Sezione seconda
Movimento dell'atmosfera
Sezione terza
Meteore
Sezione quarta
Della temperatura e della relazione di essa colla natura e situazione de' vari luoghi
Parte II
I. Comportamento de' corpi organici
II. Le piante
III. Il regno animale
I. L'uomo
II. Degli animali somiglianti all'uomo
III. Degli altri animali mammoferi
IV. Degli uccelli
V. Degli anfibi
VI. De' pesci
VII. Degli insetti
VIII. De' vermi
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La qualità de’ venti dipende dalle regioni da dove vengono(1). Quelli che passano sopra grandi strisce di terra, sono ordinariamente caldi e secchi, e quelli provenienti dalla marina sono umidi, e fanno sciogliere i ghiacci. I venti del sud, presso noi, sono piuttosto caldi che umidi; i venti dell’ovest sono umidi e portano pioggia; i venti dell’est sono secchi, e quelli del Nord freddi. Il freddo che ci portano sempre i venti del Nord non dipende tanto dalle regioni di ghiaccio da dove vengono, quanto piuttosto dall’effetto della corrente di aria che quivi dilatasi sempre più lungo i meridiani sino all’equatore; la corrente di aria occupa quivi uno spazio sempre più grande, e si discioglie maggiormente, laonde l’aria superiore, in ragione che la corrente va crescendo, si abbassa più rapidamente. Quest’aria superiore e sempre fredda è la cagione propria del ghiaccio che porta il vento del Nord.
(1) Unzers Arzt quint. 61, o tom. 3 p. 129-140.
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Moltissimo dipende ciò dalla situazione delle montagne. I venti discesi da alte montagne debbono essere sempre freschi. Quelli dell’est nell’America settentrionale devono portare la pioggia. Sull’altro emisfero devono i venti del sud essere freddi, e quelli del Nord essere caldi.
Dalla qualità diversa che i venti prendono della terra, e dalle parti che conducono seco loro, si può facilmente congetturare, che debbano avere una grande influenza sul corpo umano. Non solamente può nuocere il freddo de’ venti di primavera e d’autunno, ma più ancora possono pregiudicarci l’evaporazioni e le particelle perniciose che conducono.
Per rapporto alla qualità perniciosa sono conosciuti i seguenti.
L’Harmattan(1), vento dell’est il quale tormenta la costa occidentale dell’Africa, e particolarmente il Senegal, nell’aprile, e
(1) Una descrizione distintissima trovasi ne’ viaggi di Norri verso il campo del re di Dahome. Ved. vol. 5 del magazzizo di J. R. Forster p. 426, come anche alcune osservazioni su questo vento nel Magazzino di Gotha vol. 5 quint. 2 p. 108.
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la Guinea nel gennaio. Esso suole durare 3 o 5 giorni, o al più 12. Soffiando lui, cessa totalmente il vento giornaliero del nord ovest, ovvero il vento di mare. L’Harmattan è molto caldo e penetrante, ed è accompagnato da un folto vapore, ove non penetra il sole al più che a mezzo giorno. L’erbe allora s’impallidiscono e diventano secche come il fieno. I ramoscelli degli alberi pendono, e durando il vento 10 giorni si possono ridurre al tatto le foglie in polvere. Le porte ed ogni opera di legno si disseccano, e le giunture ne’ bastimenti, e ne’ pavimenti delle stanze, benché fabbricate con legno stagionatissimo, apronsi per la larghezza di un dito, cessando però il vento si riuniscono di nuovo. Il sale di tartaro in vece di diventare fluido, disseccasi maggiormente anche di notte, ed essendo stato inumidito sino alla fluidità, riprende non di meno ben presto la prima figura. Sin tanto che spira questo vento si chiudono gli abitanti nelle case, preservandosi contro la penetrazione di esso. Esponendosi alla sua impressione, si disseccano in breve tempo gli occhi, la bocca e il palato, e dentro sette giorni staccasi la pelle fina delle mani, e di altre parti
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del corpo. Il sudore prodottone è acutissimo, ed assomiglia molto allo spirito di corno di cervo misto con l’acqua. Il respiro diventa presto incomodo, e volendo esporvisi molto si soffocherebbe. Al contrario guarisce le malattie putride, e fa cessare le flussioni e le febbri(1). L’atmosfera sopra i deserti di sabbia dell’Africa, da dove egli giunge, deve molto estendersi per una causa singolare; mentre da’ vapori particolari sviluppasi una specie di aria artificiale, e si unisce indi coll’atmosfera. Quest’aria dev’essere molto asciutta, poiché nasce in regioni asciuttissime, e dev’essere un cattivo conduttore del caldo, mentre conserva per molto tempo il calore, e sembra agli uomini più calda che non è in realtà.
