Sezione seconda
Movimento dell'atmosfera
Sezione terza
Meteore
Sezione quarta
Della temperatura e della relazione di essa colla natura e situazione de' vari luoghi
Parte II
I. Comportamento de' corpi organici
II. Le piante
III. Il regno animale
I. L'uomo
II. Degli animali somiglianti all'uomo
III. Degli altri animali mammoferi
IV. Degli uccelli
V. Degli anfibi
VI. De' pesci
VII. Degli insetti
VIII. De' vermi
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Per quanto siano irregolari e variabili il vento e la temperatura presso di noi, altrettanto sono costanti e regolari fra i tropici. Ogni anno ritorna incessantemente lo stesso ordine di venti, di piogge, di temporali, e di giorni sereni. Nascendo allʼimprovviso un temporale, alzandosi inaspettatamente una burrasca, o cessando la solita pioggia, possiamo riguardare tali cose come fenomeni stranissimi, e calcolare non ostante quasi lʼora in cui debbano subentrare il vento, o il cangiamento di temperatura. Non da per tutto nellʼistesso tempo regna fra i tropici la medesima temperatura; anzi sopra lʼoceano stesso domina da una parte il vento nord est, e dallʼaltra il sud est, e sopra il mare cangiansi alternativamente la calma, le burrasche ed i temporali, mentre che
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tutta la regione circonvicina è abbellita dʼun cielo serenissimo. Anche neʼ luoghi ove le acque del mare sono come stagnanti o piamente coperte di piante marittime, e negli arcipelaghi di molte isole hanno luogo varie particolarità costanti in quanto allʼaccrescimento de vapori, della formazione delle nuvole, e alla direzione deʼ venti.
La diversità della temperatura in regioni vicine è più notabile ancora sulla terra ferma fra i tropici, come abbiamo osservato parlando della costa di Coromandel, Malabar, ec. Vi sono regioni ove piove giornalmente, per cui è notabile il cangiamento, come a Santa Fè de Bogota, a Quito ec.; ma nonostante osservasi quivi in ciascun paese lʼandamento regolare della temperatura. La temperatura dunque accordasi cul corso apparente del sole, e la regolarità di essa proviene dallo stato del sole, che quivi agisce unicamente sullʼatmosfera, sulla di lei elasticità, estensione ec.
Il freddo nelle zone temperate al contrario cangia moltissimo. Il calore dʼaltronde sotto la linea diminuisce lentamente e gradatamente su ambedue i lati, e tuttʼi venti, da qualunque parte vengano, vi hanno lo stesso grado di calore. Due regioni
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vicine al di là deʼ tropíci possono essere di temperatura assai diversa, mentre il calore cresce sulla parte meridionale, e diminuisce sulla settentrionale. I venti del nord saranno più freddi, e quelli del sud più caldi. Lʼaria, in oltre, dominante sopra i mari, diventa specificamente più pesante per motivo della evaporazione lenta dellʼacqua, e quindi è che lʼaria meno fredda, ed in conseguenza più leggera, in confronto a quella, sʼinnalza, ed è rimpiazzata al di sotto dalla più pesante. Essendo abbastantemente sensibile la differenza prodotta daʼ vapori nel peso specifico di varie masse di arie, devono nascere deʼ venti particolari, la di cui direzione differirà qualche volta moltissimo secondo la posizione delle regioni, ove lʼaria è molto pesante o leggera. Le nuvole che quivi si formano più abbondantemente, e che nella stessa stagione e collʼistesso calore sono ora più forti ed ora più deboli, elettrizzate in una ed ora nellʼaltra maniera, producono mediante ciò vari effetti assai irregolari che agiscono sullʼatmosfera. Più ancora la materia elettrica, che spandesi visibilmente, oppure impercettibilmente per lʼatmosfera superiore, cagionandovi maggiore o
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minor precipitazione, per cui la temperatura segue un andamento affatto indipendente dal corso del sole.
Non si pretenderà dunque che il calore e la temperatura deʼ paesi si regoli dietro le latitudini geografiche, mentre lʼesperienza dimostra su ciò le più varie vicissitudini.
