famiglie ne sono prive, perché sono chiamate gymnospermia. Il maggior numero però n’è totalmente coperto, di modo che non si vede la semenza, che quando l’involto la scopre. Il pericarpio è in alcune piante affatto secco, legnoso, a guisa di e membranoso; in altre contiene una carne più o meno sugosa, che si scopre subito al di fuori, o dopo averla tagliata.
Fra i pericarpi secchi si contava, 1. i pericarpi incarnati colla semenza, integumentum adnatum, 2. quando la semenza, come in molte malve, per esempio, lavatera trimestris, è libera a metà, e circondata da una coperta particolare, mentre che il resto si forma dal comune ricettacolo. 3. Il pericarpio coll’involto legnoso, membranoso, o riguardo alla sostanza, partecipante dell’uno e dell’altro, il quale racchiude la semenza in modo che vi giace liberamente, e non si apre, essendo anche maturissima, come nel zantio, acero, nel pioppo cc. 4. La noce che si distingue dal pericarpio per la maggior durezza. Il pericarpio possiamo tagliarlo; ma la noce dobbiamo schiacciarla. 5. La capsula pelosa come nelle
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peonie, 6 la buccia, 7 la siliqua, 8 la capsula, 9 le valvule.
Ai pericarpi sugosi appartengono; 1. la drupa; 2. la bacca; 3. la capsula semenzaria, come ne’ pomi, ove l’involto esterno è intieramente carnoso, ed ove si formano internamente una o più concavità simili a gusci cornei, in cui giace la semenza divisa dalla carne, 4 la theca, come nell’asfodelo, nell’aterico ec. Si distinguono ancora i pericarpi veri e falsi. I veri sono quelli che involsero la semenza, alloraquando giacquero ancora nel germe come abbozzi; i falsi, quelli che sono nati dal periantio, o si sono formati di nuovo, come la carne de’ frutti.
7. La semenza. In essa si distingue il nocciuolo, cioè quella sostanza biancastra, carnosa, farinosa e compatta che riempie l’interno della semenza, e la coperta del nocciuolo. Questo consiste in due involti, membranosi, cioè della testa esterna tinta di giallo o di bruno, di bigio o di nero ec., e della testa interna ch’è più tenera, più bianca e per lo più trasparente.
Il nocciuolo è composto da cotiledoni della massa bianca, carnosa, farinosa, e dal cuore della semenza. Intorno a questo si distingue
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spesso una parte più estesa, che nell’estremità superiore giace libera fra i cotiledoni, e che si trasformano poi in foglie, e chiamasi la pennetta; ed un’altra parte rotonda a guisa di punteruolo, sul margine de’ cotiledoni, la quale poi si prolunga, e diventa radice, e chiamasi becco. Spesso si scopre esternamente il luogo ove esso è collocato, mentre si un’impressione che talvolta è tinta a circoli particolari, e questo è nominato umbilico. La semenza prima di maturare è attaccata a questo punto, mediante un filo ch’è il belliconchio.
Ponendo la semenza nell’acqua o nella terra umida incomincia a gonfiare, di modo che la testa esterna scoppia. Hales vide innalzarsi e muoversi un peso di 184 libbre posto sopra de’ piselli che germogliavano. Durante questo gonfiamento della semenza, il becco passa per l’umbilico, e la semenza germoglia. Nell’istesso tempo cresce anche la pennetta. Il becco discende, s’ingrossa, spinge fuori vari fili laterali, e forma la radice. La pennetta al contrario s’innalza, e sviluppa una o due foglie, sotto le quali si scoprono ordinariamente i cotiledoni uniti alle teste aperte.
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Ciò segue regolarmente, qualunque sia anche la posizione che la semenza abbia presa in terra. Essendo l’umbilico voltato in su, allora il becco fa subito una curva e discende, e la pennetta si alza. Possiamo procurarci questo istruttivo divertimento ponendo della semenza dentro un bicchiere riempiuto di terra, ma in modo che la semenza sia collocata verso il vetro; voltando dunque la semenza, ogni volta che la pennetta va in su e l’umbilico in giù, vedremo che riprenderà sempre la sua vera posizione.
