DOTTRINA ELEMENTARE
DELLA GEOGRAFIA FISICA
CAPITOLO III - DELL’ATMOSFERA
III. METEORE
Indice
III. capitolo della prima parte
Dell'atmosfera
Sezione seconda
Movimento dell'atmosfera
Sezione terza
Meteore
Sezione quarta
Della temperatura e della relazione di essa colla natura e situazione de' vari luoghi
Parte II
Capitolo primo
Causa de' cangiamenti accaduti sulla superficie della terra
Capitolo secondo
Monumenti di alcune catastrofi che ha sofferto la terra
Capitolo terzo
Alcune idee intorno alla storia della terra
Capitolo quarto
Alcune osservazioni sui corpi organici che trovansi sulla terra
I. Comportamento de' corpi organici
II. Le piante
III. Il regno animale
I. L'uomo
II. Degli animali somiglianti all'uomo
III. Degli altri animali mammoferi
IV. Degli uccelli
V. Degli anfibi
VI. De' pesci
VII. Degli insetti
VIII. De' vermi
Capitolo quinto
Del metodo
2. Delle meteore ignee
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1. Temporali. Il fulmine accompagnato dal tuono è una delle meteore più terribili e spaventevoli, benché assai salubre e magnifica. Per molto tempo non si poté spiegare questo fuoco del cielo, sinché il professore Winkler in Lipsia(1) nel 1746 lo spiegò fondatissimamente, mediante l’elettricità. Franklin suppose lo stesso nel 1747, e la sua ipotesi fece maggior incontro che la dimostrazione fatta anteriormente da Winkler. Nel 1759 si fecero degli esperimenti arditi: un uomo isolato sulla pece durante un temporale fu molto elettrizzato; una stanga isolata di ferro eretta da le Monnier, diede scintille, le tutt’i segni di molta elettricità quando passava un temporale. Tutte le osservazioni ripetute in vari luoghi affermavano 1. che ogni materia del fulmine dedotta dalle nuvole, ha le qualità dell’elettricità; ch’essa respinge, attrae, luccica, incendia,
(1) Nel suo trattato della forza elettrica dell’acqua ne’ vasi di vetro. Vedi particolarmente Gehler physikalisches woerterbuch art. Blitz.
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scioglie i metalli, e li calcina; che erigendo una stanga di ferro durante il temporale, si possono estrarne delle scintille ec.: che tutt’i fenomeni osservati durante un temporale, si possono imitare mediante le macchine elettriche; cioè produrre i lampi e il tuono, incendiare ed uccidere.
L’atmosfera nostra, esaminandola sopra diversi punti della terra tanto di giorno che di notte; e sì in tempo sereno e coperto, è stata trovata sempre positivamente elettrica. Questa elettricità dell’aria vicino alla terra conduttrice è debole ed insensibile; la notiamo però maggiormente nelle regioni di pianura all’altezza di 40 sino a 50 piedi, e montando poi più alto diventa ancora più considerabile. Questa asserzione è fondata indubitabilmente sull’esperienza, benché non si possa spiegare l’origine dell’elettricità dell’atmosfera, la quale è generata probabilmente a guisa del calorico, è mediante lo stesso processo, e forse vi contribuiranno anche i vapori invisibili che s’innalzano, e che sono tutti elettrici. L’esperienza fa vedere che l’aria inferiore non è un conduttore, benché rarefacendola lo possa diventare; ma essendo necessario
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che in tale operazione sia diradata metà, e 80° sopra 0° di calore, la riducono solamente a un terzo; così neppure il maggior calore del sole può cangiarla in conduttore. La parte superiore dell’atmosfera al contrario deve esserlo continuamente. All’altezza di 3000 sino a 4000 tese parigine sopra la terra, l’aria è condensata per la metà di quella del fondo, e coll’altezza di essa cresce anche la rarefazione. Quivi dunque deve l’aria essere un conduttore; e non essendovi isolata, mentre confina collo spazio vuoto, deve essere sempre un conduttore. Al di là delle 4000 tese vi sarà quindi un confine ove l’aria è fortemente elettrizzata, ed i diversi strati dell’atmosfera devono avere diversi gradi di elettricità. Trovandosi ora, mediante le opposte correnti ivi dominanti, questi strati per caso in direzione verticale od orizzontale, allora operano le nuvole come il metallo posto sul vetro. Da un lato dunque nascerà l’elettricità positiva, e dall’altro la negativa. Scaricandosi l’elettricità da sé medesima, dovrebbe mettersi in equilibrio(1). Saussure, mediante
(1) Olives in Transactions of the American philos. [121] Society vol. 2, anche nel Magaz. di Gotha vol. 5 quint. 3 p. 171.
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un elettrometro ha osservato, che in tempo sereno e tranquillo nasce un vero flusso e riflusso nella materia elettrica, nel qual tempo, s’innalza e si abbassa due volte in 24 ore. Questo processo è più sensibile la mattina alcune ore dopo il levare del sole, e la sera dopo il tramontare di esso; e meno sensibile qualche tempo prima di questo fenomeno. L’elettricità cresce la mattina quando montano i vapori, sino a tanto che il calore del sole disecca l’aria, arrestando la circolazione della materia elettrica, che si raduna poi nelle regioni superiori. In tal guisa va diminuendosi sino a che i vapori e la rugiada di sera rendono l’aria nuovamente un conduttore. Dopo questo accrescimento l’elettricità s’indebolisce ancora ma va rinforzandosi poi verso la mattina. Quest’ordine cessa però durante le piogge ed i temporali, tempo in cui l’elettricità si cangia moltissimo. I temporali sono rarissimi nell’inverno, benché le nuvole siano assai elettriche, forse perché l’aria fredda esala
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meglio della calda, come tutti gli altri corpi che hanno questa qualità(1). I temporali accadono più frequentemente dopo mezzo giorno e di sera, che di mattina; ciò sarà forse a cagione del cangiamento più frequente di freddo e caldo, che in quelle ore ha luogo nell’atmosfera; e quello che noi chiamiamo afa sarà probabilmente un’aria sopraccaricata di parti elettriche. I temporali compariscono nelle regioni montuose più sovente che in pianura, per motivo della forza attrattiva dei monti, ove pendono per alcuni giorni sulle sommità di essi.
Il fulmine non è altro che una grande scintilla elettrica che incendia i corpi combustibili, e spezza e sconquassa gli altri; esso fonde i metalli, e li riduce in calce, scioglie l’acqua ne’ suoi principi, e la ricompone di nuovo; uccide gli uomini e gli animali, rompendo talvolta tutte le ossa senza offendere la pelle, e prende quella via ove si trovano i metalli. Per quanto sembri singolare questa direzione del fulmine, non ostante sembra avere delle leggi prescritte.
(1) Achard Chymisch-physische schriften p. 263.
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Esso si getta sempre sopra alberi e torri, sopra angoli o altre prominenze(1). Avendo trovato de’ metalli, non gli abbandona più; ed essendo essi interrotti, salta sopra i più vicini, caricandoli di fuoco elettrico. Quello che nel suo corso si oppone per inseguire i metalli è traforato, e stritolato, e terminando poi è sempre più violento, che durante il suo corso. Il miglior conduttore dopo il metallo è l’acqua e la umidità, per cui cadendo il fulmine dentro una casa danneggerà sempre la parete umida di essa.
