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DOTTRINA ELEMENTARE
DELLA GEOGRAFIA FISICA

PARTE II

avanti

Indice

III. capitolo della prima parte

Dell'atmosfera

Sezione seconda

Movimento dell'atmosfera

  1. Definizione e denominazione dell'atmosfera

  2. Direzione de' venti

  3. Cause generali de' venti

  4. Celerità de' venti

  5. Forza de' venti

  6. Qualità de' venti

  7. Divisione de' venti

  8. De' venti perpetui

  9. De' venti periodici

  10. De' venti irregolari

  11. Del movimento dell'atmosfera nel suono

Sezione terza

Meteore

  1. Delle meteore umide

  2. Delle meteore ignee

  3. Meteore ottiche

Sezione quarta 

Della temperatura e della relazione di essa colla natura e situazione de' vari luoghi

Stagioni ed epoche del mondo

Parte II

Capitolo primo

Causa de' cangiamenti accaduti sulla superficie della terra

Capitolo secondo

Monumenti di alcune catastrofi che ha sofferto la terra

Capitolo terzo

Alcune idee intorno alla storia della terra

Capitolo quarto

Alcune osservazioni sui corpi organici che trovansi sulla terra

I. Comportamento de' corpi organici

II. Le piante

III. Il regno animale

I. L'uomo

II. Degli animali somiglianti all'uomo

III. Degli altri animali mammoferi

IV. Degli uccelli

V. Degli anfibi

VI. De' pesci

VII. Degli insetti

VIII. De' vermi

Capitolo quinto

Del metodo

CAPITOLO III

ALCUNE IDEE INTORNO ALLA STORIO DELLA TERRA

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La terra, come abbiamo veduto dall’antecedente capitolo, era una volta intieramente fluida, e tanto fluida quanto l’immenso mare aereo ove nuota presentemente. Non poi difficile riescirà il concepirlo, mentre sappiamo che tutt’i corpi compatti si sciogliono in varie specie di gas, e che l’aria si lascia introdurre facilmente in corpi compatti. Bruciando il gas idrogeno nell’ossigeno ne nasce l’acqua; togliendogli poi il calorico che si unisce a tutte le specie di gas ed agisce sopra essi, cangiasi l’acqua in ghiaccio. Tutti i metalli contengono molto idrogeno; togliendoglielo attraggono l’ossigeno e si cangiano in altri corpi. Essi non sono più lucidi, cedevoli, ma fragili, incapaci a sciogliersi, e non possono più essere lavorati sotto il martello. Quindi hanno perduto totalmente le loro proprietà metalliche e si sono ridotti in calce ed hanno aumentato il dieci libbre di piombo si ricevono 11 libbre

336

di minio; togliendo a questo minio l’ossigeno ed unendolo all’idrogeno riprende la sua natura metallica. I muscoli e la carne degli animali contengono moltissimo ossigeno, e le stesse ossa una quantità di gas acido carbonico. Il diamante, la pietra più dura, altro non è che una massa compatta di aria infiammabile, come sospettava Newton, e come è stato provato dalla chimica moderna. Basta prendere un cristallo di feldspato, la di cui cristallizzazione sfogliata forma un cubo oblungo, e vedremo come questo cristallo, battendolo col martello, si divide in altri piccoli dell’istessa figura. Questi si dividono nuovamente in altri simili, e continuando così dovremo osservarli, col microscopio, ed anche questi saranno sempre sfogliati e cristallizzati, ed in tal guisa giungeremo a scoprire il primo atomo di feldspato. Con questo atomo si unirono a poco a poco altri atomi simili ed omogenei per formare un metallo che giunse forse alla grossezza di un braccio(1). I marmi sono pieni di acido carbonico.

(1)  Montfort, Storia naturale. Vol. I. 

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Nel mare aereo dunque sussistono ancora le primitive materie elementari di tutte le cose materiali, ed ancora si riuniscono talvolta in piccoli globi, i quali però presto sono attratti da altri corpi maggiori per isvilupparsi sempre più e formare nuovi pianeti o soli. Durante questo principio, quando le materie, delle quali sono formali i globi nella nostra sfera solare, non si erano ancora separate, lo spazio doveva essere ripieno di molte specie di gas, e, per così dire, di gas più fruttiferi, e vi han dovuto dominare delle combinazioni assai più variate.

