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Per quanto deserta possiamo figurarci la regione di neve, scopriamo ciò non ostante,
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che la natura anche in queste solitudini poco frequentate ha avuto per iscopo la varietà e ’l cambiamento da essa sempre amato.
La neve di queste regioni, in confronto a quella situata più bassa, è più compatta, più colorita, e differisce anche nella forma delle particelle e delle masse intere(1). Le grandi masse di neve, secondo il diverso modo di nascere, ed il luogo ove si depongono, sono da noi divise in diverse specie.
Generalmente si chiamano GHIACCIAIE (glaciers, Gleascher), e l’antica parola celtica GLAS (vetro) forse non significa altro
(1) L’opera migliore su tale oggetto è quella di Gruner; sono anche buone le lettere di Guglielmo Coxe sullo stato naturale civile e politico della Svizzera, tradotte dall’inglese 3 tomi in 8. Zurigo 1781 e 1793; i viaggi di Saussure sulle Alpi, compreso un saggio di storia naturale de’ circondari di Ginevra, tradotti dal francese. Lipsia 4 tomi in 8. magazzino per la cognizione naturale dell’Elvezia pubblicato da A. Hoepfner. 1 vol. num. 4. saggio di Kuhn sul meccanismo delle ghiacciaie num. 10; lettere dirette all’editore sopra diverse di cose rimarchevoli delle ghiacciaie; i pericoli delle Alpi ed alcuni tratti principali intorno al viaggio di Storr sulle Alpi. Tom. I preparazione pag. LXX ec.; e le opere di Bourrit.
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che ghiaccio. Esistono ghiacciaie alte e basse, monti di neve e campi di neve o valli di neve, dalle quali si distinguono ancora le profonde valli di ghiaccio. Sdrucciolate in giù, queste ultime, nel senso più ristretto, si chiamano in tedesco GLETSCHER (ghiacciaie), come se avessero tratto il nome dal verbo GLITSCHEN (sdrucciolare).
Quelle punte di rocce, che durante 9 mesi dell’anno raccogliono la neve da un’atmosfera pregna di essa, si chiamano nella Svizzera col nome provinciale FIRNE, e nel Tirolo Ferner. Gruner le chiama molto a proposito monti di ghiaccio; sarebbe forse meglio chiamarli MONTI DI NEVE: in Islanda si nominano Joeckel ovvero Joeckul. Volendole chiamare ghiacciaie, è necessario di dire ghiacciaie alte, onde distinguerle dalle basse. Saussure ne fa menzione parlando DES GLACIERS DU SECOND GENRE, senza però dar loro luogo tra le ghiacciaIe, mentre sono composte di neve originaria, pura, invariabile e solamente un poco più dura, la di cui crosta riceve una qualche durezza; ma che dentro è molle, e morbida a segno di non resistere né anche alla spinta di un bastone. Il bianco della neve posta sopra di
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esse è affatto puro, ma ordinariamente debole. Siccome la maggior parte delle Firne è acuta, così tanto gli Svizzeri come i Norvegesi(1) le chiamano Horn (corno), i francesi Pic, Deut, Aiguille. Anche la loro pendice, eccettuato dove è rapida, è coperta dappertutto di neve pura.
Da esse si distinguono assai chiaramente i banchi di neve, i quali, distaccandosi le masse di neve dalle Firne, si arrestano sul dorso delle montagne medie. Questi banchi si estendono per alcune miglia, e contengono nella loro maggiore spessezza fino a 600 piedi. Saussure trovò la ghiacciaia di DES BOIS grossa di 80 in 100 piedi. La neve de’ banchi è né tanto morbida, né solla quanto quella delle firne, ma è di gran lunga inferiore in densità, durezza, tessitura, splendore e trasparenza del ghiaccio propriamente detto.
Tra le ghiacciaie più distinte si conta l’AARGLETSCHER, dipinto da Storr in uno scritto indirizzato al Hoepfner, pubblicatore
(1) Ved. Pontoppidan, Saggio di una storia naturale della Norvegia. Tom. I. c. 2. paragrafo 5.
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del magazzino per le cose fisiche dell’Elvezia, al quale, pag. 209, trovasi aggiunto un disegno.