La differenza tra il fulmine incendiario; e il non incendiario nasce solamente dalla materia combustibile o non combustibile da esso colpita. È pregiudizio il credere, che il fuoco prodotto dal fulmine possa estinguersi difficilmente, o almeno debba farsi col latte. Questa opinione avrà avuto probabilmente origine dalla difficoltà di estinguere il fuoco sulle sommità delle fabbriche alte, e dalla burrasca che ingagliardisce la fiamma,
(1) Horat. Od. II, 10. Celsae graviore casu decidunt turres.
Feriuntque summas fulmina montes.
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per cui è difficile di riparare l’incendio: in quanto al latte è evidente, ch’esso fluido più denso e più pesante estingue il fuoco meglio che l’acqua.
Per preservarsi dal fulmine è meglio il trattenersi in una casa senza torre, ed in una stanze alta, grande ed ariosa, colle porte aperte, distante da’ pilastri e dalle pareti, particolarmente dal cammini ov’è acceso il fuoco. Egualmente si deve evitare la vicinanza de’ metalli, ed avendone indosso conviene deporli distanti da sé . L’acqua o gli alberi alci poco distanti dalla casa possono servire di conduttore; ma non devono essere troppo vicini alla stanza abitata. È pazzia di rifugiarsi nella cantina umida, poiché in caso di qualche disgrazia è più difficile il salvarsi. È anche da disapprovarsi che alcuni si ritirino nelle stalle umide e basse. Deve evitarsi ogni luogo situato in alto, come colline, torri ec., ove facilmente l’uomo stesso serve di conduttore. È anche bene d’impedire qualunque riscaldamento a traspirazione, mentre tutt’i corpi umidi conducono l’elettricità. Trovandosi a letto, giunge un temporale, è prudente l’alzarsi,
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e vestirsi di abiti asciutti e larghi. Essendo in città, o in villaggio, è meglio starsi in mezzo alla strada. Sul campo aperto è il maggior pericolo, per cui conviene allontanarsi dall’acqua, e non rifugiarsi sotto un albero, ma lasciarlo in distanza di 10 o 12 passi, in modo però che l’albero sia posto verso la parte da dove viene il temporale. Nell’istesso modo bisogna contenersi anche sulle colline. I lavoranti possono in qualche modo assicurarsi mediante una stanga elevata in piedi, e collocarvisi nella vicinanza di essa. È pericoloso di salvarsi nelle capanne, ritirarsi sotto le carrozze o i carri, di restare a cavallo ec. Essendo per mare bisogna ritirarsi in un battello, e porsi nella vicinanza del bastimento, o almeno devesi fuggire la vicinanza del cordame, e degli alberi(1).
(1) I. I. Hommer Verhaltungsregeln, wenn man sich zur Gewitterzeit in keinen bewaffneten Gebaeude befindet, dedicato al magistrato di Francoforte sul Meno. Mannheim 1789 con un rame. Anche Lichtenberg Verhaltungsregeln bei nahen Gewittern etc. 2 ediz. Gotha 1778. 8, e Rosenthal supplemento a questo nel Magaz. di Gotha vol. IV, quint. I. p. 1.
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Siccome i corpi acuti imbevono per così dire la materia elettrica, così Franklin, dopo aver fatto alcuni esperimenti col cervo volante elettrico, ha raccomandato i parafulmini. Volendosene servire, conviene farli di stanghe acute di rame, ed anche indorarli, collocarli isolatamente dall’abitazione, o non essendo ciò fattibile, porli sopra corpi originalmente elettrici, come vetro, gomma ec., ed applicarli all’abitazione stessa; da questa stanga poi bisogna condurre un filo metallico sino all’acqua o dentro la terra. Le fabbriche grandi richiedono più di un parafulmine, e particolarmente conviene assicurarne la facciata e gli angoli(1). Queste precauzioni
(1) Raimarus vom Blitze Amb. 1778. 8 e le sue osservazioni recenti sul fulmine, sulla di lui direzione, ed effetto, e la deduzione sicura e comoda di esso dimostrata mediante de’ dati sicuri delle cadute di fulmine, con 9 rami. Amb. 1794. L’istesso da’ precetti pel collocamento di un parafulmine in qualunque fabbrica. Amburgo 1775, queste opere possono servire in Questo genere. Hammer Anleitung etc. Manheim 1786, d’onde v’è un estratto nel Magazzino di Gotha vol. IV. quint. 2 p. 156. Hoepfner Magazin fuer die Naturkunde Helvetiens vol. 2, ove è inserita la descrizione d’un parafulmine, e di ciò un estratto nel Magaz. di
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però non sono preservativi bastantemente validi. Così cadde il fulmine sulla casa di correzione a Heckingham presso Norwich, malgrado che avesse 8 parafulmini(1). Anche una chiesa a Genova, che ne aveva uno, fu non ostante colpita dal fulmine(2). Procopicus Divisch, ecclesiastico nella Moravia, pretendeva di poter preservare la sua abitazione, e la regione circonvicina, mediante una macchina, la di cui costruzione era fondata sopra i principi di elettricismo: ma finora non è stata pubblicata la sua costruzione. Sembra però essere stata portatile, ed aver avuto delle stanghe acute(3).
Gotha vol. V. quint. IV. p. 148 ec. Inoltre si possono leggere ancora nel Mag. di Gotha su questa materia, vol. 1. quint. 4 p. 201 vol. 11. quint. 3 p. 207 vol. V. quint. 2 p. 127. la quistione sopra i parafulmini acuti e ottusi vol. II. quint. 2 p. 105. Le ragioni per gli acuti vol. III. quint. 3 p. 117. Sul loro effetto vol. VII. quint. I p. 165. Progetti per l’ammiglioramento di essi vol. IX. quint. 4 p. 183, la costruzione più economica vol. II. quint. 4 p. 210.
(1) Philos. Transact. vol. 72 tom. II.
(2) Leipziger Sammlung zur Physik vol. 2 p. 588.
(3) Gehler physik Woerterbuch art. Blitzableiter.
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Il suonare le campane duranti i temporali, deriva forse da’ tempi in cui si credette esser questa meteora cagionata da spiriti maligni, e che si voleva scacciarli via mediante questo fragore. Il suono, per quanto siano anche grandi le campane, non può dividere alcuna nuvola; ma neppure, come vogliono alcuni, attrarre il temporale . D’altronde è innegabile che, una campana messa in movimento mediante una corda di canape, possa in tal maniera servire di conduttore; e il fulmine, che altrimenti sarebbe disceso alla parte esterna della torre, cadrà sopra di essa. Per mezzo d’un fuoco sostenuto dall’artiglieria, come si è veduto ne’ combattimenti marittimi, nell’esercizio di gettare le bombe, sono stati disciolti i temporali più minacciosi. Siccome in simili circostanze si sviluppano alcune migliaia di polvere in vapori elastici, riempiendo in tal guisa uno spazio assai più grande che nella loro prima situazione, devono anche respingere l’aria, ritenere sensibilmente la corrente del vento, dividere le nuvole elettriche, e produrre vari altri effetti notabili. Mylius narra, che essendo egli stato distante una mezz’ora dalla selva in cui manovrava
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l’artiglieria prussiana, abbia sentito de’ colpi di vento a ciascuno sparo che si fece(1). Secondo gli eccellenti esperimenti di Volta, sarebbero i gran fuochi accesi, particolarmente sopra i monti, il mezzo più efficace per tenere lontani i fulmini e la grandine.