La varietà delle specie di gas fu la causa primitiva dell’agitazione della natura. Il riposo, nell’eguaglianza generale delle materie fondamentali, era almeno impassibile. Le specie di queste primitive materie aeree non sono da calcolarsi su quelle poche che noi abbiamo imparato a conoscere; ma sono da stimarsi secondo i mezzi immensi detta natura, per cui divengono innumerabili.

Quelle specie di gas che hanno una maggior attrazione ed una maggiore densità specifica, le quali in oltre occupano minor spazio e sono meno abbondanti, saranno più

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disperse nello spazio che i gas più leggieri. Esse dunque, mediante la forza attrattiva, propria ad ogni materia, attrarranno le materie fondamentali di minor gravità specifica in uno spazio considerabile onde sono circondate, per appropriarsele in seguito. Queste specie di gas, dico, incominciando quasi insensibilmenie, cresceranno dapprima lentamente mediante l’attrazione chimica(1), indi più rapidamente coi così detti gradi Newtoniani, ed attrarranno le parti che le circondano nella stessa proporzione e forza, come si aumenta la loro massa. L’essere di un corpo mediante la sola attrazione non è possibile. Se l’attrazione agisce sola, tutte le parti della materia dovrebbero avvicinarsi sempre più, e diminuirebbesi considerabilmente lo spazio che occupano le parti unite, di modo che si riunirebbero finalmente in un sol

(1)  Forse come l’attrazione di due specie de’ gas che formano una goccia d’acqua. Il principio dei corpi celesti che si formano, non può essere spiegato favorevolmente mediante l’attrazione Newtoniana, mentre essa, considerando le particelle finissime come le isolate vescichette d’aria, opererebbe troppo debolmente lentamente.

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punto matematico(1). Alla concezione della materia dobbiamo egualmente aggiungere essenzialmente quella di una forza attrattiva, proporzionale, spingente, repulsiva, mediante la quale tenta la materia di estendersi, e per cui si oppone all’avvicinamento di altre materie(2). La forza repulsiva in oltre è apertamente un fenomeno della natura; si esterna particolarmente, quando la materia si è sciolta in piccolissime particelle, nello stendimento di corpi odorosissimi, di materie spiritose e nell’elasticità de’ vapori(3). Questa forza si potrebbe chiamare generalmente la elasticità della materia(4). Non è altro che una semplice forza de’ piani, cioè essa può operare solamente sopra altre parti della materia nel piano comune del contatto,

(1) Kant metaphysiche anfangsgründe der naturwissenschaft ediz. II. pag. 33, teorema 1 pag. 36, teor. 2 pag. 57 teor. 6

(2)  Ibid. pag. 34 spiegaz. 2 pag. 37.

(3) Kant Naturgeschichte des Himmels nelle opere del medesimo pubblicate a Halle da Tieftrunk. Vol. 1, pag. 355.

(4) Kant metaphys. Anfangsgr. ec. pag. 37, aumento 1.

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ma non può muovere nessuna parte distante senza il mezzo delle parti frapposte, mentre la forza attrattiva al contrario opera immediatamente ed all’infinito sulle parti della materia poste al di là de’ piani del contatto, ed è conseguentemente una forza penetrante(1). Dal contrasto dunque tra le forze repulsiva ed attrattiva nasce il giuoco del mondo, il moto e la vita della natura; mediante questa forza gli elementi che cadono verso il   punto di attrazione sono tolti dalla direzione retta, e condotti lateralmente; in tal guisa converte la caduta verticale in moto circolare intorno al centro d’inclinazione.     

La massa del corpo, essendosi ora accresciuta in modo, che la forza con cui attrae le particelle assai distanti, agisce per una direzione laterale, mediante i gradi deboli di repulsione, produrrà grandi vortici di particelle, ognuna delle quali, spinta dalle due forze, descriverà una curva propria. Queste curve si taglieranno per motivo della gran dispersione della materia nello spazio. I moti

(1)  Kant metaphysiche Anfangsgründe der Naturwiss. pag. 67 spiegaz. 7.

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contrastanti però si limiteranno, sin tanto che non s’incomoderanno più, e prenderanno finalmente una direzione circolare e paralella intorno al centro di attrazione.

È chiaro che una gran parte delle particelle disperse giungerà, mediante il contrasto delle due forze, alla sua destinazione; ma una parte assai maggiore non istarà nell’altezza in cui gira, essa cadrà verso il centro dell’attrazione per ingrandire quivi sempre più il corpo che si forma. Questo corpo centrale, quale costruzione planetaria, può da questo istante essere riguardato come un sole, benché gli manchi ancora l’ardore fiammeggiante, che prorompe in seguito sulla sua superficie, e diventa benefico.