Più alto chʼè situato un luogo sopra il livello del mare, più freddo vi fa. Lʼaria superiore sottile non può ivi riscaldarsi tanto quanto lʼinferiore e più grossa, mentre i raggi solari vi passano più rapidamente; in questo però non consiste precisamente il caldo, ma nella terra o nel corpo che viene riscaldato, mentre il calore sviluppasi da essa mediante i raggi solari. Per questa cagione, ciascuna regione alta deve essere tanto più fredda quanto è più distante dal centro della terra. Con questa osservazione si accorda il termometro e lʼimpressione che sentono i viaggiatori salendo sopra i monti. A Quito, che ha 13 minuti di latit. merid., sta rare volte il calore sopra 48 o 50° di Farhenheit, mentre sʼinnalza nel Senegal allʼimboccatura del Niger a 15° di latitudine settentrionale circa, sino a 108 gradi e mezzo, e nelle nostre regioni settentrionali, durante un calore solare
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moderato, sino a 66 o 68. Nel Perù monta a 85° e più. Anche le montagne più alte sotto lʼequatore sono perpetuamente coperte di ghiaccio. Bouguer osservò che il freddo sul Pitchincha, sotto la linea, era ogni mattina da 7 a 9° sotto zero, in guisa che vi gelava ogni notte, e si scioglieva allʼindomani. Quasi tuttʼi viaggiatori visitando i monti alti dovevano coprirsi di abiti caldi ed accendere il fuoco ec.; lʼosservazione di Saussure però ne fa eccezione, poiché i raggi solari lʼincomodavano molto vicino alla sommità del Monte Bianco, ed il calore vʼera quasi insopportabile(1). De Luc crede però, che la causa ne sia stata in qualche località(2). È dʼaltronde probabile, che i raggi solari, per la purità dellʼaria e per lʼestensione maggiore delle fibre, cagionata da una compressione minore dellʼatmosfera, possa avere sviluppato nel corpo un calore maggiore che nelle regioni inferiori, e che gran numero di viaggiatori non fu colpito immediatamente, daʼ raggi solari, o seppe in altro modo preservarsene.
(1) Voyage dans les Alpes.
(2) Idées sur la météorologie tom. II. 6. 797 ec.
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I boschi folti e spaziosi, le acque stagnanti e le paludi, che si oppongono al passaggio deʼ raggi solari, rendono la regione fredda e piovosa, mentre ritengono il ghiaccio per molto tempo, aumentano lʼevaporazione da essi cagionata, producono le nuvole, attraggono i temporali ec. La buona coltivazione, al contrario, di una regione non solo innalza il valore del terreno, ma ammigliora anche lʼaria e il clima. Non vʼè paese in cui sia tanto sensibile questa differenza quanto nella Guiana, ove il calore si è sempre più accresciuto sino dal principio del secolo XVIII, mentre da quel tempo in poi si tagliarono molti boschi: gli abitanti delle selve di questo paese, al contrario sono costretti dal freddo di dover accendere il fuoco durante la notte(1).
I grandi mari, di una temperatura poco variabile, mentre nellʼestate si riscaldano 8 o 10 gradi meno della terra, e nellʼinverno si raffreddano anche per tanti gradi meno di essa; questi mari che si riscaldano lentamente, e svaporano il calore ancora più lentamente, diminuiscono
(1) Buffon 9 suppl. 8 p. 346.
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il caldo nella state, ed il freddo nellʼinverno anche sulle terre vicine, producendovi una felicissima temperatura. Lʼinverno a Londra (51° 31ʼ di lalit.) è meno rigoroso che a Parigi, ivi crescendo varie piante allʼaria aperta, le quali gelano a Parigi, posto più vicino al mezzo giorno (48° 50ʼ). Dal principio di aprile però sino allʼottobre è maggiore il calore a Parigi che a Londra, per cui le piante che richiedono un calore durevole, come le viti, riesciranno meglio a Parigi che a Londra. Benché nella latitudine di 67° il sole non comparisca per un mese intiero, e nella latitudine di 70° per due mesi; gela nondimeno il mare presso Wadso (70° di latitudine settentrionale), e la temperatura di esso è ordinariamente, vicino a Natale, ora più, ora meno di 32°(1). Sulle isole Orkadi (59° lat.) gela rarissime volte, e vi cade durante lʼinverno più pioggia che neve(2). Ad Arcangel (64° latit.) è più freddo il vento meridionale di ottobre
(1) Stockholm Acad. Abhandl. anno 1753.