La miglior cosa però si è, che fra 50 fulmini ve n’ ha appena uno che colpisce, e fra 100 colpi resta appena leso un uomo o la sua abitazione.
L’angustia di alcune persone durante il temporale sembra essere piuttosto fisica che morale; mentre allora sviluppansi per mezzo dell’elettrizzazione dell’aria inferiore, molti vapori flogistici, che rendono penoso il respiro, e producono l’affanno. Con ciò si spiegano benanche i presentimenti che si hanno prima che giunga un temporale: è però ridicolo di radunare intorno a sé molte persone, particolarmente in una stanza piccola(2).
(1) Hamb. Magazin vol. IV. quint. 3.
(2) Kluegel Beschreibung der Wirkungen eines heftigen gewitters, welches den 12 july 1789 die stadt Halle betroffen hat, nebst einer ausfuhrlichen Erklaerung der Gewitter. Halle 1789, 8.
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Il fulmine è ordinariamente accompagnato dal tuono, come anche la scintilla elettrica, che riunendola da molte bottiglie produce uno scoppio. Questo tuono nasce probabilmente dalla divisione violenta, e rapida dell’aria. Non essendo i fulmini accompagnati dal tuono, si suole dire che balena. Ordinariamente non si sente il tuono per la lontananza del temporale; ma talvolta scoppiano de’ fulmini sopra il nostro capo, e con tanto vigore da far dubitare dell’udito(1). Si sono dati anche de’ casi, benché rari, che il fulmine abbia incendiato senza un tuono solo notabile, come per esempio, nel 1785 addì 13 d’agosto a Francoforte sul Meno, ove prese fuoco in due luoghi(2). Il tuono senza fulmine in tempo sereno è sicuramente un inganno, benché gli antichi ne parlino spesse volte(3); ed essendo possibile
(1) De Luc in Rozier observat. et mémoires sur la phys oct. 1791.
(2) Geschichte der aussordentlichen naturbegebenheit, da am 13 agosto 1785 durch einen zwifachen Blitz etc. Francof. 1785. 8.
(3) Hom. Odyss. XX, 133. Cicer. de Divin. I. 18 Virg. Geor. l. 478. Hor. od. l., 34. Plin. ll. 43. Liv, ec. [131] Sennebier in Rozier Observat. 1799. Apr. e Gronau Bemerkungen ueber das Gewitter nel 9 vol. degli scritti Naturfors. Freunde.
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che possa nascere un tuono da ana piccola nuvola in tempo sereno, sarà anche possibile che si possa vedere il fulmine.
La spiegazione del tuono data da Adriano van den Ende di Harlem(1) (la quale, secondo lui, fondasi mediante nuovi raziocini su quella di Monge esposta sugli Annali di Chimica)(2) è preceduta dalle tre proposizioni seguenti. 1. Una delle parti costituenti dell’aria atmosferica, cioè il gas ossigeno, ovvero la così della aria vitale, è anche una parte costituente dell’acqua. 2. Nell’aria atmosferica si ritrovano sempre varie particelle di acqua più o meno disciolte. 3. Appena che un gas qualunque s’incorpora con un fluido, occupa un volume minore di prima. Ciò posto, ecco come l’autore spiega la formazione del tuono «Nascendo, in un modo qualunque un fulmine, si accendono il gas ossigeno e l’idrogeno in
(1) Natur Kundige Verhandlingen van de Bataafsche, Maatschappy der Wetenschappen te Harlem tom. 2 parte I. 1803. L. III. n. 187 S. 8 grande con 3 rami.
(2) Pag. 63 sino alla 71.
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quella regione dell’aria ove passa, e cangiansi in acqua. Quella parte dell’aria, ove procede questo incendio, saturasi di tale acqua, e questa diviene visibile sotto la forma di nuvole. A questa circostanza dobbiamo attribuire la formazione momentanea di una o più nuvole nel principio di un temporale. Mediante questo incendio e questa produzione subitanea dell’acqua, è cagionato immediatamente un vacuo, ove si precipitano le colonne di aria superiore, mentre gli strati laterali di aria si estendono e riempiono lo spazio vuoto. Da questa concorrenza rapida eccitasi nell’atmosfera quella scossa potente chiamata tuono». L’autore, per appoggiare questa sua spiegazione adduce 1. che in ogni temporale si copre il cielo di nuvole senza che il vento le abbia portate, e che queste nuvole si aumentano sino che nulla si sente più del temporale. 2. Che il tuono è accompagnato ordinariamente da pioggia, la di cui abbondanza sta in relazione colla violenza de’ colpi, e cessa appoco appoco in proporzione dell’allontanamento del tuono e finisce con questo. 3. Il temporale è più o meno accompagnato dal vento talvolta forte, ma per lo più caldo.
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e queste specie di venti soffia contemporaneamente da diversi punti. 4. Più ch’è violento il tuono, più nere sono le nuvole più abbondanti le piogge, e più impetuoso il vento. Ciò deve seguire necessariamente subito che una forza maggiore de’ tuoni produce maggiori spazi vuoti nell’atmosfera. 5. Questa spiegazione è confermata anche da vari fenomeni straordinari: e di questi ne cita l’autore alcuni esempi.
2. Il fuoco di S. Elmo (ignis lambens) è anche un effetto dell’elettricità aerea, che essendo considerabile, produce una luce stridente o ronzante sopra i corpi aguzzi, i quali, per così dire, assorbono la materia elettrica. Gli antichi ne parlarono moltissimo(1), ed in fatti dovevano averne concezioni singolari, vedendo in tempo di burrasca, o di pioggia, che le lance de’ loro soldati nel campo sembravano incendiarsi. Più sovente però osservarono essi questa luce sul mare, sopra le parti aguzze de’ bastimenti. Se queste fiammette comparivano isolatamente
(1) Livius XXII. 1. Hirtius de bello Afr. c. 47. Seneca quaest, natur. l, 1, Plinius histor. natur. II. 37.
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erano chiamate Elena, da dove è venuto probabilmente il nome di S. Elmo; e se vedevansi insieme più fiammette, le nominavano Castore e Polluce, ritenendo questo per augurio buono, e l’altro per cattivo; ciocch’ è naturale, poiché un numero maggiore di fiammette indica maggiore scarico di elettricità, da cui nasce la preservazione da’ fulmini. Siccome queste fiammette non restano sempre ferme sulle punte, per esempio, de’ bastimenti, ma saltano in qua ed in là; così confondonsi spesso co’ fuochi fatui. Al giorno d’oggi sappiamo con sicurezza, che sono di origine elettrica.