(1) Ved. il viaggio di Dampier intorno al mondo, Lond. 1697-1703 con carte vol. 3, e Dabson nel philos. transact. vol. LXXI, ed un estratto da ciò nel Mag. di Gotha vol. I, quint. 4 nuova edizione p. 41 ec. Blumenbach medicinische Bibliothek vol. 1 p. 90. Anche Mungo Park, fu per mezzo di esso, liberato due volte della febbre nervosa. Questo vento è anche chiamata il medico.
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Lo scirocco e lo Chamsin hanno moltissima somiglianza con questo Harmattan; almeno vengono tutti e tre da’ deserti, soffiano nella stagione più calda, sono straordinariamente caldi, secchi, e conducono seco loro una polvere invisibile per cui intorbidano l’aria, non lasciano penetrare i raggi solari, e divengono insoffribili all’uomo.
Lo scirocco, che nominar possiamo il flagello dell’Italia e della Sicilia, è un vento di mezzo giorno, che illanguidisce estremamente, e rende assai malinconiche ed abbattute anche le persone più spiritose ed allegre(1). L’erbe e le piante si guastano, e la natura intera sembra giacere in languore.
Brydone nel suo viaggio per la Sicilia e Malta dice, che addì 8 luglio lo scirocco giunse in Palermo all’incominciar del giorno,
(1) Un francese di carattere vivissimo disse a Brydone, che si annoiava da morire, mentre non aveva mai saputo cosa fosse la noia, e se quest’aria durasse ancora due giorni sarebbe capace di uccidersi. Gli antichi chiamarono questo vento: Africus, Euronotus, Vulturnos.
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e che alle ore otto non lo sentì ancora nelle stanze grandi ed alte; aprendo però la porta per uscire sentì un calore simile a quello del forno. L’atmosfera sembrava essere infiammata. Cessato appena il primo calore, aprì un’altra porta che conduceva sopra un balcone riparato da questo vento. Quivi era il calore molto più soffribile, benché assomigliasse ancora ai bagni di vapore. I miei nervi e quelli de’ miei compagni, egli dice, furono in pochi momenti allentati in modo straordinario, ed i pori si aprirono in guisa da far credere di avere la più forte traspirazione; ma tale non fu. Il termometro nelle stanze indicando durante la notte 72 gradi e mezzo, era montato solamente a 73, ma essendo stato portato all’aria aperta montò a 110 e presto a 112. L’aria fu densa e pesante. Il barometro però restò quasi lo stesso, e non calò né anche una linea. Sul balcone esposto al vento, potemmo resistere solamente alcuni minuti. Postovi un pezzo di manteca si disciolse come presso il fuoco. Tentai di andare sulla strada, per vedere se vi fossero delle persone; ma non vi potei resistere, e fui contento di aver risalito le scale.
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Questo calore sorprendente durò sino alle tre dopo mezzo giorno, quando il vento si cangiò tutt’ad un tratto quasi intieramente, soffiando il resto della giornata dal Nord. Il passaggio momentaneo dal caldo al freddo è tanto singolare, quanto il passaggio dal freddo al caldo. La corrente dell’aria calda erasi diretta per delle ore dal sud al nord, e senza dubbio n’era riempiuta l’atmosfera per molte miglia di circonferenza; non di meno soffiando il vento del nord, fece molto freddo, e noi eravamo costretti a rimetterci gli abiti, mentre prima restavamo quasi nudi. Il termometro cadde in breve a 82°, calore che in Inghilterra ed in Germania sarebbe insoffribile, e che non di meno sembrò freddo alle nostre fibre rilassate.
Il freddo subitaneo è una prova sicura, che l’aria superiore, cessando la corrente dell’aria calda, si precipitò rapidamente, e produsse questo cangiamento, e che la corrente di aria opposta proveniente dal nord al sud, n’era una giusta conseguenza. È raro che questo vento duri in Sicilia più di due giorni intieri, mentre a Napoli continua
(1) Un francese di carattere vivissimo disse a Brydone, che si annoiava da morire, mentre non aveva mai saputo cosa fosse la noia, e se quest’aria durasse ancora due giorni sarebbe capace di uccidersi. Gli antichi chiamarono questo vento: Africus, Euronotus, Vulturnos.