La circolazione della materia fina sopra un asse comune nella medesima direzione intorno al centro del sole non continuerà per molto tempo, poiché, secondo le leggi del moto centrale, tutte le circolazioni coi loro piani tagliano il centro dell’inclinazione comune, tanto più, che fra tutt’i circoli concentrici intorno all’asse, non v’è che un solo il di cui piano taglia questo centro verso di esso; dunque si affretterà tutta la materia e si accumulerà. Dal centro del sole dunque

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si estenderà uno spazio ripieno di materie elementari in distanze illimitate fra due piani non molto distanti tra di loro, nel cui mezzo trovasi il piano generale concentrico. Tutte le parti che occupano questo spazio hanno in esso, relativamente alla loro altezza e l’attrazione ivi dominante, de’ movimenti concentrici regolari; e siccome in tal posizione non s’impediscono, vi resterebbero, se l’attrazione di queste particelle della materia primitiva non operasse, e producesse nuove formazioni che sono il germe di nuovi pianeti; poiché gli elementi mossi in circoli paralelli intorno al sole sono quasi in riposo relativo fra di loro, mediante l’uguaglianza de’ moti paralelli; così l’attrazione degli elementi che vi si trovano, e che sono di una attrazione maggiore, opera già quivi moltissimo, e raccoglie le particelle per formarne un corpo che, secondo l’ingrandimento, estende maggiormente la sua attrazione, e muove gli elementi distanti per comporli.

Questa ipotesi sulla formazione dei pianeti ha questo di particolare, che l’origine delle masse rappresenta egualmente l’origine de’ moti e la posizione de’ circoli nell’istessa epoca; anzi essa dimostra un’armonia generale, come

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anche i deviamenti particolari colla più grande esattezza. I pianeti si formano da particelle, che fanno de’ moti circolari ove si trovano; quindi le masse da esse composte continueranno lo stesso moto nell’istessa direzione e nell’istesso grado. Ciò basta per comprendere, perché il movimento dei pianeti sia quasi circolare, e perché i circoli di essi cadano sull’istesso piano. Le orbite sarebbero circoli perfetti se la distanza, in cui i pianeti prendono gli elementi e la formazione, fosse molto piccola, e quindi poco considerevole la differenza dei movimenti di essi. Ma siccome richiedesi una grande circonferenza per formare dalla materia primitiva, sparsa nello spazio celeste, la massa compatta di un pianeta; deve naturalmente essere considerabile tanto la differenza delle distanze dal sole, quanto la differenza della celerità. Se il pianeta che si forma da varie parti, conservasse in queste circostanze l’uguaglianza delle forze concentriche e la celerità circolare, le particelle che in vari moti scendono verso di esso, dovrebbero ricompensare esattamente la mancanza delle altre. Ma ciò non accade perfettamente, e quindi le orbite dei pianeti sono eccentriche.

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Siccome inoltre le particelle elementari si ritrovano vicinissime al piano generale de’ loro moti, ma racchiudono un qualche spazio su d’ambidue i lati di esso; così non tutti i pianeti si formeranno esattamente nel mezzo di questi due lati, d’onde poi nasce una inclinazione delle masse fra di loro, benché sia limitato il tentativo delle particelle laterali per impedire questo allontanamento.      

Se è vero che le materie elementari erano egualmente divise nello spazio, e che cadendo esse verso il sole restarono sospese in que’ luoghi ove la loro celerità era uguale all’attrazione, allora le parti del maggior peso specifico penetrarono più profondamente per la resistenza delle altre, e non si allontanarono sì facilmente dal loro cammino, come le più leggere; esse non presero un moto circolare che quando si erano più avvicinate al sole. Dunque le particelle specificamente più leggere gireranno negli spazi più remoti dal sole, e le più gravi vicino ad esso; e siccome i pianeti si formano dalla confluenza delle particelle elementari, succederà che le più compatte saranno situate più vicine al sole.