3. L’aurora boreale. L’atmosfera inferiore sotto i due poli deve essere straordinariamente elettrizzata, parte pel gran freddo ivi dominante, parte per le continue nebbie spesse, che sotto i poli si radunano; inoltre è la terra coperta di ghiaccio perenne, il quale non è conduttore. L’elettricità dunque non può essere condotta via dalla terra come presso noi, o sotto la zona torrida, ed al contrario deve sempre più aumentarsi sino a tanto che si apra forzatamente una via in mezzo alla parte superiore dell’atmosfera, la quale è conduttore. Questa effusione elettrica
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sarà spesso insensibile, ma sovente prorompe con forza tale, che comparisce distesa sotto l’aspetto di aurora boreale. Nelle terre polari accade giornalmente questo fenomeno, ma sino a noi si estende assai di rado. Tutte le descrizioni esatte provano la sua origine elettrica(1). Le aurore boreali dice Gmelin(2), incominciano quali colonne isolate, e splendenti tanto nel nord quanto nel nord ovest; indi s’aumentano, e coprono gradatamente gran parte del cielo. Queste colonne saltano da un luogo all’altro con una celerità incredibile, e s’avanzano in fine sino al Zenit. Allora si vedono a questa altezza radunarsi le correnti di luce, ed ornarsi il cielo come se vi fosse steso un immenso tappeto brillante di rubini e zaffiri; benché sia difficile d’immaginarsi questo spettacolo maraviglioso, non ostante reca spavento contemplandolo per la prima volta,
(1) Franklin nel Journal de Physique 1777, e nelle sue opere vol. 2. Wilke von den neuesten Erklaerungen des Nordlichts nel Mus. di Svezia pubbl. da Gruening Vismar Sewerin 1783 vol. 1. p. 324.
(2) Philosoph. Transact. vol. 74. 1784.
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poiché questa immensa effusione di luce trasparente è, secondo la testimonianza di molti, accompagnata da un sibilo, e da uno scoppio e rumore cotanto impetuoso, che sembra il fragore più vivo d’un grandissimo fuoco d’artifizio. I cacciatori delle volpi bianche e turchine, trovandosi essi sulle sponde del mare glaciale, sono spesso sorpresi da questo spettacolo, durante il quale i loro cani si gettano per la paura in terra, da dove malgrado di ogni violenza, non si possono rimuovere sino a tanto che il rumore abbia cessato. Gmelin soggiunge che in seguito di questo fenomeno osservasi ordinariamente un tempo quieto e sereno; ben inteso però, nelle regioni settentrionali, ove cadono i vapori dopo aver perduto la loro elettricità. L’aurora boreale non ha presso di noi nessuna influenza sulla temperatura, e piuttosto produce delle nuvole nell’alta regione, che spesso s’abbassano, coprono il cielo. Sotto il polo si elettrizza l’aria inferiore in modo che i vapori si parano, e cadono in terra; e presso di noi al contrario l’aria inferiore elettrizzasi poco o niente, mentre la materia elettrica monta direttamente verso la regione superiore, cagionandovi delle precipitazioni radunate in
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nuvole squammose e rigate, chiamate comunemente pecorelle, le quali abbassandosi si condensano, ed involgono in poco tempo il cielo. Si è sempre osservato, che nascendo un’aurora boreale, sussiste molta elettricità nell’aria, di modo che si possono caricare de’ conduttori isolati come durante un temporale. Spesse volte sono queste meteore accompagnate da fulmini, che nelle regioni superiori si dirigono in alto, senza far sentire il tuono: alcune volte ancora prorompono unite a’ temporali propriamente detti. Di questa natura era l’aurora boreale osservata addì 13 maggio 1787 a Ronneburg(1), ove giunse un temporale verso sera nella direzione dall’ovest all’est. Durante questo temporale però non si vide alcun fulmine, che dopo aver esso passato il zenit, ed essere giunto più verso l’orizzonte. Il cielo si schiarì immediatamente dopo, se non che alcuni fiocchetti di nuvole seguirono la gran massa. Le nuvole temporali nell’altezza di 40° circa furono illuminate dal sole cadente,
(1) Oertel nel Magazz, di Gotha vol. 5 quint. 3 p. 137-139.
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ed attraversato da’ fulmini frequenti, accompagnati, e non accompagnati dal tuono. Alcuni di essi sortendo dalla parte superiore di queste nuvole, s’innalzarono 4° sino 5° sul fondo turchino del cielo, ove non era veruna traccia di nuvole, e senza cagionare il minimo tuono, mentre quelli sortiti dalle nuvole più verso l’orizzonte ne fecero sentire in lontananza. Dopo 15 minuti comparvero dietro le nuvole de’ raggi rossi, che alla notte entrante si estesero dall’orizzonte occidentale, sino al di là del zenit, occupando una larghezza di 4 in 5 gradi. Questa striscia ora più larga ed ora più stretta ed alternata nella forza del colore, sparì dopo alcune ore. Essa aveva totalmente il carattere dell’aurora boreale, ed indicava precisamente la via presa dal temporale.
Le aurore boreali agiscono anche sensibilissimamente sull’ago magnetico, e cangiano la direzione di esso(1), come osservò
(1) J. Huan Swinden, Recueil des Mémoires sur l’analogie de l’électricité et du magnetisme. Haye 1784 8 vol. 3. Andrea Ginge missionario in Groenlanda sull’influenza dell’aurora boreale sull’ago magnetico nelle Nue Sammling af der Kongelige Danske Videnskabens
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Julin in Unleaborg(1) addì 4 aprile 1791, ove l’ago magnetico durante un’aurora boreale era molto inquieto. La mattina stette 10° 20’, a un’ora pomeridiana avanzò 20’ verso l’ovest, movendosi però continuamente, ed a 3 ore avanzò altri 7’ ; ma prima delle 5 relrocedette 17’, ed alle 10 di sera 45’. Sembrava che volesse sempre occupare la prima situazione, ma fu ritenuto mediante alcuni movimenti convulsivi da una forza invisibile. Finalmente però, procedendo verso l’ovest, giunse di sera, alle ore 11 e 54 minuti, al decimo grado. La domane era avanzato 23’ verso l’ovest, e continuava per questa direzione.
Verso le 8 ore di sera si era levata dalla parte settentrionale una nuvola di colore turchino bigio, in forma d’un segmento circolare, circondata da un arco chiaro, le di cui estremità si appoggiavano sull’orizzonte
Selskabs Skrifter tom. III. Wiedeburg Beobachtungen und Muthmassungen ueber die Nordlichter. Iena 1771. 8. Gotha Magaz. vol. III. quint. 2 p. 175.
(1) Kongl Sveusk Veteusk. Acad. nya Handlingar pel 1793 p. 76, ed un estratto da ciò nel Magaz. di Gotha vol. XI, quint. 3. p. 105-114.
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orientale ed occidentale. Da questo arco partirono de’ raggi verticali, che sparsero sul cielo bellissime fiamme e raggi di luce, particolarmente nel sud, mentre che l’arco si avanzava sempre più con un margine eguale di color di rosa. Nell’interno di questo margine era l’arco in principio di colore giallo carico; ma questo colore si perdette presto nelle fiamme ondeggianti chiare e bianche, le quali s’innalzarono dal lato occidentale, e si diffusero al zenit, formandovi una gran rosa, o una corona aperta, da dove sortirono, particolarmente verso il sud, bellissimi raggi di colore di rosa. Tratto tratto si estinse questa corona, ed una luce pallida si allargava intorno al zenit, da dove passarono varie fiamme chiare sul lato occidentale dell’arco, simili a quelle che salirono sul lato occidentale. Alle ore 11 elevossi dalla parte del nord, e paralellamente al primo, un altro arco minore, ma più scuro, il quale diventò in breve tanto chiaro quanto il grande, ed aumentò il suo splendore più ch’esso s’innalzava. Ambidue gli archi, avvicinandosi, diressero scambievolmente molti raggi e fiamme uno contro l’altro, sintanto ch’essi si confusero.