(1) N. D. Wallace Nachricht von den orkadischen Inseln. cap. 1.
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che il vento del nord. A Danzica (54° latitudine settentrionale) soffiando il vento nord nel mese di gennaio, scioglionsi i ghiacci, o almeno si degradano, mentre il vento del sud al contrario vi porta molto freddo. Sulle isole Faroeer (62° lat. sett.) non scopresi mai il ghiaccio nelle baie, e rare volte vi gela più dʼun mese al segno di dover ricoverare il bestiame(1). Sul capo nord non vʼè sì freddo che a Stockolm, e nella Norvegia; particolarmente è più moderato sulla costa occidentale a Bergen e Dronthe, che nellʼinterno della Svezia e Lapponia, oppure sui confini orientali della Norvegia.
Daʼ confini della Svezia sino a Filefield cresce il freddo dʼinverno dalla metà dʼottobre sino alla metà dʼaprile. Il ghiaccio grosso vi copre tutte le acque, lʼalta neve gettasi sopra monti e valli. Le romoreggianti cadute di acqua sʼarrestano ghiacciate, e la saliva, tratta fuori della bocca, si rotola gelata in terra come la grandine. Sul confine occidentale al contrario dura rarissime volte il gelo più di due o tre settimane;
(1) Lucas Debes i Faeroers Beskrivetse p. 91.
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lʼaria vʼè piovosa e nebbiosa, e si pesca incessantemente durante lʼinverno. Gelando il porto di Bergen, locché accade una volta in 100 anni; possiamo essere sicuri che sia gelata anche la Senna a Parigi. Con sorpresa leggonsi a Bergen le notizie deʼ gran freddi e geli in Germania, nella Prussia meridionale ec., mentre quivi non se ne sentono; e quando nellʼinverno del 1708 soffriron molto lʼInghilterra, la Francia, la Germania, lʼItalia, e la Svizzera, Bergen, lʼIrlanda e la Scozia non fecero veruna distinzione fra questo inverno e gli altri(1).
Il freddo sulle montagne orientali della Norvegia supera quasi ogni immaginazione. Nel febbraio 1719 gelò quasi totalmente un armata svedese di 10000 uomini presso le montagne Ruden o Tydal, che dividono il Jempteland nella Svezia dal capitolo di Drontheim. Non più di 500 soldati, e secondo altri 2500 e due generali appena salvarono la vita. Il resto, ed i generali Barre e Zoega furono
(1) Philos. transact. num. 324. Derham physic theologie vol. 4 cap. 12 p. 427 nota. Pontopp. storia di Norvegia tom. I. cap. I. p. 407. Geogr. fisica vol. 1.
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trovati tutti morti; alcuni sedevano, altri erano in ginocchio, o erano sdraiati in terra, e per accendervi il fuoco avevano rotti i fucili(1).
Il vento nord ovest scioglie in parte i geli sopra i monti della Norvegia; ma passando questi monti sino in Isvezia, cagiona un freddo sensibilissimo(2).
È raro il gelo nelle latitudini di 35°, fuorché nelle alte regioni, e rare volte cade la grandine nelle latitudini al di là di 60°(3). I temporali sono più deboli nella Norvegia che neʼ paesi meridionali. Nella Groenlandia sentesi il tuono, in lontananza, ma non vi cagiona alcun incendio; nelle regioni montuose del mezzo giorno al contrario sono i temporali frequentissimi.
Il maggior freddo fra 24 ore accade, ordinariamente in tutte le latitudini, una mezzʼora prima del levare del sole. Il maggior calore in tutte le latitudini tra il 60° e il 45°,
(1) Philos. transact. num. 324. Derham physic theologie vol. 4 cap. 12 p. 427 nota. Pontopp. storia di Norvegia tom. I. cap. I. p. 407. Geogr. fisica vol. 1.
(2) Mem. Stokh. 1787.
(3) Ved. Comment. Petropol. col. 9.