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per un tempo molto più lungo. Gli abitanti, particolarmente quelli della Sicilia, si stanno nelle abitazioni quando soffia, e si vedono sulle strade solamente quelle persone che per affari furono costrette di recarvisi. Si chiudono le finestre e le porte, ed internamente si mettono delle coperte bagnate davanti le finestre, e si versa continuamente dell’acqua nelle stanze. Con questa precauzione, oppure nella breve sua durata convien cercare la cagione, perché lo scirocco nella Sicilia non abbia alcuna cattiva conseguenza sulla salute. Gli abitanti si sentono molto deboli e snervati durante questo vento, ma il vento del nord che vi succede le rimette presto. A Napoli ed in altri paesi dell’Italia questo vento cagiona sovente febbri putride, e produce tristezza ed abbattimento di animo. E siccome soffia quivi per qualche tempo non è possibile di preservarsene(1).
(1) Brydone Riedesel Swinburne Bartels Volkmann Krit. Nachrichten von Italien vol. 2 p. 794. 795. Winkelmann Ammerkungen ueber die Baukunst der Alten p. 15.
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Il Chamsin(1) è un vento del sud sud ovest, che suole soffiare in Egitto per i 50 giorni che seguono dopo l’equinozio di primavera, da dove ha tratto il nome arabico; egli ha tutto il carattere dello scirocco, ma in un grado assai maggiore. Il cielo che in queste contrade e serenissimo e puro, s’intorbida quando soffia questo vento. Il sole sembra un disco violaceo. L’aria bigia e carica di una polvere sottilissima che penetra tutto, è caldissima e secca in modo, che l’acqua sparsa in una stanza svapora in pochi minuti; le piante si muoiono presto, e gli alberi perdono le foglie. I polmoni non più riempiuti da un’aria sottilissima si ritirano, e il respiro diventa breve e penoso; la pelle si dissecca, e l’uomo è consumato da un fuoco interno: gargarizzandosi anche frequentemente coll’acqua, non si produce più la traspirazione, e si cerca inutilmente di rinfrescarsi. Tutt’i corpi che ordinariamente sono freddi, come
(1) V. Sonnini, viaggio nell’Egitto, vol. 2. Denon viaggio per l’Egitto alto e basso tom. 2. Antes osservazioni sopra i costumi e le usanze degli Egizi.
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il marmo, il ferro, l’acqua ec. sono caldissimi, benché il sole sia coperto. Chiunque abbandona allora le strade, e per ogni dove regna un profondo silenzio come a mezza notte. Gli abitanti delle città e de’ villaggi si ritirano nelle abitazioni, e discendono ne’ fossi per aspettarvi la fine di questa specie di temporale. Guai a quel forastiere che viene sorpreso da questo vento in distanza di qualche rifugio. Il pericolo è particolarmente grande ne’ momenti de’ colpi di vento; allora si aumenta il calore in guisa, che immediatamente segue la morte, che consiste in uno strozzamento propriamente detto, mentre i polmoni voti volendosi estendere, prendono de’ movimenti convulsivi; la circolazione del sangue s’arresta ne’ vasi, tutto il sangue che sorge dal cuore monta alla testa ed al petto, per cui nasce una perdita di sangue dal naso e dalla bocca, la quale suole ordinariamente accadere dopo morte. Questo vento è particolarmente pernicioso alle persone che hanno molto sangue e che dalla fatica hanno indeboliti i muscoli ed i vasi. Il cadavere resta caldo per molto tempo, poi si gonfia, diventa turchino, e s’ımputridisce immediatamente. I camelli mettono
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a tal accidente la bocca ed il naso nell’arena, e gli uomini seguono il loro esempio(1).
Le qualità suddette dello Schamsin lo ditinguono dagli altri venti caldi e mortali del sud, che soffiando nell’Egitto e nell’Arabia, disseccano i corpi in gradi assai maggiori. Shaw racconta, che a Saibah, alcune giornate da Ras Sem verso l’Egitto, si trovi ancora ben conservata nella sabbia una caravana coi camelli, asini ec., e che dietro una tradizione antica degli abitanti, questa caravana fu sorpresa da un vento caldo ed asciutto, e disseccata. Probabilmente fu coperta dalla sabbia, le di cui particelle fine penetrano anche le casse chiuse e le balle di mercanzia, ed indi scoperta da venti, dopo d’esservi stata sepolta per de’ secoli. Questa caravana ridotta in mummie di sabbia meriterebbe
(1) Volney viaggio nella Siria e nell’Egitto tom. I. cap. 4. Volney ha preso forse un errore confondendo questo vento con quello detto Samiel. Il Chamsin contiene una specie di aria propria sviluppata in que’ paesi, ed il Samiel conduce seco molta elettricità.