È quindi una specie di legge statica

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che prescrive alle materie dello spazio celeste le loro situazioni, secondo la proporzione inversa della loro densità. È d’altronde da comprendersi facilmente, che non tutte le altezze debbano racchiudere particelle di densità specificamente uguali. In tal caso le particelle dell’istessa densità specifica, trovandosi in distanze maggiori dal sole, conserveranno la moderazione necessaria della caduta, mediante il continuo moto circolare, e resteranno sospese, se la distanza da dove cadono sarà stata molto considerabile. Le distanze delle materie dal centro della loro inclinazione sono terminate non solo dalla gravità specifica, ma pure dal luogo primitivo, durante il primo riposo della natura. Quindi è chiaro, che in ciascuna distanza dal sole, si raduneranno varie specie di materie per restarvi sospese. Le materie più compatte però si troveranno frequenti vicino al centro ch’è distante da esso, ed i pianeti, benché composti da diverse materie, relativamente distanti dal sole, saranno di una massa più composta.

Conforme alle masse de’ corpi celesti è da notarsi, che il corpo centrale deve essere sempre la parte principale

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del suo sistema, e quindi è che il sole è considerabilmente maggiore di tutti i pianeti, poiché la massa di esso è stata aumentata non solo dalla quantità delle particelle vicino al centro dell’inclinazione, ma pure e principalmente dalla maggior parte della materia primitiva nelle regioni estreme della sfera attrattiva al di là di Saturno; poiché quivi le formazioni planetarie, riguardo alla grandezza degli spazi, cessano o divengono più rare, mentre i movimenti della materia primitiva in questa distanza, non sono atti a giungere all’uguaglianza legittima delle forze centrali, e perciò prendono solamento una inclinazione quasi generale verso il centro, oppure fanno come le comete, che s’inclinano in qualche distanza da questo centro. È dunque chiaro, che la massa del sole supera di molto il contenuto di tutti i pianeti, e Newton la fissò come 650 = a 1.

Ma volendo paragonare la massa dei pianeti tra loro, è necessario considerare la quantità della loro materia relativamente alla distanza del sole. 1. Poiché il sole, mediante l’attrazione, limita la sfera dell’attrazione di un pianeta, e precisamente tanto più, quanto

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è più vicino il pianeta. 2. Poiché i circoli donde concorsero tutte le particelle, per formare un pianeta più distante, sono maggiori e racchiudono maggior quantità di materia principale che i piccoli; e 3 poiché lo spazio fra i due piani della massima deviazione è, con ugual numero di gradi, maggiore nelle terre alle che nelle basse. Queste preferenze dei pianeti distanti sui vicini è limitata, mentre che le particelle più vicine al sole sono di una natura più compatta, e probabilmente sono meno disperse di quelle poste in distanze maggiori. Ma possiamo facilmente vedere che i primi vantaggi per la formazione di grandi masse, oltrepassino non ostante d’assai queste ultime limitazioni, e che i pianeti i quali si ritrovano assai distanti dal sole debbano acquistare generalmente masse maggiori che gli altri situati più vicini. Ciò accaderebbe se il pianeta si formasse unicamente in vicinanza del sole: ma nascendo nell’istesso tempo vari pianeti in diversi spazi, l’uno limiterà la sfera d’attrazione dell’altro, per cui nascono le eccezioni della regola. Un pianeta vicino ad un altro di massa straordinaria perderà molto della sua sfera di formazione, e diventerà più piccolo di quanto dovrebbe

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essere secondo la sua distanza dal sole. Marte, che riguardo alla sua posizione dovrebbe essere maggiore della terra, ha perduto molto della sua massa per la forza d’attrazione di Giove. Anche Saturno sembra aver sofferto da questo Giove.

Questa ipotesi sulla formazione meccanica de’ corpi cosmici è portata quasi alla certezza, mediante le seguenti osservazioni. Se il sole è propriamente composto dalle particelle dell’istessa materia primitiva, donde si formarono i pianeti, e se l’unica differenza consiste in ciò, che nel sole siansi accumulate le materie di ogni specie, e che ne’ pianeti situati in varie distanze, siano stati divisi gli elementi secondo la loro densità diversa, e per mezzo delle loro proprie forze d’attrazione; l’intera materia di tutti i pianeti assieme deve avere una densità simile alla densità del corpo solare. Buffon, comparando la densità della materia planetaria con quella del sole trovò in fatti la proporzione di 640 a 650. Se le conseguenze assolute di una ipotesi trovano delle confermazioni così felici nelle relazioni reali della natura, non sarebbe da ritenersi, che l’ipotesi possa innalzarsi

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alla certezza di una teorica dimostrata?(1).