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In tutti questi fenomeni comparve la forza elettrica; e Meister, il quale ha osservato e descritto benissimo i sistemi nuvolosi elettrici(1), assicura, che alcuni disegni di essi fatti da lui senza aver riguardo alle aurore boreali, possono essere riguardati come rappresentazioni di quelle. Il trattato del signor Mairan, continua egli, contiene molte circostanze le quali s’accordano colla mia descrizione sul sistema elettrico delle nuvole, di modo che facilmente si potrà supporre che io ne abbia tratto le mie idee, mentre non l’ho letto espressamente, se non dopo terminato il mio lavoro.
È rimarchevole che le aurore boreali sono più frequenti ne’ tempi moderni di quello che non erano pel passato. Halley, uno degli osservatori più accurati del cielo, vide la prima nel 1760, nel suo sessantesimo anno. S’intende da sé che questa osservazione si riferisce unicamente alla zona temperata, poiché non mai se ne vide nella torrida, neppure nella parte meridionale della
(1) Ved. Magaz. di Gottinga anno I. quint. I. p. 31.
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temperata. A Lisbona è conosciuto questo fenomeno sì poco come in tutta l’Africa: al di là de’ circoli polari però sembrano esservi state perpetuamente. L’apparizione di essi ne’ paesi nostri proviene da un maggior innalzamento della loro luce sopra l’orizzonte, che monterà da 30 sino a 150 ed anche a 200 miglia geografiche. L’aurora boreale alta di 30 miglia è poco visibile nella zona temperata; ma essendo di 200 è visibile sino in Italia. L’aurora boreale del polo antartico è della stessa natura. Forster è il primo che ne fa menzione(1). Egli osservò questo fenomeno il 18, 19, 20 e 26 di febbraio e il 15 e 16 di marzo 1773 tra il 58° e il 60° di latitudine meridionale, ove proruppero dall’orizzonte oscuro varie colonne o correnti di luce pallida, che progredirono sino al zenit. Questa materia di luce era tal volta sì trasparente che, attraverso di essa, si scoprirono le stelle: talvolta però sembrava più bianca, più forte, e meno trasparente.
(1) Bemerkungen uber Gegenstaende der physis. Erdbeschreibung p. 103, 104.
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Per quanto espone Molina(1), si vedono spesso questi lumi meridionali sulle isole del Chilì, dunque sino al 40° di latitudine meridionale come presso di noi.
4. I Boli. Gli antichi parlano molto di queste meteore notabilissime, ritenendole per cattivi auguri(2). Le osservazioni replicate, e le descrizioni esatte di essi, ne’ tempi moderni, hanno fatto vedere che questi fenomeni hanno molta somiglianza tra di loro, e che differiscono per la lontananza in cui appariscono. Chladni osserva(3), che quasi tutti incominciarono nell’altezza di 19 miglia geografiche e più, che la celerità di essi
(1) Molina storia nat. del Chilì.
(2) Il sol nocte visus, fax, lampas, clypeus ardens, globus ignis, non erano altro che boli, si dice che Aristotile le abbia chiamate capre saltanti, quando si movevano continuamente e travi accesi, quando progredivano lentamente. I draghi volanti de’ secoli barbari sono boli anch’essi.
(3) Nella sua opera eccellente sopra l’origine delle masse di ferro trovate da Pallas, ed altre simili, a queste ec. Riga. 1794. 4. Quest’opera merita più attenzione di quanto se ne ha avuto sinora. Ved. anche Mag. di Gotha tom. 9 quint. 4 p. 156-129, e tom. II, quint. 2 p. 112.
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importava alcune miglia geografiche per secondo, e che il diametro era spesso della grandezza di una mezz’ora. Quasi tutti quelli fin ora osservati caddero assai obliquamente verso la terra, e non si è mai veduto nessuno che siasi diretto in alto. Tutti hanno una forma sferica o oblonga, ed una massa assai rilucente che, secondo l’aspetto, strascina dietro a sé una coda di fiamme e fumo. Tutti scoppiano con un molto rimbombante dopo esser passati sopra vari paesi, e dopo lo scoppio si videro ancora luccicare le parti staccate, che cadendo si estinsero, e le masse di natura scoriosa, contenenti ordinariamente del ferro metallizzato o calcinato, oppure miste di terra e solfo, entrarono alcuni piedi dentro terra. Nel 1751 addì 26 maggio fu veduto un bolo in diverse parti dell’Ungheria, ed anche la partizione di esso, ma più ancora se ne sentì lo scoppio. La parte ignea caduta presso Agram, ove sensibilmente fu sentito, era una massa di ferro caldissimo pesante 71 libbre.
Possiamo dare una buonissima spiegaziome de’ boli riportando qui la descrizione di
(1) Molina storia nat. del Chilì.
(2) Il sol nocte visus, fax, lampas, clypeus ardens, globus ignis, non erano altro che boli, si dice che Aristotile le abbia chiamate capre saltanti, quando si movevano continuamente e travi accesi, quando progredivano lentamente. I draghi volanti de’ secoli barbari sono boli anch’essi.
(3) Nella sua opera eccellente sopra l’origine delle masse di ferro trovate da Pallas, ed altre simili, a queste ec. Riga. 1794. 4. Quest’opera merita più attenzione di quanto se ne ha avuto sinora. Ved. anche Mag. di Gotha tom. 9 quint. 4 p. 156-129, e tom. II, quint. 2 p. 112.
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Baudin(1) su quello veduto in Guascogna nel 1790 addì 24 di luglio. Questa meteora comparve a Mormes nel zenit alle 10 ore e mezza di sera, ed oscurò la luna piena. Essa parve di maggior diametro che questa, e strascinò dietro a sé una coda ch’era 5 o 6 volte più lunga del diametro, e larga come il globo, ove si attaccava ad esso; ma poi diminuì appoco appoco. Il colore del globo è della coda era un bianco pallido, e la punta d’un rosso carico sanguigno. La direzione della meteora fu dal sud al nord. Dopo due secondi si divise in vari pezzi considerabili che caddero in diverse direzioni. I frammenti si estinsero nell’aria, e presero il colore rosso descritto. Tre minuti circa dopo l’esplosione fu sentito un tuono terribile, per cui fu mosso il suolo come se vi fosse un tremuoto. Tutte le finestre tremarono, ed alcune si aprirono. Nella
(1) Professore di fisica in Pau. Ved. Journ. de Paris decade philosophique, lett. et polit. n. 67, dal 29 febbraio 1796, e da ciò un estratto del Gotha Magaz. I. c. Vedi anche Cotting, Journal der Wissenschaffen pubblicato da Gmelin vol. I. quint. 2 num. 2 sopra i boli di fulda.
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piccola città di Houga, distante una lega da Mormes, furono scossi gli utensili di cucina, di modo che si temette un tremuoto. Lo strepito durò quattro minuti circa, e terminò con un cupo rumore, che sembrava echeggiare lungo la catena de’ Pirenei distante 15 leghe da Mormes. Nell’istesso tempo si sparse anche un forte odore di solfo. Alzossi indi un vento fresco e debole, e sul luogo della meteora comparve una nuvoletta bianchiccia.