Egualmente rimarcabile è il movimento, in parte vivissimo, che si osserva intorno alle parti genitali di alcune piante ermafrodite nel momento della fecondazione, mentre gli stati della barbarissa comune, essendo percossi nel lato interno, voltato verso il germe vicino all’inserzione, sbalzano verso l’interno, spingono l’antera maschile contro lo stigma femminile e lo fecondano, e gli stami del cactus opuntia, che ordinariamente si muovono in contrario all’urto che hanno avuto. Nella parnassia palustris piegansi i filamenti l’uno dopo l’altro, pongono l’antera sullo stigma, si vuotano intieramente, e si rialzano di nuovo; le due ultime si pongono
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ordinariamente nell’istesso tempo sullo stigma. In molti fiori d’insalata e di cardi, i piccoli fiori, appena sviluppati, o da svilupparsi, toccandoli, si muovono circolarmente, tanto verso la dritta, quanto verso la sinistra; e durante questo movimento lo stigma si avanza sensibilmente.
Tenendo sotto le foglie pendenti della mimosa un ferro rovente, allora si allontanano e si uniscono al di sopra; e ponendovi sopra una gran spugna bagnata, allora si separano, e pendono in giù come se fossero bagnati dalla rugiada.
La mimosa sensitiva apre le sue foglie ogni mattina e le chiude di sera. Duhamel pose una di queste piante dentro un gran baule di pelle, e lo coprì ancora di panni di lana, e non ostante si aprirono le foglie di mattina, e si chiusero di sera. Nel vacuo fassi questa operazione in tempo diverso, e non regolarmente, come in quelle piante che sono esposte all’aria atmosferica.
Le fogliette di queste mimose, e di altre dell’istessa specie, come mimosa pudica, averrhoa, carambola ec., si chiudono, quando vengono irritate. Essendo molto percossa, si abbassa l’intera foglia colle quattro fogliette pennate, ed anche
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tutte le foglie della pianta. Tagliando colle cesoie una parte di una foglietta, senza scuotere la pianta, piegasi primieramente la foglietta offesa, e la sua compagna al lato opposto; ed indi ciò segue un paio dopo l’altro. Abbruciando una foglietta con una lente, segue lo stesso effetto. Legando uno di questi rami, accade non ostante lo stesso fenomeno, ed anche i rami tagliati e posti nell’acqua conservano per qualche tempo questa sensibilità, e danno gli stessi risultamenti. Tagliando un rametto, o un gambo di foglia senza cagionare alcuna scossa, non si osserva nessun movimento. I nodi alla base de’ rami e de’ gambi delle foglie sembrano essere sensibili più di ogni altra.
La Dionaea muscipola, essendo irritata alla parte superiore della foglia, si chiude; e ponendovisi una marca o altro insetto è preso, e mediante tre pungoli tenuto, sin tanto ch’è stanco o morto, o che viene tirato fuori, ed allora si riapre di nuovo.
Le foglie dell’Hedisarum gyraks tremolano quasi sempre, ed accrescesi il movimento quando sono esposte al sole, e particolarmente di mezzo giorno; mentre
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si osserva allora quasi un movimento battante, tanto delle foglie, quanto della pianta, e nella maggior parte delle foglie, nasce un eccitamento simile all’irritazione de’ muscoli. Le stipule si muovono giorno e notte, ora più presto ed ora più lente, e si arrestano anche con intervalli irregolari senza che si possa scoprirne una causa esterna.
Molte piante acquatiche, la di cui radice sta sul fondo, ed il tronco e le foglie nell’acqua, fioriscono per lo più fuori dell’acqua: esempi ne sono il ranunculus aquatilis, patamogeton, e molti altri. Più sorprendente è questo fenomeno nella valisnena. Il fiore mascolino di essa si stacca dal fusto, posto sul fondo del mare, prima di spiegarsi, e va sviluppandosi alla superficie dell’acqua. Il fiore femminino è legato ad un filo spirale, mediante il quale s’innalza sino alla superficie del mare, e dopo esser stato fecondato ritorna sul fondo.