Questa ghiacciaia è quasi piana, situata dentro una valle larga di una mezz’ora e lunga di sei ore circa, che riempie quasi totalmente. Sulla superficie di essa si vedono tratto tratto diversi piccoli bacini vuoti, nel di cui centro s’innalzano grossi, ma bassi pilastri di ghiaccio trasparente, sulle cornici de’ quali si appoggiano pezzi di rocce di 40 più quintali di peso. L’Aargletscher distinguesi quasi da tutti gli altri per essere situato dentro un’altissima valle montuosa, e quasi in linea retta dall’est all’ovest, mentre il maggior numero dell’altre si estende dal sud al nord, come è anche necessario onde il sole non riscaldi troppo la loro superficie. L’Aargletscher al contrario, che è situato più alto degli altri, è esposto al sole di mattina, di mezzogiorno e di sera, senza che si scorga veruna diminuzione di ghiaccio.
La forza colla quale le masse di neve si precipitano, il loro proprio peso, l’acqua che si raccoglie sopra quando incominciano a sciogliersi, e che poi penetra profondamente, congelandosi di nuovo colla neve, rendono queste masse solide e dense;
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però sono molto meno trasparenti e parte del ghiaccio più poroso; la neve perde la forma di fiocco angolato, e diventa granosa, e sembra essere riempiuta di granelli della grossezza di un pisello. Questi banchi di neve si dividono in VALLI DI NEVE, E CAMPI DI NEVE, secondo che sono più o meno profondi e rinchiusi dalle rocce, o più aperti. Saussure chiama la prima specie GLACIERS DE LA PREMIERE CLASSE; la seconda, GLACIERS DU SECONDE GENRE. La neve de’ campi di neve sembra essere un poco più solla e porosa, e più riempiuta di bolle d’aria, che la neve delle valli di ghiaccio; la neve vi è meno compromessa, poiché la situazione è più aperta. Laddove i campi di neve sono situati verticalmente, luoghi dagli Svizzeri chiamati EISWAENDE (muri di ghiaccio), si possono scoprire, la forza di esse, la tessitura, e qualche volta l’ordine degli strati conoscibili, per le giunture riempiute di particelle di ghiaccio.
Sopra i piani orizzontali o poco inclinati; i banchi di neve sogliono giacere orizzontalmente, anch’essi; ma diventando la loro situazione disuguale, nascono le conseguenze più violenti, mentre le parti superiori comprimono le inferiori. Ora sono compressi
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ed abbassati, ora gonfiati, posti fuori di luogo, e ridotti a scoppiare. Vi nascono spaccature della profondità di vari piedi, le quali parte sono pericolose, e parte impraticabili. Alcune masse grandi perdono con ciò il loro sostegno, precipitano in giù ed otturano il corso della neve scioltasi al di sotto dal calore della terra. Questa neve sciolta raccogliesi, e forma laghi e fiumi come sotterranei, i quali scavando sotto la loro coperta, la distruggono in modo, ch’essa non può resistere più alla compressione della massa superiore, e si precipita abbasso, oppure viene distrutta dalla prima pioggia calda che vi cade sopra. Da queste aperture innalzasi l’acqua compressa, e talvolta congelasi nuovamente nelle spaccature di questi banchi, e monta più alto di prima. In tal guisa sembra nascere il ghiaccio vegetando, portando spesso alla superficie o pietre o uomini ivi affondati(1).
Non rare volte i corpi de’ cacciatori periti nelle spaccature vengono dopo alcuni giorni gettati sul ghiaccio; ma avendo l’acqua
(1) Bourrit, voyage Pittoresque aux glaciers de Savoye tom. II. cap. 14.
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della neve uno sfogo al di sotto compariscono dopo molti anni. Così dalla ghiacciaia presso il Grimsel sortì fuori il cadavere di un fanciullo peritovi 80 anni addietro, di cui il corpo era fresco come se fosse morto da pochi giorni. Walcher(1) porta un esempio simile, tratto da’ registri de’ morti di una parrocchia di que’ contorni, sopra un uomo ch’era stato sepolto 23 anni in una simile spaccatura, e che ne sortì intatto, ma compresso come una tavola.
Anche l’aria rinchiusa e compressa sotto i banchi di ghiaccio è eccitata all’esplosione per mezzo di movimenti elettrici, o pei vapori del calore della terra, e per le sorgenti da questa prodotte. Essa sortendo di tempo in tempo tra le spaccature violentemente prodotte, e cagionando correnti d’aria assai penetranti, scompone il ghiaccio, e sparge intorno a sé la neve più fina e sfrantumata, che nella Svizzera suole chiamarsi il GLETSCHERGEBLASE (soffio della ghiacciaia).
Gruner racconta, che uno de’ suoi amici, alla metà del mese di agosto, in tempo
(1) Notizie sopra le ghiacciaie del Tirolo. Vienna 1772. 8.