Dal tempo passato tra lo scoppio e il rumore susseguente si poté concludere che la meteora scoppiò nell’altezza di otto leghe dalla terra, e cadde in distanza di 4 al nord di Mormes. Questa supposizione fu anche confirmata per la notizia della pioggia di pietre caduta a Juliak e Barbaton, quello distante 4 leghe al nord da Mormes, e questo 5 al nord nord est. La meteora doveva essere scoppiata presso Juliak, poiché quivi erano cadute le pietre sopra un terreno poco coltivato del diametro di due leghe circa. Poche erano cadute dentro le case, ne’ cortili, e dentro gli orti; ma molto avevano atterrato gli alberi nella selva. Esse pesavano 18, 20 sino a 50 libbre, e fu sorprendente
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il loro peso in confronto al volume. Al di fuori erano nere, ed al di dentro bigie, ornate di molti puntini metallici luccicanti. Battute coll’acciaio diedero scintille, e sembravano una specie di scoria bigia, mista di spato calcare. Alla superficie si scoprì del ferro calcinato nero esternamente invetrito. Alcune pietre erano totalmente vetrificate. Durante la caduta di esse fu udito un sibilo fortissimo, e durante il corso della meteora un rumore e stridore simile alle scintille elettriche. Questo bolo fu egualmente veduto a Bayonne, Auch, Pau, Tarbes, Bordeaux e Tolosa. Nell’ultimo paese rassembrò quasi ad una stella cadente, e dopo lo scoppio sentissi un cupo rumore simile al tuono distante. Dell’istesso tenore è anche la storia delle pietre cadute presso Siena addì 16 giugno 1794.
I boli non sono stati sinora bastantemente esaminati, e quindi non si è fatto ricerca ed esame delle materie da essi cadute. Alcuni, come quello del 1718 erano sì alti, che furono veduti nell’istesso tempo in Germania, Francia ed Inghilterra. Quello del 1762, veduto particolarmente nella Germania settentrionale, è stato descritto da
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Silberschlag(1). Il diametro di esso era di 200 pertiche del Reno; ma i frammenti non si sono trovati, e forse caddero fuori dell’atmosfera terrestre. Tutte le circostanze però citate da Silberschlag, possono spiegarsi benissimo dietro i principi di Chladni.
Sembra esser stato ancora più alto quel bolo osservato da Forster sul mare Pacifico addì 30 settembre 1774 alle sette e mezza di sera(2). Esso risplendette come il sole, corse rapidamente verso l’orizzonte, sparse una luce pallida, e scoppiò senza fragore: sibilava però chiaramente come quando si accende la stoppia. Dopo essere scoppiato questo globo, restarono alcune scintille, delle quali l’inferiore, formata come un pero, si distinse per un chiarore turchino. Durante la comparsa regnava la calma, ma presto seguì un vento forte accompagnato da vento e colpi di aria, certamente conseguenze del bolo.
(1) Theorie der am 13 jul. 1762 erschienenen feuerkugel abgehandelt von S. CI. Silberschlag Magdebstendel. Lips. 1764. 4 con rami.
(2) Forster Bemerkungen ueber Gegenstande der phys. Erdbescreibung p. 103.
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La Lande(1), parlando del bolo osservato addì 18 agosto 1783 a Parigi e a Londra, come nella Borgogna inferiore, dice che il diametro apparente di esso fosse grande quanto la luna, che abbia percorso 1052 tese per ’secondo, che sia stato visibile 20 minuti, e che finalmente siasi diviso in moltissimi globetti, i quali occuparono uno spazio di 5 gradi e più. Questo bolo prese la stessa direzione di quello passatovi nel 1771, e di alcuni anteriori a quest’epoca.
Nel 1784 addì 5 novembre s’intorbidò il cielo a Hildesheim alle 4 pomeridiane, e tramontando il sole, comparve una nuvola turchina nericcia, dalla quale proruppe un globo igneo colla coda larga un piede e mezzo, e lucida de’ colori dell’iride. Esso si diresse lentamente all’ovest, e scoppiando poi produsse un fragore come il colpo del cannone. In seguito si videro molte stellette di fuoco, ed un fenomeno serpeggiante igneo diverso da quello. Anche questo sparì dopo
(1) Nel Journal de physique 1784, e da ciò nel Magaz. di Gotha vol. 2 quint. 2 p. 92.
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alcuni minuti, e s’innalzò sull’orizzonte una nebbia nericcia turchina(1). Anche Lichtenberg osservò nel 1791 addì 12 novembre, alle 6 ore 39 minuti di mattina, un fenomeno igneo di forma spirale, largo 6 minuti, e lungo 8° in 9°. Questo fu anche osservato a Lilienthal accompagnato da una luce simile al fulmine, in modo che il celebre astronomo Schroetter ne udì il tuono. Esso fu uno de’ fenomeni più grandi di questa natura. Per la conseguenza superficiale tratta da questa osservazione trovossi che aveva preso origine nella Westfalia 4 leghe geografiche sopra la terra, ed era stato osservato in distanza di 12 a 16 miglia geografiche, benché avesse potuto essere osservato in maggior distanza(2). Il bolo veduto nel 1796 addì 8 marzo alle 10 di sera è stato sfortunatamente mal osservato, benché fosse stato veduto nell’intera Sassonia, nella Lusazia, nel Brandenburghese, ed in una
(1) Physischer Bericht von der feurigen Lufterscheinung welche ec., 5 nov. 1784 in Hildesheim des Abends beobachtet wurde 2 <**> 8.
(2) Ved. Gotting. Anzeigen 1796 num. 23.
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parte della Slesia, e Boemia. A Mestersdorf, nella parte estrema sud est della Lusazia superiore, ne fu osservata la luce come quella d’un fulmine, sino nelle stanze opposte alla direzione del globo. Essendo però in istrada, videsi un bellissimo globo acceso nella direzione nord ovest poco distante dal zenit, da dove girò con una coda luccicante per poco tempo verso nord ovest, scoppiando poi in un’altezza notabile sopra l’orizzonte, per cui si divise in molte stelle chiare senza produrre alcun tuono. A Francoforte sull’Oder però comparve al sud ovest quanto la luna piena, nell’altezza di 50° circa, prese questa direzione, e scoppiò indi in molti pezzi, lasciando poco dopo un mormorio cupo simile al tuono.
In Berlino fu osservato in tempo sereno pari a un globo igneo di rara bellezza e grandezza, dirigendosi al sud est, ove scoppiò; ed anche quivi fu sentito in seguito quel mormorio simile al tuono.
Ne’ contorni di Zossen comparve esso come una massa cadente di fuoco, scoppiandovi con tal veemenza, che tremarono le case . Probabilmente fu questa la regione ove si spezzò. È veramente cosa dispiacevole che non si sia osservato esattamente la
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direzione di esso, e l’intervallo tra lo scoppio e il tuono. Non di meno fu veduto nel nord est, e chiaro a segno da poterlo contemplare anche nelle stanze illuminatissime. Sulla fortezza Leuchtenburg presso Kahla fu osservato in fondo all’orizzonte nord est, ove svanì senza produrre alcun tuono. È dunque probabile, che questo bolo sia stato generato in un’altezza considerabile sopra le regioni nord ovest della Lusazia superiore(1). Sin’ ora non furono trovati, né forse cercati i frammenti di questa meteora, e quindi non possiamo giudicare delle parti costituenti di essa. L’elettricità dell’aria era molto aumentata durante questo fenomeno suole accadere anche durante la composizione di tutte le altre meteore ignee.