Quasi in tutte le piante osserviamo ch’esse si avanzano verso la luce mio è conosciutissimo nell’eliotropo, ma possiamo convincercene maggiormente nelle serre. Nettando una cantina, fu trovato un pomo di terra, che dopo aver germogliato, aveva
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esteso il suo germe per 20 piedi sul suolo; di là si era rampicato lungo il muro per giungere all’apertura ove penetrava la luce(1).
Molte piante abbassano le foglie e chiudono i fiori di sera; ciò non deriva né dall’aria fredda, poiché lo stesso fenomeno osservasi anche nelle serre, né dall’oscurità, mentre alcune si chiudono d’estate anche dopo il mezzo giorno; ma sembra che ciò serva di rinforzo periodico, come il sonno degli animali. E siccome alcuni animali dormono di giorno per predare di notte, così dormono anche varie piante di giorno, e fioriscono ed odorano maggiormente di notte, per esempio, le hesprecis tristis, cartus grandiflorus, mesembrianthenum noctillorum.
Molte piante vivono isolatamente, come le daphne mezereum, orobanche, major ophis bifolia; la maggior parte però vegeta in compagnia, di modo che sembra convenire meglio ad esse. Gli alberi resinosi, come
(1) Memoires of the American Academy of arts and Scients. Boston vol. II. par. I. pag. 47.
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pini, abeti ec., sono particolarmente sociali, ed essi non crescono mai sì bene trovandosi isolati, ma quando sono uniti, e si preservano vicendevolmente contro i raggi solari. Le piante isolate dimostrano piuttosto un ristringimento; ed essendo sopra i monti, hanno una coperta pelosa; essendo esse però riunite si scopre una superficie più liscia, un crescimento più leggiadro, e le parti di esse sembrano più dilatate. L’erica vulgaris si unisce strettamente, e copre grandi estensioni di terreno eguale al Sorgasso che copre vaste strisce di mare.
La durata della vita de’ vegetabili è assai varia. Ve ne sono alcuni, come i funghi muffosi, che appena nati si putrefanno subito. La mosca efimera, alla quale si attribuì sinora la vita più breve, mentre sussiste appena alcune ore come insetto formato, gode lunghissima vita in paragone di questi vegetabili. Fra le specie di Aloè se ne trovano alcune che fioriscono ogni cento anni. La palma de’ datteri vive più di 300 anni. Linneo nel suo viaggio nella Gotia occidentale osservò un faggio di 409 anni. La quercia cresce 200 anni prima di giungere alla sua perfezione, e la sua vita è di 600
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anni. La Place racconta, che un albero di agrumi in Parigi fiorì e portò frutti fino al suo trecentesimo anno. Gli alberi di fico in Egitto giungono all’età di 500 in 600 anni. Adanson narra di aver trovato nel Senegal un albero di pane di scimmia (adansonia) che aveva più di 200 anni. La circonferenza di esso era di 78 piedi, 37. Rauwolf pretende, che i cedri sul Libano siano anche più vecchi.
Fra le piante mostruose si contano l’anzidetta adansonia(1), e il fico beniamino(2), o fico delle Indie. Alcune miglia da Patna nel Bengale v’è un albero di fico beniamino di 50 in 60 tronchi legati fra di loro. Misurandolo nel 1787 si trovò una circonferenza di 370 piedi, e l’ombra a mezzo giorno di 1100.
Quello che sono gli animali di rapina nel regno animale, sono le piante parasite nel vegetabile: ordinariamente sono prive di foglie. Non potremmo da ciò conchiudere che anche le foglie contribuiscano molto alla formazione del sugo, mentre queste piante
(1) Ved. Geogr. fis. vol. 3.
(2) Ibidem.