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è alle due ore e mezza pomeridiane: tra il 45° e 35° alle due ore, tra il 35° e 25° a unʼora e mezza, e tra il 25° e lʼequatore a unʼora. Sul mare non regna quella gran differenza tra il calore di giorno e quello di notte come sulla terra, particolarmente sulle latitudini basse. La stagione più fredda accade ordinariamente in tutte le regioni dellʼemisfero settentrionale verso la metà di gennaio, e la più calda nel mese di luglio; benché, secondo il corso del sole, il maggior freddo dovrebbe accadere alla fine di dicembre e il maggior calore alla fine di giugno; ma ciò non è, mentre richiedesi qualche tempo perché la terra riceva, e perda lʼinfluenza del sole.
Le terre orientali deʼ due grandi continenti del mondo antico e moderno sono più fredde che le occidentali situate sotto gli stessi circoli paralelli. A Canton gela ogni anno, benché si avanzi più verso lʼequatore, che la punta più meridionale dellʼEuropa, e benché giaccia sotto la stessa latitudine dellʼisola Ormus, e della gran caduta di acqua meridionale dellʼEgitto e Zenhaga, ove non si conosce la neve. A Argunsk, situato poco più al settentrione che Vienna, sciogliesi la
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terra appena per tre piedi, ed è quasi sempre gelata nelle profondità maggiori(1). Il mercurio si gela quivi spesso allʼaria aperta dʼinverno; mentre presso di noi richiedesi un gran freddo artefatto. A Jakutsk, che giace nella stessa latitudine di Pietroburgo e di Bergen si voleva scavare un pozzo nel 1685 e 1686(2), e finalmente impiegando gran fatica durante due estati si giunse alla profondità di 91 piedi; ma anche quivi era gelato il suolo, e non si poté trovare acqua.
Anche nellʼAmerica sono le regioni orientali le più fredde, e le occidentali le più calde, e più che dallʼoriente si va allʼoccidente, più sentesi la diminuzione del freddo. La cagione sembra trovarsi nel vento nord est, che gettandosi sulle coste orientali dellʼAsia, e dellʼAmerica, conduce perpetuamente lʼaria fredda dalle alte regioni dellʼatmosfera.
Il mondo nuovo è generalmente più
(1) Geograf. fis. vol. 2 e vol. 3.
(2) I viaggi di Gmelin nella Siberia vol. 2 pag. 520-523.
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freddo che lʼantico(1); e lʼemisfero meridionale più freddo che il settentrionale(2). Il calore dellʼAfrica non si trova mai nellʼAmerica; neppure vi sono i Negri. La canna di zucchero in Asia ha maggior quantità di sugo dolce che quella dellʼAmerica; ma non ostante si ammigliora considerabilmente questo clima, mediante la coltivazione de’ terreni.
Gli antichi non avevano termometri, a quindi è difficile di fare un paragone tra la temperatura deʼ secoli passati, e la presente. Il Tevere gelò quasi ogni inverno ai tempi di Orazio, come dimostrano alcuni passi delle sue poesie. In oggidì non si vede più del gelo in esso come neppure nel Nilo. Sotto il governo di Costantino Copronimo deve il mar Nero essere stato intieramente coperto di ghiaccio e neve, cosa che al presente non accaderà certamente più. Nella Gallia Cisalpina non voleva riuscire il formento per motivo del freddo, ed al presente è la Lombardia un eccellentissimo e fertilissimo paese.
(1) Geogr. fis. vol. 3.
(2) Geogr. fis. vol. 3.
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Diodoro, Strabone, Cesare e Plinio descrivono la Francia e la Germania come lʼodierna Siberia. I fiumi della Gallia erano talmente coperti di ghiaccio, che gli abitanti se ne servirono come ponti. Cesare stesso condusse unʼarmata sopra il Rodano gelato, e lagnasi del cielo ruvido della Gallia(1). Ai tempi di Strabone non volevano riuscirvi né fichi, né olivi, né viti(2). Boschi e paludi copriva il suolo, e nella Germania abitava rangiferi, alci, bissonti ed orsi(3).
Quanto vantaggiosamente si è cangiato il clima della Germania! quanto si è ivi addolcita la regione sino daʼ tempi di Cesare! Non annoverasi forse la parte meridionale di essa fra i paesi più belli del globo, e non è forse anche molto piacevole la parte settentrionale?