Le masse cadute di pietre, e di ferro fortunatamente si trovano assai simili nelle
(1) Questo fenomeno è stato descritto benissimo da V. Gersdorf Lausitzische Monatschrift, nel mese d’aprile e maggio 1796, benché egli stesso non l’abbia osservato, ma ne raccolse esattamente le notizie. Vedi anche Reischsanzeiger n. 151 del 1796, e da ciò nel Mag. di Gotha fuer das neueste ec. vol. XI. quint. 3 p. 114.
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parti costituenti, molto corrispondenti in quanto all’esterno, ed uniformi riguardo ai racconti sulla di loro nascita, perché confrontando le masse ed i boli, non si possa spiegare con maggior sicurezza un tal fenomeno. È quasi fuori di ogni dubbio che tanto le piogge delle pietre, quanto i boli abbiano la stessa origine.
Le due gran masse di ferro nalivo nella Siberia e nell’America meridionale(1), come anche quelle descritte da Buchholz(2), da Loeber(3) e da Nauwerk(4), sono assai simili alle pietre cadute a Siena e ad Agram. La massa di ferro di 30000 libbre nell’America meridionale fu trovata nella provincia di Chaco appartenente al Perù, all’est del fiume Paranna, in mezzo ad una gran pianura ove non si trova alcun monte, neppure un sassetto nella circonferenza di 100 miglia
(1) Geogr. fisica vol. 4.
(2) Naturforscher quint. 4 p. 227.
(3) Wittenbergisches Wochenblatt quint. 36, 1773. Berl. Sammlungen vol. 7 p. 523.
(4) Crell Beitraege zu den chem. Annalen, vol. 1. quint. 2 p. 86.
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spagnuole, meno ancora una miniera di ferro. Chi dovrebbe aver condotto quivi questa massa, mentre è di pochissimo valore ed utilità? Inoltre mancano gl’Indiani di carri, e la regione è la più impraticabile; e per mancanza di acqua, la più disabitata di Chaco. L’aspetto esterno di questa massa rassomiglia perfettamente al ferro compatto nativo; ma non è così l’interno, ove si trovano molte cavità che convinsero anche il Cav. Rubin de Celis, il quale ne diede la prima notizia ed anche la descrizione, che questa massa sia stata prima nello stato fluido. In oltre trovansi sulla parte superiore varie impressioni di piedi e di mani di persone grandi, e di artigli di grandi specie d’uccelli abitatori di que’ contorni, per cui questa massa ha la forma di pasta lavorata colle mani e co’ piedi, ed indi misurata col dedo (misura di pollice)(1). La massa differisce dalla siberica pel colore più bianco, e quasi argenteo. Quella della Siberia simile alla
(1) Don Miguel Rubin de Celis, descrizione nel Philos. transact. vol. 78 tom. 1. p. 37, e da ciò nel Magaz. di Gotha vol. VI. quint. 4 p. 60..
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americana, è tessuta a guisa di cellette, e racchiude negli spazi un fossile aspro, giallo come l’elettro, e vetroso come all’Olivin (crisolito vulcanizzalo); la crosta però è più compatta, e di natura del minerale di ferro. La massa è d’altronde più irregolare e piatta come una pietra greggia di selciato. Essa giace tra Krasnojarsk ed Adelkansk, sulla sommità delle alle montagne schistose, approfondata appena uno o due piedi dentro terra, molto distante dalle miniere di ferro: si scopre in tutta la massa essere la tessitura e il vetro uniforme, e senza il minimo segno di scoria o fuoco artificiale(1). Il ferro cotanto flessibile non avrebbe potuto essere fuso senza l’aggiunta del combustibile, il quale l’avrebbe reso simile al ferro ordinario, ed avrebbe tutta la flessibilità. Il fuoco dunque deve essere stato molto più forte dell’ordinario, oppure si è sciolto mediante l’elettricità. Non solamente questa massa è venerata dal Tartari ivi abitanti come un santuario caduto dal cielo, ma pure quella di
(1) P. S. Pallas, viaggio nelle varie provincie del regno di Russia. Pietrob. 4. 1776 p. 411.417.
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Aquisgrana di 15000 libbre, ove parimenti non v’è alcuna miniera di ferro, ed anche le altre masse simili sono secondo la tradizione di origine celeste. La massa americana stessa prova questa origine più di ogni tradizione, come anche l’albero di ferro nella vicinanza di essa, il quale è venerato dagli Aviponi. Esso si è formato indubitatamente a forza di gocciolare dall’alto, ed è probabilmente un albero naturale coperto di questa materia(1).
La materia fondamentale de’ boli deve essere piuttosto compatta e pesante, poiché essi s’inclinano visibilissimamente sulla loro orbita, e le masse malgrado del loro corso rapido (mentre che si stropicciano nell’atmosfera, e diventano elettriche sino al punto d’infiammazione, di scioglimento, e di scoppiamento) conservano non di meno del peso sufficiente per continuare un movimento cotanto rapido nell’aria senza esservi disperse, e totalmente consumate. Il ferro, quale parte costituente principale delle masse cadute dalla
(1) Miquel Rubin de Celis l. c., particolarmente Gotha Magaz. vol. VI. quint. 4 p. 62.
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atmosfera, ha tutte queste proprietà sino ad un alto grado. La luce risplendente e bianca de’ boli è d’altronde paragonata da’ fisici a quella del ferro fuso, in cui si osservano anche benissimo l’incendio, il fumo ed il getto del fuoco, particolarmente calcinandolo nell’aria deflogisticata. I segni di estensione mediante i fluidi elastici sviluppati dal calore, e di stringimento, mediante il raffreddarsi, si riconoscono nella materia spugnosa interna delle masse di ferro trovate, e nelle impressioni della superficie, che fanno sospettare de’ boli scoppiati. Anche l’essere di solfo unito a varie di queste masse corrisponde benissimo a quanto si è osservato intorno a tuti i boli, e diventa particolarmente evidente per la facilità dell’incendio in un’aria assai rarefatta, ove nessun altro corpo prende né fuoco né fiamma. È probabile che il solfo siasi anteriormente consumato in quelle masse che ne furono prive, e ciò lo dimostra l’esperienza, poiché, estinti i boli, fu spesso sentito un odore solfureo.
Considerando in oltre la pioggia delle pietre de’ vari bol scoppiati, ed osservati da’ naturalisti; e trovando poi, come Klaproth, che le pietre, in seguito d una esatta
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analisi, siano tutte di natura ferrea e simili fra di loro; nasce una maggior sicurezza che tutte queste masse provengono da’ boli(1). Cadendo esse, non possono penetrare molto dentro terra, poiché sono ancora molli ed elastiche; quindi è che si appianano, e conservano la forma sferica come durante la caduta. La fluidità delle materie de’ boli deducesi anche dalla loro propria figura simile ad una goccia di acqua(2), la quale è ora rotonda, ed ora avvicinandosi alla terra è allungata, poiché si estende, e forma spesso delle gocce più piccole allora quando si è spezzata.
Una materia tanto compatta quanto
(1) Come forse anche il tesoro d’oro, e la massa di ferro nativo della Contea Irlandese Wicklow ved. Lord Cronicle vol. 78 num. 5669 sett. 29. 1795, e da ciò nel Mag. di Gotha vol. 10 quint. 4 p. 132-145. Questa regione fu chiamata Perù piccolo.