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traggono del sugo già preparato da altre piante, e non immediatamente dalla terra? Molte si nutriscono dalle radici di altre piante; e molte poi come la cuscuta europea, che rassembra ad uno spago grosso, estrae il sugo dalle altre piante, le comprime o le soffoca. Essa è intieramente guarnita di vasi assorbenti, e cresce dalla semenza nella terra; ma potendo appena abbracciare un altro vegetabile, allora la radice di essa si leva dalla terra, ed avendone cavato il sugo da una pianta, si rampica sopra un’altra per continuare lo stesso processo. Il vischio preferisce di porsi sopra tiglie e querce, ed anche sopra gli alberi resinosi, come abeti e pini, e mette la sua radice fra la scorza di essi. Le bacche del vischio non solo contengono la semenza, ma sono circondate di un sugo tenacissimo ed attaccaticcio. Il turdus viscivorus le mangia, ma le evacua senza averle digerite(1). Ove si attacca questo sugo, nascono radici che penetrano la scorza, ed aumentandosi esso troppo abbondantamente, l’albero si dissecca. Nell’America si trovano piante parasite della
(1) Da questa pianta suol farsi il vischio per prendere gli uccelli.
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circonferenza di 18 pollici e di 6 di diametro, chiamate lianee. Esse involgono in tulle le direzioni gli alberi, e rendono i boschi foltissimi, anzi quasi li stringono, perché togliendo anche centinaia di alberi, restano in piedi, sintantoché si tagliano anche gli appoggi, ed allora cadono con istrepito.
Vi sono sette famiglie di piante che tra di loro differiscono sensibilmente.
1. I funghi, sostanze molli e succose, il di cui gambo sta in terra, ed è coperto d’un cappello. Alcuni non hanno il gambo, e sono attaccati inmediatamente ad un qualche albero. Muenchhausen li prese per animali viventi e sostanze che, essendo la semenza di questi fanghi bagnata di acqua ed osservata col microscopio, mostrino della vita, e che mediante vari movimenti si formino i piccoli funghi. Anche Linneo fu di questa opinione; ma è stato osservato che hanno radicette propriamente dette.
2. Alghe. In esse non si distinguono né gambo, né radice, né foglie. Le lichene sugli alberi, o sopra le pietre, assomigliano spesso alla polvere. Le loro piccole prominenze
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sembrano esser le parti fecondanti. Non sempre si trovano.
3. I muschi. Il gambo di essi sorte dalla terra, ed è sottilissimo e coperto da per tutto di fogliette. Sulla punta ritrovasi in certi tempi un bottone vuoto, e sopra di questo un copertino con un cappelletto. Nel bottone è la polvere più fina che conosciamo fra quelle de’ vegetabili.
4. Le felci hanno radici e foglie senza gambo, e hanno frondi e non foglie. Avendo esse vegetato per qualche tempo, sono coperte di fiori bellissimi ed assai simmetrici, a quella parte della foglia ch’è voltata verso terra.
5. Le gramigne (gramen) hanno un fusto verticale semplice, senza rami, e nodoso sino al fiore. Le foglie stanno dentro nodi e vagine, che circondano il fusto sino al nodo più vicino, da dove si piegano in dietro e stanno isolate.
6. Le palme sono fra le piante ciò che l’uomo è fra gli animali. Esse sono composte di un tronco perfetto che s’innalza perpendicolarmente. Nessun ramo, nessuna fronda l’interrompono, benché sia lungo 1.00 piedi. Non ha corona, ma non ostante si
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spiega in cima, e presenta le frutta sopra rami. Le foglie verdeggiano sempre, e sono di tale grandezza da coprire la metà del tetto di una casa indiana. I frutti sono utilissimi. Il tronco, malgrado della sua altezza, ha una sodezza tale che nessun turbine lo piega.
7. Le piante sono tutte que’ vegetabili che non appartengono agli antecedenti. Esse variano però troppo fra di loro per poterne stabilire un carattere sicuro e preciso. Possiamo non ostante dividerle.
1. In alberi, ove la radice ed il tronco sono perenni, e vivono vari anni. La radice produce un sol tronco legnoso, duro e solido. I rami se ne staccano in cima e formano la corona.
2. In frutici. La radice perenne caccia vari tronchi perenni e legnosi, donde si staccano i rami tanto in cima quanto in fondo. Il nocciuolo è naturalmente frutice, ed essendo abbandonato non cangia il suo carattere; tagliando però i tronchi in fondo e lasciandone uno solo, cresce in alto e forma una corona. I salici tengono il mezzo fra gli alberi ed i frutici, e sono ora alberi, ed ora frutici. L’aria può ridurre gli alberi di ciriegio in frutici di ciricgio . L’albero de’ piselli della Siberia è coltivato come albero e come frutice.