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bello e sereno, e senza niuna nuvola in aria; montando sull’altura del monte Scaletta, sia stato coperto interamente di neve. Essendo poi giunto alla sommità, scoprì che questa neve sortiva con violenza da una profondissima spaccatura della ghiacciaia, accompagnata da un freddo tale, che si rischiava di gelarvi.
Il tuono prodotto dalla separazione delle masse di ghiaccio; il rimbombo delle masse di neve, e de’ pezzi di rocce che ora vicino ora lontano si precipitano; lo strepito e ’l mormorio de’ ruscelli; e delle acque che sotto le ghiacciaie e le tavole di ghiaccio scaturiscono dalle rocce, o che scorrono formando correnti rapide, riempiono variatamente l’orecchio di minacciante fragore ed angustioso schiamazzo, occupano vivamente la fantasia, e dispongono il visitatore delle ghiacciaie alla credenza di favolette orribili, e di storie spaventose di spiriti.
Talvolta, per mezzo della compressione degli strati di neve posti in luoghi più alti, rinchiudesi ben presto la spaccatura prodotta dalla violenza; talvolta anche viene solamente coperta da una crosta leggera di neve, e diventa pericolosa pel viaggiatore. Per assicurarsi contro accidenti simili si può tenere
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lo schioppo; o un bastone orizzontalmente sotto il braccio, oppure legarsi per mezzo di corde ai compagni di viaggio.
I margini della spaccatura sono guarniti ordinariamente di molti diacciuoli e punte che loro danno l’aspetto di colonne, torri, piramidi, pettini ec., i quali non rare volte montano ad un’altezza considerabile che sta in relazione colla grandezza delle spaccature, colla compressione delle masse superiori di ghiaccio, e colla direzione delle burrasche e dei raggi solari. È naturale che alcuni pezzi soffrono più o meno l’influenza del sole, e che in conseguenza alcuni si sciolgono di più, altri di meno, e prendono per questo mezzo forme all’infinito variabili.
Il tutto riceve l’aspetto di un congelato nel momento più violento della burrasca; i flutti sembrano muoversi ancora, e rotolarsi uno sopra l’altro. Ora sembra che le onde avanzino in lunghe catene ed ora stanno isolate e sembrano flagellate dalla tempesta. Alcune sono totalmente trasparenti, altre lo sono meno; ma tutte riflettono i raggi solari producendo tinte deboli di color di rosa, d’arancio, d’azzurro
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e di verde marino(1), e sembra vedersi trasportato nel paese dei maghi orientali, i quali impietriscono regioni floride, e ne’ di cui palazzi vasti d’acciaio, e giardini impietriti risuona solamente il tuono, ed il gemito di qualche detenuto.
Qualche volta nel centro di una tal valle di neve rinchiusa da tutt’i lati s’accumula la neve in guisa da formare una collina assai considerabile, e vi vuole qualche attenzione per distinguere la collina di neve dalla FIRNE.
La valle di neve spinge spesso tutta la sua massa superflua verso una regione più bassa, e si dilata maggiormente verso il pendio della montagna, ove poi le acque, che da essa scolano, rendono sdrucciolevole il cammino; ma la compressione dall’alto spinge presto la massa verso le alpi floride di mezzo, ove con una mano si raccolgono fragole e fiori, e coll’altra si afferrano pilastri e volte di ghiaccio. Le acque, che scolano dalle valli di neve, e che formano piuttosto un’ACQUA DI GAIACCIO CHE DI NEVE, chiamansi
(1) Ved. De Luc. Lettere sulla storia della terra, lettera 10.
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GLETSCHER nel senso ristretto anche GLESCHER INFERIORI, e nella Norvegia FISBREDE (latitudini di ghiaccio). Esse hanno naturalmente molto di comune colle valli di neve da dove sono nate. La loro materia nivea si distingue per una maggiore densità, poiché discendendo verso la regione inferiore, diventa più acquosa, congela di nuovo e diventa finalmente ghiaccio trasparente. Ordinariamente si dipongono in piano inclinato, hanno molte spaccature che, secondo l’andamento del letto, prendono diverse direzioni. Queste spaccature sono quivi più larghe che altrove, mentre la massa di neve inferiore, staccandosi, vien strascinata lungi dalla superiore.