La terra dunque, nata da attrazione chimica, era affatto simile ai boli che si formano nell’aria, e forse neppure più grande di essi, sintantoché essa aumentandosi, accrebbesi fino a divenire un globo immenso, che riguardo al calore e all’elasticità, doveva avere un volume assai maggiore che non ha presentemente(2), anche quando la luna si fusse formata unita ad essa e se ne fosse staccata in seguito. La terra girando prese la figura di una sferoide compressa ai poli(3). Essa incominciò a raffreddarsi dapprima alla superficie(4); e quivi si formò una crosta sotto la quale dovettero nascere molti antri, che la divisero interamente dalla cocente massa interna. Lo strepito e il bollore interno favorirono il precipizio della crosta, da cui nacque poi l’ossatura della medesima, cioè le montagne primitive

(1)  V. Kant opere raccolte da Tieftrunk vol. I, pag. 349-375.

(2)  Geografia fisica vol. I.

(3)  Ibidem.

(4)  Geografia fisica vol. 4.

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di granito(1). La massa rinchiusa e cocente proruppe, e si formò una nuova crosta, quella cioè degli strati(2). I vapori interni, che cercando una sortita, penetrarono questi strati, scavarono i filoni e vi generarono i metalli. Questo globo che a poco a poco si raffreddò sotto la crosta, si restrinse sempre più, ed i vapori e le materie cocenti continuarono a strepitare negli antri da ciò cagionati. Crollò anche questa seconda coperta, ed essa perdette sensibilmente della circunferenza, e la terra ferma prese, la sua attuale figura lacerata. L’aria ch’era scappata fuori, ed i vapori coprirono la terra sino alla cima delle montagne di granito coll’acqua, ovvero con quel fluido già due volte purificato dalla precipitazione. In questo fluido, forse da generazione libera(3), mentre sempre più andò sviluppandosi l’elettricità (ch’è tanto simile alla forza vitale), si produssero gli

(1)   Geografia fisica vol. 4.

(2)  Ibidem.

(3) Buffon generation spontanée. Montfort Storia delle Mollusche, pag. 39, 46, e 49.

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animaletti d’infusione, i milioni e bilioni di polipi, ne’ quali non iscopriamo né membri esteriori, né intestini, né testa, né cervello né cuore, ma appena la figura d’un sacco. Non ostante vive questo polipo; esso muvesi spontaneamente, prende il suo bollino, l’inghiottisce ed ha una vita attivissima; e non lo vedessimo moversi ed agire spontaneamente, appena gli attribuiremmo la forza vitale de’ vegetabili, meno ancora quella degli animali. 

L’occhio armato co’ migliori microscopi non giunge sino ai limiti del mondo vivente . Ancora non conosciamo il punto più piccolo degli ultimi animaletti microscopici. Sempre ne seguono de’ più picroli, e la immaginazione sola ardisce di penetrare questa notte oscura. Quanto più ci avviciniamo al limite di quegli esseri che possono scoprirsi col semplice occhio, tanto più divengono variati. In ciascun giorno vedonsi varie specie, poiché ciascun individuo, come stirpe di una innumerabile famiglia, percorre in pochi momenti la sfera della sua esistenza. Il momento della sua nascita è non rare volte, anche quello della sua gioventù, della maturità e della morte. Questo flusso di generazione procede ancora dappertutto ove

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una dolce temperatura permette alle parti armoniche di organizzarsi, ed ove il clima e il calore favoriscono bastantemente ne’ germi lo svilupparsi, mediante lo scioglimento di tutte le loro proprietà, e di giungere sino alla vita. Questo fenomeno accadde più frequentemente ancora per lo passato; ed ogni volta che queste creazioni terminarono la loro esistenza, caddero, secondo la legge di gravità, sul fondo del mare, aumentarono la terra, e mentre che passarono alla putrefazione svilupparono nuove relazioni e nuove combinazioni. Ciascun momento generò nuove creature.

La elettricità che ora era passata in due specie precise, influiva sulle generazioni, per cui svilupparonsi animali di ambedue i sessi, come vari pesci, e mostri marini.

