VIII
De’ vermi

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Anche fra i vermi troviamo l’istinto di arte. L’auricoma nel mare del nord, per esempio, ed alcuni altri anfitriti si fabbricano delle abitazioni assai gentili a guisa di cuneo, composte di un solo strato di grani di sabbia collocati l’uno vicino all’altro. Del resto sappiamo ancor meno degli organi e de’ sensi de’ vermi che di quelli degl’insetti. I vermi hanno pochi segni che si possano generalizzare, laonde volendoli caratterizzare, possiamo dire che sono quelli animaletti di sangue bianco che non sono insetti. Mancano loro le antenne, ma in luogo di queste hanno i tentacoli, ovvero i filamenti pieghevoli non articolati, ma per lo più molli e carnosi, che in alcuni sono lunghissimi, e destinati a sentire, a prendere il bottino, o per portarvi sopra di essi gli occhi, come le lumache. I vermi non hanno piedi per sostenere il corpo e spingerlo innanzi, ma si muovono a forza di ristringerlo ed estenderlo. Il lombrico terrestre, il riccio di mare, le stelle marine, hanno veramente istrumenti da muoversi, benché non

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siano articolati. Il corpo de’ vermi è più glutinoso: pochi (come gli afroditi) o hanno coperto di peli. Il riccio di mare ha un guscio calcare, quasi della natura dello spato, ed altri poi sono coperti di abitazioni come di pietra o di porcellana.

Nessun verme ha ali, e nessuno soffre mutazioni come gl’insetti. La maggior parte vive nell’Oceano ed in altre acque. Alcuni vivono solamente sono terra, e molti ne’ corpi viventi di altri animali.

Il verme finna si trova unicamente nel porro domestico, e non nel cignale. Esso dunque si è formato dopo, quando nacque un cangiamento nella costituzione dell’animale, dopo che l’uomo l’aveva sommesso. Una figura particolarmente istruttiva su tale proposito la troviamo nelle rappresentazioni di Blumenbach quint. 5, tav. 39.

Aminirabile è in essi la forza di riproduzione. Tagliando la testa alla lumaca, la riproduce di nuovo(1); e dividendo un lombrico

 (1) Bonnet, contempl. della natura, e Spallanzani giornale italiano.

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terrestre in 10, o più parti, se ne formano altrettanti vermi completi. Una piccolissima parte del verme solitario restata nel corpo, dopo averne cavata la maggior parte, ve ne forma un nuovo che cresce quanto il primo. Egualmente è ammirabile il rinascere di tanti altri vermi per cui sembrano eterni ed indistruttibili. Il rotiero (Brachionus urceolaris) reso cognito da Leuwenhoveck, ritrovasi in molte acque stagnanti ed in varie infusioni, nuota assai destramente, e cangia durante ciò ad ogni istante la sua figura, e possiede la forza di resurrezione in alto grado. Questo verme fu in principio tenuto per un animaletto terrestre, poiché trovavasi fra la polvere sopra i tetti e nelle gronde, ove probabilmente fu trasportato da’ venti. Sepolto totalmente nella polvere resiste senza danno contro il massimo caldo e freddo, e torna in vita ogni qualvolta che si bagna la polvere. Per osservare il movimento delle sue parti interne (poiché è trasparente), e de’ suoi anelli, come anche la variazione e cangiamento della sua figura, conviene gettarlo dentro una goccia d’acqua, ove dimostra tutte la sua abilità. A misura che l’acqua svapora, l’animaletto si ristringe

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sempre più, diventa difforme, e comparisce finalmente come un pezzetto di pergamena asciutta, ed è affatto morto. In questo stato può restare degli anni, ed inumidendolo poi, riprende vita e movimento. Quest’atto di riprendere la vita dipende però da delle circostanze, poiché ora ravvivasi in alcuni momenti, ed ora in alcune ore dopo d’essere stato bagnato. Di queste resurrezioni se ne sono osservate undici nell’istesso animale. Perché riesca con sicurezza questo esperimento, deve il rotifero essere coperto di polvere prima di diseccarsi; lasciandolo diseccarsi nudo, sembra che gli nuoca il tatto immediato dell’aria, mentre non torna più in vita. Tale precauzione non è necessaria nel tardigrado, così nominato dal suo cammino estremamente lento: esso è più grande dell’antecedente, ha sei piedi e la figura del fagiuolo; dinanzi è rotondetto, e di dietro ha de’ piccoli uncini con cui si attacca; e non è trasparente come il rotifero. Essendo secco, ritira le gambe e gli uncini verso il corpo, e prende a poco a poco la figura di un globo, ma bagnandolo appena, si ravviva. Meno attenzione ancora si usa con una specie di piccole anguille trasparenti, che

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stanno nelle gronde unite al rotifero. Queste ritornano pienamente in vita, essendo anche state totalmente nude. Le anguille di colla (vibrio) si possono far morire a piacere, e farle rinascere tante volte, quante si vuole, anche passati molti anni(1).

La mosca di Franklin che ritornò in vita dopo d’essere stata 100 anni dentro una caraffa di vino di Madera, trasporta questa specie d’immortalità anche nella classe degl’insetti.

 (1)  Bonnet I. C. vol. 2, pag. 18-22 tom. 9. cap. 3 annotaz.