In questa genesi delle ghiacciaie è da cercarsi ancora la proprietà delle loro dighe, chiamate nella Savoia Moraine, e da’ francesi cangiate in Mareme. Queste dighe sono masse di terra e di ciottoli spinte innanzi dalle ghiacciaie alloraquando esse discendono verso le valli, e sono composte delle pietre smosse dalle montagne alte; esse circondano la ghiacciaia al margine inferiore, e spesso su ambedue i lati, e sono più o meno alte secondo la grandezza della ghiacciaia, e la
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forza colla quale si spinge innanzi, ed anche secondo le materie solle esistenti sulle montagne. Non rare volte si trovano diverse di queste dighe situate a paralello, una appresso l’altra, dal che si è voluto congetturare sopra un consumo replicato della ghiacciaia nelle regioni basse, e sopra l’avanzamento di essa negli anni freddi, ne’ quali ricevono nuova forza e peso.
Il letto della ghiacciaia è ordinariamente profondo in mezzo, fatto a foggia di caldaia, e marcato con delle striscie di pietre che in qualità di raggi partono dal margine verso il centro. Sciogliendosi la neve in quantità, quella porzione che si trova sul margine corre in canali verso il centro più basso, conducendo seco pezzi maggiori o minori del fondo del terreno. Le striscie sono composte sempre di quella qualità di pietre che formano la base della ghiacciaia; le dighe al contrario sono composte di ciottoli e delle parti terree che la ghiacciaia, discendendo, spinge innanzi a sé. Frequentemente vi si trovano buchi di circonferenza maggiore o minore cagionati da pietre affondatevi dopo essere state riscaldate dal sole. Al piede delle ghiacciaie si trovano ordinariamente
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volte alte di ghiaccio dove scorre impetuosamente una corrente di acqua. Così trovasi al piede della ghiacciaia di Montavert una volta dell’altezza di 100 piedi, dove si precipita l’Arveron.
Le ghiacciaie più frequentate da’ viaggiatori sono quelle di Grindelwald, poiché ad esse si giunge con pochi incomodi; inoltre formano un bello insieme cagionato dalle parti contornate, e da un bel gruppo simmetrico di montagne da cui son rinchiuse(1). Coxe, che nel 1785 visitò queste ghiacciaie per la seconda volta, trovò che esse da nove anni, dacché le vide per la prima volta, erano retrocedute di 400 passi. Egualmente osservò un qualche principio di alberi vegetanti in un luogo ove la prima volta si estendeva una parte della ghiacciaia di Montavert.
Oltre di queste ghiacciaie, si trovano dipinte in ciascheduna moderna descrizione di viaggio anche quelle della valle di Chamounì come figlie del Monte Bianco.
(1) M. T. Bourrit, Description des Alpes pennines et rhetiennes, tom. II. p. 190. Storr, viaggio sulle alpi tom. II. p. 3. ec. De Luc, Lettere fisiche morali sulle montagne, e sulla storia della terra. Lettura X.
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Poco distante dal villaggio di Hinterhein presso Chur giacciono al piede del ZAPORTALP due considerabili campi di ghiaccio che annualmente s’ingrandiscono; il primo occupa la parte anteriore e più larga della valle, chiamata il paradiso, come LUCUS A NON LUCENDO. La natura vi sembra essere quasi morta(1). La valle è coperta di monti di neve e di ghiaccio, de’ quali uno ha, secondo Sinners(2), più di 5000 piedi d’altezza. Per ispiegare la nascita di questa montagna di neve potremo supporre che alla storia nostra sia preceduto una serie di anni freddi in cui, la valle fu riempiuta di neve, la quale in appresso si disciolse di nuovo. L’altra striscia di neve estendesi lungo la ghiacciaia dentro un fosso stretto e profondo, chiamato l’inferno. L’intera regione rappresenta un aspetto orrido. Al margine orientale della ghiacciaia corre l’Hinterrheim fuori di un’alta volta di ghiaccio, la quale si è formata al piede di essa.
(1) Gruner Eisgebirge des Schweizerlandes tom. II. p. 73. Storr tom. II. p. 233 sino a 232.
(2) Nel suo voyage historique et litéraire de la Suisse occident. Neuch. 1782. 8.
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Più spaventevoli ancora sono i monti di ghiaccio della Groelandia e dell’Islanda(1). Molti di essi sembrano essere composti di un cristallo puro e trasparente. Enormi pezzi di ghiaccio pendono sopra di essi, rappresentanti l’immagine di correnti arrestate nel momento di precipitarsi nell’abisso. Talvolta si staccano i ghiacciuoli, e, dopo essersi affondati nel mare, soprastano ancora 200 braccia disopra l’acqua. Il tuono della loro caduta, la scossa lontana del mare, che rovescia in distanza anche le barche, appena possono essere accennate.
(1) Dav. Cranz Hist. von Groeland tom. I vol. 1 par. 1. Windalin von den Islaend. Risbergen. Magazz. d’Amb. tom. XIII.