(1) Diod. Sic. v. 8 trad. de Terrasson. Amst. 1738 tom. II. p. 177-179. Caesar de bello Gallico.
(2) Strab. IV. p. 269.
(3) Caesar de bello Gall. VI. 25-28. Tacit de moribus Germanor. dice: terra et si aliquando specie deffert in universum tamen aut Silvis horrida aut paludibus faeda ec. es. Cluver Germ. antiq 1. 12 edit. Elz. fol. p. 79-82. Ritter Geschichte der Gallier in Guthrie e Gray, storia universale parte 5 vol. 3 in principio.
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Non ostante sembra, che prima della storia abbia ivi regnato un calore maggiore di quanto sentesi in Italia, e nel Portogallo. Siccome ai tempi di Cesare vi soggiornavano gli abitatori del più profondo nord, cioè l’orso glaciale, e il rangifero, così vi abitavano ne’ tempi anticronologici, elefanti grandissimi, rinoceronti(1) ed orsi di specie singolarissima. A Stalzenau sulle sponde del Weser, e nelle altre parti della Westfalia si scava spesso dell’avorio(2), come anche sull’Heinberg, davanti le porte di Gottinga(3), presso Burg Tonna nel ducato di Gotha(4), presso Herzogenbusch(5), e Zuetphen(6), nelle Drachenhoehlen sopra i Karpati, nelle Gailenreutherhoehlen presso il Fichtelberg,
(1) (Marck Consigl. di Guerra) lettres sur les os fossiles d’Elephans et de Rhinoceros qui se trouvent en Allemagne ec. I. II. Darnest. 1783 f. 1. 4.
(2) De Luc, lettere fisiche sopra la storia della terra e dell’uomo tom. I. trad. tedesca p. 384.
(3) Ibidem p. 464.
(4) Magaz. di Gotha vol. 3 quint. 4 p. I ec.
(5) De Luc I. c. p. 5. 36.
(6) Lulof, introduzione alla cognizione fisica del globo s. 430; la traduzione tedesca di Kaestner p. 386.
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nell’antro di Scharzfeld sull’Harz(1), presso Herzberg sull’Harz(2), e spesso in altri siti(3), e in tanta quantità di non lasciare verun dubbio sull’esistenza degli elefanti: ma per vivere quivi v’era necessario il sole dell’Africa.
Senza poter fissare lo stato primitivo della Svizzera, ci sembra che presentemente vi domini maggior freddo in proporzione ai tempi di mezzo. Si aumentano ivi le ghiacciaie, e distruggonsi molte bellissime alpi(4). Da per tutto vediamo chiaramente che le regioni superiori vi erano migliori, come indicano le tracce di una eccellente vegetazione. Vi sono periodi di molti anni in cui la somma del calore è maggiore, come vi sono molti anni umidi e secchi di seguito.
Nella Siberia e nell’America settentrionale
(1) Rosenmueller Beitraege zur Geschichte fossiler Knochen quint. I. Lips. 1795.
(2) Hofmann nel comment. Societ. Scientiar. Gottingens tom. II p. 215-280.
(3) Gotha Magaz. fuer das neueste ec. vol. 5 quint. I. p. 16 ec.
(4) Geograf. fis. vol. 4.
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si trovano sì grandi quantità di ossa di elefante, e di altri animali del clima caldo da far credere che gli animali abbiano quivi vissuto. Supponendo questo, la Siberia deve aver avuto un clima più dolce. Il fiume Wilui, che va nel Lena, sciogliendosi i ghiacci nel 1771, strappò un gran pezzo della sua sponda, ove si è trovato un rinoceronte intiero, il quale aveva ancora de’ segni evidentissimi dell’animale, anzi degli avanzi puzzolenti di tendini, di carne, di pelle e di peli(1). Supposto che questo rinoceronte non vi sia stato generato, dobbiamo almeno credere che il terreno non era gelato allorquando fu quivi strascinato e coperto di più tese di terra. Gli strati ad esso soprapposti erano stati disciolti nell’acqua, e sin tanto che il gelo impietrisce la terra, è impossibile un tale cangiamento o formazione di strati.
(1) Pallas in nov. comment. Pietropolit. tom. XIII., p. 585.