Nel modo con cui gli animali si generavano, aumeutarono e crebbero nell’acqua, e si appropriarono anche una parte di lei. Per mezzo di essa e de’ gas che la compongono, le madrepore innalzarono le loro dighe, costruirono i testacei le loro abitazioni e corazze, ed i cetacei le loro ossa prodigiose. Ciascun momento diminuì la qualità di aqua,

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aumentò la terra e presto il mare non era sufficiente per coprire la superficie del globo. La terra ferma forse sortì in principio assai presto dal mare, sintantoché subentrò una correlazione stabile tra la consumazione dell’acqua e l’accrescimento di essa dall’aria. I siti di terra occupati ora dal mare, furono da esso maggiormente compressi verso il centro, per cui comparirono vari piani che indi si coprirono di muschio e di erbe, e vi nacquero i vermi e gl’insetti, che mediante il loro nascere e morire produssero delle cristallizzazioni e delle organizzazioni sempre più fine e perfette, e formarono in tal guisa il principio del mondo animale. Comparvero quindi animali striscianti, rettili e correnti, creature con molti piedi, quadrupedi e quadrumani. La terra ebbe una temperatura felice; fu però grande ancora il suo calore interno, e violenta la fermentazione: essa formò colla sua orbita un angolo retto, ed ebbe da per tutto una primavera; e tutto ciò si cangiò poi inclinandosi il suo asse. Figuriamoci una causa qualunque, per esempio, un tremuoto, che ruppe l’argine di due antichi avanzi di mare condusse l’acqua del deserto di Zaara nel mediterraneo, e precipitò

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quella del deserto di Gobi verso il polo settentrionale; allora la traslocazione subitanea di questo peso bastava per produrre un forte sbilancio nell’asse. Il mare fu agitatissimo, coprì la terra, lasciò alcuni domini antichi ed aumentò l’inclinazione dell’asse. Allora furono sepolte le antiche creazioni, vennero coperte di sabbia e di terra, e poi s’impietrirono. Ancora non era comparso l’uomo, poiché nessuna petrificazione reca l’indizio del suo essere avanti questa rivoluzione, ma esso  nacque dopo. Questa fermentazione e questo miscuglio delle materie tante volte purificate erano forse necessari per cagionare il nascimento dell’uomo. Forse prima la elettricità era meno forte, meno efficace per produrre un amalgama proprio alla produzione del medesimo(1).

Questa specie, la distillazione più nobile

(1) Benché al presente gli uomini ed i corpi organici in generale non nascono che mediante la generazione, non è necessario che ciò abbia avuto luogo anche in principio. Ved. capitolo de’ corpi organici.

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delle materie elementari, forse, come ci dice Mosè, nacque solamente in un sol luogo e formò una famiglia sola. Iddio ivi creò un maschio ed una femmina, e li collocò nel giardino di Eden. Essi si propagarono prestissimo, poiché dovettero diramarsi da per tutto e dominare in tutti i regni ed in tutte le regioni. Il mezzo onde effettuarlo era, secondo l’apparenza, una rivoluzione distruggente, cioè un gran diluvio. Sia che nascesse dalla precipitazione di sotterranei, o per mezzo di tremuoti, oppure per un nuovo collocamento dell’asse della terra, Mosè ne parla, ed osservando l’andamento di tale rivoluzione vedesi che progredì dal sud al nord. Forse non tutta la terra era inondata dall’acqua, ed alcune parti erano restate asciutte. In appresso vi saranno stati molti anni di riposo, forse perché le eruzioni frequenti de’ vulcani procurarono una continua evasione alla fermentazione interna. I Vulcani si estinsero, e nel profondo Nord proruppe l’Hecla, e con esso la Islanda e la Groenlandia. La generazione di queste terre fu forse la causa dell’inondazione Cimbrica che procurò a’ Romani la conoscenza de’ Teutoni, circa 150 anni avanti Cristo. Questa inondazione coprì il continente dal nord

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ovest. Molti luoghi ci fanno conoscere che il mare abbia abbandonato per molto tempo un sito, e che l’abbia indi riacquistato di nuovo. La grotta Balme nel Delfinato è stata scavata dalla mano della natura dentro una montagna di calce e di conchiglie, ed evidentemente formata dall’acqua. Dopo che il mare si era ritirato, penetrò l’acqua piovana per gli strati di marmo, formò stalattiti sulle pareti, e stalagmiti sul suolo di essa. Ciò non potè eseguirsi prima dell’intero ritiro dell’acqua di mare. Indi si posero le madrepore e radicarono e crebbero sopra le stalagmiti che coprono il suolo di questo antro profondo; e ciò è una prova evidente che l’acqua marina vi ritornò la seconda volta. Faujas de S. Fond ha raccolto alcune di queste madrepore sino sotto la terza volta di questa grotta. Dolomieu, conosciuto per arditezza, ne ha staccato altre nelle spaccature e ne’ buchi superiori dell’antro, ove forse nessun altro che lui sarebbe penetrato. Le madrepore erano ancora attaccate alla base di calce della seconda formazione.

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