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3. Arbusti (suffrutices). La radice è perenne, il tronco cangia annualmente, per cui ne sorte ogni anno un nuovo con foglie e fiori, ma essendo però matura la semenza si dissecca e cade. I tronchi non sono legnosi; ed avendo anche i fili tenaci, restano non ostante morbidi. Il midollo di essi è maggiore della parte del tronco dell’albero.
4. Erbe (herbae) che hanno un fusto sugoso e non perenne, il quale dura una sola estate. Piante annuali sono quelle le di cui radici e fusto durano un anno solo. Esse crescono di primavera dopo che le semenza è stata posta in terra; ed essendo questa matura termina la vita della pianta. Altre sono piante biennie, cioè quando la radice dura due anni, seminandole per esempio in quest’anno, fioriscono nel futuro e subito matura la semenza, termina la di lei vita. Altre ancora sono piante perenni riguardo alla radice, e portano vari anni di seguito fiori e frutti, per cui hanno quasi alcuna affinità co’ frutici.
Non possiamo indicare con certezza il numero delle specie di piante, mentre i naturalisti non hanno ancora visitate tutte le
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terre conosciute. Linneo, nelle ultime edizioni, ne conta 8000 specie, ma non di meno le calcola a 10000, mentre aveva notizia di molte piante non ancora abbastantemente specificate per caratterizzarle. In Europa ne sono 3000. Essendo la natura egualmente produttiva dappertutto, dovremo calcolare 18000 specie. Adanson fa montare le conosciute a 18000, e le sconosciute a 25000, dunque un totale di 43000 specie di piante. Il medico Inglese Roxburgh ha scoperto ne’ soli distretti settentrionali di Samul-Cottah più di 400 specie nuove.
Quasi ciascun suolo (la terra vegetabile, l’argillosa, la calcare, la sabbiosa ec.) nutrisce le piante a lui proprie, di modo che osservando le piante di una regione si indovina anche il suolo di essa. Ove crescono il papavero e la tossilaggine, è il suolo argilloso; ove vegeta la piccola ortica, è la terra vegetabile grassissima, ed anche la terra melmosa; ove si vede la veronica beccabunga, e il crescione, supponiamo sempre un’acqua fresca e limpida di sorgente. Non ostante le erbe più necessarie all’uomo si accostumano quasi a ciascun clima ed a ciascun
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suolo; ed è sorprendente come i grani, di aspetto sì gracile, germogliano quasi in tutte le regioni e vi resistono più facilmente che le querce forti e solide. I pomi di terra provenienti dal Chili si propagano quasi in tutte le parti del mondo. La palma di cocco è legata al clima caldo, ma vi riesce egualmente tanto nella terra sassosa o sabbiosa, quanto nella miglior terra vegetabile. La morgelina bianca e il solatro nero si trovano in tutt’i paesi ove giungono uomini. Il grano turco, propriamente oriundo d’America, riesce presentemente benissimo presso di noi. L’eriganum caradense cresce presentemente sopra tutt’i campi ed è oriundo del Canadà; il vento ha condotta da per tutto la semenza leggera di esso. Lo stramonio, e la melegiana sono propriamente oriundi dell’Abissinia, ma furono trapiantate dagli Zingani, i quali se ne servirono per istordimento. Alcune regioni come la Lapponia, la Nuova Olanda, e particolarmente le parti di Botany Bay, abbondano di specie di piante distintissime le quali non crescono altrove in altre strisce di terra; al contrario mancano gli ordini essenziali di esse.
Le piante didinamiche, come leucoi, carote,
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ed erisamo, e varie specie di cavoli crescono solamente nelle zone fredde e temperate. Il frutice del Tè è unicamente nella China e nel Giappone. I muschi sembrano propri al Nord; pochi se ne trovano sulle isole delle Indie occidentali, ove però vengono rimpiazzati da specie di felci assai vari(1).
(1) Wildenow Grundriss der Kreuterkunde zu Vorlesungen con 8 rami. Berlino 1792. Naumburg Lehrbuch der reinen Botanik. Amburgo 1798 opera buonissima.