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d’essere esaminata con maggior attenzione che non si è fatto sinora. Anche Thevenot sentì l’incomodo di questi venti del sud.
«Mentre, dice egli, passavamo da Sava verso il Cairo, spirò durante la giornata un vento sì caldo, che ad ogni momento eravamo costretti di voltargli il dorso per poter respirare liberamente. La bocca, aprendola anche un poco, era sempre riempiuta di sabbia. Questo vento terribile riscaldò l’acqua ne’ nostri vasi come se fosse stata nel fuoco. Molti della nostra caravana ch’erano totalmente abbattuti, ci pregarono premurosamente a dar loro dell’acqua, e dopo averla bevuta avidamente, non si sentirono punto rinfrescati. Noi altri benché la sete ci tormantasse moltissimo, non potevamo deciderci a berne per quanto fosse calda. Anche i camelli soffrirono in modo che nessuno volle mangiare. Questo vento, che per fortuna non durò più di 6 ore, sicuramente avrebbe fatto perire la metà della caravana se avesse continuato. Esso fu della stessa natura di quello che l’anno precedente sorprese una caravana di 2000 persone perite tutte in una notte.
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Il vento Samum, ovvero Samiel, sembra essere sopraccaricato di elettricità(1), e spiega particolarmente la sua forza sterminatrice nell’Arabia Petrea e nell’Irak Arabi, lungo il seno Persiano, durante il 15 di giugno al 15 d’agosto. Per lo più comparisce dopo una notte fredda, quando il sole annunzia la più bella giornata. L’aria si mette in movimento, e l’atmosfera comparisce affatto rossa ed infuocata. Questo è un segno sicuro della vicinanza del Samum. I viaggiatori si gettano allora col volto per terra, coprendosi, se ciò è possibile, con panni bagnati, tenendo la briglia de’ loro cavalli; questi animali, spinti da un impulso naturale, nascondono la testa tramezzo le gambe anteriori, e mettono il muso nella sabbia. Dopo que’ segni sopra indicati incomincia il vento, accompagnato da un
(1) Gli Arabi del deserto lo chiamano semoum (veleno), i turchi chamgellium (vento della Siria) da cui è nota la parola samiel. Ved. S. Olivier, osservazioni su questo vento descritto ne’ viaggi di Sonnini nella traduzione tedesca vol. I. 1799 e il Magazzino di Gotha per le cose più recenti della storia naturale vol. 4 quint. 3 p. 38.
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odore sulfureo, dal sibilo e dalla scricchiolata; esso uccide gli uomini e gli animali all’istante come il fulmine; i corpi ben presto s’imputridiscono e diventano neri. Le membra isolate sono come staccate, e restano in mano di quello che le afferra. Secondo Thevenot, questo vento nel 1665 deve aver ucciso 4000 persone a Bassora. La mortalità di 185000 uomini nell’esercito di Sanherit davanti Gerusalemme, non può totalmente esser stata cagionata da questo vento, mentre non soffia che di giorno, ma piuttosto dalla peste della quale ne fu attaccato lo stesso Hiskias; ma tal malattia dové produrre delle stragi in un esercito, ove forse si vendettero delle mercanzie appestate, e si mantennero de’ fuochi. Anche li 24000 uomini morti iu un giorno nell’armata d’Israele(1) probabilmente perirono di peste. Thevenot ed altri viaggiatori assicurano, che trovandosi sull’acqua, come sui fiumi Tigris ed Eufrate, si possa fuggire la furia del Samum; ciò dovrà probabilmente attribuirsi all’acqua, che come buon conduttore, lo
(1) 4. L. Mosè 25.
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scarica di elettricità. Anche il gettarsi in terra è un preservativo, perché, vicino alla superficie del suolo, l’elettricità si comu[n]ica alla terra. Questo vento dura un quarto d’ora, e subito cessato l’aria riprende il primo aspetto sereno(1).
Il Solano è un vento meridionale nella Spagna, e particolarmente nell’Andalusia, che assomiglia molto al scirocco, ed eccita straordinariamente alla voluttà.
Gmelin ne’ suoi viaggi per la Russia parla di un vento del sud presso Astracan, il quale passando sopra il mare Caspio, conduce seco moltissima umidità a segno d’ingrandire le paludi di quelle contrade, e rende insoffribile il calore d’estate. Egli dice in oltre, che a Gilan si osserva per breve tempo un vento del sud nominato l’arabo o il vento di Bagdad, che non soffia con violenza, ma cagiona un caldo straordinario, consuma gli umori, eccita la putrefazione ec.
(1) Thevenot, Chardin , Harway, Shaw, Niebuhr.