(2) Mediante l’attrazione della materia tutt’i corpi nello stato fluido devono radunarsi in un globo come la goccia d’acqua, poiché sono più compatte e radunate in questa figura, e formano pochissimi lati. Ved. Geogr. fis. I. vol. Ciascuna goccia di pioggia ha pure la figura ovale quando è attratta dal dito, o portata vicino alla terra.
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quella de’ boli, e sussistente nella regione, ove girano questi, non può derivare da sostanze appartenenti alla nostra atmosfera ed esservi neanche slanciata da forze terrestri. D’altronde non conosciamo alcuna di queste forze capaci di dare ad un corpo di simile natura quella direzione rapida ed inclinata, e tal volta paralella all’orizzonte, la ravvisiamo appunto ne’ boli. Da ciò deducesi che essi sono corpi cosmici, la di cui materia sussiste negl’immensi spazi da dove giunsero sino al nostro pianeta. Siccome la parte principale della materia fondamentale del nostro pianeta è il ferro unito a varie altre parti terrose e metalliche; potrà darsi che vari altri corpi siano composti come esso, e differiscano solamente nella diversa unione delle parti, e nella modificazione delle materie fondamentali. Fra questi corpi possiamo contare anche i materiali cosmici accumulati in piccole masse sparse isolatamente negli spazi, senza comunicare immediatamente con altri corpi celesti, correndo, mediante l’attrazione, fra soli e pianeti, sino a che avvicinandosi essi troppo alla terra, o ad un altro corpo sono attratti, e vi cadono. Per mezzo d’un movimento estremamente
(1) Come forse anche il tesoro d’oro, e la massa di ferro nativo della Contea Irlandese Wicklow ved. Lord Cronicle vol. 78 num. 5669 sett. 29. 1795, e da ciò nel Mag. di Gotha vol. 10 quint. 4 p. 132-145. Questa regione fu chiamata Perù piccolo.
(2) Mediante l’attrazione della materia tutt’i corpi nello stato fluido devono radunarsi in un globo come la goccia d’acqua, poiché sono più compatte e radunate in questa figura, e formano pochissimi lati. Ved. Geogr. fis. I. vol. Ciascuna goccia di pioggia ha pure la figura ovale quando è attratta dal dito, o portata vicino alla terra.
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rapido, accelerato maggiormente dall’attrazione della terra, deve necessariamente generarsi moltissima elettricità e calore, per cui le materie, producendo gran frizione nell’atmosfera si sciolgono, e s’infiammano sviluppando molti vapori, e specie di gas, i quali gonfiano enormemente la massa sintanto che scoppia. Le stelle cadenti altro non sono che boli più distanti dalla terra, dalla quale però non vengono attratte. Esse furono osservate sulle più alle montagne, e sembravano quivi ancora tanto distanti come quando si contemplano nella pianura(1). Anche le scintille telescopiche osservate 28 giugno 1795 da Schroetter, e da lui poste con ragione mille miglia geografiche e più distanti dalla terra, non sono altro che fuochi distanti, o boli(2).
Volendo fare delle ricerche sul nascimento di queste masse, sarebbe tanto inutile quanto la meditazione sulla formazione primitiva de’ corpi celesti. Qualunque siasi la
(1) Geogr. fis. vol. 4.
(2) Gotting. Anzeigen von gelehrten Sachen 1796 quint. 32.
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ipotesi che esponiamo, dobbiamo non di meno credere, che i corpi celesti non sono stati sempre nello stato in cui gli osserviamo, oppure dobbiamo attribuire delle forze necessarie alla natura da poter produrre de’ corpi celesti ed interi sistemi solari, di distruggerli, e produrne de’ nuovi. Tutto parla per l’ultima opinione, mentre s’incontrano non solamente i cenni di distruzione, e di formazione di tutti gli esseri organici e non organici del globo nostro, i quali fanno supporre che la natura, presso la quale il grande ed il piccolo sono concezioni puramente relative, possa cagionare tali rivolgimenti anche nell’intero creato; ma pure si osservano realmente vari cangiamenti ne’ rimoti corpi celesti. Comparirono delle stelle nuove ed altre disparvero. Conosciamo 33 stelle rosse, e sino dal 1756 scoprì Mayer questo colore anche nella decima nona de’ pesci, per cui la chiamò rubiconda. Michell e Bailly suppongono che questa luce tinta indichi la vicina estinzione di que’ corpi. Le stelle variabili montano al numero di 31, non comprese quelle che per la piccolezza spariscono per qualche tempo. Supponendo dunque che le stelle possano soffrire de’ cangiamenti essenziali, e
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credendo in oltre, che sorgano de’ corpi celesti, dobbiamo anche ammettere, che varie parti materiali disperse in istato molle e non organizzato, si radunarono mediante l’attrazione in una gran massa, formando in tal guisa nuovi corpi celesti; oppure che dalle parti di una massa maggiore, mediante l’urto ricevuto, o per esplosione interna, o per qualunque altro accidente possano generarsi nuovi corpi celesti. D’altronde non è contrario alle leggi della natura, che molte parti materiali, o per distanza troppo grande, o per movimento ricevuto, non abbiano potuto unirsi alla massa maggiore d’un corpo celeste, per cui vagarono isolatamente nell’immenso spazio, fintanto che avvicinandosi ad un corpo maggiore ne furono attratte.
È rimarchevole che il ferro è la sostanza principale delle masse sopraindicate, e che sussiste non solo quasi in tutte le parti superiori del nostro globo, ed anche come sostanza in molti esseri vegetabili ed animali, ma che deve pure ritrovarsi abbondantemente nell’interno della terra, come rileviamo dalle osservazioni magnetiche. Possiamo quindi applaudire all’opinione del valente Chladni,
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cioè che il ferro sia un materiale principale per formare i corpi celesti. Ciò diventa probabile, mentre è esclusivamente in relazione colla forza magnetica, che riguardo alla proprietà di dirigersi verso i poli sarà forse necessaria anche negli altri corpi celesti. Anche il solfo, la terra silicea, il manganese, l’oro ec., trovati in alcune masse cadute apparterranno non solo al nostro pianeta, ma pure a tutti, come materiali generali del creato.
5. Il fuoco fatuo è una fiammetta turchina che brucia chiaramente, e muovesi ogni volta che spira il minimo vento. Essa segue la corrente di aria occasionata dal correre, e cede alla compressione dell’aria nata dall’avvicinamento. Questa meteora è per lo più composta di aria infiammabile sviluppata sopra le paludi e corpi putridi, la quale si accende facilmente da sé. Le ossa degli animali sono composte di terra calcare, e di acido fosforico; per discioglierle vi vuole del tempo, particolarmente non essendo esse esposte all’aria atmosferica, per cui non possono prendere l’acido, altrimenti però si unisce l’acido colla terra calcare, ed il fosforo svanisce e luccica. Da
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ciò è chiaro, perché sì facilmente scopransi i fuochi fatui sopra i cimiteri(1).
(1) Narra de Trebra, nel Deutschen Merkur, ottob. 1783 un fenomeno a proposito ed interessantissimo. Cosa simile è inserita nel Shaw Travels ec. Lond. 1754 4 p. 334 Essa nacque da un fuoco fatuo, e terminò come tale, e così procedette alternativamente.